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Stop Rearm Europe: Al via “Comuni per la Pace e contro il riarmo”
“Al via l’iniziativa ‘Comuni per la Pace e contro il riarmo”, la nuova fase della mobilitazione sui territori della campagna europea ‘Stop rearm europe’ volta ad attivare e coinvolgere, attraverso la presentazione di ordini del giorno e delibere d’iniziativa popolare, cittadini ed enti locali contro l’aumento delle spese militari previsto dal Piano di riarmo europeo e dalla decisione presa di in sede Nato di destinare il 5% del Pil degli Stati Ue alla Difesa e all’industria degli armamenti”. Lo annunciano i promotori italiani della Campagna europea “Stop Rearm Europe” (https://stoprearm.org/), Arci, Ferma il Riarmo (Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia), Attac e Transform Italia, che lo scorso 21 giugno a Roma ha visto oltre 100mila persone in piazza con la manifestazione nazionale ‘No guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo’. “L’attuazione del Piano di riarmo Ue e l’aumento al 5% del Pil per le spese militari indicato dalla Nato incideranno sulle risorse destinate ai Comuni con ulteriori tagli ai servizi pubblici e alla spesa sociale, fino a comprometterne la funzione pubblica e sociale. – spiegano – Proponiamo quindi che in ogni Comuna venga votata una delibera che schieri l’Ente Locale per la Pace e contro ogni politica di riarmo. Ogni investimento negli armamenti rende, in termini occupazionali, solo 3.000 posti per ogni miliardo, mentre, a parità di investimento, renderebbe 8.000 posti nel settore ambientale, 12.000 nel settore sanitario e 14.000 nel settore dell’istruzione. Ad oggi sono già 15 miliardi complessivi le risorse sottratte ai Comuni a causa del Patto di Stabilità, attraverso il blocco delle assunzioni di personale e l’azzeramento delle possibilità d’investimento, e la Legge di Bilancio 2025 ha già previsto un ulteriore taglio di complessivi 1,3 miliardi per il periodo 2025-2029. In vista della prossima legge di bilancio, l’autunno che verrà sarà il più ‘bollente’ degli ultimi decenni in termini di lotta e mobilitazione in Italia e in Europa”. https://stoprearmitalia.it/wp-content/uploads/2025/07/cs-Comuni-contro-riarmo.pdf   Roma, 10 luglio 2025   Leggi il testo dell’odg su https://stoprearmitalia.it/ https://stoprearmitalia.it/wp-content/uploads/2025/07/ODG_per_Consiglio_Comunale.pdf   Rete Italiana Pace e Disarmo
FERMA IL RIARMO:  “Sconsiderato l’impegno dell’Italia a portare la spesa militare al 5% del Pil”
Come annunciato da mesi, ieri i Paesi membri della NATO si sono impegnati a portare le spese militari al 5% del Pil (3,5% per la difesa, 1,5% per la sicurezza) entro il 2035. Si tratta di un obiettivo “sproporzionato e inutile”, come ha prontamente denunciato il premier spagnolo Pedro Sánchez, tanto che lo stesso Donald Trump non intende raggiungerlo nemmeno per gli USA. Per la nostra campagna “Ferma il riarmo” anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni avrebbe dovuto prendere le distanze da questa scelta gravissima e senza alcun senso (nemmeno militare e di sicurezza), imposta dagli USA agli alleati (in particolare all’Europa), che all’Italia costerà circa 100 miliardi di euro extra ogni anno per il prossimo decennio. La Presidente Meloni ha dichiarato che l’impegno è “necessario e sostenibile” e che “neanche un euro” verrà tolto “dalle altre priorità del governo”, ma è evidente che i soldi che saranno impiegati per l’incremento delle spese militari saranno tolti da settori già gravemente sotto finanziati come il welfare, la protezione ambientale e la sanità, minando la vera sicurezza delle persone, che non si tutela con le armi ma con i diritti e la transizione ecologica. Le nostre organizzazioni lo denunciano e sottolineano da tempo, ma tale avvertimento è di recente venuto anche dal Fondo Monetario Internazionale e dall’ultimo Rapporto Eurispes. La campagna “Ferma il riarmo” – promossa da Greenpeace Italia, Rete Pace Disarmo, Sbilanciamoci, Fondazione PerugiAssisi – condanna fermamente la decisione del vertice NATO, che va contro gli interessi del Paese e contro l’orientamento della maggioranza degli italiani. L’Europa spende già tre volte la Federazione Russa per la difesa: 454 milioni di dollari nel 2024 contro i 145 milioni di Putin (dati SIPRI), mentre il mondo intero nel 2024 è arrivato a una spesa militare record (2.718 miliardi di dollari, + 9,4 rispetto al 2023), senza che questo abbia garantito una diminuzione dei conflitti o maggiore sicurezza globale L’aumento della spesa militare è la risposta sbagliata alle crisi internazionali: tutti gli indici che misurano il tasso di conflittualità mondiale ci dicono che negli ultimi 20 anni di crescita dei bilanci della difesa, il livello di pace globale si è drasticamente deteriorato. Più armi non ci rendono più sicuri e non aumentano la crescita economica del Paese: garantiscono solo più profitti alle aziende della difesa. La campagna “Ferma il riarmo” chiede al governo italiano e agli altri Paesi NATO di non formalizzare l’impegno al 5% (che è solo un obiettivo politico, non un obbligo giuridico e mai giustificato nemmeno dal punto di vista militare), di fermare l’attuale corsa al riarmo che ci sta portando sul baratro della terza guerra mondiale, invertendo anzi la rotta e liberando così risorse per investimenti più utili e necessari, e di tassare gli extra profitti delle aziende della difesa.   FERMA IL RIARMO – Campagna promossa da Greenpeace Italia, Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace, Rete Italiana Pace Disarmo, Sbilanciamoci Le proposte di “Ferma il Riarmo” Riduzione nazionale ed internazionale della spesa militare, con creazione di nuovi percorsi di disarmo Utilizzo delle risorse liberate dalla spesa militare per spese sociali, ambientali e per il rafforzamento degli strumenti di pace Tassare gli extra profitti dell’industria militare Diminuire i fondi destinati alle missioni militari all’estero Aumentare controlli su influenza indebita dell’industria militare su bilancio ed export militare Per maggiori informazioni > www.fermailriarmo.it Rete Italiana Pace e Disarmo
Mobilitazioni e manifestazioni internazionali per ribadire con forza “Stop Rearm Europe”
«In un mondo a pezzi, l’Europa reale dichiara di volersi preparare alla guerra e di voler preparare alla guerra la cittadinanza e le nuove generazioni. Nel frattempo l’Ue e il governo italiano continuano a partecipare e armare la guerra in Ucraina e sono complici di Israele, che si prepara all’invasione finale di Gaza e a portare a compimento il piano di eliminazione del popolo palestinese. Ma la maggioranza della popolazione italiana è contro la guerra, e ha diritto ad essere rappresentata». Recita così l’appello alla mobilitazione per la manifestazione nazionale contro la guerra, in programma a Roma il 21 giugno. Un appuntamento per dire no al riarmo, al genocidio e all’autoritarismo promosso da oltre 300 reti, organizzazioni sociali, sindacali e politiche che hanno sottoscritto l’appello della Campagna europea “Stop Rearm Europe”. Una campagna a cui hanno aderito circa mille sigle in 18 paesi diversi e che vede come promotori italiani Arci, Ferma il Riarmo (Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia), Attac e Transform Italia. Controvertice NATO E finalmente il 21 giugno l’Europa pacifista scende in piazza per dire no al riarmo e alla complicità con Israele. Un’alternativa al riarmo, ai missili europei, al silenzio complice della NATO su Gaza. Il prossimo 21 giugno in tutta Europa migliaia di cittadine e cittadini europei scenderanno in piazza per un controvertice pacifista diffuso. Sarà la risposta nonviolenta e determinata al prossimo vertice NATO, che si terrà a L’Aia dal 24 al 26 giugno 2025, con al centro un’agenda sempre più incentrata sul rafforzamento bellico dell’Alleanza Atlantica che già ora dispone di un potenziale bellico enormemente superiore alla Russia dal punto di vista delle armi convenzionali. Nel cuore delle discussioni dei leader NATO ci saranno drammatici obiettivi * Il rilancio del programma di riarmo europeo (nonostante l’Europa abbia una superiorità militare sulla Russia pari a 3 volte). * L’approvazione dei piani per l’installazione di nuovi euromissili in Germania e altrove dal 2026. L’approvazione dei piani per l’installazione di nuovi euromissili in Germania e altrove dal 2026 Lo sviluppo del nuovo missile europeo ELSA (European Long-range Strike Asset), con una gittata tale da raggiungere profondamente il territorio russo. E, con un silenzio assordante, il prosieguo della collaborazione militare con Israele, nonostante le sempre più gravi denunce di crimini di guerra a Gaza. Contro tutto ciò, il movimento pacifista ha il compito di lanciare un messaggio chiaro e articolato. No al riarmo europeo. L’Europa ha bisogno di investimenti nella giustizia sociale, nella riconversione ecologica, nell’istruzione e nella salute, non in arsenali militari. Il cosiddetto “pilastro europeo della NATO” non può diventare la corsia preferenziale per le industrie belliche. No dunque ai nuovi euromissili Tornano gli spettri della Guerra Fredda. Le nuove testate tattiche statunitensi saranno ospitate in Germania e in altri Paesi europei dal 2026, rendendo il nostro continente il primo bersaglio in un eventuale conflitto nucleare. Rifiutiamo questa strategia suicida. No al missile ELSA. Un’arma capace di colpire Mosca in 8 minuti non può che innescare una corsa agli armamenti ancora più pericolosa. È un progetto destabilizzante, contrario a ogni logica di disarmo e sicurezza condivisa. Stop alla complicità con Israele. Le esercitazioni militari congiunte NATO-Israele sono uno scandalo. Chiediamo alla NATO una presa di posizione netta e pubblica contro i crimini di guerra commessi a Gaza, in linea con il diritto internazionale e con i rapporti ONU. Un autunno di mobilitazione: appuntamento ad ottobre contro l’esercitazione nucleare Steadfast Noon Durante l’autunno, il movimento pacifista non potrà ignorare la necessità di una nuova mobilitazione in vista di Steadfast Noon, l’annuale esercitazione nucleare della NATO che si svolgerà in ottobre. Data e luogo non sono per ora stati comunicati. In quella esercitazione che durerà più giorni, verranno simulate operazioni di attacco con ordigni nucleari. In quella esercitazione verranno verificate le procedure della guerra nucleare. Di come funzioni la guerra nucleare i parlamentari europei e nazionali non sanno praticamente nulla. Le procedure sono decise senza alcun coinvolgimento democratico dei Parlamenti e dei cittadini europei. Le procedure decisionali rimangono opache e centralizzate, lasciando ogni potere di scelta all’apparato militare statunitense. Il lancio delle armi nucleari non richiede il principio di unanimità su cui teoricamente si dovrebbe fondare la NATO. Resta poco chiaro se è come verrebbero consultati Mattarella e la Meloni in caso di uso delle bombe di Ghedi (per gli F35 di Amendola) e di Aviano (per gli F-16 USA). Ciò significa che anche Paesi non dotati di armi nucleari – ma membri della NATO – verrebbero trascinati in un conflitto nucleare globale, senza alcuna possibilità di dissentire, nel caso in cui il bottone venisse premuto. Un’Europa per la pace, non per la guerra Quello del 21 giugno non sarà solo un giorno di protesta: sarà un momento di proposta. Le reti pacifiste europee hanno il compito di lavorare a una piattaforma comune per costruire una sicurezza condivisa basata sulla negoziazione e non sul riarmo. Sarà importante dotare i movimenti pacifisti europei di strumenti comuni fra cui un calendario online per condividere le iniziative di mobilitazione. In un tempo segnato da nuove guerre e vecchie logiche di potenza, tocca ai movimenti civili indicare una via d’uscita. E lo stanno facendo nei diversi paesi. Voci di dissenso contro il riarmo europeo: un fronte eterogeneo La proposta di un significativo riarmo a livello europeo sta suscitando un acceso dibattito e un’ampia gamma di opposizioni. Tra le voci più autorevoli che si levano contro questa tendenza spicca la Santa Sede. Papa Francesco ha più volte espresso la sua preoccupazione per l’escalation della spesa militare, esortando a investire invece in iniziative di pace, sviluppo umano integrale e lotta alla povertà. La diplomazia vaticana tradizionalmente promuove il disarmo e la risoluzione pacifica dei conflitti, vedendo nel riarmo un pericoloso incentivo alla guerra e una sottrazione di risorse preziose per il benessere dell’umanità. Il giorno stesso della sua elezione e poi in almeno tre significativi interventi, il nuovo Pontefice, Leone XIV, ha fatto sue le parole del messaggio di Pasqua, vero testamento spirituale di Bergoglio, con la richiesta di un disarmo generalizzato. Questo stesso appello risuona ora in molte comunità cattoliche e tra leader religiosi di diverse fedi, che condividono una visione di pace e fratellanza universale. Oltre alle considerazioni etiche e spirituali, le opposizioni al riarmo europeo si fondano su diverse motivazioni. Movimenti pacifisti e antimilitaristi da tempo denunciano le spese militari come uno spreco di risorse che potrebbero essere destinate a sanità, istruzione, transizione ecologica e welfare. Essi sostengono che un aumento degli armamenti non garantisce maggiore sicurezza, ma anzi alimenta un clima di sospetto e tensione internazionale, incrementando il rischio di conflitti. Anche settori politici di sinistra e forze progressiste esprimono forti riserve. Essi criticano la priorità data alla difesa rispetto ad altre politiche sociali ed economiche, temendo che il riarmo possa portare a un’austerità ancora maggiore e a un depotenziamento dei servizi pubblici. Alcuni mettono in discussione l’efficacia di una corsa agli armamenti come risposta alle sfide geopolitiche attuali, privilegiando invece la via della diplomazia, della cooperazione internazionale e della risoluzione nonviolenta dei conflitti. Non mancano poi le voci più pragmatiche e legate a considerazioni economiche. Alcuni analisti sottolineano i costi proibitivi di un riarmo su vasta scala, mettendo in guardia sui potenziali impatti negativi sui bilanci nazionali e sulla stabilità economica dell’Unione Europea. Si evidenzia anche il rischio di una duplicazione degli sforzi e di una mancanza di coordinamento tra i diversi paesi membri, con conseguente inefficienza della spesa. Infine, una parte dell’opinione pubblica, pur riconoscendo la complessità dello scenario internazionale, manifesta scetticismo verso un aumento massiccio degli armamenti. Sondaggi recenti in diversi paesi europei mostrano una significativa percentuale di cittadini contrari a questa politica, preoccupati per le sue implicazioni sociali ed economiche. In conclusione, l’opposizione al riarmo europeo è un fenomeno molto ampio e radicato, destinato a rimanere vivo e acceso, influenzando le scelte politiche dei prossimi anni.   Laura Tussi