Mobilitazioni e manifestazioni internazionali per ribadire con forza “Stop Rearm Europe”«In un mondo a pezzi, l’Europa reale dichiara di volersi preparare alla guerra e
di voler preparare alla guerra la cittadinanza e le nuove generazioni. Nel
frattempo l’Ue e il governo italiano continuano a partecipare e armare la guerra
in Ucraina e sono complici di Israele, che si prepara all’invasione finale di
Gaza e a portare a compimento il piano di eliminazione del popolo palestinese.
Ma la maggioranza della popolazione italiana è contro la guerra, e ha diritto ad
essere rappresentata». Recita così l’appello alla mobilitazione per la
manifestazione nazionale contro la guerra, in programma a Roma il 21 giugno. Un
appuntamento per dire no al riarmo, al genocidio e all’autoritarismo promosso da
oltre 300 reti, organizzazioni sociali, sindacali e politiche che hanno
sottoscritto l’appello della Campagna europea “Stop Rearm Europe”.
Una campagna a cui hanno aderito circa mille sigle in 18 paesi diversi e che
vede come promotori italiani Arci, Ferma il Riarmo (Sbilanciamoci, Rete Italiana
Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia), Attac e Transform
Italia.
Controvertice NATO
E finalmente il 21 giugno l’Europa pacifista scende in piazza per dire no al
riarmo e alla complicità con Israele.
Un’alternativa al riarmo, ai missili europei, al silenzio complice della NATO su
Gaza.
Il prossimo 21 giugno in tutta Europa migliaia di cittadine e cittadini europei
scenderanno in piazza per un controvertice pacifista diffuso. Sarà la risposta
nonviolenta e determinata al prossimo vertice NATO, che si terrà a L’Aia dal 24
al 26 giugno 2025, con al centro un’agenda sempre più incentrata sul
rafforzamento bellico dell’Alleanza Atlantica che già ora dispone di un
potenziale bellico enormemente superiore alla Russia dal punto di vista delle
armi convenzionali.
Nel cuore delle discussioni dei leader NATO ci saranno drammatici obiettivi
* Il rilancio del programma di riarmo europeo (nonostante l’Europa abbia una
superiorità militare sulla Russia pari a 3 volte).
* L’approvazione dei piani per l’installazione di nuovi euromissili in Germania
e altrove dal 2026.
L’approvazione dei piani per l’installazione di nuovi euromissili in Germania e
altrove dal 2026
Lo sviluppo del nuovo missile europeo ELSA (European Long-range Strike Asset),
con una gittata tale da raggiungere profondamente il territorio russo.
E, con un silenzio assordante, il prosieguo della collaborazione militare con
Israele, nonostante le sempre più gravi denunce di crimini di guerra a Gaza.
Contro tutto ciò, il movimento pacifista ha il compito di lanciare un messaggio
chiaro e articolato.
No al riarmo europeo. L’Europa ha bisogno di investimenti nella giustizia
sociale, nella riconversione ecologica, nell’istruzione e nella salute, non in
arsenali militari. Il cosiddetto “pilastro europeo della NATO” non può diventare
la corsia preferenziale per le industrie belliche.
No dunque ai nuovi euromissili
Tornano gli spettri della Guerra Fredda. Le nuove testate tattiche statunitensi
saranno ospitate in Germania e in altri Paesi europei dal 2026, rendendo il
nostro continente il primo bersaglio in un eventuale conflitto nucleare.
Rifiutiamo questa strategia suicida.
No al missile ELSA. Un’arma capace di colpire Mosca in 8 minuti non può che
innescare una corsa agli armamenti ancora più pericolosa. È un progetto
destabilizzante, contrario a ogni logica di disarmo e sicurezza condivisa.
Stop alla complicità con Israele. Le esercitazioni militari congiunte
NATO-Israele sono uno scandalo. Chiediamo alla NATO una presa di posizione netta
e pubblica contro i crimini di guerra commessi a Gaza, in linea con il diritto
internazionale e con i rapporti ONU.
Un autunno di mobilitazione: appuntamento ad ottobre contro l’esercitazione
nucleare Steadfast Noon
Durante l’autunno, il movimento pacifista non potrà ignorare la necessità di una
nuova mobilitazione in vista di Steadfast Noon, l’annuale esercitazione nucleare
della NATO che si svolgerà in ottobre. Data e luogo non sono per ora stati
comunicati. In quella esercitazione che durerà più giorni, verranno simulate
operazioni di attacco con ordigni nucleari. In quella esercitazione verranno
verificate le procedure della guerra nucleare. Di come funzioni la guerra
nucleare i parlamentari europei e nazionali non sanno praticamente nulla.
Le procedure sono decise senza alcun coinvolgimento democratico dei Parlamenti e
dei cittadini europei. Le procedure decisionali rimangono opache e
centralizzate, lasciando ogni potere di scelta all’apparato militare
statunitense. Il lancio delle armi nucleari non richiede il principio di
unanimità su cui teoricamente si dovrebbe fondare la NATO. Resta poco chiaro se
è come verrebbero consultati Mattarella e la Meloni in caso di uso delle bombe
di Ghedi (per gli F35 di Amendola) e di Aviano (per gli F-16 USA).
Ciò significa che anche Paesi non dotati di armi nucleari – ma membri della NATO
– verrebbero trascinati in un conflitto nucleare globale, senza alcuna
possibilità di dissentire, nel caso in cui il bottone venisse premuto.
Un’Europa per la pace, non per la guerra
Quello del 21 giugno non sarà solo un giorno di protesta: sarà un momento di
proposta. Le reti pacifiste europee hanno il compito di lavorare a una
piattaforma comune per costruire una sicurezza condivisa basata sulla
negoziazione e non sul riarmo.
Sarà importante dotare i movimenti pacifisti europei di strumenti comuni fra cui
un calendario online per condividere le iniziative di mobilitazione.
In un tempo segnato da nuove guerre e vecchie logiche di potenza, tocca ai
movimenti civili indicare una via d’uscita.
E lo stanno facendo nei diversi paesi.
Voci di dissenso contro il riarmo europeo: un fronte eterogeneo
La proposta di un significativo riarmo a livello europeo sta suscitando un
acceso dibattito e un’ampia gamma di opposizioni.
Tra le voci più autorevoli che si levano contro questa tendenza spicca la Santa
Sede. Papa Francesco ha più volte espresso la sua preoccupazione per
l’escalation della spesa militare, esortando a investire invece in iniziative di
pace, sviluppo umano integrale e lotta alla povertà. La diplomazia vaticana
tradizionalmente promuove il disarmo e la risoluzione pacifica dei conflitti,
vedendo nel riarmo un pericoloso incentivo alla guerra e una sottrazione di
risorse preziose per il benessere dell’umanità.
Il giorno stesso della sua elezione e poi in almeno tre significativi
interventi, il nuovo Pontefice, Leone XIV, ha fatto sue le parole del messaggio
di Pasqua, vero testamento spirituale di Bergoglio, con la richiesta di un
disarmo generalizzato.
Questo stesso appello risuona ora in molte comunità cattoliche e tra leader
religiosi di diverse fedi, che condividono una visione di pace e fratellanza
universale.
Oltre alle considerazioni etiche e spirituali, le opposizioni al riarmo europeo
si fondano su diverse motivazioni. Movimenti pacifisti e antimilitaristi da
tempo denunciano le spese militari come uno spreco di risorse che potrebbero
essere destinate a sanità, istruzione, transizione ecologica e welfare. Essi
sostengono che un aumento degli armamenti non garantisce maggiore sicurezza, ma
anzi alimenta un clima di sospetto e tensione internazionale, incrementando il
rischio di conflitti.
Anche settori politici di sinistra e forze progressiste esprimono forti riserve.
Essi criticano la priorità data alla difesa rispetto ad altre politiche sociali
ed economiche, temendo che il riarmo possa portare a un’austerità ancora
maggiore e a un depotenziamento dei servizi pubblici. Alcuni mettono in
discussione l’efficacia di una corsa agli armamenti come risposta alle sfide
geopolitiche attuali, privilegiando invece la via della diplomazia, della
cooperazione internazionale e della risoluzione nonviolenta dei conflitti.
Non mancano poi le voci più pragmatiche e legate a considerazioni economiche.
Alcuni analisti sottolineano i costi proibitivi di un riarmo su vasta scala,
mettendo in guardia sui potenziali impatti negativi sui bilanci nazionali e
sulla stabilità economica dell’Unione Europea. Si evidenzia anche il rischio di
una duplicazione degli sforzi e di una mancanza di coordinamento tra i diversi
paesi membri, con conseguente inefficienza della spesa.
Infine, una parte dell’opinione pubblica, pur riconoscendo la complessità dello
scenario internazionale, manifesta scetticismo verso un aumento massiccio degli
armamenti. Sondaggi recenti in diversi paesi europei mostrano una significativa
percentuale di cittadini contrari a questa politica, preoccupati per le sue
implicazioni sociali ed economiche.
In conclusione, l’opposizione al riarmo europeo è un fenomeno molto ampio e
radicato, destinato a rimanere vivo e acceso, influenzando le scelte politiche
dei prossimi anni.
Laura Tussi