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L’espulsione di Mohamed Shahin è una minaccia alla libertà di espressione
La vicenda dell’espulsione dell’imam torinese Mohamed Shahin merita di essere conosciuta nei dettagli e di una mobilitazione che ne pretenda l’immediata scarcerazione dal Cpr di Caltanissetta dove è stato spedito da Torino (con un accanimento vergognoso) e la sospensione dell’espulsione decretata unilateralmente dal Ministero degli Interni. Contro Mohamed Shahin era […] L'articolo L’espulsione di Mohamed Shahin è una minaccia alla libertà di espressione su Contropiano.
Genocidio palestinese e dissenso in Italia: le piazze per la Palestina sono scenario di repressione?
Dal boicottaggio dei consumi alle manifestazioni di piazza: cresce in Italia il movimento di solidarietà con il popolo palestinese, mentre si moltiplicano episodi di repressione e dibattiti sulla libertà di espressione. Nel nostro paese stiamo assistendo a imponenti manifestazioni contro l’occupazione israeliana e il genocidio palestinese, attraverso l’attraversamento fisico dello spazio pubblico (presidi di piazza e cortei nelle strade) e anche mediante altri strumenti, come il boicottaggio dei consumi e delle strutture considerate coinvolte nelle violazioni dei diritti umani. Il tema “Palestina” attraversa le nostre coscienze: a partire da un moto di empatia umana, le posizioni di tante e tanti diventano politiche, poiché non piangiamo solo le persone uccise e, soprattutto, i tanti bambini, ma iniziamo a reclamare giustizia per il popolo palestinese e rispetto del diritto internazionale. Il che, tradotto in parole semplici, significa condannare l’intero progetto sionista e le azioni atroci che gli organi governativi che oggi lo portano avanti stanno perpetrando ai danni del popolo palestinese. Forse non sempre si è consapevoli di questo, ma è di questo che si tratta: quando scendiamo in piazza per la Palestina oppure acquistiamo Gaza Cola invece di Coca-Cola, lo facciamo per condannare il genocidio ma anche, necessariamente, per combatterne i presupposti. Vi è un nesso storico tra ciò che è accaduto cento anni fa con l’insediamento dei primi coloni attraverso il “primo aliyah”, “il primo ritorno”, cioè l’immigrazione dei primi coloni sionisti che avvenne tra il 1882 e il 1903, portando migliaia di ebrei in Palestina, e ciò che accade oggi con il colonialismo di insediamento iniziato nel 1948 in Cisgiordania, che ha portato sempre più persone a comprimersi dentro lo spazio della Striscia di Gaza per sfuggire all’apartheid e alla violenta sottrazione delle terre e del diritto di abitarle in modo dignitoso e sicuro. Senza infilarci in complicate ricostruzioni storiche, salta all’occhio che il fulcro della questione sia sempre la terra: la terra dei padri ma, soprattutto, la terra dei figli e per i figli. Il sionismo getta le basi per un’economia giorno dopo giorno sempre più fiorente, fuori e dentro Israele, e sempre più strettamente legata, purtroppo, anche alle operazioni militari. Uno sviluppo basato su un modello di investimento neoliberale, che ha consentito alle aziende israeliane di diventare dei colossi mondiali in alcuni settori; un esempio eclatante è il caso di TEVA, azienda farmaceutica che più volte ha dimostrato di non attenersi ad alcuna regola di controllo sulla produzione dei farmaci né sul divieto di fare cartello per imporre i propri prodotti al mercato. Il suo profilo etico (per quanto dichiarino i suoi siti ufficiali) è ampiamente compromesso dalle sanzioni dell’Unione Europea, che nell’ottobre del 2024 l’ha multata per 462 milioni di euro per concorrenza sleale e abuso di posizione dominante. Inoltre, di recente, la multinazionale sembra essere coinvolta, insieme ad altre realtà, in gravissime azioni contrarie al codice etico sanitario: “Rapporti inquietanti suggeriscono che il Ministero della Salute israeliano avrebbe permesso a grandi aziende farmaceutiche nazionali di testare prodotti sui prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Questa affermazione, fatta dalla professoressa Nadera Shalhoub-Kevorkian e da Mohammad Baraka, capo dell’Alto Comitato di Follow-up per gli Arabi in Israele, solleva serie preoccupazioni etiche. Nel 1997, l’ex politica israeliana Dalia Itzik riferì che oltre 5.000 test erano stati eseguiti su questi prigionieri. Inoltre, storicamente, le autorità israeliane restituiscono sempre con grande ritardo i corpi dei prigionieri deceduti e questo alimenterebbe i sospetti di sperimentazioni mediche.” Fonte: BDS Italia. TEVA, ancora, effettua forniture dirette all’esercito israeliano e finanzia campagne di immagine a sostegno delle azioni belliche a Gaza. Per tutti questi motivi, BDS, il movimento globale per i diritti del popolo palestinese, è attivo da vari anni con una campagna massiva contro TEVA. A tal proposito è bene precisare cosa dice BDS: il boicottaggio combatte la complicità, non l’appartenenza. Può sembrare una precisazione banale, ma è meglio non dare spazio ad equivoci. È necessario farlo perché il terreno si fa sempre più scivoloso. In Italia, il 6 agosto scorso, è stato presentato un disegno di legge (S.1627, cosiddetto disegno di legge “Gasparri”) che si ispira, con molta approssimazione, alla definizione di antisemitismo adottata dalla “International Holocaust Remembrance Alliance” il 26 maggio 2016: “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto.” Ma l’aspetto innovativo portato nella proposta è un salto, quasi un volo pindarico, di associazione dell’antisemitismo all’antisionismo, nesso che (ci correggano i giuristi) non esiste nel testo della definizione adottata da IHRA. Le domande sono tante. Chi scrive immagina che, tra le persone giuste che attraversano le comunità ebraiche europee e tra le componenti sane della società israeliana, vi sia ampio dibattito per capire come la definizione dell’IHRA possa e debba essere aggiornata alla luce delle recenti accuse mosse dalla Corte Penale di Giustizia e degli avvenimenti storici. Lo testimonia il fatto che il noto storico israeliano Ilan Pappé ha pubblicato un libro che si chiama La fine di Israele e che delinea proprio come la spaccatura interna rispetto al progetto sionista sarà la motivazione del suo annientamento. I fatti sembrano confermare questa visione dello studioso, che forse, ad alcuni, era potuta sembrare poco fondata poiché proiettata in un futuro troppo lontano. È di oggi la notizia della presenza in piazza a Gerusalemme di “una massiccia protesta che ha scosso la città, con la partecipazione di circa duecentomila ebrei ultraortodossi che hanno protestato contro la leva obbligatoria nell’esercito israeliano. Lo riporta il quotidiano Ynet, sottolineando il grande impatto della protesta che ha coinvolto una fetta significativa della comunità haredi locale. La manifestazione, denominata la ‘Marcia di un milione di uomini’, ha purtroppo registrato un tragico incidente: la morte di un ragazzo di 15 anni.” Altro quesito: è necessario un rafforzamento dei dispositivi di legge che puniscono l’antisemitismo nel nostro paese, in tutte le sue forme? Sì, certamente. Purtroppo, la scarsa o distorta conoscenza dei fatti storici porta tutt’oggi ancora troppe persone ad avere una percezione strisciante degli ebrei, considerati, nel pensiero di molti, come entità lobbistica. È ovvio che tale percezione, come tutte le azioni da essa generate, vada contrastata duramente. Ma allo stesso modo, se vogliamo restare in una posizione di correttezza etica e di efficacia giuridica, sono necessarie condanne di tutti i tipi di razzismo ben radicati nel nostro paese: vale per il razzismo anti-nero, l’antiziganismo, l’islamofobia, il razzismo antipalestinese, per tutti i giudizi negativi preconcetti basati su stereotipi riguardo a un gruppo etnico o razziale. Se la vediamo da questa prospettiva, individuando nell’antisionismo, d’emblée, una moderna manifestazione di antisemitismo, il progetto di legge pare promuovere una criminalizzazione del dissenso contro Israele, colpendo anche chi protesta per il riconoscimento dei diritti dei palestinesi e per l’affermazione della giustizia internazionale. È così? C’è chi, nel mondo dei giuristi democratici, solleva dubbi di incostituzionalità qualora la proposta venisse approvata dalle Camere. E ancora, la proposta si alimenta della deriva reazionaria che una sempre più poderosa parte della società civile sta denunciando, con particolare riguardo al modo con cui le forze dell’ordine agiscono nei confronti degli attivisti e delle attiviste per la Palestina? Fatto sta che, in tutta la penisola, da Milano a Torino, poi a Roma e infine a Napoli, si sono registrati episodi di violenza delle forze dell’ordine contro gli attivisti. Nel capoluogo partenopeo, in particolare, a seguito di una contestazione alla presenza di TEVA alla fiera PharmaExpò alla Mostra d’Oltremare, ci sono stati tre arresti. Dalle ricostruzioni della dinamica, effettuate grazie ai tanti video condivisi da parte di persone presenti, anche non direttamente coinvolte nella protesta, vi sarebbe stato un accanimento di alcuni agenti della Polizia e della Guardia di Finanza, che hanno accerchiato un gruppetto di venti attivisti che si stavano pacificamente avviando all’uscita dalla Mostra, dopo aver aperto uno striscione, minacciandoli e malmenandoli. Dopo tre giorni di detenzione, i fermi sono stati annullati senza che venisse convalidata la richiesta di arresti domiciliari mossa dal PM: solo obbligo di firma per gli attivisti, secondo il GIP. Una mitigazione della pena dovuta all’accertamento degli eventi che presenta una verità più vicina alla versione dei manifestanti che a quella della Questura? I fatti andranno accertati nelle sedi opportune. È però lecita una domanda: c’è reale possibilità di manifestare per una causa giusta come l’immediata sospensione della pulizia etnica dei palestinesi? Oppure, quando si toccano obiettivi sensibili economici (quelli che, tra l’altro, ha individuato la rapporteur delle Nazioni Unite per il popolo palestinese, Francesca Albanese, nei suoi due ultimi rapporti come base per le complicità con il genocidio “ongoing” da parte di imprese presenti in sessantatré Stati, tra cui l’Italia), si rischia di impattare con forme di repressione? * Storia degli insediamenti israeliani in Palestina – Vatican News * Colonialismo e apartheid in Israele – BDS Italia * Proteste in Israele: circa 200mila ultraortodossi in piazza, morto un ragazzo – Alanews * Disegno di legge S.1627 – Senato della Repubblica * DDL “antisemitismo”: il piano Gasparri tra università e propaganda – Domani * Napoli: fermi e abusi della polizia durante la protesta contro l’azienda israeliana TEVA – SiCobas * Scarcerati gli attivisti per la Palestina arrestati a Napoli – Rai News Campania * Rapporto ONU sul genocidio palestinese – Il Fatto Quotidiano   Nives Monda
In tono di comando
> Il nuovo ambasciatore statunitense presso l’UE intende adeguare le norme > comunitarie agli interessi dell’amministrazione Trump e dell’economia > statunitense. Se ci riuscisse, spianerebbe la strada all’estrema destra sui > social media. Andrew Puzder ha assunto la carica l’11 settembre. Egli chiede che Bruxelles elimini le “barriere normative” che ostacolano gli affari, in particolare quelli delle aziende statunitensi. Ad esempio, le norme sui social media dovrebbero essere abolite per ripristinare la “libertà di espressione”. Con quest’ultima si intende l’eliminazione delle norme volte a limitare l’incitamento all’odio da parte dell’estrema destra. La loro abolizione andrebbe a vantaggio non da ultimo delle organizzazioni di estrema destra con cui collabora, ad esempio, la Heritage Foundation statunitense, per la quale Puzder era attivo fino a poco tempo fa. Anche altri ambasciatori statunitensi in servizio altrove interferiscono nella politica dei loro paesi ospitanti, come ad esempio l’ambasciatore USA in Francia, appartenente al clan Trump. Quest’ultimo ha recentemente chiesto con tono imperioso alla Francia di rinunciare al previsto riconoscimento dello Stato palestinese. Esperienze simili si sono verificate anche in Germania. ABOLIRE LE NORME UE Andrew Puzder, un ex manager di due catene di fast food statunitensi, in passato si è espresso a favore dell’automazione delle fabbriche perché le macchine sono “sempre educate”, non prendono ferie e non arrivano mai in ritardo (come riportato da german-foreign-policy.com [1]). In occasione del suo insediamento la scorsa settimana, in un’intervista ha comunicato quali saranno i suoi primi obiettivi di lavoro come ambasciatore degli Stati Uniti presso l’UE. Secondo quanto affermato, Puzder si impegnerà a modificare o addirittura ad abolire le leggi e le norme dell’UE se non sono nell’interesse delle aziende statunitensi. Ciò vale, da un lato, per la direttiva sulla catena di approvvigionamento (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, CSDDD), che impone a tutte le aziende operanti nell’UE obblighi di diligenza nella selezione dei propri fornitori in materia di diritti umani e norme ambientali. Puzder non lascia dubbi sul fatto che intende abolire la direttiva. Ciò vale anche per il rispetto dei fattori ESG (Ambiente, Sociale e Governance), ad esempio negli investimenti. Già a febbraio, il ministro del Commercio statunitense Howard Lutnick aveva dichiarato di essere pronto in qualsiasi momento a utilizzare “strumenti commerciali” qualora tali norme UE ostacolassero le aziende statunitensi. [2] LIBERTÀ DI ESPRESSIONE Puzder chiede inoltre che gli Stati Uniti e l’Unione Europea si oppongano “congiuntamente” alla Russia e alla Cina. Per quanto riguarda la Cina, ciò si riferisce alla dura linea di scontro intrapresa dall’amministrazione Trump non solo sul piano economico, ma anche su quello politico e militare. Per quanto riguarda la Russia, Puzder chiede che in futuro l’UE non si rifornisca più di gas liquido russo, ma statunitense. Non da ultimo, il nuovo ambasciatore statunitense si oppone alla regolamentazione dei mercati e dei servizi online, come previsto in particolare dal Digital Markets Act (DMA) e dal Digital Services Act (DSA). Solo di recente l’UE ha inflitto alla società statunitense Google una sanzione di 2,95 miliardi di euro per violazione delle normative UE in materia.[3] Puzder respinge con forza questa decisione e sostiene che tali sanzioni siano apertamente “rivolte contro le grandi aziende statunitensi” e che ciò sia “inaccettabile”. [4] Inoltre, sostiene che con la sua regolamentazione online l’UE limiti la “libertà di espressione”. Pur dichiarando con condiscendenza che la “libertà di espressione” nell’UE non deve essere esattamente la stessa che negli Stati Uniti, afferma comunque che le norme che vietano, ad esempio, la discriminazione razziale o sessista aperta limitano la libertà di parola in modo inammissibile. VIA LIBERA ALL’INCITAMENTO ALL’ODIO Con la richiesta di indebolire o abolire completamente la regolamentazione delle piattaforme di social media provenienti dagli Stati Uniti, Puzder non solo difende gli interessi delle multinazionali statunitensi, ma anche quelli di un’organizzazione per la quale ha recentemente lavorato come Distinguished Visiting Fellow for Business and Economic Freedom: la Heritage Foundation. [5] La fondazione, che con il suo Project 2025 ha redatto una sorta di programma di governo per l’amministrazione Trump, collabora strettamente con l’alleanza di partiti di estrema destra Patriots for Europe (PfE), di cui fanno parte, ad esempio, il Rassemblement National (RN) francese, il Vlaams Belang belga e la Lega italiana. [6] Intrattiene relazioni particolarmente strette con il primo ministro ungherese Viktor Orbán, il cui partito Fidesz fa parte del PfE. L’abolizione delle norme contro l’incitamento all’odio di destra andrebbe a vantaggio dei partiti membri del PfE e, con essi, anche del loro partner di cooperazione, la Heritage Foundation. INACCETTABILE L’aperta ingerenza degli ambasciatori statunitensi negli affari interni del Paese ospitante sta già causando gravi conflitti altrove. È il caso della Francia, dove gli Stati Uniti sono rappresentati da un membro del clan Trump, Charles Kushner, imprenditore immobiliare condannato per evasione fiscale, il cui figlio Jared è genero del presidente degli Stati Uniti. In agosto, dopo che il presidente Emmanuel Macron aveva prospettato il riconoscimento dello Stato palestinese per il 19 settembre, Kushner aveva trasmesso ai media una lettera indirizzata a Macron. In essa descriveva l’imminente riconoscimento della Palestina come un’“iniziativa” che alimentava il “fuoco antisemita” e chiedeva a Macron in tono imperioso: “Abbandonate le iniziative che servono a legittimare Hamas e i suoi alleati”.[7] Il messaggio di Kushner, la sua prima uscita pubblica come ambasciatore degli Stati Uniti in Francia poco dopo il suo insediamento, ha suscitato forte irritazione a Parigi. Il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot l’ha definita “inaccettabile”; sottolineando che la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 impone il non intervento negli affari interni del Paese ospitante. Kushner si è poi persino rifiutato di presentarsi al Ministero degli Esteri francese. OPINIONI ESTREME Im Germania l’ingerenza di un ambasciatore statunitense negli affari interni del Paese è già nota dai tempi del mandato di Richard Grenell (dal 2018 al 2020). Già all’inizio di giugno 2018, in un’intervista alla piattaforma online statunitense di estrema destra Breitbart, Grenell aveva dichiarato di voler “rafforzare a tutti i costi altri conservatori in tutta Europa”. [8] Con “conservatori” si intendevano tutte le forze di estrema destra anche al di fuori dello spettro dei partiti tradizionali. Grenell si è poi distinto per aver inviato lettere minatorie ad aziende tedesche per costringerle a seguire le sue richieste politiche.[9] L’uomo, che attualmente detiene il titolo di “inviato speciale per missioni speciali”, solo pochi giorni fa ha chiesto che al corrispondente della ZDF negli USA Elmar Theveßen venisse revocato il visto. Theveßen aveva esercitato la sua libertà di espressione affermando giustamente che Charlie Kirk, attivista di estrema destra recentemente assassinato, aveva fatto “dichiarazioni razziste” e “ostili alle minoranze” e apparteneva “all’estrema destra negli Stati Uniti”. Riguardo al vice capo di gabinetto di Trump, Stephen Miller, Theveßen aveva giudicato che avesse “opinioni molto estreme”. Grenell ha quindi affermato che Theveßen incitava alla violenza contro gli oppositori politici e che doveva essere espulso. [10] -------------------------------------------------------------------------------- NOTE: [1] Vedi “Imparare dal tornado Trump”. [2] Jeff Green: Il nuovo ambasciatore americano presso l’UE promette di combattere la burocrazia per le aziende statunitensi. bloomberg.com 11.09.2025. [3] L’UE infligge a Google una multa di 2,95 miliardi di euro per abuso di posizione dominante nel mercato della pubblicità display. ceelegalmatters.com 12.09.2025. [4] Jeff Green: Il nuovo ambasciatore americano presso l’UE promette di combattere la burocrazia per le aziende statunitensi. bloomberg.com 11.09.2025. [5], [6] Cfr. “Imparare dal tornado Trump”. [7] Michaela Wiegel: Lettera con conseguenze (Brief mit Konsequenzen). Frankfurter Allgemeine Zeitung 26.08.2025. [8] Vedi “Ein Oligarch für die AfD“. [9] Vedi “Die Souveränität der Macht”. [10] Emittente tedesca respinge la richiesta dell’ex inviato statunitense di espellere un giornalista. yahoo.com 15.09.2025. -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dal tedesco di Thomas Schmid con l’ausilio di traduttore automatico. GERMAN-FOREIGN-POLICY.com
“Questa Lega è una vergogna”
Pino Daniele e il coraggio di dire no al razzismo nei manifesti rimossi a Roma C’è una fotografia che oggi non vedrai in copertina. Non perché non esista, ma perché ogni replica non contestualizzata è una nuova diffusione del messaggio d’odio. Per questo non vogliamo contribuire a diffonderla. È l’immagine di un manifesto affisso in varie zone di Roma e firmato dalla Lega. Uno slogan gridato in maiuscolo: “Occupi una casa? Ti buttiamo fuori in 24 ore”. Accanto, una scena costruita con cura inquietante: persone visibilmente non italiane, con tratti che evocano lo stereotipo del “diverso”, neri, rom, volti caricaturali, vengono fermate dalla polizia davanti a un portone. Non è solo propaganda. È un attacco visivo e narrativo alla dignità umana. Per questo, abbiamo scelto di aprire con un altro tipo di immagine: la copertina dell’album ‘O scarrafone di Pino Daniele, che nel 1991 cantava: Un uomo in blues “Questa Lega è una vergogna”. Un verso che oggi suona come un monitor ancora attuale. Trentaquattro anni dopo, quella denuncia sembra ancora necessaria. Gli stessi pregiudizi, le stesse campagne denigratorie, le stesse immagini stereotipate restano affisse sui muri delle nostre città. Non è solo un ritorno nostalgico a una canzone del passato, ma il segno di una memoria viva e resistente. Una memoria che parla ancora, come quella Napoli profonda e meticcia che ha sempre saputo dire no al razzismo anche quando non faceva notizia. Non è solo un manifesto. È una battaglia del nemico La fotografia, visibile nell’articolo solo per scopi critici, non è documentazione giornalistica. È un set narrativo in scena per alimentare una percezione falsa e pericolosa: che l’abusivismo, l’illegalità, il pericolo per “la brava gente” hanno un volto preciso. E quel volto, guarda caso, non è mai bianco. Manifesto della Lega con contenuti discriminatori Si tratta di razzismo visivo, e la parola non è abusata. È esatto. Quando si usano immagini che assimilano minoranze etniche a comportamenti criminali, si viola un principio fondamentale: l’uguaglianza di tutte le persone davanti alla legge e alla dignità. La rimozione da parte del Comune: censura o responsabilità? Il Comune di Roma ha deciso di rimuovere quei manifesti. Una scelta che ha scatenato l’ira della Lega, che ha parlato di “bavaglio comunista” e attacco alla libertà d’espressione. Ma la libertà di espressione non è il diritto di diffondere odio. Non è il diritto di costruire narrazioni che identificano etnie con criminalità, povertà con pericolosità, disperazione con minaccia. La decisione del Comune non è censura. È difesa della Costituzione, che all’articolo 3 garantisce pari dignità sociale senza distinzione di razza, lingua o opinioni. È una presa di posizione civile, in un’epoca in cui anche l’indifferenza può essere complicità. In un contesto europeo in cui il razzismo è in crescita, come riportato dalla FRA (Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali), la difesa attiva dei principi costituzionali non è una forzatura ideologica, ma un obbligo morale. E lo è ancor di più in Italia, dove articoli come il 3 e il 21 della Costituzione stabilizzano che l’espressione libera non può mai tradursi in incitamento alla discriminazione. Propaganda che semplifica, divide, colpisce Il manifesto affisso a Roma è solo l’ultimo esempio di una strategia comunicativa fondata sulla costruzione di un nemico semplice: lo straniero, il povero, l’abusivo, che minaccia l’ordine. Nessun riferimento a cause strutturali, nessuna proposta di inclusione sociale, nessuna complessità, solo paura e repressione. Chi ha costruito quella fotografia, con ogni probabilità in un set o con un intervento di post-produzione, non ha scelto a caso i volti, gli abiti, le posture. Ha voluto che parlassero da soli. Ha iniettato razzismo nelle immagini, contando sulla rapidità con cui lo sguardo assorbe e giudica. Secondo l’ultimo rapporto dell’Unione Inquilini, in Italia nel 2023 sono stati eseguiti oltre 29.000 sfratti, il 90% dei quali per morosità incolpevole. La vera emergenza abitativa riguarda famiglie italiane e straniere senza mezzi, non criminali o “furbetti”. Ma questa complessità non fa notizia. Meglio ridurre tutto a uno slogan da affissione. Il paradosso di CasaPound A rafforzare l’ipocrisia di certe narrazioni, c’è il caso di CasaPound. Fondata nel 2003, CasaPound è un’organizzazione politica di estrema destra che si definisce “fascista del terzo millennio”. È conosciuta per le sue azioni provocatorie e per l’occupazione di spazi pubblici. A Roma, in via Napoleone III, questo movimento occupa da oltre vent’anni un palazzo di proprietà pubblica senza pagare affitto, trasformandolo nella propria sede nazionale. Un’occupazione illegale mai realmente sanzionata. Nonostante le denunce, gli appelli e le mozioni approvate dal Consiglio Comunale, lo stabile non è mai stato sgomberato. È solo il caso più noto: altre occupazioni e concessioni opache si sono susseguite negli anni. Una realtà che mostra come le regole, in Italia, sembrano valere in modo diverso a seconda del colore della pelle o della bandiera che si sventola. Qualcuno ha suggerito, con amarezza, che forse la Lega dovrebbe affiggere un manifesto diverso: “Occupi un palazzo da vent’anni a Roma senza pagare affitto? Ti portiamo anche il caffè, basta che sei nostro amico”. Sarebbe più onesto. Fonti e approfondimenti: Unione Inquilini – Rapporto sugli sfratti in Italia 2023 https://www.unioneinquilini.it/index.php/rapporti-sfratti-2023/   Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) – Relazione annuale 2023 https://fra.europa.eu/it/publication/2023/fundamental-rights-report-2023   Costituzione della Repubblica Italiana – Articoli 3 e 21 https://www.senato.it/1025?sezione=118&articolo_numero_articolo=3 https://www.senato.it/1025?sezione=118&articolo_numero_articolo=21   Movimento del Comune di Roma sullo sgombero di CasaPound (2020) https://www.romatoday.it/politica/casa-pound-via-napoleone-mozione-sgombero.html   Rimozione manifesti Lega a Roma – Notizia ANSA https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2025/07/27/roma-rimossi-i-manifesti-lega-stereotipi-razzisti Lucia Montanaro
Solidarietà al Dottor Eugenio Serravalle: per salvare la libertà di cura, di espressione e di divulgazione scientifica
“Mala tempora currunt”, ovvero “corrono tempi cattivi”. Ma i latini a loro volta aggiungevano: “sed peiora parantur” che significa “ma se ne preparano di peggiori”. E’ proprio quello che è successo recentemente, il 29 giugno, quando il sindaco di Rosignano Marittimo, Claudio Marabotti (eletto lo scorso anno in quota 5 Stelle), ha minacciato di revocare il patrocinio comunale all’Eco Festival della Val di Cecina se fosse salito sul palco dei relatori il dottor Eugenio Serravalle, grande pediatra, medico omeopata e divulgatore scientifico arcinoto a livello nazionale per le sue battaglie per la sana alimentazione, l’agroecologia, la difesa del latte materno, la salutogenesi, la prevenzione primaria, la salute pubblica, la libertà di cura, la libertà di scelta vaccinale, l’ecologia e l’ambiente, contro lo strapotere delle case farmaceutiche e i processi di medicalizzazione della società, oltre ad essere fondatore di AsSIS (Associazione di Studi e Informazione sulla Salute). Laureato in Medicina e Chirurgia a Pisa – Specializzato in Pediatria Preventiva e Puericultura e Patologia Neonatale a Pavia, Serravalle è diplomato in Omeopatia Classica presso la Scuola Omeopatica di Livorno Opera ed esercita come libero professionista presso lo studio privato a Pisa. Consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare (Comune di Pisa, Asili nido e scuole materne di Uliveto Terme, Nodica, Calci, Il girotondo e Il Nido d’ape di Pisa), è docente presso l’Accademia di Omeopatia Classica Hahnemaniana di Firenze, relatore in numerose convegni e conferenze sul tema della salute in età pediatrica, oltre ad essere stato collaboratore del magistrato Ferdinando Imposimato sui temi della medicalizzazione della società e dell’ingerenza delle case farmaceutiche nelle politiche sanitarie italiane ai tempi dell’approvazione della Legge Lorenzin (119/2017). Ha collaborato con il Coordinamento del Movimento Italiano per la Libertà di Vaccinazione (Comilva) ed è membro della Commissione Medico-Scientifica Indipendente (CMSi) che si sta occupando di indagare la Covid-19 con un approccio sindemico, rigettando quello riduzionista proposto dalla narrazione ufficiale. Saggista e divulgatore scientifico sui temi della salute e delle vaccinazioni pediatriche, ha scritto numerosissimi saggi come: Bambini Supervaccinati (Edizioni Il leone verde); Tutto quello che occorre sapere prima di vaccinare proprio figlio (Edizioni SI); Vaccinare contro il tetano?; Vaccinare contro il papillomavirus? – (Edizioni Salus Infirmorum); Vaccinazioni: alla Ricerca del Rischio Minore; Coronavirus – COVID-19 —No! Non è andato tutto bene (Editore: Il Leone Verde). Quando un sindaco – rappresentante ufficiale dei principi e dei valori della nostra Carta Costituzionale su cui ha prestato giuramento – utilizza il proprio potere per censurare il diritto di parola di un medico perché non ne condivide il pensiero critico, è sintomo di una sempre più crescente deriva antidemocratica. Chi conosce il dottor Serravalle sa bene che la sua prima passione è la difesa della “verità”, un paladino della difesa del diritto alla salute contro chi la vorrebbe ridurre a mera merce di scambio in nome di profitto, mercato, marketing e business. Basta scorrere i titoli degli articoli inseriti su AsSIS per rendersi conto del suo rigore scientifico che smaschera i conflitti di interesse che si nascondono dietro alcuni vaccini, soprattutto quelli riservati all’età pediatrica. Come ha scritto Serravalle: “Avrei dovuto partecipare al Val di Cecina Eco Festival di Rosignano M.mo, per condividere riflessioni su salute e prevenzione nei bambini – temi che da anni tratto con rigore scientifico e spirito divulgativo. L’incontro è stato annullato a seguito della minaccia del Sindaco di Rosignano di revocare il patrocinio comunale all’evento, qualora io vi avessi preso parte. Così è stato riferito dagli organizzatori. Se questo è davvero accaduto, siamo di fronte a un grave atto di censura, proveniente proprio da quell’Istituzione pubblica che per sua natura e funzione dovrebbe essere garante della libertà, del confronto e dei valori costituzionali. Una forma di censura tanto più preoccupante quanto più sottile: non serve vietare esplicitamente la parola quando si può agire per vie indirette, minacciando, condizionando, scoraggiando. (…) Quando un potere politico decide chi può o non può parlare in uno spazio pubblico sulla base delle sue idee – e non dei suoi atti o della veridicità di ciò che afferma – non è più un garante della democrazia, ma un suo ostacolo. Colpisce, e addolora, che questo bavaglio arrivi da forze politiche che si dichiarano progressiste. Quelle che a parole si ispirano ai valori della partecipazione, della tolleranza, dell’inclusione, dell’onestà intellettuale. Eppure oggi sembrano dire: “Progressisti sì, ma non con chi dissente”. La libertà di parola è universale o non è. Come ammoniva Pier Paolo Pasolini: “La verità non sta in un solo sogno, ma in molti sogni.” E se la verità è fatta di molte voci, allora il silenzio imposto a una di esse non è protezione del bene comune, ma paura della complessità. Ricordava Norberto Bobbio che “Una democrazia senza opposizione è una contraddizione in termini.” Ed è proprio nel riconoscere la legittimità del dissenso che si misura la tenuta di una società civile e democratica. È essenziale vigilare. Non solo per difendere la mia libertà di parola, ma per la libertà di tutti: di chi la pensa come me e di chi non la pensa affatto così. Perché la libertà di espressione non è un favore da concedere, ma un diritto da rispettare. E solo attraverso un dialogo aperto, rispettoso e plurale possiamo costruire una società più giusta, più consapevole e più forte.” Ancora più grave è il fatto che la censura provenga da un sindaco proveniente dal MoVimento 5 Stelle, movimento politico nato nel 2009 ispirandosi agli ideali della decrescita, dell’ambientalismo, dell’anti-corruzione e in critica a tutti quei processi di ingerenza delle multinazionali sul “governo della vita” (per citare il giurista Stefano Rodotà) delle persone e che ne minano l’indipendenza e l’autonomia nell’agire e nello scegliere in libertà soprattutto sui temi della salute, della cura, della libertà di scelta vaccinale e dell’alimentazione. La gravità della decisione del sindaco di Rosignano di censurare un medico della statura del dottor Serravalle, noto in tutta Italia per la sua preparazione e per il suo rigore, sia dal punto di vista scientifico che umano, avrebbe trovato in Beppe Grillo, fondatore del movimento 5 Stelle, un supporter di primissimo piano. “Ma anche questo – come ha scritto la giornalista Patrizia Bardelli – è il segno dei tempi ed anche i 5 Stelle hanno perso evidentemente quella verve e quella indipendenza di pensiero critico che ha fatto del loro fondatore un caso nazionale”. Come ha dichiarato il dottor Serravalle a ToscanaToday: “La libertà di parola non serve per ascoltare chi ci rassicura, ma chi ci sfida. Non si difende quando ci è comoda: si difende quando mette in discussione le nostre certezze. Chi amministra la cosa pubblica dovrebbe onorare la Costituzione, non piegarla al proprio tornaconto o alle convenienze ideologiche. Un patrocinio negato perché qualcuno dissente è un atto di debolezza, non di autorevolezza. Io continuerò a parlare. In piazza, nei libri, nei teatri. Non per polemica, ma perché educare al pensiero critico è un atto d’amore verso la democrazia. E ricordiamolo tutti: Il silenzio degli altri non è libertà, è complicità”. Pubblichiamo la Lettera aperta del dottor Eugenio Serravalle al Sindaco di Rosignano: Egregio Signor Sindaco, ho appreso con dispiacere che la mia partecipazione all’Eco Festival di Val di Cecina è stata annullata, a seguito della Sua decisione – esplicita o implicita – di revocare il patrocinio del Comune in caso di mia presenza. Una scelta che, pur legittima sotto il profilo amministrativo, merita una riflessione pubblica più ampia, alla luce del ruolo istituzionale che Lei ricopre e dei valori che una democrazia matura è chiamata a difendere. L’articolo 21 della nostra Costituzione afferma che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.” È una dichiarazione potente, netta, nata dalle macerie del fascismo proprio per garantire che nessuna autorità, neppure la più benintenzionata, possa impedire l’espressione libera del pensiero, anche – e soprattutto – quando quel pensiero è scomodo, minoritario o controcorrente. Negare o condizionare la partecipazione a un evento culturale in base alle opinioni personali di un relatore – per quanto distanti possano essere dalle sue – non è solo una scelta discutibile: è un segnale preoccupante. Significa subordinare il dibattito alla convenienza politica, trasformando il patrocinio pubblico in uno strumento di censura indiretta. In nome di cosa? Del decoro? Della reputazione dell’ente? O, più banalmente, del timore del dissenso? Vorrei ricordare – a Lei e a chi ha deciso con Lei – che la libertà di parola non si difende quando è comoda: si difende proprio quando ci mette alla prova. Scriveva Evelyn Beatrice Hall, riassumendo il pensiero di Voltaire: “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo.” Questa è la postura etica che ogni rappresentante delle istituzioni dovrebbe assumere di fronte alle opinioni altrui: non condivisione, ma rispetto; non approvazione, ma garanzia di agibilità. La mia attività, da anni, si basa sullo studio, sull’analisi dei dati scientifici, sull’invito al pensiero critico e sulla promozione della salute attraverso stili di vita consapevoli. Ho certamente espresso visioni non allineate a quelle dominanti, talvolta provocatorie, sempre argomentate e fondate su fonti scientifiche. Questo, in una società viva, dovrebbe essere accolto come una risorsa, non come una minaccia. In un festival che porta nel nome il valore dell’“eco” – ovvero dell’ambiente, della pluralità, del ritorno delle voci – non dovrebbe mai mancare lo spazio per il confronto aperto. Che messaggio riceveranno oggi i giovani, i cittadini, gli educatori, di fronte a questa censura mascherata da patrocinio? Che il dissenso va zittito? Che il pensiero critico deve restare fuori dalle piazze? Che è meglio tacere per non perdere appoggi? Eppure, proprio oggi, in un mondo sempre più conformista e polarizzato, abbiamo bisogno di tornare a educare al dubbio, al confronto, alla responsabilità del pensiero. Non esiste democrazia senza libertà di parola. Non esiste comunità sana senza la possibilità di ascoltare voci diverse. Signor Sindaco, questa lettera non è un atto di polemica, ma un appello: difendere la libertà di espressione non è un favore che si concede, è un dovere che si onora. Non per me, ma per la dignità della nostra Costituzione e per il futuro del pensiero libero nel nostro Paese. Cordialmente, Eugenio Serravalle Medico, pediatra e cittadino Lorenzo Poli
Solidarietà al Partito Comunista di Boemia e Moravia contro le persecuzioni anticomuniste in Europa per la libertà politica e la libertà di espressione
In perfetta linea con il vento d’estrema destra che tira in Europa, il governo di Praga si sta portando avanti una svolta antidemocratica gravissima in barba alle libertà politiche e alla libertà d’espressione, proponendo di mettere al bando l’opposizione politica comunista. Nel provvedimento si parla esplicitamente di carcere fino a dieci anni per chi milita in un partito legalmente costituito, in crescita, radicato nei territori e nei bisogni popolari. In Repubblica Ceca, la messa al bando del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSČM) – che viene criminalizzato con la scusa di essere “antisistema” – è il massimo exemplum dell’autoritarismo che si cela dietro quelle che continuano ad essere chiamate democrazia liberali che – con un atto di criminalizzazione del dissenso – stanno facendo di tutto per escludere dalla vita politica un partito proprio alla vigilia delle elezioni. È la reazione isterica di un sistema in piena crisi di legittimità che teme chi ne denuncia la natura profondamente ingiusta, classista e guerrafondaia. È la conferma che le istituzioni del dominio capitalistico, quando si sentono minacciate, gettano via la maschera democratica e passano alla repressione. Come accadeva durante il fascismo, anche oggi il comunismo viene trattato come un crimine, non per quello che fa, ma per quello che rappresenta: il mezzo di riscatto per i lavoratori, per i giovani, per chi non ha voce. Se si pensasse che tutto ciò non ci riguarda sarebbe un gravissimo errore. Questo non è solo un fatto che si sta verificando in Repubblica Ceca: è un campanello d’allarme per tutti i popoli europei. La storia ci ha insegnato che dove si mettono al bando i comunisti, presto si metteranno al bando i diritti e la libertà di parola. Chi vieta i comunisti prepara il terreno per portare popoli alla guerra. Un esempio, in Europa, è proprio l’Ucraina in cui, dopo il colpo di Stato di Euromaidan del 2014 e l’inizio delle rappresaglie dell’esercito ucraino in Donbass, le sue autorità avevano già cercato di vietare il Partito Comunista, accusandolo di finanziare i “separatisti filo-russi in Ucraina orientale”, ovvero le Repubbliche Popolari di Lugansk e Donetsch. Il servizio di sicurezza dell’Ucraina aveva sostenuto di aver fornito la prova di questo al Ministero della Giustizia, che poi ha presentato una mozione per bandire il partito nel luglio 2014. Il procedimento non ha mai avuto luogo perché il giudice designato ha tirato fuori il caso, all’inizio di quest’anno, citando pressioni da parte delle autorità che avevano perquisito il suo ufficio e confiscato i file relativi al caso. Il 16 dicembre 2015  – con una sentenza Tribunale amministrativo distrettuale di Kiev su richiesta del Ministero della Giustizia d’Ucraina – il governo di Poroschenko ha messo al bando il Partito Comunista d’Ucraina. Una delle prime conseguenze di questa decisione era stato impedire il suo funzionamento ufficiale, ma anche la sua partecipazione alle elezioni, il diritto di manifestare, di distribuire volantini etc. Tale divieto era derivato dai primi segni di attacco alla libertà di espressione, che sono stati registrati nel maggio 2015, quando il Presidente nazionalista d’estrema destra Petro Poroshenko aveva promulgato una serie di leggi adottate dalla Rada, il parlamento ucraino, che vietavano l’utilizzo di simboli comunisti, con azioni penali che potrebbe arrivare fino a 10 anni di carcere. Ai sensi di quattro nuove leggi adottate nel maggio 2015, conosciute collettivamente come “leggi di decomunistizzazione”, esporre i simboli comunisti o nazisti può portare a un procedimento penale e fino a dieci anni di reclusione. Sebbene l’uso del termine “comunista” è esplicitamente vietato da questa legislazione, il Partito Comunista d’Ucraina ha rifiutato di apportare modifiche al suo nome, logo o al suo statuto. https://contropiano.org/news/internazionale-news/2022/06/09/solidarieta-al-partito-comunista-dellucraina-messo-al-bando-dal-regime-di-kiev-0150069 https://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-europa/ucraina-il-regime-nazional-fascista-prepara-la-messa-al-bando-di-uno-storico-giornale-dei-lavoratori/ https://www.peacelink.it/conflitti/a/49114.html Anche Amnesty International attraverso John Dalhuisen, responsabile all’epoca per Europa e Asia Centrale, aveva condannato la politica del regime di Kiev sostenuto da USA e governi dell’Unione Europea, affermando: “Il divieto del Partito comunista in Ucraina è una flagrante violazione della libertà di espressione e di associazione e devono essere immediatamente revocato, ha dichiarato Amnesty International. L’Unione europea (UE) dovrebbe reagire a questo grave attacco alla libertà di espressione, di affiliazione e di associazione nei confronti di un partito democratico che ha sempre agito per il rispetto dell’integrità e della sovranità dell’Ucraina.(…) La messa al bando del partito comunista in Ucraina stabilisce un precedente molto pericoloso. Questa mossa sta spingendo l’Ucraina avanti non indietro nel suo percorso di riforme e maggiore rispetto dei diritti umani. (…) Le mosse da parte delle autorità ucraine per vietare il Partito comunista solo a causa del suo nome e dell’uso dei simboli dell’era sovietica viola i diritti alla libertà di espressione e di associazione e stabilisce un pericoloso precedente nella vita politica ucraina. “ Questa persecuzione neo-maccarthista in Ucraina ha portato ad un acuirsi della repressione non solo verso i comunisti, ma anche verso sindacalisti, militanti antifascisti, pacifisti (come Yuri Sheliazenko, del Movimento pacifista ucraino) e giornalisti ucraini ed europei (tra cui Marc Innaro, Andy Rocchelli, Giulietto Chiesa, Sara Reginella, Franco Fracassi) ed attivisti internazionali come Roger Waters, finiti nella lista di proscrizione governativa ucraina chiamata Myrotvoretz. Nel 2015 un’ondata di omicidi a sfondo politico rimangono irrisolti e giornalisti e media noti per aver criticato il governo sono stati oggetto di vessazioni. In Ucraina, Mikhail Kononovich, segretario dei Giovani Comunisti Ucraini, e suo fratello Aleksander Kononovich sono da anni accusati di essere spie russe e bielorusse, oltre ad essere stati imprigionati e seriamente minacciati di morte. Nel marzo 2022 il Presidente ucraino Zelensky ha messo fuori legge altri 11 partiti di sinistra. Stesse situazioni di persecuzione politiche degli attivisti di sinistra e di giornalisti, in questi ultimi vent’anni, si stanno verificando anche nei Paesi Baltici, specialmente in Lituania, Estonia e Lettonia, il cui Parlamento il 16 giugno 2022 ha approvato, con 61 voti a favore e 19 contrari, la legge “Sul divieto di esposizione e sullo smantellamento di oggetti che celebrano i regimi sovietico e nazista nel territorio della Repubblica di Lettonia”, fornendo così una base giuridica alla distruzione dei monumenti dell’epoca socialista, in particolare dei memoriali dedicati all’Armata Rossa che liberò il paese dall’invasore nazifascista. Sono gli stessi Paesi Baltici in cui – negli ultimi decenni – sono stati eretti monumenti agli “eroi” nazisti; in cui si sta diffondendo un grave clima di intolleranza, repressione e fascismo istituzionalizzati, oltre che ad un grave clima di elevata russofobia, fino a prendere in considerazione di definire la lingua russa come una “lingua straniera”. Non è nemmeno un caso che siano gli stessi Paesi che hanno dichiarato di voler lasciare la Convenzione di Ottawa sulle mine antiuomo in nome della “deterrenza”, in vista di una guerra tra NATO e Russia. L’Unione Europea (UE) dovrebbe reagire a questi gravi attacchi alla libertà di espressione, di affiliazione e di associazione nei confronti di partito democratici che hanno sempre agito per il rispetto dell’integrità e della sovranità dei loro Paesi. Il Partito della Sinistra Europea (EL) ha chiesto più volte che l’Unione Europea, che mantiene le relazioni con questi governi, condanni queste messe in discussione delle libertà. E’ intollerabile che l’Unione Europea rimanga silente di fronte a questa deriva antidemocratica.   Lorenzo Poli