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Oltre la bocciatura: la resistenza delle lotte interconnesse
  Sabato 29 novembre ha segnato una giornata di manifestazione atipica. L’aria, solitamente carica di un’urgenza frontale contro un’opera presentata come inevitabile, si è invece saturata di una consapevolezza più stratificata, quasi amara. La piazza si è mossa sotto un cielo diverso: non quello della semplice opposizione a un progetto, ma quello della vigilanza dopo una vittoria tecnica, pur sapendo che la guerra culturale è ben lontana dall’essersi conclusa. La Corte dei Conti, nel suo ruolo di garante della forma e della sostanza della finanza pubblica, ha esercitato il suo potere di visto – un termine burocratico che in questo caso risuona come un colpo di martello. Ha bocciato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto, negando legittimità alla delibera Cipess di agosto. È un atto di cesura giuridico-amministrativa che, in un paese normale, segnerebbe la fine della questione. Eppure, la piazza sa. Sa che, come insegnava il giurista Santi Romano, l’ordinamento giuridico non è solo un mero insieme di norme, ma un corpo sociale in movimento. Un organismo vivente plasmato dai rapporti di forza sociali e dalle istituzioni che li esprimono. E l’organizzazione politica ed economica che sostiene il Ponte è un organismo tenace, capace di rigenerarsi, di trovare nuovi varchi, di resistere alla logica stessa della contabilità dello Stato quando confligge con una certa idea di sviluppo. La minaccia, quindi, non è affatto scongiurata. È semplicemente mutata di forma. Da battaglia contro un’opera “in arrivo” si trasforma in una lotta di trincea contro un’idea persistente. Quella del grande cantiere come soluzione salvifica, come feticcio modernista che ignora volutamente le criticità idrogeologiche, ambientali, economiche e sociali. È una battaglia culturale che si combatte nel sottosuolo del dibattito pubblico, dove le ragioni della tutela, della sostenibilità e del buon uso dei beni comuni devono fronteggiare costantemente il ritorno del rimosso, sotto nuove vesti procedurali. In questo clima di precaria sospensione – non vittoria, ma tregua armata – la piazza ha compiuto un atto di significazione potente: ha intrecciato esplicitamente questa lotta locale e nazionale con la tragedia internazionale della Palestina. Non si è trattato di un semplice accostamento tematico, ma di una riconnessione organica dei fili della giustizia. Questo approccio ha evidenziato, senza bisogno di grandi proclami, che la resistenza contro l’imposizione di opere calate dall’alto e la solidarietà con un popolo sotto occupazione sono espressioni di uno stesso principio. Il rifiuto della violenza strutturale, sia essa quella che stravolge i territori e le comunità in nome del profitto e del simbolo, sia quella che li devasta con le bombe in nome della sicurezza e della ragion di Stato. La “finta pace” di cui si parla per Gaza e la “finta morte del progetto” del Ponte condividono una stessa matrice. L’illusione che una decisione formale (un cessate il fuoco, una bocciatura) possa cancellare le condizioni di ingiustizia che hanno generato il conflitto. E mentre i potenti firmano accordi o studiano cavilli, i criminali, siano essi i bombardieri di quartieri residenziali o i progettisti di speculazioni irrealizzabili che divorano risorse pubbliche vitali, continuano la loro opera. I bambini inermi di Gaza e i bambini del futuro a cui verrebbero sottratte quelle stesse risorse per un’opera faraonica, diventano, nella coscienza collettiva di quella piazza, vittime dello stesso sistema di valori distorto. La manifestazione del 29 novembre ha così intercettato un sentimento collettivo complesso. Non la gioia della vittoria, ma la determinazione lucida di chi sa che la posta in gioco è più alta e interconnessa. È il sentimento di chi comprende che la lotta non è mai definitivamente vinta, ma non è mai definitivamente persa. Simone Millimaggi
Ponte sullo Stretto di Messina: Salvini accelera, gli scienziati frenano, DIA e ANAC ammoniscono,… gli imprenditori fremono
Il 30 maggio Matteo Salvini ha radunato a Messina amministratori pubblici e imprenditori insieme ai rappresentanti di associazioni di categoria e sindacati e ad alcuni del mondo scientifico annunciando l’inizio dei lavori. Il 9 giugno il presidente dell’ANAC ha avvertito i parlamentari dei rischi, non ipotetici, che la criminalità organizzata si infiltri nella costruzione della mega-struttura e che i costi della sua realizzazione non vengano approvati All’assemblea intitolata PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA. INCONTRO CON ASSOCIAZIONI PRODUTTIVE E SINDACATI svolta alla Prefettura di Messina e da lui indetta e presieduta nel duplice ruolo di vice-premier e di ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini ha presentato il progetto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina ed enfaticamente dichiarato che la ‘grande opera’ potrà cominciare a venire realizzata nell’autunno prossimo, prima della fine di settembre 2025. L’annuncio ha suscitato molto entusiasmo tra gli imprenditori e qualche perplessità tra i professionisti esperti di geodinamica, geotecnica, geofisica e ingegneria strutturale e ambientale. Dopo aver esposto aspetti legati ai movimenti della crosta terrestre, sia quelli lenti, ovvero bradisismi, che quelli improvvisi, cioè sismi, o terremoti, Carlo Doglioni, presidente dell’INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia dal 2016 fino al febbraio scorso) ha evidenziato che molte di tutte le criticità del progetto originario sono state corrette con delle modifiche, ma se tali cambiamenti siano efficaci e sufficienti a garantire la sicurezza della struttura e, quindi, permetterne la costruzione, non è ancora certo. In effetti il progetto presentato da Matteo Salvini nell’occasione ha già superato un esame, quello della VIA  – Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e ora è al vaglio del CIPESS  – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile diretto dalla premier Giorgia Meloni. Sull’esito di tale valutazione – atteso per fine giugno o ai primi di luglio, e abbastanza scontato – incombe l’effetto della lettera inviata dalla CGIL alla Commissaria Europea per l’Ambiente, Jessika Roswall per informarla delle “gravi criticità tecniche, ambientali, normative e sociali connesse all’iter di approvazione del progetto relativo al Collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, recentemente trasmesso alla Commissione mediante la relazione IROPI (Indicatori di Rilevanza di Obiettivi di Prevalente Interesse Pubblico) approvata dal Consiglio dei Ministri”. All’incontro con Salvini, il 30 maggio l’Ordine Regionale Geologi Sicilia ha ricordato che gli scienziati si erano espressi nel 2023, ai due convegni svolti uno a Reggio Calabria e uno a Messina, esaminando nei dettagli ogni questione riguardante alla realizzazione del ponte e valutando che la sua costruzione implica affrontare, pur non riuscendo a risolvere, le molteplici e complicate problematiche evidenziate dalla sismica, dall’idrogeologia e dalla geotecnica. In un’intervista a IL GIORNALE DELL’AMBIENTE il presidente dell’ordine professionale dei geologi siciliani, Paolo Mozzicato, ha dichiarato: “ci siamo tirati fuori dalla polemica ponte sì, ponte no. Gli obiettivi li fissa la politica. Su questo noi siamo stati chiari sin dall’inizio proprio per evitare strumentalizzazioni; per una questione di deontologia e di rispetto dei ruoli”. Ricordando che nel 1908 un terremoto di magnitudo 7,1-7,2 della scala Richter distrusse quasi totalmente Reggio Calabria e Messina, causando 80 mila morti, il direttore della rivista specializzata in questioni ambientali ha chiesto a Paolo Mozzicato se il ripetersi di eventi simili sia probabile e, sebbene non prevedibile riguardo al quando, valutato una possibilità molto concreta e di cui tener conto nella costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Paolo Mozzicato ha risposto citando un’osservazione del geologo e geofisico suo predecessore alla presidenza dell’Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia, «Mauro Corrao disse “mi preoccuperei più della sicurezza delle città che del ponte tra loro”», e testimoniando: «Sono originario di Ispica, un paese del ragusano, dove ricordiamo il terremoto del 1693 come se fosse accaduto ieri. È stato un disastro. La sua magnitudo era di 7,4-7,5 gradi della scala Richter, come il prossimo che si aspetta». Dal direttore de IL GIORNALE DELL’AMBIENTE sollecitato a esprimersi in merito all’opinione, favorevole, espressa da Mario Tozzi, un ricercatore del CNR e noto divulgatore, Paolo Mozzicato ha commentato che è una posizione “più politica che scientifica” e valutato tale intervento un parere personale “sull’opportunità politica di realizzarlo o non realizzarlo, e non sulla fattibilità dell’opera”. Che le coste dello stretto di Messina siano molto insidiose è risaputo fin dall’antichità. L’Odissea descrive le due sponde raffigurandole come Scilla “che lacera” e Cariddi “che inghiotte”, le mostruose creature “appostate a entrambi i lati dello stretto, di cui sono implacabili guardiane, Scilla in terra calabra, in corrispondenza del promontorio Scilleo, Cariddi a distanza di un dardo, in terra sicula” [STORICA – NATIONAL GEOGRAPHIC]. Le criticità ambientali che incombono sulla costruzione di un ponte tra Scilla e Cariddi, una grande opera colossale come gli edifici eretti dagli antichi romani, esperti proprio anche nella costruzione di ponti, invece sono note da tempo perché ampliamente descritte nella letteratura scientifica, spiega il geologo Alfredo Frixa, interpellato da PRESSENZA per capire quali siano i problemi affrontati dai progettisti: > Secondo i massimi esperti favorevoli al progetto le numerose e complesse > problematiche possono essere superate, probabilmente, solo da sofisticate e > accorte tecniche ingegneristiche, legate alla costruzione del ponte e > all’ancoraggio delle sue due torri ai lati dello stretto. > > Lo stretto di Messina è una valle tettonica sottomarina, in geologia detta > graben, bordata da faglie distensive importanti, create dall’allontanamento > della Sicilia dalla Calabria, tuttora in atto e in 10 anni aumentato di circa > 10 cm. > > Inoltre la zona siciliana si muove verso Nord mentre quella calabrese verso > Nord-Est e nel frattempo entrambe si sollevavo, ma in 10 anni a Scilla si è > alzata di 1,5 cm e invece a Ganzirri di 0,5 cm, quindi la costa siciliana meno > di un terzo di quella calabrese. > > E ci sono anche scorrimenti lungo faglia di 0,4-1,1 mm/anno. > > Tutti questi movimenti tettonici accumulano le tensioni e gli attriti lungo le > zone di faglia che provocano terremoti, devastanti, come in passato a Messina > e Reggio Calabria e nella valle di Noto. > > L’intensità dei venti, che spesso soffiano ‘furiosamente’ in questa zona, è un > parametro impattante su un ponte con una campata unica di 3˙300 mt, una > lunghezza molto maggiore rispetto a quella di 1˙991 mt del ponte giapponese > Akashi Kaikyo, la più lunga del mondo. > > Nello stretto di Messina confluiscono due mari, il Tirreno e lo Ionio, che > hanno salinità e quote diverse, per cui quando uno è in alta marea l’altro è > in bassa marea. > > A questi fenomeni consegue che le acque dello stretto siano particolarmente > ‘agitate’ da forti correnti e vortici. > > Dal punto di vista ambientale si ritiene che il differente livello di salinità > dei due mari e il continuo ricambio d’acqua tra loro siano le condizioni che > nell’area favoriscono la coesistenza di diversificate flore e faune marine. Il Coordinamento NO PONTE SICILIA E CALABRIA ritiene che, oltre a togliere risorse finanziarie con cui intervenire a risolvere molte problematiche, tra cui il dissesto delle reti stradale, autostradale e ferroviaria, la costruzione del ponte sullo stretto di Messina sia un “azzardo tecnico” la cui realizzazione provocherebbe un impatto devastante, e non compensabile, su “zone di interesse comunitario e su habitat e specie naturali prioritari non è compensabile” e “rappresenta più una minaccia che una opportunità per lo sviluppo sostenibile della Sicilia, della Calabria e del Meridione” [PRESSENZA – 17 marzo 2025]. Sulla messa in opera del progetto due esperti di corruzione e criminalità organizzata sono intervenuti in questi giorni: il direttore della DIA / Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro, Beniamino Fazio ha ammonito che questa grande opera “Attira gli appetiti di tutti i livelli della ‘ndrangheta” e il presidente dell’ANAC / Autorità Nazionale Anti-Corruzione, Giuseppe Busia all’audizione alla Camera sul Decreto Legge “Infrastrutture” (n.73 -21/5/2025), il cui articolo 1 è dedicato al ponte sullo stretto di Messina, ha avvertito che la mancanza della pianificazione esecutiva dei lavori impedisce una visione chiara della loro concreta realizzazione e dei loro costi, su cui la normativa UE non consente variazioni superiori al 50% rispetto al valore iniziale di gara, e ha ribadito la necessità di aumentare il monitoraggio dei cantieri e i controlli delle imprese in subappalto, dove più spesso si annidano le infiltrazioni mafiose [Ponte sullo Stretto, i dubbi dell’ANAC – Annalisa Cangemi, FANPAGE / 9 GIUGNO 2025]. La realizzazione del progetto invece è sostenuta con esuberanza soprattutto dagli imprenditori aggregati nella Rete civica per le infrastrutture nel Mezzogiorno, il cui presidente, Fernando Rizzo, ha definito “abnorme” il monito del presidente dell’ANAC, proclamato che il ponte porterà “benefici di gran lunga superiori ai disagi” e affermato che chi lo nega sbaglia, perché ragiona “come il soldato di Popper, il quale si accorse con meraviglia che tutto il resto del plotone marciava fuori tempo, tranne lui…”… appunto! La ‘truppa’ che, anziché al ritmo rigorosamente scandito dalle tempistiche scientifiche, procede al passo convulso delle frenesie politiche, si sta cimentando in un’impresa molto ambiziosa. Il direttore de IL GIORNALE DELL’AMBIENTE, Gianni Avvantaggiato, ne accentua la caratteristica di “sfida ingegneristica senza precedenti in Europa” evidenziando che “il sogno del collegamento stabile tra Sicilia e continente si scontra con i limiti imposti dalla natura e dalla scienza” perché è “un’opera colossale in un’area ad altissimo rischio geologico”. Proverbialmente, le catastrofiste predizioni degli ambientalisti, i prudenti avvertimenti degli scienziati e i timorosi sospetti degli investigatori si infrangono, e frantumano, sugli scogli dello stretto di Messina, mentre l’esaltante prospettiva di costruire un ponte da record affascina chi nella sua costruzione vede realizzarsi un’opportunità conveniente e chi vi ha intravvisto l’occasione di una rivincita. Infatti, l’attraente promessa dei suoi vantaggi sposta la loro attenzione e, sognando il favoloso ponte proteso tra il passato e il futuro, un’intera generazione di italiani dimentica l’incubo che nel presente tormenta la classe dirigente: il prezzo che i cittadini stanno pagando per il concreto, e davvero gigantesco, colossale e madornale fallimento della TAV Torino-Lione *.   PONTE SULLO STRETTO * VALUTAZIONI GEOLOGICHE E SFIDE SISMICHE  – Gianni Avvantaggiato, IL GIORNALE DELL’AMBIENTE / 6 GIUGNO 2025 * NIENTE APPROVAZIONE IN DEROGA – Coordinamento No Ponte Sicilia e Calabria, PRESSENZA / 17 MARZO 2025 *  TAV TORINO-LIONE * AVANTI TUTTA, ANZI NO. Il punto sui lavori e sui costi. Se ne parla da oltre trent’anni e a oggi si è scavato qualche decina di chilometri  – Cecilia Caciotto, VALORI / 20 MAGGIO 2025 * TRA RITARDI E PROCLAMI, A CHE PUNTO SIAMO DAVVERO. I lavori veri e propri non sono mai iniziati. E basterebbe ammodernare la linea esistente. Intervista all’ingegnere Alberto Poggio. – Maurizio Bongioanni, LIFEGATE / 16 MAGGIO 2024 Maddalena Brunasti