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Gli avvocati di Adalah denunciano il trattamento brutale riservato agli attivisti delle flottiglie
Nella serata di mercoledì 8 ottobre, e per tutta la notte, gli avvocati di Adalah hanno fornito assistenza legale a circa 100 dei 145 partecipanti della Freedom Flotilla Coalition e della Thousand Madleens to Gaza, le cui imbarcazioni sono state intercettate illegalmente in acque internazionali dalla Marina israeliana, mentre si dirigevano verso Gaza nelle prime ore di mercoledì. Le navi sono state trainate fino al porto di Ashdod. Dopo le procedure di identificazione e interrogatorio, la maggior parte dei partecipanti – come già accaduto per la Global Sumud Flotilla – è stata trasferita nella prigione di Ketziot, tristemente nota per le sue condizioni dure e per i trattamenti abusivi. Tre partecipanti con cittadinanza israeliana sono stati portati a un interrogatorio dalla polizia: restano attualmente in stato di detenzione e dovrebbero comparire oggi in tribunale. Secondo le prime informazioni, alcuni parlamentari turchi sarebbero stati deportati tra la tarda notte di mercoledì e le prime ore di giovedì. Adalah sta verificando la notizia con le autorità israeliane. Numerosi partecipanti della flottiglia hanno denunciato maltrattamenti fisici, umiliazioni e trattamenti disumani durante e dopo l’intercettazione: – calci, schiaffi, strattoni ai capelli e prese violente da parte dei soldati; – obbligo di rimanere per ore in ginocchio, con la testa bassa e le mani legate dietro la schiena, o seduti sulle ginocchia sotto il sole; – insulti, derisioni e coercizioni psicologiche, compreso l’essere costretti a ripetere frasi degradanti, come dichiarazioni d’amore per Israele o di disprezzo verso il proprio Paese. Le udienze dei tribunali sono previste per oggi, giovedì 9 ottobre. Le persone con cittadinanza israeliana compariranno al tribunale di Ashkelon. Aggiornamento Gli avvocati di Adalah si trovano attualmente alla prigione di Ketziot e presso il tribunale per assistere alle udienze, visitare i partecipanti e richiedere l’accesso ai cinque membri ancora detenuti della Global Sumud Flotilla. Questa mattina, 9 ottobre 2025, gli avvocati di Adalah hanno partecipato a oltre 50 udienze presso il tribunale interno alla prigione di Ktzi’ot, dove sono detenuti numerosi partecipanti alla missione della Freedom Flotilla. Gli avvocati hanno potuto anche visitare diversi altri prigionieri, continuando a ricevere segnalazioni di comportamenti aggressivi e violenti da parte delle autorità israeliane, sia durante che dopo l’intercettazione illegale delle imbarcazioni. Le condizioni di detenzione restano estremamente precarie: accesso limitato all’acqua potabile e, in alcuni casi, maltrattamenti fisici e verbali. Le udienze sono iniziate senza la presenza degli avvocati difensori e, al momento, più di 20 persone tra i detenuti non hanno ancora potuto incontrare i propri legali, in palese violazione del diritto di difesa. Diversi partecipanti, tra cui parlamentari di vari Paesi, sono già stati deportati (immunità parlamentare ndt). Adalah ha inoltre rappresentato oggi davanti al Tribunale della Magistratura di Ashkelon tre partecipanti con cittadinanza israeliana (alcuni con doppia nazionalità), arrestati e interrogati con l’accusa di “infiltrazione in area militare non autorizzata”. Le autorità avevano richiesto un’estensione della detenzione per altri sette giorni, ma il tribunale ha proposto il rilascio con condizioni restrittive: divieto di ingresso a Gaza per sei mesi, obbligo di presentarsi agli interrogatori su convocazione e una cauzione sospesa di 4.000 NIS (circa 1.060 euro) ciascuno. I detenuti hanno rifiutato di firmare tali condizioni arbitrarie, basate su accuse false, poiché sono stati di fatto rapiti in acque internazionali, a circa 120 miglia nautiche da Gaza. L’applicazione di questa legge in tali circostanze non ha alcun fondamento legale, nemmeno secondo la legislazione israeliana. In base al diritto internazionale, i partecipanti avevano pieno diritto di dirigersi verso Gaza, e la loro detenzione continua rappresenta una grave violazione dei diritti umani fondamentali. Adalah presenterà ricorso contro questa decisione nelle prossime ore.   Redazione Italia
I maltrattamenti di bambini e adolescenti sono aumentati in Italia del 58% in cinque anni
In Italia risultano in carico ai servizi sociali 374.310 minorenni, di cui 113.892 sono vittime di maltrattamento, ovvero il 30,4%. Si tratta, al 31 dicembre 2023, di un aumento del 58% rispetto alla precedente indagine del 2018, in cui i minorenni in carico ai servizi sociali vittime di maltrattamento rappresentavano il 19,3%. Sul totale della popolazione minorenne residente in Italia questo significa un passaggio da 9 a 13 minorenni maltrattati ogni mille. Un’impennata registrata nell’arco di soli cinque anni. È quanto emerge dalla III Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia, condotta da Terre des Hommes e Cismai per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che prende in considerazione 326 Comuni italiani, selezionati da ISTAT, a fronte dei 196 considerati nell’edizione precedente del 2021, comprese 12 città metropolitane, coprendo così un bacino di 2.733.645 minorenni. L’indagine analizza il fenomeno con dati al 31 dicembre 2023 e rappresenta l’unica fotografia post pandemia da Covid-19 del maltrattamento ai danni di infanzia e adolescenza. Al Sud l’aumento delle vittime di maltrattamento è del 100% con 10 minorenni su mille rispetto ai 5 del 2018. Significativo altresì è l’aumento del 45% del Centro-Nord. L’intercettazione delle situazioni a rischio avviene principalmente solo a partire dai 6 anni. Al 31 dicembre 2023, il 18% dei minorenni in carico per maltrattamento, ha tra 0 e 5 anni, il 32% tra 6 e 10 anni e il 50% tra 11 e 17 anni. Questo dato, già emerso nelle precedenti indagini, solleva interrogativi sulla capacità di intercettare il fenomeno precocemente e di attivare azioni efficaci di prevenzione primaria e secondaria da parte dei servizi su questa fascia d’età. La presa in carico, pertanto, avviene più frequentemente tra i 6 e i 17 anni, quando le situazioni di disagio risultano spesso già consolidate. Un elemento chiave che contribuisce a questa difficoltà è rappresentato dalla bassa frequenza di bambini e bambine nei servizi educativi per la prima infanzia. Attualmente, solo il 28% di bambini e bambine sotto i tre anni trova posto nei nidi o in altri servizi educativi analoghi, con forti disparità territoriali, soprattutto al Sud, dove in alcune regioni la copertura scende sotto il 15%. Il neglect/trascuratezza, nelle sue tre forme, rappresenta la tipologia di maltrattamento più frequente (37%), seguita dalla violenza assistita (34%). La violenza psicologica e il maltrattamento fisico invece incidono rispettivamente per il 12% e l’11%. Meno diffusi risultano la patologia delle cure (4%) e l’abuso sessuale (2%). Più nel dettaglio sui tipi di trascuratezza: il neglect educativo è la forma più ricorrente con il 17%, seguito dal neglect emozionale e dal neglect fisico, entrambi al 10%. Mentre per le patologie delle cure l’ipercura conta l’1% dei casi e la discuria il 3%. Da sottolineare come l’abuso sessuale, oltre a incontrare maggiori difficoltà nell’essere riconosciuto e intercettato, non necessariamente arriva all’attenzione dei servizi sociali poiché può procedere direttamente per le vie giudiziarie senza che venga attivato nessun percorso di sostegno e intervento. Un dato allarmante ci dice poi che nell’87% dei casi il maltrattante appartiene alla cerchia famigliare ristretta, senza differenze a livello territoriale, mentre nel 13% dei casi è esterno alla cerchia familiare. A segnalare il caso ai servizi sociali nel 52% dei casi è l’autorità giudiziaria. Si tratta di un dato emblematico di un sistema di protezione che si attiva tardi, spesso solo quando il danno è già conclamato e viene formalmente rilevato. Le istituzioni educative – in particolare la scuola – contribuiscono solo nel 14% dei casi. Ancora più marginale è il ruolo delle famiglie (12%) e, soprattutto, delle strutture sanitarie, come ospedali e ambulatori, che nel complesso segnalano solo il 4% dei casi. Infine, i medici di base e i pediatri, pur essendo figure potenzialmente strategiche nella prevenzione e nell’individuazione precoce del maltrattamento, risultano pressoché assenti, con una percentuale dell’1%. L’indagine per la prima volta prende in considerazione anche il contesto sportivo quale fonte di segnalazione, che però non raggiunge una stima statisticamente diversa da zero. L’indagine rileva che i minorenni di genere maschile in carico ai Servizi Sociali per maltrattamento risultano essere 57.963, rappresentando il 51% in carico per maltrattamento; mentre le femmine risultano essere 55.929, pari al 49%. La distribuzione è in linea con l’andamento demografico della popolazione minorile italiana.  Sul totale dei minorenni residenti in Italia, il maltrattamento colpisce indistintamente maschi e femmine con 13 vittime su mille in entrambe le popolazioni di riferimento.  Si notano inoltre differenze di genere nelle forme di violenza: i maschi sono più frequentemente vittime di neglect educativo, (54%), violenza assistita (52%) e patologia delle cure (54%), mentre le femmine sono più esposte ad abuso sessuale (77%) e violenza psicologica (53%). Per quanto riguarda la durata della presa in carico da parte dei servizi sociali, nella maggioranza dei casi (56%) essa è superiore ai due anni e dimostra la complessità delle situazioni trattate e la necessità di interventi continuativi. Tuttavia, si registrano forti differenze territoriali: al Sud e nelle Isole, i percorsi di presa in carico sono più brevi e in media durano meno di due anni. Questo potrebbe riflettere una minore disponibilità di risorse, una maggiore discontinuità nei servizi o un approccio meno strutturato all’accompagnamento delle situazioni. Per quanto attiene poi alla tipologia dei servizi attivati, si riscontra una certa disomogeneità: la categoria “altro servizio” rappresenta quasi un terzo degli interventi (29%) e potrebbe comprendere interventi diretti del servizio sociale professionale o interventi svolti in collaborazione con altri servizi sociosanitari. L’assistenza domiciliare (18%), l’inserimento in comunità (13%) e l’assistenza economica (13%) rappresentano le forme più strutturate di sostegno, ma anche in questo caso la distribuzione varia significativamente tra aree geografiche e tipologie comunali.  L’affidamento familiare, che rappresenta un modello preferibile e centrato sulla continuità affettiva e sociale, riguarda appena l’8% dei minorenni presi in carico, con incidenze più alte solo nel Nord-Ovest (10% dei casi). Inoltre, in una percentuale non trascurabile di casi (12%) non viene attivato alcun servizio specifico. Quest’ultimo dato non necessariamente va letto come assenza di interventi concreti offerti; in esso infatti potrebbero confluire quelle situazioni per le quali si è in fase di valutazione o in attesa di un provvedimento. Qui la terza Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia dell’AGA: https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/2025-06/iii-indagine-maltrattamento.pdf.       Giovanni Caprio