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Antisemitismo e sionismo reale. Riflessioni sui progetti di legge in corso di esame presso le due Camere – di Gianni Giovannelli
E si perdona per certo ogni offesa ma sempre pur nella memoria resta, e così l’uno all’altro contrappesa.   Luigi Pulci (Morgante, Cantare decimo, Ottava 95)   Il Consiglio Europeo ha approvato già in data 6 dicembre 2018 la risoluzione n. 15.213, esortando gli stati membri che non l’hanno ancora fatto ad approvare la definizione [...]
La fascista Maria Corina Machado, Nobel per le guarimbas
Dopo gli articoli di Gianmarco Pisa sull’ultimo Premio Nobel per la Pace (Un Premio Nobel senza pace), l’articolo di Enzo Abbinanti sui commenti quantomeno strani che lo hanno accolto nella sinistra istituzionale (“Nobel alla Machado: i commenti “a sinistra”…”), l’interessante articolo di Marco Consolo e la lettera del grande Premio Nobel per la Pace argentino Adolfo Pérez Esquivel proponiamo un articolo che ripercorre la storia politica della Machado, tra casi giudiziari, filo-atlantismo e un ruolo centrale nei tentativi di golpe fascisti del 2002 contro Chavez, del 2019 di Juan Guaidò contro il presidente costituzionale Maduro e del 2024 contro Maduro gridando falsamente ai brogli elettorali. Ho aspettato molti giorni a scrivere questo articolo. Un po’ per mantenere la calma; un po’ per poter gestire la rabbia in questi tempi veramente difficili, accompagnati da strenua impotenza. Ho preferito che si sedimentassero gli animi. Ho preferito che le assurdità del mainstream continuassero a vagare e vedere, in modo palese, come si concretizzavano sia nella carta stampata nazionale, sia nei telegiornali, sia nei talkshow, sia nelle nostri menti di cittadini-utenti che assorbono – spesso passivamente – le notizie che ci vengono propinate. Ho preferito vedere fino a che punto si potesse raccontare, quasi “allegramente”, un fattaccio di queste dimensioni e in che modo si potesse fa digerire in massa l’erosione totale del significato stesso del Premio Nobel per la Pace. Ho preferito guardare come i media nostrani – attraverso la fantomatica pretesa di “neutralità” dei nostrani “professionisti dell’informazione” – siano stati in grado di far digerire Maria Corina Machado nella categoria dei Premi Nobel per la Pace al pari dei grandi Premi Nobel per la Pace di sempre: Linus Carl Pauling, Martin Luther King, Sua Santità il XIV Dalai Lama, Desmond Tutu, Nelson Mandela, Rigoberta Menchù Tum, Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), Adolfo Pérez Esquivel, Mairead Corrigan, Madre Teresa di Calcutta, Michail Sergeevič Gorbačëv, Yasser Arafat, Amnesty International, Campagna Internazionale per il Bando delle mine antiuomo (ICBL), Medici Senza Frontiere, International Physicians for the Prevention of Nuclear War, Wangari Maathai, Muhammad Yunus, Malala Yousafzai e Nihon Hidankyō (organizzazione giapponese rappresentante degli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e noti per la loro lotta internazionale per l’abolizione delle armi nucleari). Ed è stato proprio così. Sabato 11 ottobre, tutti i quotidiani mainstream incensavano la sua vittoria senza minimamente raccontare la storia di questa strana attivista. La stampa liberale-borghese nazionale, rappresentata dal Corriere della Sera titolava: “A Machado il Nobel per la pace. Premiata l’attivista anti-Maduro. La “signora di ferro” del Venezuela da anni si oppone al regime”. La stampa borghese liberal-democratica, rappresenta da La Repubblica scriveva “Nobel a Machado, l’anti-Maduro. La Casa Bianca: “Scelta politica””, volendo far intendere assurdamente che l’assegnazione del Nobel a Machado fosse un dispetto a Trump, una risposta “a sinistra” rispetto alla candidatura di Trump al Nobel. La becera stampa vicina all’alt right italiana, rappresentata da Libero, invece titolava: “Sinistra sempre dalla parte sbagliata. Nobel in testa ai comunisti” – con tanto di elogio all’anticomunista Machado che ha dedicato il suo Nobel proprio a Trump, quasi a sottolineare che è come se l’avesse vinto de facto Trump. I media occidentali l’hanno chiamata positivamente “Iron Lady venezuelana”, equiparandola alla Iron Lady europea Margareth Thatcher; l’imprenditrice di successo che in Venezuela ha rifiutato l’esilio”, “pasionaria di destra” o addirittura “Libertadora”, declinazione femminile dell’epiteto Libertador storicamente associato alla figura di Simon Bolivar, condottiero militare e politico venezuelano che, insieme a José Martín, il principale artefice dell’indipendenza latino-americana. Mentre l’Occidente si beve passivamente la vittoria di questa sconosciuta ai più, c’è chi conosceva bene la sua storia ed ha scritto molto delle sue gesta. Puntuale è arrivata l’analisi di Geraldina Colotti, una delle massime esperte di Venezuela in Italia. Oltre agli importanti siti di controinformazione come L’Indipendente, L’Antidiplomatico, Contropiano, OttolinaTV, Altrenotizie.org, Pressenza Italia e molte altre testate online, gli unici quotidiani cartacei che l’11 ottobre hanno dato una notizia – quanto meno bilanciata – dando informazioni sulla figura della Machado sono stati Il manifesto e il Il Fatto Quotidiano. E’ stato proprio Il Fatto a definire la Machado “Magazuela”, in riferimento alla sua appartenenza all’estrema destra venezuelana vicina al movimento MAGA (“Make America Great Again”) di Trump e al suo sostegno al anarcocapitalista Milei in Argentina, alle sue simpatie per Bolsonaro in Brasile e al governo sionista d’estrema destra di Benjamin Netanyahu in Israele artefice dell’attuale genocidio contro la popolazione gazawi, oltre che responsabile delle razzie continue in Cisgiordania. La leader dell’opposizione venezuelana ha telefonato ieri al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, congratulandosi per “i successi di Israele” nella settimana in cui è entrato in vigore il cessate il fuoco, dopo un’operazione militare israeliana durata due anni che ha causato la morte di oltre 67.000 persone a Gaza. Non solo, nel 2020 il partito della Machado, Vente, ha sottoscritto un patto di gemellaggio con il Likud, partito d’estrema destra israeliano di cui è membro Benjamin Netanyahu. Nel 2021 la Machado definì  Netanyahu su Twitter “un genuino alleato della libertà”, promettendogli lo spostamento della Ambasciata venezuelana a Gerusalemme e l’ingresso commerciale nel paese con acquisto di armi qualora lei o un suo candidato fossero diventati presidenti del Venezuela. Nonostante queste dichiarazioni, la Machado sembra avere l’appoggio incondizionato della maggioranza di governo italiana oltre che il sostegno dei neoliberali del PD (dalla Picierno alla Boldrini), di Azione di Calenda, di Italia Viva di Renzi e dello scrittore Roberto Saviano, i quali hanno espresso elogio alla Machado insieme a tutto il coro della destra italiana. La chiosa arriva dal Vaticano: “Spero che possa aiutare il Venezuela a ritrovare la via della democrazia” – ha dichiarato il Cardinal Parolin, segretario di Stato vaticano. Infatti i motivi del Nobel sembrano eccelsi. Il premio va a una “coraggiosa e impegnata paladina della pace” – ha annunciato l’Istituto Nobel durante la cerimonia in Norvegia – “Una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente”. Nella sua motivazione, il comitato norvegese ha sottolineato “il suo instancabile lavoro nel promuovere i diritti democratici del popolo venezuelano e la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia”. Ma davvero Maria Corina Machado mantiene viva la fiamma della democrazia o è parte dell’oscurità crescente? Davvero promuove i diritti democratici per il popolo venezuelano e per una transizione giusta e pacifica alla democrazia? Queste sono solo opinioni di chi forse non conosce la storia della Machado o fa di tutto per ignorarla. Infatti, questa signora dell’estrema destra venezuelana è stata fautrice di innumerevoli piani golpisti e destabilizzanti contro il governo socialista bolivariano sia con Chavez, quando Machado dirigeva l’ONG Sumate, finanziata dagli USA; sia con Maduro, essendo ispiratrice delle guarimbas del 2014, episodi di violenza politica scatenata dall’opposizione venezuelana e da movimenti paramilitari d’estrema destra sia contro la popolazione sia contro i militanti chavisti. La sua figura emerse già durante il fallito colpo di Stato dell’aprile 2002 contro Hugo Chávez, quando partecipò attivamente alle proteste e fu tra le firmatarie del Decreto di Pedro Carmona, con cui si tentò di instaurare un golpe e sciogliere le istituzioni democratiche. Quel gesto venne sostenuto da settori imprenditoriali e dagli Stati Uniti. Da allora, Machado è rimasta un punto di riferimento della destra radicale venezuelana, filo-occidentale e apertamente contraria a ogni forma di compromesso politico, assumendo posizioni incompatibili con i princìpi di dialogo, sovranità e non-interferenza che un riconoscimento dedicato alla pace dovrebbe invece rappresentare (la “filosofia del dialogo” apertamente sostenuta dal governo bolivariano sia con Chavez sia con Maduro). Nel 2002, si avvicina alla politica fondando, insieme all’ingegnere Alejandro Plaz, l’ONG Súmate un’organizzazione “civica” apartitica di monitoraggio elettorale e la promozione della partecipazione democratica in Venezuela. Almeno così venne ufficialmente presentata, ma ben presto divenne un potente strumento politico dell’opposizione anti-chavista. L’associazione ottenne notorietà internazionale nel 2004 quando organizzò la raccolta firme per il referendum revocatorio contro Hugo Chávez. Emersero i legami finanziari con il National Endowment for Democracy (NED), l’ente statunitense che da decenni finanzia progetti di “promozione della democrazia” all’estero, spesso in contesti geopoliticamente sensibili. Documenti pubblici del NED confermano un finanziamento di circa 53.400 dollari a Súmate per «programmi di educazione elettorale» e «partecipazione civica». Il governo di Chavez denunciò l’operazione come un tentativo di ingerenza politica diretta, visto che alcuni rapporti d’analisi suggerivano chiaramente che il NED, oltre a finanziare Súmate, abbia sostenuto altre organizzazioni dell’opposizione venezuelana, servizi d’informazione e campagne politiche indirette, contribuendo a una rete di supporto esterno alla dissidenza. Nel 2005, in piena invasione statunitense dell’Iraq (che causò un milione di morti civili), Machado fu ricevuta da George W. Bush a cui chiese di intervenire per abbattere il governo Chávez. Nello stesso anno Machado e Plaz furono incriminati per “cospirazione” e “ricezione di fondi esteri illegali”, poiché la Costituzione venezuelana vieta il finanziamento straniero a iniziative di carattere politico. Il NED, da parte sua, difese l’operazione come un normale sostegno alla società civile, mentre Washington accusò Caracas di «criminalizzare l’attivismo democratico». Analisti indipendenti e inchieste giornalistiche hanno mostrato come i progetti del NED in Venezuela abbiano storicamente agito in sinergia con le strategie di destabilizzazione del Dipartimento di Stato. Súmate, pur definendosi “neutrale”, ha operato in costante opposizione al chavismo, promuovendo azioni che hanno avuto un chiaro impatto politico. Di fatto, l’associazione ha rappresentato il trampolino di lancio per l’ascesa politica di Machado e il suo consolidarsi come riferimento dell’ala filo-USA, fascista e neoliberale dell’opposizione venezuelana. Nel 2011 è stata eletta deputata nazionale, restando fino al 2014. Machado si autodefinisce da sempre una “liberale centrista profondamente anticomunista”, e ha sostenuto pubblicamente la destituzione di Maduro a tutti i costi, anche attraverso “processi non democratici”. Nel 2014 scrisse all’ex ambasciatore all’Onu Diego Arria, esponente del cartello di opposizione Mesa de la Unidad Democratica (Mud), riferendosi a Maduro: “Bisogna eliminare questa porcheria, cominciando dalla testa, approfittando del clima mondiale con l’Ucraina e ora con la Thailandia. Prima si fa, meglio è”. Ancora più espliciti i messaggi rivolti da Machado ai nazisti del gruppo Juventud Activa Venezuela Unida (Javu), finanziati da Henrique Salas Romer, economista, fondatore del partito Proyecto Venezuela ed ex governatore dello stato Carabobo: “La lobby internazionale è nel suo miglior momento”, incitando alle violenze di piazza. Per tale motivo si è meritata negli anni l’epiteto di “Maria Violenza” oltre al soprannome che le hanno affidato i suoi sostenitori: la dama de acero, “signora d’acciaio”. Nel febbraio 2014 è tra i volti noti dell’opposizione venezuelana nelle manifestazioni, chiamate La Salida, sfociate nella prima ondate di guarimbas.  Nel marzo 2014 è stata rimossa dall’incarico di deputata, per la presunta flagrante violazione degli articoli 149 e 191 della Costituzione del Venezuela del 1999, dopo aver accettato l’incarico di “ambasciatore supplente” di Panama presso l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) Il suo nome è infatti legato alle violenze paramilitari e golpiste delle guarimbas del 2017, dove fascisti venezuelani misero a ferro e fuoco le città del Venezuela in funzione anti-chavista colpendo i cittadini, saccheggiando negozi, bruciando vivi i militanti chavisti e commettendo femminicidi politici contro le femministe bolivariane. All’inizio di aprile 2017, i leader dell’opposizione al presidente costituzionale venezuelano Nicolás Maduro hanno iniziato a indire una serie di proteste per chiedere la destituzione dei giudici della Corte Suprema, che ritenevano avessero messo in atto un “autogolpe” o “colpo di Stato” annullando i poteri dell’Assemblea Nazionale. Sebbene i giudici avessero corretto le sentenze, l’opposizione ha continuato a organizzare una serie di marce senza annunciarne la fine o in luoghi non autorizzati. Queste marce sono quasi sempre culminate in episodi di violenza: attacchi alla polizia e alla Guardia Nazionale Bolivariana; distruzione di enti pubblici e privati e infrastrutture pubbliche; erezione di barricate; messa a fuoco dei Centri diagnostici integrati gestiti dai medici cubani e scontri con civili che non sostengono l’opposizione. Ciò ha causato un numero significativo di vittime. La violenza dei guarimberos, organizzati dal leader di destra Leopoldo López del partito Volontad Popular, causò la morte di 43 persone di ogni orientamento politico. I disordini politici hanno suscitato numerose speculazioni, sia a livello nazionale che internazionale, sulle morti. Si è sostenuto che le vittime decedute in varie circostanze siano state presumibilmente causate dalla “repressione” del governo Maduro, mentre i casi in cui i gruppi di opposizione sarebbero stati gli autori delle violenze sono stati messi a tacere.  Uno dei primi attacchi da parte di gruppi violenti di destra è stato l’attacco alla sede della Direzione Esecutiva del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ), situata nel comune di Chacao, nello stato di Miranda. L’attacco avvenne l’8 aprile 2017, dopo che l’opposizione venezuelana aveva indetto una manifestazione. L’allora Ministro delle Comunicazioni venezuelano, Ernesto Villegas, dopo aver relazionato sulla morte di cittadini e sulle violenze nei confronti della Polizia Nazionale Bolivariana (PNB) e della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB) dichiarò: “Il governo invita i rappresentanti politici dell’opposizione venezuelana a prendere le distanze da questi eventi, a non mostrare solidarietà con coloro che hanno confuso la politica con la criminalità e a tornare ad approcci pacifici e basati sul dialogo”. La condanna da parte della destra venezuelana non avvenne mai. Ci si chiede come possa razionalmente e logicamente un Premio Nobel avere a che fare con episodi di violenza politica paramilitare, senza dimenticare che ha invocato più volte l’intervento militare di Washington contro il Venezuela. Nel 2018 la Machado arrivò addirittura a scrivere una lettera a Netanyahu e a Macri (ex-presidente argentino filo-USA) chiedendo un intervento contro il presidente Maduro: era l’epoca in cui dalla Colombia venivano infiltrati in Venezuela paramilitari di ultradestra per compiere sabotaggi alle strutture elettriche ed attentati a leader politici chavisti. Pochi mesi, durante l’attacco militare di Israele all’Iran, tornò a chiedere “un intervento analogo contro il Venezuela”. Chiedere l’invasione del proprio paese è un reato che nelle democrazie occidentali viene punito col carcere, la Machado in questi decenni è stata libera di farlo senza essere arrestata. Non solo, nel 2019 Machado ha giocato un ruolo fondamentale nella creazione del “governo parallelo”, avallato da istituzioni artificiali costruite ad hoc, che avrebbe portato all’ “autoproclamazione” del golpista Juan Guaidó: il tutto permesso grazie all’espulsione del Venezuela dagli organismi multilaterali in seguito alla morte di Chavez. Nel 2023 Machado si è candidata alle primarie dell’opposizione vincendo, tra i suoi elettori, con il 93% dei consensi, ma poco dopo è stata esclusa dalla vita politica poichè la Contraloría General de la República – l’organo supremo di controllo contabile e amministrativo dello Stato venezuelano – l’ha dichiarata ineleggibile per 15 anni, una misura che le ha impedito formalmente di partecipare al voto, con l’accuse di finanziare attività contro lo Stato e collusione con il golpe di Juan Guaidó del 2019. La Corte Suprema del Venezuela, il 26 gennaio 2024, ha confermato l’interdizione a ricoprire cariche pubbliche per 15 anni per la Machado, confermando l’ineleggibilità anche del supplente della Machado, il due volte candidato alle presidenziali Henrique Capriles. La Corte Suprema ha ridichiarato che la Machado è stata interdetta “per essere stata coinvolta… nel complotto di corruzione orchestrato” dall’ex leader dell’opposizione Juan Guaido (fautore del tentato golpe del 2019) legato alla compagnia energetica transnazionale ExxonMobil (1). Dopo la notizia della sua ineleggibilità, la coalizione di destra ha presentato la filosofa e docente venezuelana Corina Yoris come sua successora, per poi anch’ella essere sostituita in favore di Edmundo González Urrutia, già Ambasciatore del Venezuela in Algeria tra il 1991 e il 1993, e in Argentina tra il 1998 e il 2002, nonchè tra i principali “agenti della morte” in El Salvador negli anni Ottanta – insieme all’ambasciatore Leopoldo Castillo, noto con il soprannome di El Mata Curas (“Il prete assassino”) – che lavorò all’attuazione del “Piano Condor”, il quale consisteva nell’eliminazione – anche fisica – degli oppositori di sinistra in tutta la regione latinoamericana. Nel luglio 2024, il Woodrow Wilson International Center for Scholars (o Wilson Center) – uno degli United States Presidential Memorial, fondato a Washington DC come parte dello Smithsonian Institution, riconosciuto come uno dei primi dieci più importanti think tank al mondo – ha pubblicato un paper dal titolo “Venezuela Desk – How to stop a coup”, ovvero “come fermare un colpo di Stato in Venezuela”. Un titolo che potrebbe trarre in inganno, in quanto potrebbe far pensare ad un documento che voglia prevenire un colpo di Stato, ma in realtà si tratta del suo opposto: il dossier illustra i piani golpisti di stampo fascista che gli Stati Uniti avevano preparato per le elezioni presidenziali del 28 luglio 2024 contro il governo socialista di Nicolas Maduro. E’ proprio quello che si è avverato: la destra venezuelana gridò ai brogli elettorali, per poi scoprire che fu tutta una messa in scena dell’opposizione scovata proprio grazie al sistema elettorale automatizzato con riconteggio manuale che il Venezuela adotta fin dai tempi di Chavez e che il Centro Carter ha definito tra i migliori al mondo. Machado è legata alla piattaforma “Comando Con Venezuela” (ConVzla), che ha coordinato la sua candidatura nel 2024 e le attività elettorali (anche dall’estero) quando lei è stata inabilitata. Il governo venezuelano accusa tale struttura di operare come una cabina politica di orientamento esterno, vista come un mezzo per influenzare dall’estero il processo elettorale venezuelano. Non è un caso che mentre l’opposizione gridava ai brogli elettorali, fosse proprio ConVzla – a cui Machado faceva da megafono – a fornire i dati falsati degli esiti elettorali, che in seguito sarebbero stati smascherati. In Spagna, il partito Podemos ha dichiarato che assegnare il Nobel della Pace a Machado equivale a premiare «golpisti e criminali di guerra». La portavoce Ione Belarra ha dichiarato che il riconoscimento indebolisce il prestigio e la credibilità dell’Istituto Nobel se viene destinato a chi ha una storia politica che non esclude l’uso della destabilizzazione e della violenza. Ormai da tempo che questo premio – con i suoi corrispondenti 930.000 euro – viene consegnato a personaggi su cui gli USA investono per sovvertire governi e che non hanno nulla a che vedere con la pace. La decisione del comitato norvegese di darle il Nobel per la Pace è un chiaro gesto politico filo-Trump: in un’epoca segnata da guerre geograficamente distanti, da pressioni statunitensi in America Latina camuffate da lotta al narcotraffico e dalla polarizzazione tra blocchi internazionali, Machado diventa il volto perfetto per una nuova manovra ideologica che intreccia Stati Uniti, destra radicale latino-americana, neoliberismo e nuove forme di ingerenza neocoloniale. Oggi ci si chiede: il premio alla Machado sarà usato dagli USA, attualmente presenti con 10.000 marines, una portaerei ed un sottomarino nucleare, di fronte alle coste venezuelane, per giustificare un intervento armato da tempo voluto ma a cui manca la scusa per giustificarlo di fronte all’opinione pubblica? D’altronde la sua idea di pace coincide con la Pax Americana: privatizzazioni, sottomissione e obbedienza agli interessi imperialisti USA. Premiarla significa consacrare il Nobel come un marchio di “guerra umanitaria”. Maria Corina si colloca dunque proprio tra i peggiori Premi Nobel per la Pace di cui la storia è ormai sazia: Norman Borlaug (fautore della Green Revolution in India, dell’industrializzazione e della chimicizzazione dell’agricoltura), Henry A. Kissinger (Segretario di Stato USA nonchè noto guerrafondaio ed artefici di numerosi conflitti contemporanei), Lech Wałęsa (agente della CIA che tramite essa finanziò il sindacato Solidarnosc in funzione anti-sovietica), l’Unione Europea (impegnata in decine di conflitti nel mondo attraverso i suoi singoli eserciti nazionali), Fredrik Willem De Klerk (a capo del governo dell’apartheid bianca in Sudafrica, nonchè per anni complice di quel regime), Barack Obama (il primo “Premio Nobel preventivo”, noto continuatore di molti conflitti ed iniziatore di molti altri come  Yemen e Siria), il controverso colombiano Juan Manuel Santos Calderón, oltre alla lunga lista di massacratori di palestinesi come Menachem Begin, Shimon Peres e Yitzhak Rabin. Penso a tutti quei grandi personaggi contemporanei che il premio Nobel lo avrebbero meritato o che sono stati candidati al Nobel per la Pace, senza mai riceverlo: l’indiana Shri Mataj Nirmala Devi (pacifista, attivista e satguru del Sahaja Yoga), Vandana Shiva (fisica, economista e ecologista indiana da sempre agitatrice mondiale nelle lotte new-global in difesa della Terra e dei diritti umani dei contadini e delle popolazioni indigene), Daisaku Ikeda (maestro buddhista e terzo presidente della Soka Gakkai International che per tutta la sua vita è stato assertore della pace, del disarmo e della nonviolenza), Mario Luis Rodriguez Cobos (filosofo argentino, padre del Nuovo Umanesimo Universalista ed assertore della Nonviolenza Attiva), Gino Strada (il grande medico chirurgo italiano e fondatore dell’ONG Emergency noto per le sue prese di posizioni antimilitariste), Julian Assange (giornalista investigativo, fondatore di Wikileaks, perseguitato per aver smascherato crimini di guerra occidentali in Iraq e Afghanistan), le Brigate Mediche Internazionaliste Cubane (candidate al Nobel per la Pace negli anni della Covid-19 per il loro lavoro di cooperazione umanitaria in molti Paesi del mondo, offrendo la loro competenza nei casi di crisi sanitaria) e infine il  Mahatma Gandhi che non ha mai ricevuto il Premio Nobel per la Pace, nonostante sia stato candidato cinque volte, inclusa l’ultima volta poco prima del suo assassinio nel 1948.   (1) Come noto, il Procuratore Generale della Repubblica, Tarek William Saab, ha emesso mandati di arresto contro Yon Goicochea, Juan Guaidó, Julio Borges, Andrés Izarra, David Smolanski, Carlos Vecchio, Léster Toledo, Savoi Jandon Wright, Leopoldo López e Rafael Ramírez , identificati come operatori all’estero. https://www.cubainformazione.it/?p=86516     Intervista di Maria Corina Machado al Corriere della Sera dell’11 ottobre 2025 https://www.corriere.it/politica/25_ottobre_11/intervista-machado-vittoria-nobel-maduro-trump-90c7b169-a49f-40b9-994b-6ad6e0f19xlk.shtml   Ulteriori fonti: https://ilmanifesto.it/caracas-la-corsa-di-machado-deputata-di-opposizione https://rivistapaginauno.it/venezuela-la-destra-clerico-liberista-anti-maduro/  https://www.farodiroma.it/venezuela-maria-corina-machado-e-la-liberta-che-piace-ai-chicago-boys-di-g-colotti/ https://www.altrenotizie.org/spalla/10381-venezuela-il-mostro-del-golpismo.html https://www.altrenotizie.org/primo-piano/10385-venezuela-il-manuale-di-un-golpe.html https://www.blog-lavoroesalute.org/venezuela-cronaca-di-una-democrazia-popolare/ https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-ecco_da_dove_arrivano_le_fake_news_sul_venezuela/5694_19961/ https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_stampa_europea_al_servizio_della_golpista_machado/52331_56389/  https://www.pressenza.com/it/2025/03/usaid-ha-speso-piu-di-11-miliardi-di-dollari-per-destabilizzare-il-venezuela-bolivariano/ https://www.pressenza.com/it/2020/09/pubblicati-file-di-wikileakes-che-svelano-piani-usa-per-destabilizzare-il-venezuela/ https://www.pressenza.com/it/2024/07/tentativo-di-colpo-di-stato-in-venezuela-la-destra-eversiva-ricorre-alla-violenza/ https://www.pressenza.com/it/2024/08/la-conferma-anche-giudiziaria-della-vittoria-di-nicolas-maduro-alle-elezioni-presidenziali-in-venezuela/ https://www.pressenza.com/it/2024/02/venezuela-la-fascista-marina-machado-si-candida-alle-elezioni-presidenziali-2024-con-il-sostegno-di-usa-e-ue/ > Guarimbas, i tentativi di colpo di stato “soft” in Venezuela > Il “Narco-Venezuela”: la grande bufala   Lorenzo Poli
Il neocolonialismo della pace – di Andrea Fumagalli
La firma dell'accordo di pace tra Israele e Hamas ha giustamente suscitato molte speranze perché si possa arrivare a un definitivo "cessate il fuoco". Tuttavia, dietro questo accordo si nascondano nuove forme di colonialismo e di depredazione/saccheggio a danno dei palestinesi e dei territori occupati. La guerra delle armi e delle macerie lascia così [...]
Convegno | Anni di guerra: menzogne, verità, scintille – di Effimera
Effimera.org organizza per il 15 novembre 2025, al C.S. Cantiere a Milano, Viale Monterosa, 84, un convegno dal titolo: ANNI DI GUERRA: MENZOGNE, VERITÀ, SCINTILLE. L’incontro si terrà a partire dalle 10 sino alle 19. Pubblichiamo il documento di indizione che illustra i temi che verranno trattati e i nomi dei relatori e delle [...]
Perche Trump non fermerà mai Netanyahu
Se ancora qualcuno ingenuamente spera che Trump possa contribuire alla fine del genocidio a Gaza o all’occupazione illegale in Cisgiordania coltiva una fatua illusione. Un coacervo di ragioni economiche, politiche e familiari, avvalorate da esternazioni di Trump o figure a lui referenti, rendono ad oggi assolutamente impossibile l’avverarsi di tale auspicio di pacificazione. Ecco le  ragioni e dichiarazioni che dimostrano quanto Trump sia un ferreo sostenitore di Netanyahu: 1. 1. Trump ha dichiarato a fine 2024: «… se volete che Israele sopravviva dovete votare Donald Trump. Siete sotto attacco come mai prima. Io sono il presidente più pro-Israele, Kamala Harris è anti-Israele….» 2. L’ultima campagna elettorale di Trump è stata finanziata dalla miliardaria israeliana Miriam Adelson, la quinta donna più ricca degli USA, per 100 milioni $ mentre  nella campagna del 2016 i coniugi Adelson finanziarono Trump per 25 milioni $. 3. Uno dei primi atti firmati dal neoeletto presidente USA a fine gennaio 2025 è stato quello di revocare il blocco imposto alcuni mesi prima da Biden sulla fornitura a Israele delle super-bombe da 2.000 libbre (900 kg). 4. Il 5.02.2025 Netanyahu è stato il primo leader straniero a visitare la Casa Bianca dall’inizio del secondo mandato di Trump e lo ha così ringraziato:  “Sei il nostro più grande amico” . 5. Il padre del genero di Trump, Charles Kushner, ospitava a casa propria l’amico di famiglia Netanyahu in occasione dei suoi viaggi negli USA, ancor prima che divenisse primo ministro. 6. A gennaio 2025 il neo nominato ambasciatore degli USA in Israele, Mike Huckabee, ha dichiarato alla radio dell’esercito israeliano che “Trump appoggerà il governo israeliano nell‘annessione degli insediamenti in Cisgiordania.” 7. A gennaio 2025 la neo nominata ambasciatrice degli USA all’ONU, Elise Stefanik ha affermato che Tel Aviv ha un “diritto biblico sull’intera Cisgiordania e che  “gli Stati Uniti devono stare incondizionatamente con Israele all’Onu”. 8. A febbraio 2025 Trump ha dichiarato “Mi impegno ad acquistare e controllare Gaza” precisando che la vorrebbe trasformare nella “riviera del medio oriente” e che “I palestinesi non avranno diritto a ritornare perché avranno alloggi molto migliori.” Il Jerusalem Post il 3.05.2024 rivelava on line la visione di Netanyahu di Gaza al 2035, che poi si rivelerà condivisa con Trump, così immaginata: Gaza pullula di lussuosi grattacieli, ferrovie, corsi d’acqua, campi solari e stazioni di estrazione del gas dal giacimento marino “Gaza Marine” ubicato nella porzione di mare che gli accordi di Oslo hanno assegnato alla Palestina. E’ impossibile poi non citare l’osceno video creato da Trump con l’IA che lo raffigura a Gaza flirtare con una ballerina del ventre seminuda e quindi sorseggiare un cocktail con Benjamin distesi in costume su due sdraio con lo sfondo dei nuovi, lussuosi grattacieli di Gaza. Infine a fine agosto anche la ministra della scienza israeliana realizza un nuovo video con l’AI, dove si vedono Trump e Netanyahu passeggiare con le mogli sul lungomare di Gaza, privo di palestinesi, e con lo sfondo una scintillante Trump Tower. 9. A gennaio 2025 il genero di Trump Gerard Kuschner, ebreo di famiglia, viene ricevuto a  Tel Aviv da Netanyahu e diventa primo azionista  del colosso israeliano Phoenix Financial Ltd, attivo nei finanziamenti immobiliari nei territori occupati. 10. L’inviato speciale USA per il Medio Oriente, Witkoff, prima della seconda elezione di Trump si è recato in Cisgiordania per inaugurare una colonia illegale israeliana sui territori occupati. Profeticamente sulla facciata di una casa della nuova colonia illegale campeggiava la scritta “We’ll make Israel great again.” 11. Trump ha sanzionato a febbraio 2025 tutti i componenti della Corte Penale Internazionale dell’Aia in quanto avevano osato emettere il 21.11.2024 un mandato di cattura internazionale per l’amico Netaniahu per crimini di guerra e contro l’umanità commessi a Gaza. 12. A maggio 2025 per volere di Trump e Netanyahu è stata creata la Gaza Humanitarian Foundation imposta da Israele come unica distributrice degli aiuti nella striscia di Gaza. Dopo poche settimane, e centinaia di gazawi assassinati in fila per ricevere cibo, l’ONU e decine di ONG hanno accusato la GHF di essere un’arma di pressione politica e militare. 13. A marzo 2025 Marco Rubio ha annunciato l’espulsione dagli USA di 300 studenti nell’ambito del programma “Catch and Revoke” finalizzato ad espellere studenti stranieri che hanno semplicemente partecipato a manifestazioni a favore della Palestina. 14. Il genero di Trump Gerard Kuschner e l’ex premier inglese Tony Blair il 28.08.2025 hanno presentato in un incontro riservato con Trump alla Casa Bianca, presenti anche l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff e Marco Rubio, le loro idee sul dopoguerra a Gaza, ovvero i dettagli del piano “Aurora”, che prevede la ricostruzione della striscia in una lussuosa Gaza-riviera previa deportazione di tutti i gazawi. 15. Trump ha sanzionato, alla stregua dei peggiori terroristi, anche la nostra Francesca Albanese, rea di aver scritto il rapporto intitolato Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio, evidenziando il ruolo complice che 44 grandi “entità aziendali” mondiali hanno nel sostenere il progetto coloniale israeliano di sfollamento e occupazione. 16. A fine agosto Trump ha revocato ai membri dell’OLP e dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) i visti per partecipare all’assemblea dell’ONU di settembre, come ritorsione agli annunci del riconoscimento della Palestina in quell’occasione da parte di alcuni Stati europei. 17. Da ricordare infine che nel 2020 Trump ha promosso la stipula degli Accordi di Abramo per “aprire” i rapporti tra Israele e alcuni Paesi arabi, tra cui gli Emirati Arabi Uniti. Redazione Italia
La solitudine dei palestinesi – di Ahmed Frenkel
L’attacco da parte dell’esercito israeliano deciso unilateralmente dal governo Netanyahu contro Gaza City assomiglia sempre più a una sorta soluzione finale di tragica memoria. Avviene nella totale complicità e indifferenza non solo del mondo occidentale (con sporadiche eccezioni, vedi Spagna e Irlanda) ma anche del mondo arabo. In questi giorni a Bruxelles si è [...]
Gaza brucia – di Gennaro Avallone
A Gaza, capitalismo, imperialismo, colonialismo e i gruppi umani che concretamente ne incarnano e realizzano le logiche di funzionamento si mostrano per quello che storicamente sono: modi di produzione e governo che tendono a distruggere tutto ciò che ritengono inutile o di ostacolo al proprio dominio. È questo che il Governo e l'esercito di [...]
L’appello del giornalista israeliano Uri Misgav: “Salvate Israele dai suoi leader”
Nell’edizione del 27 agosto scorso del quotidiano Harretz, uno dei principali media israeliani, Uri Misgav si è rivolto “ai governi e alle nazioni di tutto il mondo democratico”, implorando il loro aiuto a nome della “maggior parte dell’opinione pubblica liberale e democratica” del proprio paese. Oltre che un rinomato cronista, Uri Misgav è una ‘voce’ rappresentativa della società civile israeliana, di cui ha espresso le idee anche come esponente del movimento Black Flags che tra il 2020 e il 2021 era riuscito a far rimuovere Netanyahu dall’incarico di primo ministro, che allora manteneva da 12 anni, e per un breve periodo interrompere la sua egemonia. Ora, avverte il giornalista, la situazione in Israele sta precipitando e, sebbene le manifestazioni di protesta contro il genocidio e contro l’occupazione dei territori palestinesi abbiano mostrato quanta parte dei cittadini si opponga a lui e alla coalizione di conservatori e fanatici che lo sostiene, Netanyahu sta orchestrando un colpo di stato. Il testo del suo appello – qui sotto riportato – è stato pubblicato ieri, 28 agosto, da Uri Misgav sul proprio profilo Facebook e da Umberto De Giovannangeli su GLOBALIST. > Aiutateci. Salvateci da noi stessi. > > Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Si dice che sia difficile chiedere aiuto, > che richieda il superamento di una barriera psicologica e l’ammissione di non > poter più aiutare se stessi. > > “A volte non ce la puoi fare da solo”, ha scritto una volta Bono degli U2. Era > un altro amico che amava Israele e l’umanità, una persona con una visione > equilibrata della realtà in generale e della guerra di Gaza in particolare e > che recentemente ha alzato le mani in segno di disperazione per l’alleanza > distruttiva e inconcepibile tra Benjamin Netanyahu e Hamas. > > Abbiamo bisogno di soccorso urgentemente. Siamo soggiogati da una banda > criminale che ha sfruttato il nostro sistema democratico per ottenere il > potere e ha cercato di distruggere la democrazia a vantaggio di un regime > tirannico con connotazioni fasciste e ultranazionaliste. È una vecchia storia > molto comune che si è già verificata in altri luoghi. Questa volta è successo > a noi. Pensavamo di poterla gestire da soli e sembrava persino che fossimo > sulla strada giusta. > > Poi, però, è arrivato il 7 ottobre. Una barbarica invasione del nostro > territorio sovrano, perpetrata da un’organizzazione terroristica omicida > creata e finanziata con la generosità del Qatar e dei governi di Netanyahu. La > stragrande maggioranza degli israeliani credeva che dovessimo difenderci da > questa invasione e persino rispondere con la forza, per garantire che non si > ripetesse mai più. > > Ma sono passati quasi due anni e quella che avrebbe dovuto essere una guerra > di difesa giustificata si è trasformata in una campagna di vendetta senza > fine, fatta di uccisioni e distruzioni, di fame e sofferenze per i civili, e > di piani di deportazione e reinsediamento ebraico all’interno della Striscia > di Gaza, basati sulla visione del campo fondamentalista israeliano. > > Abbiamo un governo di minoranza determinato a continuare a sacrificare i > nostri ostaggi e i nostri soldati sull’altare della sua sopravvivenza e della > sua follia. > > C’è una solida maggioranza pubblica che si oppone alle posizioni e ai piani di > questo governo su qualsiasi questione importante. Le proteste e le > manifestazioni sono visibili, ma non siamo ancora riusciti a rovesciare questo > governo. Al contrario. Recentemente, crescono le preoccupazioni che, siccome > Netanyahu e i suoi seguaci troveranno il modo di annullare le elezioni o di > svuotarle di ogni significato, non riusciremo a ottenere nulla con i mezzi > tradizionali. > > La nostra democrazia è al collasso. I sistemi di controllo ed equilibrio sono > crollati. Non abbiamo più una vera separazione dei poteri, uno Stato di > diritto o una forza di polizia indipendente. Non c’è più un vero governo o un > vero gabinetto, né un vero parlamento. Niente è più sacro. Neanche il massacro > e i fallimenti del 7 ottobre sono stati indagati secondo le nostre leggi, > tramite una commissione d’inchiesta statale. > > Ed è qui che entrate in gioco voi. > > È necessario il vostro intervento attivo. > > Le condanne non bastano. > > Non bastano i boicottaggi accademici e culturali, né l’isolamento, che spesso > danneggiano il campo liberaldemocratico, il quale si considera parte di un > mondo più ampio e non è interessato a vivere in una moderna Sparta o in un > Iran ebraico. > > Neanche l’intenzione di riconoscere formalmente uno Stato palestinese sarà > d’aiuto. Un vero Stato palestinese, con istituzioni e autorità, è la base per > garantire l’esistenza futura di Israele. Ma questo non si realizza sulla > carta, deve essere costruito sul campo. Per ora, sembra che si tratti > principalmente di parole vuote. Ancora più preoccupante è che sembri una > ricompensa per Yahya Sinwar di Hamas e per chi segue le sue orme: vi ricordo > che si oppongono alla soluzione dei due Stati. > > Ecco perché abbiamo bisogno che troviate un modo efficace per porre fine alla > guerra e a questo governo. > > Convocate una grande conferenza internazionale, come è stato fatto più volte > in passato, e guidatela voi europei. > > È vero che sia noi che voi abbiamo un serio problema con l’attuale > amministrazione americana. Cercate di andare avanti senza di essa. Rendete di > nuovo grande l’Europa. > > Non c’è bisogno di bombardare Tel Aviv, come avete fatto in Serbia. Saranno > sufficienti un embargo sulle armi offensive e la minaccia di interrompere le > relazioni. > > Basta mettere in ginocchio Netanyahu e i suoi spregevoli accoliti e aiutarci a > gettarli nella pattumiera della storia. > > Vi supplichiamo: è giunto il momento. > > Non ce la facciamo più. Maddalena Brunasti
Generali e veterani dell’IDF che non approvano il piano di Netanyahu per Gaza
Ieri, 13 agosto, l’IDF ha approvato il piano di occupazione di Gaza e sfollamento dei palestinesi proposto dal governo israeliano. Intanto, il potere di nominare gli effettivi delle forze armate dal grado di colonello in su veniva avocato al ministro della difesa, Israel Katz. Così dalla compagine al comando delle truppe vengono emarginati il Capo di Stato Maggiore, Eyal Zamir, e i generali e ufficiali che come lui hanno criticato questo progetto e la strategia politica e militare del governo Netanyahu. Che ciò potesse accadere era stato paventato dai militari in pensione o in riserva intervenuti al comizio, svolto a Tel Aviv il giorno precedente, 12 agosto, e proprio di fronte al quartier generale dell’IDF. Una manifestazione che ha attirato molta attenzione perché in cui un generale dell’Areonautica Militare e dal 2005 al 2007 ai vertici dell’IDF, Dan Halutz, e tutti gli oratori hanno esplicitamente affermato che le operazioni condotte dal governo israeliano a Gaza dal 2023 in poi sono illecite, violano il diritto internazionale e anche principi e norme delle leggi israeliane e che oltre ad essere immorale il piano di occupazione del territorio mette in pericolo ed espone Israele a molti rischi e non è, come millantato da Netanyahu e dai ‘falchi’ al governo e nell’esercito, un’efficace strategia difensiva dei cittadini israeliani, bensì una tattica con cui imporre un regime autoritario, dispotico e tirannico. La manifestazione che ha coinvolto i veterani dell’IDF a esprimersi pubblicamente si è conclusa con la lettura di un messaggio di Tami Arad, moglie del pilota catturato in Libano nel 1986 e fino al 1992 un ostaggio la cui morte è stata più volte annunciata e smentita. Quando l’esplosione delle munizioni a bordo provocarono la caduta del Phantom su cui volava per andare a colpire delle basi dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), Ron Arad aveva 28 anni. Mentre i soccorritori israeliani riuscivano a recuperare l’altro pilota, lui veniva trovato dai miliziani di Amal, che per la sua liberazione chiesero il rilascio di alcuni prigionieri libanesi e poi lo consegnarono agli sciiti iraniani. Per salvare Ron Arad vennero tentate numerose iniziative diplomatiche che aggregarono la società civile israeliana e la comunità internazionale. Invece, ha denunciato la sua vedova, gli ostaggi catturati da Hamas il 7 ottobre 2023 sono rimasti intrappolati nell’assedio e, adesso, nelle macerie di Gaza. E, mentre la guerra ad oltranza è propugnata da Netanyahu e dai suoi sostenitori, per salvare gli ostaggi ancora vivi, forse una 20ina di persone, come Tani Arad e tanti familiari degli ostaggi e come i veterani dell’IDF che hanno partecipato alla manifestazione del 12 agosto scorso, molti israeliani implorano la cessazione dei combattimenti. All’iniziativa, intitolata STOP the war. SAVE the hostages (BASTA guerra. SALVATE gli ostaggi), sono intervenuti anche il pilota Uri Arad, che ha combattuto nella guerra dello Yom Kippur e per sei settimane è stato tenuto prigioniero in Egitto, e un colonello dell’Aeronautica Militare, Yair Aloni, che ha definito folle la strategia del governo dal 7 ottobre 2023 in poi e, commentando “i morti non parlano…”, affermato che tutte le azioni condotte a Gaza mostrano che alla liberazione degli ostaggi i politici preferiscano la loro uccisione. Un generale dell’Areonautica Militare e, dal 2005 al 2007, ai vertici dell’IDF, Dan Halutz, e tutti gli oratori hanno esplicitamente affermato che le operazioni militari condotte a Gaza dal 2023 in poi sono illecite, violano il diritto internazionale e anche principi e norme delle leggi israeliane, e che oltre ad essere immorale il piano di occupazione del territorio concepito da Netanyahu non è nemmeno un’efficace strategia difensiva della nazione, anzi la mette in pericolo ed espone tutti i suoi cittadini a molti rischi. La manifestazione è stata trasmessa in streaming da UnXeptable. La registrazione con la traduzione in inglese e un reportage in italiano sono pubblicati, a cura di Daniela Bezzi e Marinella Correggia, sul sito del Centro Studi Sereno Regis nella pagina intitolata Tel Aviv: anche i colonnelli e i generali scendono in piazza per dire “Basta Guerra!” Redazione Italia
I ministri degli esteri dell’UE sono “lacchè di Israele e niente di più” denuncia il gruppo di advocacy Ekō
Dopo anni di campagne per la sospensione dell’Accordo di Associazione UE-Israele, Ekō afferma che i leader dell’UE “si nascondono dietro un vuoto “dialogo” come copertura politica, bloccando azioni concrete optando per aiuti frammentari e trattando in maniera inumana e irrilevante milioni di palestinesi, che muoiono di fame in una carestia provocata artificialmente”. Di fronte alla scelta tra difendere i principi europei di giustizia e diritti umani o inginocchiarsi vigliaccamente di fronte a un criminale di guerra, i Ministri degli Esteri dell’UE hanno chiarito la loro posizione: sono lacchè di Israele e nient’altro. Ora Antonio Tajani, Johann Wadephul e i loro colleghi Ministri degli Esteri partiranno per le vacanze estive, mentre le famiglie palestinesi a Gaza continueranno a subire atrocità, favorite dalla codardia dei Ministri. L’UE è pronta da un lato a sanzionare e sospendere gli accordi con altri paesi, dall’altro invece fa tutto il possibile per proteggere il genocidio in corso e l’occupazione illegale, che dura da decenni, da parte di Israele. I cittadini europei comprendono il disgustoso doppio standard in atto: la loro opinione sul governo israeliano è ai minimi storici. Ma questi politici non ascoltano la propria popolazione, ascoltano solo il loro “alleato”, il corrotto criminale di guerra Benjamin Netanyahu. I leader dell’UE continuano a nascondersi dietro un vuoto “dialogo” come copertura politica, bloccando azioni concrete optando per aiuti frammentari e trattando in maniera inumana e irrilevante milioni di palestinesi, che muoiono di fame in una carestia provocata artificialmente. Con il fallimento totale dell’Europa, i singoli stati hanno ora davanti una propria individuale decisione: seguire l’UE nella disgrazia storica, o dare ascolto alla propria popolazione e intraprendere azioni significative per fermare le atrocità di Netanyahu contro il popolo palestinese. Ekō https://www.eko.org/ Redazione Italia