La Flotilla dell’umanità è in viaggio sotto un cielo stellato; le stelle, però, sono droniPartita da Barcellona per Gaza, la Global Sumud Flotilla affronta sorveglianza
militare, minacce e sostegno internazionale .
Il 2 settembre, le prime barche della Global Sumud Flotilla erano partite da
meno di 48 ore da Barcellona, quando, intorno alle 22:30 ora italiana, mentre
navigavano a circa novant miglia nautiche dall’isola di Minorca, sono state
intercettate da tre droni. Ma cos’è la Global Sumud Flotilla? È un’azione
civica, nata dal basso, nell’ambito del Movimento Globale a Gaza, composta da
circa cinquanta imbarcazioni civili, con a bordo attivisti provenienti da
quarantaquattro paesi del mondo. L’obiettivo è creare un corridoio umanitario
per Gaza, sotto assedio israeliano da mesi. Sulla flottiglia è puntata
l’attenzione di quella parte di mondo che riconosce i diritti umani e il valore
della vita; purtroppo, però, non soltanto di quella.
La presenza dei droni sulla flottiglia è stata comunicata dall’attivista Thiago
Avìla attraverso una diretta lanciata sul profilo Instagram del movimento
@globalmovementtogaza. Thiago è ormai un volto noto per chi segue la causa
palestinese: climattivista e militante per i diritti umani, è stato protagonista
di una precedente spedizione della Freedom Flotilla, membro dell’equipaggio
della barca Madleen, bloccata illegalmente dall’IDF, sempre attraverso droni e
quadcopters (quadricotteri militari). Nella diretta, Thiago ha evidenziato,
mettendo in allerta il resto dell’equipaggio, che i droni potevano essere lì per
una ricognizione di sorveglianza ordinaria dell’autorità marittima competente su
quelle acque; oppure per un attacco militare.
A chi non abbia seguito attentamente gli ultimi sviluppi dell’invasione di Gaza
potrebbe sembrare un’affermazione forte. Invece, la seconda ipotesi è molto
plausibile. Infatti, come chi scrive sottolineava poco prima, all’enorme e
commovente solidarietà che è giunta da ogni parte del globo (è notizia recente
che anche Emergency sosterrà la flotta e affiancherà le imbarcazioni con natanti
di supporto logistico e medico), si sono contrapposte le dichiarazioni del
governo israeliano: sul Jerusalem Post di tre giorni fa, il ministro della
Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, annunciava che stava per
presentare un piano al governo secondo cui «tutti gli attivisti arrestati
saranno trattenuti in detenzione prolungata, a differenza della precedente
prassi, nelle prigioni israeliane di Ketziot e Damon, utilizzate per detenere i
terroristi in condizioni rigorose tipicamente riservate ai prigionieri di
sicurezza. Non permetteremo a chi sostiene il terrorismo di vivere
nell’agiatezza».
Tale piano è stato considerato illegittimo da vari giuristi esperti di diritto
internazionale. La relatrice speciale Onu per i territori palestinesi, Francesca
Albanese, ha definito l’azione della Global Sumud Flotilla «pienamente conforme
al diritto internazionale». Secondo Albanese, «ogni tentativo di fermare o
intercettare le imbarcazioni nelle acque internazionali costituirebbe una
violazione della libertà di navigazione sancita dal diritto marittimo».
È questo il clima in cui naviga oggi la flotta per Gaza, la flotta dell’umanità.
Ma torniamo ai droni, ai quadricotteri. Tutti e tutte ne abbiamo sentito
parlare. Vengono usati come regalo per i bambini al compleanno, dai fotografi
per i matrimoni, dalla protezione civile per la prevenzione degli incendi.
Eppure, facendo una ricerca su AI Overviews, leggiamo che sono “piccoli aerei a
pilotaggio remoto, utilizzati per ricognizione, sorveglianza e attacchi mirati,
che offrono una maggiore protezione delle forze armate grazie alla fornitura di
dati in tempo reale e riducendo la necessità per i soldati di accedere ad aree
pericolose. Dotati di sensori e telecamere avanzati, questi droni possono
operare di giorno e di notte e alcuni modelli sono dotati di funzionalità
sull’intelligenza artificiale per l’edge computing e la navigazione avanzata. Le
loro dimensioni ridotte e laità rapida di impiego li rendono ideale per le unità
di fanteria, sebbene la loro proliferazione, in particolare nei conflitti come
quello di Gaza, abbia sollevato anche significative preoccupazioni etiche
riguardo all’impatto sulla popolazione civile e al potenziale uso improprio”.
Non bisogna essere esperti di ingegneria aerospaziale per capire, quindi, che i
droni sono l’esempio perfetto delle tecnologie dual use, cioè di quell’insieme
di dispositivi e sistemi operativi che, nati per scopo pacifico, sono oggi
largamente utilizzati nelle attività belliche. Un tema che solo di recente è
giunto alla ribalta della cronaca, soprattutto per l’uso che se ne sta facendo
in Palestina. Che la questione sia delicata lo dimostra il fatto che l’unica
base giuridica che prova a disciplinare la materia sia il Regolamento (UE)
821/2021, attraverso cui le produzioni di questi dispositivi vengono
supervisionate dall’Unione Europea. I primi droni, però, da ciò che ci dicono le
fonti, sono stati impiegati già nel XX secolo, in particolare dagli Inglesi
nella Prima guerra mondiale. Non è un po’ tardi arrivare, solo nel 2021,
all’adozione di un regolamento europeo per questa materia? Sì, lo è: se, nel
secolo scorso, a Sarajevo, durante l’assedio, per sparare alla popolazione
civile in mezzo alle strade venivano assoldati mercenari che si posizionavano
sui tetti dei palazzi o sulle colline circostanti, nel terzo millennio il
cecchinaggio avviene attraverso la tecnologia.
Le testimonianze su come l’IDF usi i droni contro la popolazione civile non si
contano più, da parte della stampa, dei medici, dei sanitari. La robotizzazione
della sparatoria aumenta esponenzialmente la distanza tra la bocca e la vittima
e, quindi, trasporta l’atto omicida verso una derivazione di disumanizzazione
che non ha precedente. Così, il lavoro delle bombe intelligenti viene coadiuvato
perfettamente dai droni killer.
La Global Sumud Flotilla, flotta dell’umanità, naviga verso la spiaggia di Gaza
che, ricordiamolo sempre, rispetto all’Italia è soltanto dall’altra parte del
Mediterraneo; come per i Gazawi, anche per gli attivisti della Sumud il pericolo
può arrivare dall’alto, silenzioso e imprevedibile, sotto forma di una piccola
lucina nel cielo, che però non è una stella. Non c’è protezione dai droni, per i
civili disarmati di Gaza come per gli equipaggi delle imbarcazioni. Forse, però,
i nostri occhi possono farsi luce, diventare fari. Tenerli aperti su Gaza e
sulla flottiglia può essere una missione, per chi crede che questo massacro vada
fermato.
La difesa del diritto alla vita dei Gazawi e della permanenza dignitosa sulla
loro terra è difesa del diritto internazionale e, quindi, delle nostre stesse
esistenze. Ogni cosa è connessa. Da terra, si può e si deve costruire una
flotta, che attraversi tutti i paesi e che faccia pressione sui governi, come
un’azione internazionalista tra i popoli, a protezione delle barche. È quello
che sta facendo il GMTG in tantissime città. Seguiamola, quest’onda, portiamo i
nostri corpi nelle piazze e rispondiamo numerosi alla chiamata per le flotte di
terra che ci sarà il 4 settembre. Sulle pagine del GMTG ci sono tutti gli
appuntamenti: a Napoli, ci vediamo alle 18:00 in Largo Berlinguer.
Sosteniamo la Global Sumud Flotilla
Fonti
Jerusalem Post, 30 agosto 2025 – http://link
https://www.jpost.com/israel-news/article-865898
La Repubblica, 1 settembre 2025
Redazione Napoli