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Appello alle Amministrazioni pubbliche spezzine: revocate il patrocinio a Seafuture
Comunicato congiunto delle associazioni laicali cattoliche e chiese riformate spezzine, sotto elencate, che si rivolgono alla Regione Liguria e ai Comuni di La Spezia, Lerici, Sarzana e Portovenere chiedendo che revochino il proprio patrocinio alla fiera che promuove il commercio e l’esportazione di armamenti e alla cui edizione di quest’anno è invitao Israele e partecipano delegazioni di Stati esteri belligeranti e governati da regimi autoritari e autocratici.  La nona edizione di Seafuture, in programma dal 29 settembre al 2 ottobre prossimi all’Arsenale Militare Marittimo di La Spezia e organizzata da Italian Blue Growth in collaborazione con la Marina Militare con il sostegno del Segretariato Generale della Difesa – DNA / Direzione Nazionale degli Armamenti, si presenta come “una mostra internazionale che esibisce tecnologie innovative nei settori marittimo, della difesa e del duplice uso (civile e militare)”. Come Associazioni laicali cattoliche e Chiese Riformate crediamo nel desiderio di Dio di “ricapitolare tutte le cose in Cristo” (Ef. 1,10) e nella riconciliazione finale dell’umanità con il Padre in una fraternità definitiva della famiglia umana. Siamo per questo impegnati a vivere il Vangelo personalmente e comunitariamente macrediamo anche che sia necessario che tutto ciò si esprima nella convivenza sociale e politica, operando nel presente i passi concretamente possibili in questa direzione. Per questo vogliamo esprimere insieme il nostro pensiero critico * Seafuture: una fiera finalizzata all’esportazione di armi Seafuture, secondo le dichiarazioni degli organizzatori, si caratterizza per essere una “business opportunity” in cui “gli espositori avranno l’opportunità unica di partecipare a incontri con delegazioni governative estere (B2G) e rappresentanti delle Marine Militari provenienti da tutto il mondo”. Non si tratta, pertanto, di una iniziativa che si rivolge alle esigenze interne della Difesa, ma è finalizzata a presentare prodotti e servizi ad un pubblico globale di leader del settore navale e rappresentanti militari e governativi di diversi Paesi del mondo. In questo quadro, la presenza delle Marine Militari e delle Delegazioni Nazionali di paesi esteri viene considerata come un “fattore chiave” per “soddisfare le richieste del mercato estero della difesa”, favorendo processi di aggregazione e internazionalizzazione “per migliorare la competitività e accrescere la rilevanza complessiva del sistema industriale italiano sul mercato internazionale”. Un mostra, dunque, con spiccate caratteristiche commerciali finalizzata a promuovere l’esportazione di prodotti e tecnologie militari. Da ciò deriva una fondamentale criticità che riguarda la commistione dei settori che contrassegnano Seafuture tradendo l’originale impostazione. * Commistione dei settori civile e militare Sono settori con caratteri, compiti e finalità differenti che, per le loro specificità, dovrebbero essere mantenuti separati. Mentre, infatti, una delle caratteristiche principali del settore delle tecnologie civili è la competitività industriale e commerciale, concorrenza e competitività nonappartengono al settore della Difesa che, secondo il nostro dettato costituzionale, ha come compito specificola promozione della sicurezza e della pace. Consideriamo perciò inaccettabile la tendenza, già dalle scorseedizioni, ad assimilare nell’ambito militare anche le iniziative riguardanti la “Blue Economy” e la mancanza di attenzione al problema della transizione ecologica. Il settore militare e civile dovrebbero essere oggetto di eventi differenti e separati, regolamentati secondo le proprie normative anche in riferimento alle tecnologie a duplice uso (civile e militare) sottoposte alle norme europee e nazionali tra cui la legge 185 del1990, legge promossa dalla società civile per regolamentare l’esportazione di armamenti, che chiediamo venga applicata con rigore e trasparenza. * Le delegazioni dei Paesi invitati e partecipanti Gli organizzatori riportano di aver invitato 140 delegazioni di Paesi esteri e di queste, ad oggi, avrebbero confermato la partecipazione a Seafuture 46 delegazioni di cui 40 rappresentanze di Marine Militari (Navy) e 6 di Delegazioni Nazionali (NAD). Scorrendo la lista delle rappresentanze rileviamo che, oltre alle dodici tra Marine Militari e Delegazioni Nazionali dei Paesi dell’Unione Europea, figurano – le Marine Militari e Delegazioni Nazionali di 14 Stati esteri che l’Indice di Democrazia redatto dalla Intelligence Unit del settimanale “The Economist” (qui il Report; qui una sintesi) definisce “Regimi Autoritari” (Algeria, Camerun, Gibuti, Egitto, Etiopia, Mauritania, Azerbaijan, Iraq, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Vietnam, Pakistan e Arabia Saudita) – le Marine Militari di 8 Stati che l’Indice di Democrazia definisce “Regimi Ibridi”, cioè regimi autocratici e repressivi (Ecuador,Messico, Perù, Costa d’Avorio, Tanzania, Tunisia, Bangladesh e Turchia). La Somalia, presente a Seafuture con una rappresentanza della propria Marina, non è classificata dall’Economist in quanto fino al 2024 è stato considerata uno “Stato instabile” e dal 1992 al 2023 è stata sottopost a misure di embargo e restrizioni sulle importazioni di armi e materiali militari che sono state rimosse dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite solo nel dicembre del 2023. L’esatta metà delle delegazioni degli Stati esteri che parteciperanno a Seafuture è costituita da regimi autoritari e autocratici. Sono state inoltre invitate la Marina Militare e la Delegazione Nazionale di Israele: avrebbero rinunciato a partecipare, ma nei confronti delle rappresentanze di Israele – nonostante lo sterminio sistematico da parte delle forze armate israeliane perpetrato nei confronti della popolazione della Striscia di Gaza e del Territorio palestinese occupato – gli organizzatori di Seafuture non hanno mai revocato l’invito. Questo significa che, secondo gli organizzatori di Seafuture, i governi di questi Paesi sarebbero una controparte affidabile, rispettosa dei diritti umani e delle libertà democratiche, a cui esportare armamenti e sistemi militari. Riteniamo che questo sia inammissibile: nonostante questi Paesi nonsiano oggetto di misure restrittive sui trasferimenti di armi, tecnologie militari e a duplice uso, non dorrebberoessere invitati ad un mostra internazionale come Seafuture che è finalizzata al commercio di materiali militari. * La nostra visione di Seafuture Nelle nostre coscienze e nella nostra visione, il futuro dell’industria navale e del mare non possono continuare a dipendere dalla produzione e dal commercio di sistemi militari sostenuti sottraendo risorse al settore civile. Il Mediterraneo deve essere un ponte di incontro tra i popoli e le culture, tra i centri di ricerca e tuttele realtà interessate a promuovere la tutela del mare, la sostenibilità ambientale, il turismo responsabile e losviluppo sostenibile nel rispetto dei diritti delle persone e dei popoli. Rispetto che vediamo negato dalle morti dei migranti in quel mare di cui si vorrebbe tracciare il futuro e dai respingimenti che li riportano nei paesi dove i loro diritti vengono calpestati mettendone a rischio la loro incolumità e la loro stessa vita stessa. In considerazione di tutto questo, ci uniamo alle richieste espresse già in passato da diverse associazioni affinché Seafuture ritorni alla sua mission originaria: una manifestazione internazionale dell’area mediterranea dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo delle tecnologie civili inerenti al mare, per promuovere la sostenibilità ambientale e sociale. * I PATROCINI A SEAFUTURE La lista, disponibile sul sito ufficiale fino al 17 agosto scorso, riportava tra le 140 rappresentanzenazionali invitate a Seafuture quelle di altri “Regimi Autoritari” (tra cui Libia, Bahrain, Cina, Giordania, Libano, Oman, Kazakistan, Turkmenistan, Mozambico, Repubblica del Congo e Togo). In considerazione di questa situazione che ha visto l’invito e vedrà l’ampia partecipazione di rappresentanze di regimi autoritari chiediamo alle Amministrazioni pubbliche che hanno concesso il proprio patrocinio a Seafuture (Regione Liguria, Comuni della Spezia, Lerici, Sarzana e Portovenere) di revocarlo. Riteniamo infatti che le Amministrazioni pubbliche dello Stato italiano non debbano in alcun modo promuovere eventi a cui partecipano rappresentanze militari, istituzionali e delle aziende militari di governi repressivi in modo particolare se questi eventi – come Seafuture – si caratterizzano per la promozione della vendita di armamenti e tecnologie militari. Esprimiamo inoltre forte contrarietà riguardo ad ogni eventuale coinvolgimento degli studenti delle scuole secondarie in Seafuture per la mancanza di un’informazione completa e pluralistica sul significato dell’evento tale da permettere loro di valutare la sua trasformazione in rassegna degli armamenti navali promossa dal comparto industriale-militare.   Come Associazioni laicali cattoliche e Chiese Riformate impegnate a vivere e testimoniare i valori evangelici di pace e riconciliazione deploriamo il ricorso alla forza per la risoluzione dei conflitti e l’aumento delle spese militari e ci adoperiamo per promuovere la riduzione degli armamenti, la solidarietà tra i popoli e la cultura della nonviolenza. * ACLI Provinciali (La Spezia) – Marco Formato (Presidente) * Associazione Mondo Nuovo Caritas (La Spezia) – don Luca Palei (Presidente) * Azione Cattolica (La Spezia) – Stefano Lorenzini (Presidente) * Betania Amici del Sermig Odv (La Spezia) – Giovanni Ricchetti (Presidente) * Chiesa Cristiana Evangelica Battista (La Spezia) – Sandra Spada (Pastora) * Chiesa Evangelica Metodista (La Spezia) – Massimo Marottoli (Pastore) * Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani (La Spezia) – Matteo Pucci (Magister) * Movimento dei Focolari (La Spezia) – Alessandro Carrozzi (Referente)   comunicato divulgato il 10 SETTEMBRE 2025 : A proposito di Seafuture 2025. La Spezia dal 29 settembre al 2 ottobre  Maddalena Brunasti
La povertà in Italia secondo i dati della rete Caritas: in 10 anni l’incremento è stato del 62,6%
L’Italia è il settimo Paese in Europa per incidenza di persone a rischio povertà o esclusione sociale (al 23,1%, in aumento rispetto al 22,8% del 2023): solo Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia e Lituania registrano valori più alti. Oggi si contano complessivamente 5 milioni e 694 mila poveri assoluti, per un totale di 2 milioni e 217 mila famiglie, che non dispongono delle risorse necessarie per una vita dignitosa, impossibilitati cioè ad accedere a un paniere di beni e servizi essenziali, quali ad esempio alimentazione adeguata, abbigliamento, abitazione. Una situazione confermata anche dai dati della rete Caritas Nel 2024 le persone accolte e sostenute dai Centri di Ascolto e servizi informatizzati della rete Caritas in Italia sono state 277.775. Si tratta di un numero che corrisponde ad altrettanti nuclei familiari, poiché l’intervento degli operatori e dei volontari mira sempre a rispondere ai bisogni dell’intera famiglia. Le informazioni provengono da 3.341 servizi, attivi in 204 diocesi (pari al 92,7% delle diocesi italiane) e distribuiti in tutte le 16 regioni ecclesiastiche, rappresentando circa la metà delle strutture promosse e/o gestite dalle Caritas diocesane e parrocchiali. L’aiuto della rete ha raggiunto circa il 6 per mille dei nuclei familiari residenti in Italia e circa il 12% delle famiglie in povertà assoluta. Il numero degli assistiti è aumentato del 3% rispetto al 2023. Se confrontato con il 2014, il dato appare decisamente allarmante: in dieci anni l’incremento è stato del 62,6%. I territori con l’aumento più marcato delle richieste di aiuto sono quelli del Nord Italia (+77%), seguiti da quelli del Mezzogiorno (+64,7%). Tali trend, evidenziano l’effetto cumulativo delle molteplici crisi che hanno attraversato il Paese negli ultimi anni: dalla crisi finanziaria del 2008, a quella del debito sovrano, fino alla pandemia da Covid-19 e alle recenti tensioni internazionali. Cala l’incidenza dei “nuovi ascolti” (37,7%, rispetto al 41,0% del 2023) e al contempo aumentano i casi di povertà intermittente e di lunga durata. Particolarmente preoccupante è la crescita delle situazioni di cronicità: oltre un assistito su quattro (26,7%) si trova in uno stato di disagio stabile e prolungato. La povertà diventa anche più intensa: il numero medio di incontri annui per assistito è quasi raddoppiato rispetto al 2012. L’età media delle persone accompagnate è 47,8 anni, in aumento rispetto al passato. Sebbene le statistiche ufficiali mostrino una situazione in cui gli anziani risultano meno colpiti dalla povertà rispetto alle fasce più giovani della popolazione, i dati raccolti dalla rete Caritas evidenziano una costante crescita della componente anziana tra le richieste di aiuto: se nel 2015, infatti, gli ultrasessantacinquenni rappresentavano appena il 7,7% oggi la loro incidenza è praticamente raddoppiata raggiungendo il 14,3%. Rimangono invece pressoché stabili e strutturali le difficoltà delle famiglie con figli che costituiscono circa i due terzi degli assistiti (63,4%), molti dei quali con figli minori. Un fattore che accomuna la gran parte delle persone accompagnate riguarda la fragilità occupazionale, che si esprime per lo più in condizioni di disoccupazione (47,9%) e di “lavoro povero” (23,5%). Non è solo dunque la mancanza di un impiego che spinge a chiedere aiuto: di fatto quasi un beneficiario su quattro rientra nella categoria del working poor, con punte che superano il 30% nella fascia tra i 35-54 anni. Quindici anni fa i disoccupati rappresentavano i due terzi dell’utenza e gli occupati appena il 15%; questo descrive con chiarezza quanto sia mutato il profilo dell’utenza Caritas nel corso degli ultimi tre lustri, riflettendo al contempo una profonda trasformazione del fenomeno stesso della povertà. La povertà appare multidimensionale e complessa: nel 56,4% delle storie incontrate si sommano due o più ambiti di fragilità, e per il 30% se ne cumulano tre o più. I principali pilastri di vulnerabilità sono il reddito, il lavoro e la casa, anche se le difficoltà non si esauriscono solo a queste dimensioni Tra i bisogni più frequenti, spesso correlati alle condizioni economiche, vi sono: problemi sanitari (in forte aumento rispetto al 2023); problemi familiari (legate a separazioni, conflitti, lutti o maternità in solitaria); difficoltà connesse allo status migratorio. A fronte di questa complessità, cala il numero di beneficiari delle misure di sostegno al reddito: i percettori di Assegno di Inclusione (Adi) sono l’11,5% del totale, quelli del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) solo l’1,3%. L’incidenza dei beneficiari dell’ADI risulta più alta al Sud (32,7%) e nelle Isole (29,8%) rispetto alle aree del Nord; allo stesso modo si evidenziano marcate differenze rispetto alla cittadinanza: tra gli italiani la percentuale di percettori si attesta al 19,4%, tra gli stranieri al 4,2%. La quota di beneficiari dell’Assegno Unico Universale sfiora complessivamente il quaranta per cento tra le persone con figli (38,8%), senza particolari differenze tra italiani e stranieri. La Caritas pone un particolare accento poi sul “problema casa”, sottolineando come non si tratti più di un’emergenza temporanea, bensì di una crisi strutturale con radici economiche, sociali e urbanistiche profonde. “Continuare a trattarla come una situazione contingente, si legge nel Rapporto, impedisce l’elaborazione di strategie di lungo periodo e soluzioni sistemiche. Non riguarda soltanto le situazioni estreme come quella delle persone senza dimora, ma coinvolge un numero crescente di famiglie che incontrano difficoltà nel trovare o mantenere un alloggio dignitoso e accessibile”. Ma anche la povertà sanitaria appare ormai preoccupante: i dati raccolti dalla Caritas nel 2024 mostrano che il 15,7% degli assistiti vive una condizione di vulnerabilità sanitaria, spesso legata a patologie gravi e alla mancanza di una risposta adeguata da parte del sistema pubblico. Qui il Rapporto: https://www.caritas.it/wp-content/uploads/sites/2/2025/06/report_stampa_9_06_25.pdf.  Giovanni Caprio