Tag - Benjamin Netanyahu

Perche Trump non fermerà mai Netanyahu
Se ancora qualcuno ingenuamente spera che Trump possa contribuire alla fine del genocidio a Gaza o all’occupazione illegale in Cisgiordania coltiva una fatua illusione. Un coacervo di ragioni economiche, politiche e familiari, avvalorate da esternazioni di Trump o figure a lui referenti, rendono ad oggi assolutamente impossibile l’avverarsi di tale auspicio di pacificazione. Ecco le  ragioni e dichiarazioni che dimostrano quanto Trump sia un ferreo sostenitore di Netanyahu: 1. 1. Trump ha dichiarato a fine 2024: «… se volete che Israele sopravviva dovete votare Donald Trump. Siete sotto attacco come mai prima. Io sono il presidente più pro-Israele, Kamala Harris è anti-Israele….» 2. L’ultima campagna elettorale di Trump è stata finanziata dalla miliardaria israeliana Miriam Adelson, la quinta donna più ricca degli USA, per 100 milioni $ mentre  nella campagna del 2016 i coniugi Adelson finanziarono Trump per 25 milioni $. 3. Uno dei primi atti firmati dal neoeletto presidente USA a fine gennaio 2025 è stato quello di revocare il blocco imposto alcuni mesi prima da Biden sulla fornitura a Israele delle super-bombe da 2.000 libbre (900 kg). 4. Il 5.02.2025 Netanyahu è stato il primo leader straniero a visitare la Casa Bianca dall’inizio del secondo mandato di Trump e lo ha così ringraziato:  “Sei il nostro più grande amico” . 5. Il padre del genero di Trump, Charles Kushner, ospitava a casa propria l’amico di famiglia Netanyahu in occasione dei suoi viaggi negli USA, ancor prima che divenisse primo ministro. 6. A gennaio 2025 il neo nominato ambasciatore degli USA in Israele, Mike Huckabee, ha dichiarato alla radio dell’esercito israeliano che “Trump appoggerà il governo israeliano nell‘annessione degli insediamenti in Cisgiordania.” 7. A gennaio 2025 la neo nominata ambasciatrice degli USA all’ONU, Elise Stefanik ha affermato che Tel Aviv ha un “diritto biblico sull’intera Cisgiordania e che  “gli Stati Uniti devono stare incondizionatamente con Israele all’Onu”. 8. A febbraio 2025 Trump ha dichiarato “Mi impegno ad acquistare e controllare Gaza” precisando che la vorrebbe trasformare nella “riviera del medio oriente” e che “I palestinesi non avranno diritto a ritornare perché avranno alloggi molto migliori.” Il Jerusalem Post il 3.05.2024 rivelava on line la visione di Netanyahu di Gaza al 2035, che poi si rivelerà condivisa con Trump, così immaginata: Gaza pullula di lussuosi grattacieli, ferrovie, corsi d’acqua, campi solari e stazioni di estrazione del gas dal giacimento marino “Gaza Marine” ubicato nella porzione di mare che gli accordi di Oslo hanno assegnato alla Palestina. E’ impossibile poi non citare l’osceno video creato da Trump con l’IA che lo raffigura a Gaza flirtare con una ballerina del ventre seminuda e quindi sorseggiare un cocktail con Benjamin distesi in costume su due sdraio con lo sfondo dei nuovi, lussuosi grattacieli di Gaza. Infine a fine agosto anche la ministra della scienza israeliana realizza un nuovo video con l’AI, dove si vedono Trump e Netanyahu passeggiare con le mogli sul lungomare di Gaza, privo di palestinesi, e con lo sfondo una scintillante Trump Tower. 9. A gennaio 2025 il genero di Trump Gerard Kuschner, ebreo di famiglia, viene ricevuto a  Tel Aviv da Netanyahu e diventa primo azionista  del colosso israeliano Phoenix Financial Ltd, attivo nei finanziamenti immobiliari nei territori occupati. 10. L’inviato speciale USA per il Medio Oriente, Witkoff, prima della seconda elezione di Trump si è recato in Cisgiordania per inaugurare una colonia illegale israeliana sui territori occupati. Profeticamente sulla facciata di una casa della nuova colonia illegale campeggiava la scritta “We’ll make Israel great again.” 11. Trump ha sanzionato a febbraio 2025 tutti i componenti della Corte Penale Internazionale dell’Aia in quanto avevano osato emettere il 21.11.2024 un mandato di cattura internazionale per l’amico Netaniahu per crimini di guerra e contro l’umanità commessi a Gaza. 12. A maggio 2025 per volere di Trump e Netanyahu è stata creata la Gaza Humanitarian Foundation imposta da Israele come unica distributrice degli aiuti nella striscia di Gaza. Dopo poche settimane, e centinaia di gazawi assassinati in fila per ricevere cibo, l’ONU e decine di ONG hanno accusato la GHF di essere un’arma di pressione politica e militare. 13. A marzo 2025 Marco Rubio ha annunciato l’espulsione dagli USA di 300 studenti nell’ambito del programma “Catch and Revoke” finalizzato ad espellere studenti stranieri che hanno semplicemente partecipato a manifestazioni a favore della Palestina. 14. Il genero di Trump Gerard Kuschner e l’ex premier inglese Tony Blair il 28.08.2025 hanno presentato in un incontro riservato con Trump alla Casa Bianca, presenti anche l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff e Marco Rubio, le loro idee sul dopoguerra a Gaza, ovvero i dettagli del piano “Aurora”, che prevede la ricostruzione della striscia in una lussuosa Gaza-riviera previa deportazione di tutti i gazawi. 15. Trump ha sanzionato, alla stregua dei peggiori terroristi, anche la nostra Francesca Albanese, rea di aver scritto il rapporto intitolato Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio, evidenziando il ruolo complice che 44 grandi “entità aziendali” mondiali hanno nel sostenere il progetto coloniale israeliano di sfollamento e occupazione. 16. A fine agosto Trump ha revocato ai membri dell’OLP e dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) i visti per partecipare all’assemblea dell’ONU di settembre, come ritorsione agli annunci del riconoscimento della Palestina in quell’occasione da parte di alcuni Stati europei. 17. Da ricordare infine che nel 2020 Trump ha promosso la stipula degli Accordi di Abramo per “aprire” i rapporti tra Israele e alcuni Paesi arabi, tra cui gli Emirati Arabi Uniti. Redazione Italia
La solitudine dei palestinesi – di Ahmed Frenkel
L’attacco da parte dell’esercito israeliano deciso unilateralmente dal governo Netanyahu contro Gaza City assomiglia sempre più a una sorta soluzione finale di tragica memoria. Avviene nella totale complicità e indifferenza non solo del mondo occidentale (con sporadiche eccezioni, vedi Spagna e Irlanda) ma anche del mondo arabo. In questi giorni a Bruxelles si è [...]
Gaza brucia – di Gennaro Avallone
A Gaza, capitalismo, imperialismo, colonialismo e i gruppi umani che concretamente ne incarnano e realizzano le logiche di funzionamento si mostrano per quello che storicamente sono: modi di produzione e governo che tendono a distruggere tutto ciò che ritengono inutile o di ostacolo al proprio dominio. È questo che il Governo e l'esercito di [...]
L’appello del giornalista israeliano Uri Misgav: “Salvate Israele dai suoi leader”
Nell’edizione del 27 agosto scorso del quotidiano Harretz, uno dei principali media israeliani, Uri Misgav si è rivolto “ai governi e alle nazioni di tutto il mondo democratico”, implorando il loro aiuto a nome della “maggior parte dell’opinione pubblica liberale e democratica” del proprio paese. Oltre che un rinomato cronista, Uri Misgav è una ‘voce’ rappresentativa della società civile israeliana, di cui ha espresso le idee anche come esponente del movimento Black Flags che tra il 2020 e il 2021 era riuscito a far rimuovere Netanyahu dall’incarico di primo ministro, che allora manteneva da 12 anni, e per un breve periodo interrompere la sua egemonia. Ora, avverte il giornalista, la situazione in Israele sta precipitando e, sebbene le manifestazioni di protesta contro il genocidio e contro l’occupazione dei territori palestinesi abbiano mostrato quanta parte dei cittadini si opponga a lui e alla coalizione di conservatori e fanatici che lo sostiene, Netanyahu sta orchestrando un colpo di stato. Il testo del suo appello – qui sotto riportato – è stato pubblicato ieri, 28 agosto, da Uri Misgav sul proprio profilo Facebook e da Umberto De Giovannangeli su GLOBALIST. > Aiutateci. Salvateci da noi stessi. > > Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Si dice che sia difficile chiedere aiuto, > che richieda il superamento di una barriera psicologica e l’ammissione di non > poter più aiutare se stessi. > > “A volte non ce la puoi fare da solo”, ha scritto una volta Bono degli U2. Era > un altro amico che amava Israele e l’umanità, una persona con una visione > equilibrata della realtà in generale e della guerra di Gaza in particolare e > che recentemente ha alzato le mani in segno di disperazione per l’alleanza > distruttiva e inconcepibile tra Benjamin Netanyahu e Hamas. > > Abbiamo bisogno di soccorso urgentemente. Siamo soggiogati da una banda > criminale che ha sfruttato il nostro sistema democratico per ottenere il > potere e ha cercato di distruggere la democrazia a vantaggio di un regime > tirannico con connotazioni fasciste e ultranazionaliste. È una vecchia storia > molto comune che si è già verificata in altri luoghi. Questa volta è successo > a noi. Pensavamo di poterla gestire da soli e sembrava persino che fossimo > sulla strada giusta. > > Poi, però, è arrivato il 7 ottobre. Una barbarica invasione del nostro > territorio sovrano, perpetrata da un’organizzazione terroristica omicida > creata e finanziata con la generosità del Qatar e dei governi di Netanyahu. La > stragrande maggioranza degli israeliani credeva che dovessimo difenderci da > questa invasione e persino rispondere con la forza, per garantire che non si > ripetesse mai più. > > Ma sono passati quasi due anni e quella che avrebbe dovuto essere una guerra > di difesa giustificata si è trasformata in una campagna di vendetta senza > fine, fatta di uccisioni e distruzioni, di fame e sofferenze per i civili, e > di piani di deportazione e reinsediamento ebraico all’interno della Striscia > di Gaza, basati sulla visione del campo fondamentalista israeliano. > > Abbiamo un governo di minoranza determinato a continuare a sacrificare i > nostri ostaggi e i nostri soldati sull’altare della sua sopravvivenza e della > sua follia. > > C’è una solida maggioranza pubblica che si oppone alle posizioni e ai piani di > questo governo su qualsiasi questione importante. Le proteste e le > manifestazioni sono visibili, ma non siamo ancora riusciti a rovesciare questo > governo. Al contrario. Recentemente, crescono le preoccupazioni che, siccome > Netanyahu e i suoi seguaci troveranno il modo di annullare le elezioni o di > svuotarle di ogni significato, non riusciremo a ottenere nulla con i mezzi > tradizionali. > > La nostra democrazia è al collasso. I sistemi di controllo ed equilibrio sono > crollati. Non abbiamo più una vera separazione dei poteri, uno Stato di > diritto o una forza di polizia indipendente. Non c’è più un vero governo o un > vero gabinetto, né un vero parlamento. Niente è più sacro. Neanche il massacro > e i fallimenti del 7 ottobre sono stati indagati secondo le nostre leggi, > tramite una commissione d’inchiesta statale. > > Ed è qui che entrate in gioco voi. > > È necessario il vostro intervento attivo. > > Le condanne non bastano. > > Non bastano i boicottaggi accademici e culturali, né l’isolamento, che spesso > danneggiano il campo liberaldemocratico, il quale si considera parte di un > mondo più ampio e non è interessato a vivere in una moderna Sparta o in un > Iran ebraico. > > Neanche l’intenzione di riconoscere formalmente uno Stato palestinese sarà > d’aiuto. Un vero Stato palestinese, con istituzioni e autorità, è la base per > garantire l’esistenza futura di Israele. Ma questo non si realizza sulla > carta, deve essere costruito sul campo. Per ora, sembra che si tratti > principalmente di parole vuote. Ancora più preoccupante è che sembri una > ricompensa per Yahya Sinwar di Hamas e per chi segue le sue orme: vi ricordo > che si oppongono alla soluzione dei due Stati. > > Ecco perché abbiamo bisogno che troviate un modo efficace per porre fine alla > guerra e a questo governo. > > Convocate una grande conferenza internazionale, come è stato fatto più volte > in passato, e guidatela voi europei. > > È vero che sia noi che voi abbiamo un serio problema con l’attuale > amministrazione americana. Cercate di andare avanti senza di essa. Rendete di > nuovo grande l’Europa. > > Non c’è bisogno di bombardare Tel Aviv, come avete fatto in Serbia. Saranno > sufficienti un embargo sulle armi offensive e la minaccia di interrompere le > relazioni. > > Basta mettere in ginocchio Netanyahu e i suoi spregevoli accoliti e aiutarci a > gettarli nella pattumiera della storia. > > Vi supplichiamo: è giunto il momento. > > Non ce la facciamo più. Maddalena Brunasti
Generali e veterani dell’IDF che non approvano il piano di Netanyahu per Gaza
Ieri, 13 agosto, l’IDF ha approvato il piano di occupazione di Gaza e sfollamento dei palestinesi proposto dal governo israeliano. Intanto, il potere di nominare gli effettivi delle forze armate dal grado di colonello in su veniva avocato al ministro della difesa, Israel Katz. Così dalla compagine al comando delle truppe vengono emarginati il Capo di Stato Maggiore, Eyal Zamir, e i generali e ufficiali che come lui hanno criticato questo progetto e la strategia politica e militare del governo Netanyahu. Che ciò potesse accadere era stato paventato dai militari in pensione o in riserva intervenuti al comizio, svolto a Tel Aviv il giorno precedente, 12 agosto, e proprio di fronte al quartier generale dell’IDF. Una manifestazione che ha attirato molta attenzione perché in cui un generale dell’Areonautica Militare e dal 2005 al 2007 ai vertici dell’IDF, Dan Halutz, e tutti gli oratori hanno esplicitamente affermato che le operazioni condotte dal governo israeliano a Gaza dal 2023 in poi sono illecite, violano il diritto internazionale e anche principi e norme delle leggi israeliane e che oltre ad essere immorale il piano di occupazione del territorio mette in pericolo ed espone Israele a molti rischi e non è, come millantato da Netanyahu e dai ‘falchi’ al governo e nell’esercito, un’efficace strategia difensiva dei cittadini israeliani, bensì una tattica con cui imporre un regime autoritario, dispotico e tirannico. La manifestazione che ha coinvolto i veterani dell’IDF a esprimersi pubblicamente si è conclusa con la lettura di un messaggio di Tami Arad, moglie del pilota catturato in Libano nel 1986 e fino al 1992 un ostaggio la cui morte è stata più volte annunciata e smentita. Quando l’esplosione delle munizioni a bordo provocarono la caduta del Phantom su cui volava per andare a colpire delle basi dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), Ron Arad aveva 28 anni. Mentre i soccorritori israeliani riuscivano a recuperare l’altro pilota, lui veniva trovato dai miliziani di Amal, che per la sua liberazione chiesero il rilascio di alcuni prigionieri libanesi e poi lo consegnarono agli sciiti iraniani. Per salvare Ron Arad vennero tentate numerose iniziative diplomatiche che aggregarono la società civile israeliana e la comunità internazionale. Invece, ha denunciato la sua vedova, gli ostaggi catturati da Hamas il 7 ottobre 2023 sono rimasti intrappolati nell’assedio e, adesso, nelle macerie di Gaza. E, mentre la guerra ad oltranza è propugnata da Netanyahu e dai suoi sostenitori, per salvare gli ostaggi ancora vivi, forse una 20ina di persone, come Tani Arad e tanti familiari degli ostaggi e come i veterani dell’IDF che hanno partecipato alla manifestazione del 12 agosto scorso, molti israeliani implorano la cessazione dei combattimenti. All’iniziativa, intitolata STOP the war. SAVE the hostages (BASTA guerra. SALVATE gli ostaggi), sono intervenuti anche il pilota Uri Arad, che ha combattuto nella guerra dello Yom Kippur e per sei settimane è stato tenuto prigioniero in Egitto, e un colonello dell’Aeronautica Militare, Yair Aloni, che ha definito folle la strategia del governo dal 7 ottobre 2023 in poi e, commentando “i morti non parlano…”, affermato che tutte le azioni condotte a Gaza mostrano che alla liberazione degli ostaggi i politici preferiscano la loro uccisione. Un generale dell’Areonautica Militare e, dal 2005 al 2007, ai vertici dell’IDF, Dan Halutz, e tutti gli oratori hanno esplicitamente affermato che le operazioni militari condotte a Gaza dal 2023 in poi sono illecite, violano il diritto internazionale e anche principi e norme delle leggi israeliane, e che oltre ad essere immorale il piano di occupazione del territorio concepito da Netanyahu non è nemmeno un’efficace strategia difensiva della nazione, anzi la mette in pericolo ed espone tutti i suoi cittadini a molti rischi. La manifestazione è stata trasmessa in streaming da UnXeptable. La registrazione con la traduzione in inglese e un reportage in italiano sono pubblicati, a cura di Daniela Bezzi e Marinella Correggia, sul sito del Centro Studi Sereno Regis nella pagina intitolata Tel Aviv: anche i colonnelli e i generali scendono in piazza per dire “Basta Guerra!” Redazione Italia
I ministri degli esteri dell’UE sono “lacchè di Israele e niente di più” denuncia il gruppo di advocacy Ekō
Dopo anni di campagne per la sospensione dell’Accordo di Associazione UE-Israele, Ekō afferma che i leader dell’UE “si nascondono dietro un vuoto “dialogo” come copertura politica, bloccando azioni concrete optando per aiuti frammentari e trattando in maniera inumana e irrilevante milioni di palestinesi, che muoiono di fame in una carestia provocata artificialmente”. Di fronte alla scelta tra difendere i principi europei di giustizia e diritti umani o inginocchiarsi vigliaccamente di fronte a un criminale di guerra, i Ministri degli Esteri dell’UE hanno chiarito la loro posizione: sono lacchè di Israele e nient’altro. Ora Antonio Tajani, Johann Wadephul e i loro colleghi Ministri degli Esteri partiranno per le vacanze estive, mentre le famiglie palestinesi a Gaza continueranno a subire atrocità, favorite dalla codardia dei Ministri. L’UE è pronta da un lato a sanzionare e sospendere gli accordi con altri paesi, dall’altro invece fa tutto il possibile per proteggere il genocidio in corso e l’occupazione illegale, che dura da decenni, da parte di Israele. I cittadini europei comprendono il disgustoso doppio standard in atto: la loro opinione sul governo israeliano è ai minimi storici. Ma questi politici non ascoltano la propria popolazione, ascoltano solo il loro “alleato”, il corrotto criminale di guerra Benjamin Netanyahu. I leader dell’UE continuano a nascondersi dietro un vuoto “dialogo” come copertura politica, bloccando azioni concrete optando per aiuti frammentari e trattando in maniera inumana e irrilevante milioni di palestinesi, che muoiono di fame in una carestia provocata artificialmente. Con il fallimento totale dell’Europa, i singoli stati hanno ora davanti una propria individuale decisione: seguire l’UE nella disgrazia storica, o dare ascolto alla propria popolazione e intraprendere azioni significative per fermare le atrocità di Netanyahu contro il popolo palestinese. Ekō https://www.eko.org/ Redazione Italia
I retroscena del tour di ‘Bibi’ a Washington
Lunedì 7 luglio i colloqui ‘a porte chiuse’ e la cena alla Casa Bianca con il presidente, il segretario di stato e l’inviato in Medio Oriente. Martedì 8 luglio gli incontri in Campidoglio con il vice-presidente, lo speaker della Camera dei deputati e il presidente e i capi-gruppo del Senato e un meeting fuori-programma con Trump. Intanto, nelle piazze di Washington centinaia di cittadini manifestavano sventolando striscioni con scritto “Stop alle armi di Israele” e “Dite no al genocidio” e chiedendo, in ottemperanza alla sentenza pronunciata dalla Corte Penale Internazionale, che si procedesse all’arresto di Benjamin Netanyahu. Infatti, il premier israeliano soggiornava nella capitale degli Stati Uniti, dove è arrivato a bordo di un aereo dell’aviazione nazionale israeliana atterrato alla base militare dove ‘parcheggia’ la flotta Air Force One e alloggiato nella Blair House, la residenza in cui vengono ospitate le delegazioni di altre nazioni in visita ufficiale in quella americana, sebbene il mandato emesso il 21 novembre 2024 dalla Corte Penale Internazionale (CPI) appurando le sue responsabilità per i crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi a Gaza tra l’8 ottobre 2023 e il 20 maggio 2024 ne ingiunga l’arresto precisando che > I mandati d’arresto sono classificati come “segreti” al fine di proteggere i > testimoni e salvaguardare lo svolgimento delle indagini. Tuttavia, poiché > condotte simili a quelle menzionate nel mandato d’arresto sembrano essere in > corso, la Camera ha deciso di divulgare le informazioni di seguito riportate. > Inoltre, la Camera ritiene che sia nell’interesse delle vittime e delle loro > famiglie essere informati dell’esistenza dei mandati [Situazione nello Stato > di Palestina: la Camera preliminare I della CPI respinge le contestazioni di > giurisdizione dello Stato di Israele ed emette mandati di arresto per Benjamin > Netanyahu e Yoav Gallant / CPI – 21/11/2024]. IL COLPO DI SCENA, COME A UNA “CENA CON DELITTO” Nella serata del 7 luglio alla Casa Bianca, Benjamin Netanyahu ha sorpreso i commensali annunciando di aver presentato la candidatura di Donald Trump all’assegnazione del Premio Nobel per la pace [Netanyahu a cena da Trump, ‘ho candidato il presidente Usa al Nobel per la pace’ / ANSA – 8/7/2025]. Con tale iniziativa, a cui non consegue automaticamente l’insignimento di Trump tra le figure meritevoli del prestigioso riconoscimento, probabilmente Netanyahu ha ricambiato Trump della stessa cortesia. Una decina di giorni fa infatti il leader americano si era rivolto ai giudici israeliani intercedendo per il loro premier che è accusato di 3 reati per corruzione al processo iniziato nel 2019 e di cui erano a calendario delle udienze negli stessi giorni in cui l’imputato si sarebbe dovuto recare negli Stati Uniti  [Il processo per corruzione di Benjamin Netanyahu è stato rinviato per motivi diplomatici e di sicurezza / THE GUARDIAN – 30/6/2025]. Pur riconoscendo le ragioni di stato che giustificano procrastinare il dibattimento, in merito alla richiesta di annullare il procedimento o concedere la grazia i magistrati israeliani hanno risposto negativamente, affermando che il presidente degli USA «non dovrebbe interferire nelle vicende giudiziarie di uno stato indipendente» [Israele, Trump chiede l’annullamento del processo contro il premier Netanyahu / INTERNAZIONALE – 26/6/2025]. E mentre su media e social-media ‘rimbalzavano’ la foto e i video che mostrano Netanyahu consegnare a Trump la copia della lettera inviata alla giuria che assegna il Premio Nobel per la pace, la CNN divulgava la registrazione di una riunione in cui ai finanziatori della sua corsa alla Casa Bianca il futuro presidente degli USA riferiva di aver avvisato il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping che alle loro azioni militari in Ucraina e Taiwan lui avrebbe risposto radendo al suolo Mosca e Pechino [Trump ha minacciato di bombardare Mosca se Putin avesse attaccato l’Ucraina, come mostrano i nastri della raccolta fondi del 2024 / CNN – 8/7/2025]. Comunque, le lettere di Trump ai giudici israeliani e di Netanyahu ai giurati del Premio Nobel non hanno distolto l’attenzione dei media dalle questioni importanti su cui vertevano gli incontri ‘a porte chiuse’ del 7 luglio tra il presidente USA e il premier israeliano e i rispettivi collaboratori. La conferenza stampa a cui sarebbero dovute essere date informazioni sulle loro conversazioni è stata disdetta all’ultimo momento. Molte fonti avevano reso noto che i colloqui ‘faccia a faccia’ tra i leader avevano lo scopo di coordinare le strategie israeliane e statunitensi in Medio Oriente alla luce dei recenti sviluppi, cioè a seguito della ‘guerra lampo’ contro l’Iran, i cui effetti nello scenario internazionale e anche nel panorama statunitense non sono ancora prevedibili, e nella prospettiva dell’imminente cessazione dell’assedio di Gaza, mentre le trattative per una tregua sono condotte a Doha dai mediatori qatarioti ed egiziani riuniti con le delegazioni palestinese e israeliana [Netanyahu incontra Trump alla Casa Bianca mentre Israele e Hamas discutono del cessate il fuoco/ REUTERS – 8/7/2025]. IRAN: IL COINVOLGIMENTO AMERICANO NELLA GUERRA ISRAELIANA Dopo l’incontro dell’8 luglio al Campidoglio con il presidente della camera Mike Johnson, che nel giugno scorso aveva rinviato un viaggio in Israele a causa dello scoppio della guerra con l’Iran, Netanyahu ha dichiarato: «La risoluta decisione del presidente Trump di agire al nostro fianco contro coloro che cercano di distruggere Israele e minacciano la pace nel mondo ha portato un cambiamento notevole in Medio Oriente» [Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu incontra i leader del Congresso / CBS NEWS – 8/7/2025]. Già nel 2020, durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, Trump era stato criticato per aver coordinato l’operazione militare e dato il ‘via libera’ all’incursione in cui venne ucciso il generale iraniano Qassem Soleimani senza consultarsi con i vertici del Congresso. Durante la guerra-lampo condotta da Israele contro l’Iran nel giugno scorso, la questione se l’intervento dell’esercito USA in Iran sia conforme alla Costituzione americana è stata sottoposta alla valutazione di una commissione composta dai rappresentanti di entrambi i principali partiti americani  [I legislatori si muovono per limitare i poteri di guerra di Trump mentre la guerra tra Israele e Iran si intensifica / CBS NEWS – 17/6/2025]. L’iniziativa è stata promossa dal repubblicano Thomas Massie e, sebbene una mozione presentata dal democratico Tim Kaine sia stata respinta, il Congresso sta ancora decidendo se intraprendere azioni con cui sanzionare l’intervento ‘guidato’ dall’amministrazione Trump nella guerra che nel giugno scorso Israele ha condotto contro l’Iran e agire per bloccare o impedire il coinvolgimento degli USA in altri conflitti militari a cui l’impegno e l’impiego delle forze armate non sia stato autorizzato con le corrette procedure. L’8ª sezione della Costituzione statunitense infatti sancisce che dichiarare guerra e condurre azioni belliche all’estero, inoltre imporre tasse ai cittadini americani e dazi alle altre nazioni e stabilire criteri e decretare leggi che regolano l’acquisisione della cittadinanza statunitese, sono facoltà esclusive del Congresso, ovvero del parlamento federale, e non del governo e del presidente della nazione. TREGUA A GAZA: IL PIANO ISRAELIANO MADE IN USA Secondo alcune fonti, con l’inviato USA in Medio Oriente, Steve Witkoff, e il segretario di stato, Marco Rubio, Benjamin Netanyahu ha parlato del piano per la ricostruzione della Striscia di Gaza, o progetto Riviera del Medio Oriente, di cui il giorno prima veniva rivelato che è condotto da una compagine di imprenditori israeliani in collaborazione con il Boston Consulting Group (BCG), una società statunitense coinvolta nella gestione della distribuzione di soccorsi alla popolazione di Gaza e nell’organizzazione dello sfollamento del territorio assediato [Inchiesta Financial Times svela piano di trasferimento di massa di gazawi con la scusa degli aiuti umanitari / PRESSENZA – 7/7/2025], e che alla sua realizzazione coopera anche il Tony Blair Institute for Global Change(TBI) [Il think tank di Tony Blair coinvolto nel progetto “Trump Riviera” per Gaza postbellica con resort / THE GLOBALIST – 7/7/2025]. Al termine della serata alla Casa Bianca, alcuni giornalisti sono riusciti a raccogliere delle dichiarazioni di Netanyahu e Trump. Asserendo che «Se le persone vogliono restare, possono restare, ma se vogliono andarsene, devono poterlo fare», il premier israeliano ha annunciato che Israele e gli Stati Uniti e Israele stanno cooperando tra loro e con altre nazioni disponibili a offrire ai palestinesi un “futuro migliore”. Affermando «C’è cooperazione dai paesi circostanti, un’ottima collaborazione da ognuno di loro. Quindi qualcosa di buono accadrà», il presidente USA ha parzialmente, non completamente confermato la versione dei fatti data Netanyahu [Il premier israeliano: con Washington cerchiamo paesi che accolgano i palestinesi sfollati/ ANSA – 8/7/2025]. E, commentando le notizie trapelate sugli incontri tra Netanyahu e Trump e i rispettivi entourage alla Casa Bianca un ex diplomatico israeliano, Alon Pinkas, ha osservato che lo sfollamento dei palestinesi da Gaza è una “ricetta per la catastrofe”, tanto palesemente pernicioso da non poter venir preso seriamente in considerazione che “il ministro della difesa israeliano, o persino il primo ministro di Isreale, o addirittura il presidente degli Stati Uniti” ne parlino come se sia stato già pianificato [Netanyahu e Trump discutono del trasferimento forzato dei palestinesi da Gaza / AL JAZEERA – 8/7/2025]. Infatti il giorno prima dell’incontro di Netanyahu con Trump l’ambasciatore israeliano all’ONU, Danny Damon, aveva dichiarato: «Non abbiamo alcun interesse a rimanere a Gaza» [Netanyahu atterra a Washington e avverte: “L’accordo su Gaza sarà alle nostre condizioni” / TODAY – 7/7/2025]. Inoltre, che lo ‘sgombero’ di Gaza non sia contemplato tra le questioni in discussione alle trattative per la tregua emerge dalle informazioni divulgate il 3 luglio scorso dall’agenzia REUTERS anticipando quelle fornite da un funzionario americano sulle proposte presentate ad Hamas dai mediatori, i diplomatici di Qatar ed Egitto, per stabilire e convalidare accordi finalizzati all’interruzione e, in prospettiva, alla cessazione degli attacchi delle IDF / Israel Defense Forces agli ‘obiettivi’ nella Striscia di Gaza [Il cessate il fuoco di 60 giorni a Gaza, sostenuto dagli Stati Uniti, prevede il ritorno graduale degli ostaggi, afferma un funzionario / REUTERS –  3/7/2025]. La fonte di REUTERS spiegava che le proposte erano state formulate elaborando il ‘piano’ concepito nel marzo scorso dall’inviato speciale degli USA in Medio Oriente, Steven Witkoff – newyorkese, ebreo di origini russe e bielorusse, un avvocato che ha fatto fortuna nel settore immobiliare e collaboratore della presidenza USA già nel 2020, durante il primo mandato di Trump alla Casa Bianca. Inoltre, precisava che un loro presupposto fondamentale è che del loro rispetto da ambo le parti è garante, ovvero supervisore e arbitro, il presidente degli USA, Donald Trump, e riferiva che, prima di venir presentate ad Hamas, erano state approvate dal ministroper gli affari strategici israeliani, Ron Dermer – nato negli USA e cittadino americano fino al 2005, poi un israeliano residente negli USA, prima attaché dell’Ambasciata Israeliana a Washington e poi Ambasciatore israeliano negli USA, e dal 2008 uno stretto collaboratore di Benjamin Netanyahu. In specifico, come poi riportato da molte notizie, il ‘piano’ proposto ad Hamas prevede che durante la tregua di 60 giorni vengano rilasciati 10 dei 20 ostaggi israeliani e che siano consegnate 18 salme di israeliani deceduti nell’assedio di Gaza e che ad Hamas siano date informazioni sulle condizioni di oltre 10 MILA palestinesi detenuti nelle carceri israeliane [Commissione per gli affari dei detenuti e Società dei prigionieri palestinesi – 30/6/2025]. E, oltre a ‘regolare’ modalità e tempistiche di questo scambio, gli accordi tra le parti stabiliscono le procedure della fornitura di soccorsi alla popolazione nella Striscia di Gaza e del ritiro delle truppe israeliane dall’area, prima dalle zone settentrionali e poi dalla sua parte meridionale e confinante con l’Egitto. Hamas aveva risposto ai mediatori subito, il 4 luglio, comunicando di accettare le proposte, ovvero i termini sostanziali dell’accordo per la tregua, di alcuni dettagli attuativi e operativi chiedendo alcune modifiche e integrazioni, tra cui l’assicurazione che la consegna dei soccorsi alla popolazione di Gaza sia coordinata e svolta dall’ONU in collaborazione con il Comitato Internazionale Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, ovvero escludendo il coinvolgimento dalla famigerata associazione israelo-statunitense Gaza Humanitarian Foundation [Hamas risponde con “spirito positivo” alla proposta di cessate il fuoco di Gaza sostenuta dagli Stati Uniti / AL JAZEERA – 4/7/2025]. Focalizzando l’attenzione sul dramma della scelta, cioè per quali ostaggi isrealiani chiedere la liberazione subito e quali invece successivamente, sabato 5 luglio la stampa israeliana aveva riferito le reazioni dei loro familiari, che insieme ai connazionali hanno manifestato in due opposte fazioni: una favorevole alla tregua, l’altra invece propensa a “finire il lavoro” fino alla “piena vittoria israeliana” [Migliaia di persone manifestano per liberare gli ostaggi mentre il governo discuterà la tregua che si profila a Gaza / THE TIMES OF ISRAEL – 5/7/2025]. Contemporaneamente si diffondeva la notizia di un diverbio tra Benjamin Netanyahu e il capo di stato maggiore delle IDF, Eyal Zamir [Gaza, Hamas: “Sì a negoziati immediati per tregua” – Tensioni in Israele / ADN KRONOS – 4/7/2025]: > Netanyahu avrebbe ordinato a Zamir di preparare un piano per trasferire la > stragrande maggioranza della popolazione palestinese nella parte meridionale > di Gaza. > > “Volete un governo militare? Chi governerà due milioni di persone?”, gli ha > risposto Zamir. “L’IDF e lo stato di Israele”, ha replicato Netanyahu alzando > la voce contro Zamir. > > Secondo Netanyahu l’alternativa al piano di evacuazione è quella di prendere > il controllo dell’intera Striscia di Gaza, comprese le aree in cui le IDF non > hanno operato fino ad ora per paura di mettere a rischio gli ostaggi. > > Zamir ha avvertito Netanyahu: “Gestire tante persone affamate e arrabbiate > potrebbe portare a una perdita di controllo e, di conseguenza, molti > potrebbero rivoltarsi contro le IDF”. > > Netanyahu ha respinto le sue preoccupazioni e tagliato corto: “Preparate un > piano di evacuazione: voglio trovarlo pronto al ritorno da Washington”. Nei giorni seguenti, in un’intervista alla BBC un ufficiale di Hamas ha confermato le analisi, e i timori, di Zamir: nella Striscia di Gaza le milizie palestinesi non hanno più il controllo dell’80% del territorio e si stanno imponendo dei clan armati. E sulle possibilità concrete che si giunga alla tregua e alla cessazione dell’assedio osservato “cosa impedisce a Israele di continuare questa guerra?” [Netanyahu a Washington, vedrà Trump. Wafa, 14 morti per i raid israeliani a Gaza all’alba. Fonte palestinese, nessuna svolta nei negoziati a Doha / ANSA – 7/7/2025]. Le notizie sulla riunione svolta a Doha il 6 luglio, la prima della serie per le trattative condotte dai mediatori qatarioti ed egiziani con le delegazioni israeliana e palestinese, riferivano che non era stato fatto nessun progresso perché la rappresentanza israeliana non era autorizzata a prendere decisioni e a formalizzare accordi. Infatti, oltre ad affermare di ritenere “inaccettabili” le richieste di Hamas, alla partenza per Washington il premier israeliano aveva dichiarato di aver dato ai delegati israeliani precise istruzioni: ottenere l’annientamento dell’organizzazione politica e militare palestinese. Mentre lui partiva per Washington il capo di stato di Israele, Yitzhak Herzog, si era rivolto pubblicamente a Netanyahu per esortarlo ad essere cauto, e conciliante, e persino ‘tra le righe’ del resoconto sugli incontri svolti in questi giorni a Washington e a Doha pubblicato da THE TIMES OF ISRAEL si legge che il principale ostacolo alla tregua è l’ostinazione del premier israeliano a rifiutare qualsiasi compromesso: > Sebbene si prevedesse che durante la sua visita a Washington  Netanyahu > avrebbe dovuto affrontare forti pressioni da parte di Trump e del suo inviato > in Medio Oriente Steve Witkoff per far avanzare i colloqui di Gaza, Israele ha > descritto il rapporto tra le due parti perfettamente coordinato. > > I mediatori impegnati nelle negoziazioni per un accordo sono stati informati > che Trump si aspetta che raggiungano un accordo questa settimana. > > “Potrebbe volerci più tempo, ma ci stiamo lavorando”, ha detto ai giornalisti > dopo la cena il ministro per gli affari strategici israeliani, Ron Dermer. Dopo i colloqui e la cena di lunedì 7 luglio Trump aveva detto, così ammesso, che la tregua a Gaza è possibile perché Hamas vuole raggiungere un’intesa e martedì sera Netanyahu veniva convocato alla Casa Bianca per un incontro fuori-programma, durante il cui svolgimento l’inviato speciale degli USA in Medio Oriente, Steven Witkoff, dichiarava che a Doha si stavano risolvendo le divergenze [Trump e Netanyahu si incontrano per la seconda volta per discutere di un cessate il fuoco a Gaza / AL JAZEERA – 9/7/2025] e il ministro degli esteri israeliano, Gideon Sa’ar, annunciava che “il cessate il fuoco a Gaza è realizzabile” [Sa’ar, il cessate il fuoco a Gaza è realizzabile. Lo riferiscono media israeliani citando Reuters / ANSA – 9/7/2025]. Mercoledì 9 luglio veniva reso noto che un funzionario palestinese aveva osservato che le trattative a Doha erano in stallo perché la delegazione israeliana continuava a procrastinare le decisioni sul ritiro delle proprie truppe dalla Striscia di Gaza e, insistendo a pretendere che se ne occupi la Gaza Humanitarian Foundation, non acconsentiva che la distribuzione di aiuti umanitari a Gaza sia affidata alle agenzie ONU e alla Croce / Mezzaluna Rossa [I colloqui sulla tregua a Gaza sarebbero in stallo nonostante il secondo incontro Netanyahu-Trump / BBC – 9/9/2025]. Rilevando che in questi giorni gli attacchi israeliani a Gaza si sono intensificati, molti osservatori hanno notato tante discrepanze tra i proclami di Netanyahu e Trump. Ma la ‘sintonia’ di intenti che il premier israeliano enfaticamente afferma essere alla base di una solida collaborazione perfettamente coordinata non è mai stata ufficialmente smentita dal leader americano… > Lungi dal fermare il flusso di armi verso Israele, l’amministrazione Trump si > è vantata di aver ripreso il trasferimento di bombe pesanti, le uniche armi > che Biden aveva temporaneamente sospeso di inviare durante la guerra a Gaza > [Se Trump vuole il cessate il fuoco a Gaza, deve fare pressione su Netanyahu, > affermano gli esperti/ AL JAZEERA – 10/7/2025]. … e sulle trattative a Doha incombono molte incognite e, soprattutto, tanti angoscianti timori. Maddalena Brunasti
Storia di venti di guerra e leader criminali
Metti insieme un Netanyahu in preda a furore criminale, un Trump sempre più colluso e un’UE impotente e in parte connivente, ed otterrai il più esplosivo dei cocktail geopolitici: la nullità del Tnp del 1970 (Trattato di non proliferazione nucleare posto sotto il regime di salvaguardia dell’Agenzia atomica di Vienna) Quanto sta accadendo da tre giorni a questa parte tra Tel Aviv e Teheran sta trascinando lungo una scivolosa china tutto lo scacchiere dell’Asia Occidentale, i cui delicatissimi e precari equilibri geopolitici sono stati stravolti dall’attacco missilistico israeliano agli impianti di ricerca e produzione di energia nucleare iraniani del 12 e 13 giugno. Oltre ad essersi resa responsabile della violazione di trattati internazionali e di ogni principio di proporzionalità, Israele ha dato all’Iran la scusa buona per ritirarsi dal Tnp e sviluppare armi nucleari in piena legalità internazionale. Potrà farlo in base all’articolo 10 del Tnp, che ne permette il recesso quando “eventi straordinari abbiano messo in pericolo gli interessi supremi di uno Stato”. Vedi ad esempio un attacco militare, oltretutto con copertura made in USA, in cui vengono bombardati impianti civili di arricchimento nucleare e vengono uccisi degli scienziati che lavoravano in piena legalità, oltre che due capi dello stato maggiore militare e alcune decine di civili. Un’immagine dell’attacco missilistico israeliano a Teheran Gli impianti iraniani erano infatti sottoposti a regolari ispezioni internazionali e controllati anche tramite l’accordo del 2015, che sostanzialmente toglieva le sanzioni e riportava Teheran ai tavoli internazionali in condizioni di parità e legalità nella produzione di energia nucleare per scopi civili. L’Iran può prendersi fino a 90 giorni per decidere se ritirarsi dal Tnp e in quel caso avrà ogni legittimazione di difendersi, in quanto stato sovrano attaccato militarmente. Quanto accaduto nei giorni scorsi stabilisce un precedente assurdo e terrificante: qualsiasi Stato nucleare potrà bombardare i vicini per ottenere concessioni politiche o per punirli. Se il Tnp diventa carta straccia e il Consiglio di Sicurezza resta imbrigliato nei veti incrociati e nel suddetto art.10, come nel caso della Corea del nord, si rischia che molto presto stati come Arabia Saudita, Turchia, Egitto etc siano legittimati a costruirsi la propria bomba atomica in casa. L’incubo che abbiamo evitato per settant’anni dopo la guerra fredda potrebbe diventare così agghiacciante realtà. Uno dei siti iraniani di arricchimento nucleare per scopi civili colpiti da Israele Inoltre, particolare non da poco, la netta risposta militare iraniana, provocata da Tel Aviv con la solita scusante di “doversi difendere” (stavolta  dalla potenziale minaccia nucleare iraniana) sta avendo un effetto più che benefico – PURTROPPO – sugli oppositori politici di Netanyahu e l’opinione pubblica israeliana.  Malgrado il sempre maggiore dissenso interno e le pressioni internazionali causati dal genocidio del popolo palestinese, questo attacco sposta l’attenzione della società civile e politica israeliana sulla “difesa dalla minaccia nucleare iraniana”. Leader dell’opposizione israeliana come Yair Lapid, hanno dichiarato “pieno sostegno” alla missione contro l’Iran”. E molti israeliani, inoltre, seppure dissidenti rispetto alla guerra di annientamento a Gaza, qualora le rappresaglie iraniane causassero pesanti vittime israeliane si dicono pronti ad appoggiare nuovamente Netanyahu e il suo governo sanguinario. Con tanti saluti alle campagne di protesta e alle pressioni politiche per fermare il genocidio, e la benedizione degli Stati Uniti d’America. Questi ultimi, infatti, rinsalderebbero i propri legami con le lobby israeliane e quelle semite in America e acquisirebbero una posizione geopoliticamente preponderante in Asia occidentale anche nei confronti della Russia, al momento impantanata nella guerra in ucraina. Un modo estremamente rischioso, questo, di imporsi in quanto sovverte equilibri geopolitici faticosamente costruiti negli ultimi 70 anni. Trump e Netanyahu andrebbero destituiti e neutralizzati definitivamente dai loro stessi governi e dalle loro stesse popolazioni, previo processo internazionale per crimini di guerra, crimini contro l’umanità, violazione di numerosi trattati internazionali e perché, rendendo di fatto nullo il Trattato di non proliferazione nucleare a scopo bellico, mettono a rischio la pace e la sicurezza mondiale.   Redazione Italia