Riflessioni sul corteo No Rearm a Roma e sull’attivismo oggi in Italia
Due partecipanti alla riuscitissima manifestazione contro il riarmo ieri a Roma
hanno accettato di commentare l’evento per Pressenza: Luke Alden, docente,
saggista per Znet e attivista di Statunitensi per la Pace e la Giustizia – Roma
(storico gruppo di cittadini statunitensi che abitano nella capitale) e Gianni
Magini dell’emittente web Allerta Media, per anni attivista per Julian Assange a
Londra e poi per i diritti civili qui in Italia nella sua nativa Toscana. Luke
ha postato, con un commento, alcune foto dei due cortei di sabato sul sito della
sua associazione: http://peaceandjustice.it/photos/2025-06-21 .
Durante la vostra lunga esperienza di attivismo, avrete partecipato a tantissimi
cortei per la pace. Sabato ce n’è stato uno grandioso, anzi ci sono stati ben
due cortei grandiosi, contro gli incitamenti al riarmo arrivati dalla
Commissione Europea e dalla NATO. Voi due avete scelto di partecipare al corteo
di Stop Rearm Europe, partito da porta San Paolo e terminato al Colosseo. Qual è
stata la vostra impressione di quella manifestazione?
LUKE: Mi è piaciuta; l’ho trovata più vivace della maggior parte delle altre,
meno aggressiva. Urlare a gran voce quanto si odiano i partiti non servirà a
costruire un movimento, non coinvolgerà ampie fasce di pubblico, cosa che alcuni
attivisti dimenticano. Non mi riconosco in nessun partito, ma nel dialogo
aperto con tutti.
GIANNI: Io trovo che spaccarsi su temi così importanti potrebbe aiutare il
perpetuarsi dell’attuale sistema di potere dedito a guerre e autoritarismo. Poi,
riflettendo, credo ci sia da gioire a prescindere, nel vedere molti italiani
tornare nelle strade a protestare. Un dettaglio importante: avrei voluto vedere
molti più giovani.
C’erano, eccome, ma nell’altro corteo, promosso dalle forze della
“sinistra-sinistra” sotto la sigla Disarmiamoli!, che è partito da piazza
Vittorio per raggiungere anch’esso la zona del Colosseo, specificamente i Fori
Imperiali. Come mai non hai scelto di partecipare a quella manifestazione?
GIANNI: Servono grandi numeri, di unità e compattezza, e quindi di maggiore
visibilità e solidità delle richieste. Di conseguenza, ho scelto la piattaforma
di Stop Rearm Europe in quanto figlia di un processo che a livello
internazionale sta cercando proprio questa unità senza per forza dover scendere
a compromessi al ribasso.
LUKE: Sono d’accordo. Dobbiamo indirizzare il nostro attivismo per raggiungere
fasce più ampie di pubblico. C’è un abisso gigantesco tra il voto e le proteste.
Quello che conta è la partecipazione dal basso, quotidianamente, con l’obiettivo
di trovare nuove strategie e adesioni. Perché ciò che conta davvero, in fondo,
è l’attivismo quotidiano. Siamo davvero interessati a trasformare la società o
ci interessa solo stare all’opposizione? Le manifestazioni, dunque, continuano
a essere fondamentali, ma allo stesso tempo insufficienti.
Anzi, i cinici dicono che le manifestazioni per la pace proprio non servono a
nulla e intanto il Potere va avanti lo stesso facendo guerre. Ad esempio, la
mega manifestazione del 15 febbraio 2003 – per dire all’allora Presidente
statunitense Bush di non invadere l’Iraq – è stata la più grande manifestazione
mondiale anti-guerra di tutti i tempi secondo il Guinness dei primati. Eppure è
stata totalmente ignorata da Bush, che ha invaso l’Iraq lo stesso. Cosa dobbiamo
concludere? Vanno fatte comunque le manifestazioni e i cortei per la pace
oppure no? Servono a qualcosa?
GIANNI: Già, l’altra notte gli USA hanno attaccato l’Iran. Potrebbe essere
facile affermare che le mobilitazioni siano inutili, ma non è così.
Innanzitutto, se da decenni non ci fossimo mobilitati su vari fronti, credo che
vivremmo già in un mondo molto peggiore dell’attuale.
Inoltre, le manifestazioni servono come collante per movimenti e associazioni
che aderiscono e per offrire l’opportunità alle persone di confrontarsi dal vivo
LUKE: È davvero una domanda, la tua? Anche le persone più ciniche tra la gente
comune e chi detiene il potere conoscono bene la risposta: sì che le
manifestazioni contano! I fascisti lo sanno benissimo, dato che le usano per
ottenere il potere.
Le quattro rivendicazioni del corteo di Stop Rearm Europe sono le seguenti: NO
alle guerre, NO al riarmo, NO al genocidio e NO all’autoritarismo. Guardiamole
più da vicino. “NO alla guerra” significa anche NO alla guerra in Ucraina,
quindi stop all’invio delle armi come precisa Disarmiamoli! nella sua
piattaforma? Oppure consideri quella ucraina una “guerra giusta”, da sostenere
con le armi, mentre sarebbero da condannare solo, ad esempio, i bombardamenti
israeliani a Gaza, in Cisgiordania, Libano, Siria e ora in Iran?
GIANNI: Nessuna guerra è giusta. Ti rispondo citando Gino Strada “Nel terzo
millennio solo dei cervelli poco sviluppati possono ritenere che la guerra sia
uno strumento accettabile.” Nessuna scusa travestita da “sicurezza” e
“legittima difesa” mi convincerà che, per ottenere la pace, dobbiamo armarci
fino ai denti.
LUKE: Sono d’accordo e credo che quasi nessuno dei partecipanti alla marcia di
sabato creda nelle “guerre giuste” o nelle forniture di armi alle parti di un
conflitto. Naturalmente, nel Nord del mondo ci sono molte persone che approvano
l’invio di armi all’Ucraina; invece, penso che il modo migliore per aiutare
l’Ucraina sia favorire i negoziati.
Consideriamo ora la seconda rivendicazione di Stop Rearm Italia: NO al
genocidio. Per voi è sufficiente o dobbiamo anche aggiungere, come fa
Disarmiamoli! nella sua piattaforma, rompere ogni relazione con Israele,
sostenere il movimento BDS e sostenere anche – udite, udite – la resistenza
palestinese? O queste sono delle rivendicazioni troppo estremiste per te?
LUKE: Come stavo dicendo, le proteste sono la parte più visibile dell’attivismo,
mentre sono le iniziative quotidiane che contano. Tuttavia, le proteste sono ciò
che il pubblico vede, quindi dobbiamo stare attenti a ciò che diciamo. In ogni
caso, secondo il diritto internazionale, le persone sotto occupazione militare
come i palestinesi hanno il diritto legale alla resistenza armata. Nessuno può
seriamente contestarlo.
GIANNI: Dire “no al genocidio” è chiaramente uno slogan molto generico, scelto
per ragioni comunicative. I passi per porre fine al genocidio in corso in
Palestina e nei territori occupati, includono assolutamente ogni tipo di azione
volta a prendere le distanze da Israele e a interrompere qualsiasi tipo di
collaborazione in essere.
Sicuramente fai tuo il “NO all’autoritarismo” contenuto nella piattaforma di
Stop Rearm Italia, ma condividi anche le rivendicazioni aggiuntive nella
piattaforma di Disarmiamoli!…? Per esempio, l’abrogazione non solo della
recentissima Legge sulla Sicurezza, ma anche di tutte le norme anti-sindacali, e
ce ne sono tante. O pensi che non bisogna allargare il discorso, sennò rischi
di perdere consensi, non potresti avere in piazza le decine di migliaia di
manifestanti di sabato in quanto non tutti sarebbero d’accordo con
rivendicazioni che sanno troppo di “sinistra-sinistra”?
GIANNI: Dobbiamo fare un passo alla volta, anche se velocemente. Elencare tutte
le cose “cattive” da cambiare in aggiunta all’ultimo “DDL sicurezza” non aiuta
ad avvicinare la massa alla piazza. E questo continuo voler marcare il proprio
essere più “radicali, veri e puri” da parte di alcuni, contrapposto a quelli che
invece fanno solo finta di essere pacifisti e di sinistra ma che in realtà fanno
sempre l’opposto di ciò che dicono, è il cancro che da decenni blocca lo
sviluppo di una vera sinistra popolare e compatta in Italia.
LUKE: Dire NO all’autoritarismo è il modo migliore per raggiungere il pubblico.
Chi può essere FAVOREVOLE all’autoritarismo? Lo stesso vale per l’abrogazione
delle leggi che limitano la tutela dei lavoratori: chi può essere contrario, se
non gli ultrareazionari? Le proteste del 2003 hanno segnato un gigantesco
incremento di coscienza da parte del pubblico, che continua fino ad oggi.
Bisogna riconoscere ai promotori della manifestazione Stop Rearm Europe
un’enorme dedizione, una grande competenza e tanta chiaroveggenza. Eppure si
tratta di semplici associazioni di volontari, che non hanno i grandi mezzi di
cui dispongono i partiti e i sindacati confederali. Incredibilmente, sono
riusciti a chiamare in piazza e a gestire alla perfezione decine di migliaia di
cittadini che, davanti alle atrocità delle varie guerre nel mondo, reclamavano
un momento in cui poter sfogare il proprio sdegno, la propria rabbia, e la
propria commiserazione per i tanti morti. Questa, per te, è una dimostrazione
del potere delle lotte dal basso? Vi incoraggia a continuare a lottare, anche
in piccolo?
LUKE: Entrambe le manifestazioni sono state organizzate con pochi mezzi,
ottenendo un risultato davvero notevole. Devo ammettere che mi aspettavo un
numero ancora maggiore di partecipanti, ma ho sottovalutato il caldo e il
periodo dell’anno in Italia, quindi in realtà sono abbastanza soddisfatto. E
sì, questo mi spinge a fare di più con la nostra piccola associazione di
statunitensi a Roma. Personalmente, la manifestazione di sabato mi ha spinto a
partecipare di più e meglio, sia con i gruppi locali che internazionali di cui
faccio parte.
GIANNI: Non so dove tutto ciò porterà, né se raggiungeremo i nostri obiettivi
in modo indolore. Ma sono certo che il capitalismo ha fatto il suo tempo, che la
gente non si fida più dei media mainstream, e che stiamo quindi per assistere
alla più grande lotta di classe della storia moderna. Come qualcuno ha detto: “I
popoli non dovrebbero avere paura dei propri governi. Sono i governi che
dovrebbero aver paura dei popoli.”
Foto di Patrizia Cortellessa e Gigi Sartorelli su Contropiano per corteo
Disarmiamoli
Foto di Gianni Magini di Alerta Media per corteo Stop Rearm Europe.
Patrick Boylan