Tag - Clara Statello

Bakunin messo al bando in Ucraina: “simbolo dell’imperialismo russo”
Per l’AntiDiplomatico Nella sua cella della Fortezza di Pietrogrado o in esilio in Siberia, il rivoluzionario Michail Bakunin non avrebbe mai potuto immaginare che un giorno sarebbe stato indicato come simbolo dell’”imperialismo russo”. Il padre del movimento anarchico, autore di Stato e Anarchia, il figlio ribelle della nobiltà russa che diede filo da torcere persino a Marx e Engels, è stato incluso nella lista (nera) di «persone ed eventi contenenti simboli della politica imperiale russa», redatta e pubblicata il 7 ottobre scorso dall’Istituto ucraino della memoria nazionale (UINP). La lista è stata redatta sulla base della legge ucraina “Sui principi della politica statale della memoria nazionale del popolo ucraino”, il cui obiettivo è la “decolonializzazione” della cultura ucraina dall’”imperialismo russo”. I nomi delle personalità e degli eventi che compaiono nell’elenco potranno essere cancellati dalla toponomastica ucraina, su iniziativa delle autorità locali. L’elenco copre il periodo fino al 1917. Per le figure del periodo sovietico è prevista la compilazione di una lista separata.   Lista di persone ed eventi contenenti simboli della politica imperiale russa Bakunin è in ottima compagnia. Assieme a lui, sono elencati come simboli dell’”imperialismo russo”: i Decabristi e il loro maggiore rappresentante intellettuale, il sommo poeta padre della lingua russa Aleksandr Puškin; lo scienziato Michail Lomonosov, considerato il Leonardo da Vinci russo; lo scrittore e pittore romantico Michail Lermontov, noto come “poeta del Caucaso”; lo scrittore e drammaturgo Ivan Turgenev ; i compositori  Michail Glinka e Modest Musorgskij (di quest’ultimo è stato vietato il Boris Godunov, opera che elogia l’impero russo ); il drammaturgo Aleksandr Griboedov,  il critico letterario Vissarion Belinskij, il premio nobel per la letteratura Ivan Bunin. L’indice non risparmia neanche i navigatori: la stigma cala anche su Semion Dezhnev, che navigò nello stretto di Bering 80 anni prima della sua scoperta, e Fabien von Bellingshausen, uno dei primi scopritori dell’Antartide. La principale accusa verso i nominati è la “glorificazione dell’Impero Russo”. L’UINP ha inserito nella “lista di persone ed eventi contenenti simboli dell’imperialismo russo” anche i leader delle rivolte antizariste. Come il leggendario tenente Petr Schmidt, che guidò la flotta del Mar Nero durante la prima rivoluzione russa del 1905. Sono menzionati, inoltre, alcuni bolscevichi , come Viktor Kurnatovsky, Petro Zaporozhets, Aleksandr Tsulukidze. Questi ultimi “imperialisti” sarebbero colpevoli di aver “aiutato Lenin”ed essere simbolo della “lotta rivoluzionaria”. Insomma, sembra che il principio che sottende la lista sia quello che un russo è imperialista anche quando ha lottato contro l’impero. Una sorta di gatto di Schrödinger applicato alla russofobia, diffusa dagli apparati di controllo culturale dell’Ucraina sorti dopo l’Euromaidan.   La legge sulla decolonizzazione La lista è stata redatta in conformità con la legge ucraina del 2023 “Sulla condanna e il divieto della propaganda della politica imperiale russa in Ucraina e sulla decolonizzazione della toponomastica”. La normativa stabilisce i criteri per rimuovere e riattribuire nomi di luoghi, monumenti e altri oggetti pubblici che «contengono simboli della politica imperiale russa». Sulla base di questi, vengono redatte le liste di personalità o eventi storici che devono essere rimossi sia di quelli che possono restare. Paradossalmente, tra le personalità considerate “portatrici della simbologia imperiale” c’è persino lo scrittore dissidente sovietico Michail Bulgakov, autore di capolavori letterari come La Guardia Bianca, Il Maestro e Margherita, Cuore di Cane. La sua colpa sarebbe proprio quella di essere uno scrittore russo nato a Kiev. Ovvero il simbolo incarnato della comune identità storico-linguistica-culturale-spirituale fra popolo russo e ucraino. La decolonizzazione, infatti, si staglia all’interno del più ampio processo di derussificazione, iniziato nel 2014 con la decomunistizzazione (ovvero la rimozione delle statue e dei simboli comunisti – incluso la loro messa al bando, la cancellazione della toponomastica). La rimozione delle statue di Lenin nelle piazze e dei libri di Puskin nelle biblioteche ha avuto come conseguenza concreta la persecuzione dei comunisti e della popolazione russofona. Alla preservazione della “libertà spirituale” ucraina è corrisposta la persecuzione della Chiesa Ortodossa Ucraina, che ha portato alla persecuzione di preti e fedeli e allo sfratto dei monaci dal complesso del Monastero delle grotte di Kiev, il principale tempio dell’ortodossia nel Paese. Biblioteche e librerie sono state territorio della “decolonizzazione” culturale. Nel corso degli ultimi anni, sono stati destinati al macero tonnellate e tonnellate di libri russi di ogni genere e categoria (inclusi testi scolastici e per bambini), libri di scrittori ucraini scritti in russo e persino libri di scrittori ucraini di epoca sovietica (per cancellare il ricordo dell’Ucraina sovietica). La storia stabilirà un giorno, con criteri oggettivi e scientifici, se l’Ucraina fu davvero una colonia dell’Impero Russo o ne fu una colonna portante. Oggi, però, ci avverte che il macero dei libri non riporta alla mente alcun processo di decolonializzazione, ma ben più tetri eventi che si svolsero nella Germania degli anni ’30, a Norimberga. La “speme, ultima Dea, fugge i sepolcri”, la derussificazione no: entra nei cimiteri, sin dentro le tombe. A Leopoli e Chernikov le autorità hanno ordinato di smantellare le fosse comuni dei soldati sovietici (quindi anche ucraini) caduti combattendo il nazismo, riesumare i corpi e trasferirli in altri luoghi. Cancellazione della toponomastica, rimozione dei monumenti, divieti linguistici nei luoghi pubblici, distruzione dei libri e della memoria storica. Emerge chiaramente ciò che è davvero l’Ucraina: come il Cile post golpe fu il laboratorio del neoliberismo, l’Ucraina post maidan è un laboratorio di cancel culture. Il punto è: mentre si epura ogni elemento russo dalla cultura ucraina, qual è l’identità nazionale che questo processo contribuisce a costruire? Bakunin antisemita? L’anarchico Bakunin è stato inserito nella black list dell’UINP per antisemitismo. Nel corso della sua vita, Bakunin espresse idee che contengono dei pregiudizi antiebraici, ad esempio durante la querrelle con Marx. Nell’ottocento, purtroppo, l’antisemitismo era un sentimento comune e molto radicato, soprattutto in Russia. Non saprei se Bakunin si possa definire un antisemita, ma so chi lo fu con ogni certezza: Stepan Bandera, l’eroe nazionale ucraino, soprannominato Batko (padre), padre della Nazione. Bandera non fu un semplice antisemita, ma fu un leader politico di idee fasciste che si pose al servizio della Germania nazista. I suoi uomini furono responsabili dei sanguinosi pogrom antiebraici e antipolacchi di Leopoli, il suo esercito insurrezionalista condusse efferati massacri contro decine di migliaia di ebrei, come quello di Babyn Yar. L’antisemita però è Bakunin, secondo l’UINP, mentre in Ucraina Bandera e l’UPA si celebrano come liberatori. Nelle città ucraine, i nomi dei collaborazionisti sostituiscono quelli degli eroi sovietici, i loro volti quelli di Puskin e altri poeti. A questo punto è chiaro quale sia l’identità che il processo di “decolonializzazione” sta costruendo: la derussificazione dell’Ucraina è la sua nazificazione. Clara Statello
Stretta di Praga sull’opposizione: votata la messa al bando dei comunisti
Fino a 10 anni di carcere per i comunisti in Repubblica Ceca. In vista delle elezioni politiche di ottobre, il parlamento si prepara a mettere fuori legge le attività del Partito Comunista di Boemia e Moravia, un partito in crescita e che è diventato il motore dell’opposizione “antisistema”. Offensiva antidemocratica in Europa. Proprio come l’Ucraina, anche la Repubblica Ceca prova a mettere fuori legge il Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSM) con l’approvazione, il 30 maggio, di un emendamento che vieta ogni forma di sostegno e promozione del movimento comunista, nell’ambito della modifica del codice penale che prevede, tra le altre cose, la legalizzazione della cannabis. Il divieto trova la sua forza nella risoluzione europea del 2019 sull’equiparazione tra comunismo e nazismo. Fondato nel 1990, il KSM conta circa 18.000 iscritti, è rappresentato a Bruxelles da un europarlamentare e centinaia di rappresentanti nelle istituzioni locali e regionali. Il partito non è nuovo a misure repressive, nel 2006 la sua giovanile, il KSM, era stata messa fuori legge. Questa volta, però, il provvedimento arriva in una fase storica caratterizzata da autoritarismo e crescente repressione, come conseguenza delle politiche guerrafondaie e di riarmo dell’UE. Abbiamo intervistato Milan Kraja, vicepresidente del KSM nonché del Consiglio Mondiale per la Pace. 1) Nell’ambito di una legge che punisce i crimini di odio, la Camera ha approvato un emendamento che vieta ogni forma di sostegno e promozione al movimento comunista. Se avrà l’approvazione definitiva, quali saranno le conseguenze per il vostro partito? Qualche giorno fa, la Camera dei Deputati ha approvato una modifica assolutamente scandalosa del Codice Penale. È stato introdotto il reato di sostegno e propaganda del movimento comunista, per il quale una persona può essere condannata fino a 10 anni di carcere. Se il Senato non la respingerà e il presidente la firmerà, questa legge entrerà in vigore. La legge è scritta in modo molto vago e nemmeno coloro che l’hanno proposta e approvata sono stati in grado di spiegare chiaramente cosa essa vieterà nello specifico. È comunque evidente che sarà utilizzata contro gli oppositori più combattivi dell’attuale potere governativo – i comunisti – nel tentativo di metterli a tacere. Si tratta di un attacco straordinario agli ultimi diritti e libertà politiche che ancora esistono nel nostro Paese. 2) Il divieto è ufficialmente motivato dalla legge contro l’odio e fondato sulla risoluzione UE del settembre 2019 che equiparava il comunismo al nazismo. Quali sono però le vere ragioni di questo provvedimento? Oggi assistiamo a una nuova ondata di campagna anticomunista in diversi Paesi d’Europa. È del tutto evidente che questa campagna è promossa, sostenuta e accelerata dalle strutture dell’Unione Europea, come dimostrano anche le menzionate risoluzioni anticomuniste menzognere del Parlamento europeo. Nel contesto ceco, questo nuovo attacco anticomunista è chiaramente collegato al modo in cui i comunisti si confrontano con l’attuale governo anti-popolare, antisociale e guerrafondaio. Inoltre, dopo la sconfitta alle ultime elezioni parlamentari, i comunisti sono riusciti lo scorso anno a ottenere successi ripetuti con la formazione antigovernativa da loro promossa, “STA?ILO!” (Basta!), alle elezioni per il Parlamento europeo e per i parlamenti regionali, triplicando il numero dei propri rappresentanti. Ora ci prepariamo a replicare questi successi anche alle elezioni parlamentari che si terranno all’inizio di ottobre. Riteniamo che questa sia una delle ragioni per cui il potere attuale ha deciso di attaccarci in modo così sfacciato. 3) Cosa accadrà se il divieto riceverà l’approvazione definitiva? Come già detto, vi è incertezza e dibattito sugli effetti concreti dell’emendamento al Codice Penale, anche tra i suoi promotori. Secondo diversi esperti, non è chiaro cosa esattamente sarà criminalizzato dalla nuova legge. Secondo varie interpretazioni, potrebbe trattarsi ad esempio del divieto di simboli comunisti come falce e martello, della criminalizzazione di eventi pubblici del movimento comunista, o addirittura della messa in discussione della legalità del Partito Comunista di Boemia e Moravia. Nonostante la pressione politica continua, questo partito è ancora uno dei più grandi nel nostro Paese, con rappresentanza nelle assemblee locali, nei parlamenti regionali e nel Parlamento europeo, e oggi costituisce una delle forze principali dell’opposizione antigovernativa. 4) Qual è la posizione in politica interna ed estera del vostro partito? Il Partito Comunista di Boemia e Moravia si oppone al governo anti-popolare di Petr Fiala e alla sua politica antisociale e guerrafondaia. Siamo contrari ai tagli sociali, alle modifiche al codice del lavoro che distruggono i diritti dei lavoratori, e all’aumento dell’età pensionabile. Lottiamo per un’istruzione e una sanità pubblica gratuite, nonché per un vasto programma di edilizia abitativa pubblica che risolva la crisi abitativa del nostro Paese. In politica estera, chiediamo il ritiro della Repubblica Ceca dalla NATO, un’alleanza militare aggressiva, e vogliamo che i cittadini possano decidere tramite referendum se restare o uscire dall’Unione Europea. Riguardo al conflitto in Ucraina, ci opponiamo fermamente alla politica guerrafondaia del governo ceco, che con il suo sostegno militare, politico e finanziario al regime di Kiev fa di tutto per prolungare la guerra. I comunisti, al contrario, da tempo si battono per una soluzione pacifica del conflitto attraverso negoziati diplomatici basati sul diritto internazionale e sulla Carta delle Nazioni Unite. 5) Nella vostra dichiarazione accusate il governo di censura, cyberbullismo, criminalizzazione dell’opposizione, persecuzione dei dissidenti e perfino licenziamenti per motivi politici. Cosa sta succedendo in Repubblica Ceca? Potete fornirci alcuni esempi? Ultimamente siamo testimoni di un aumento della repressione e della persecuzione politica nel nostro Paese. Un esempio è la recente condanna dell’insegnante di scuola elementare Martina Bedná?ová, che è stata licenziata per le sue opinioni sul conflitto ucraino – opinioni in contrasto con la linea del governo – e condannata con pena sospesa a sette mesi di carcere e a un divieto pluriennale di esercitare la professione docente. Solo pochi giorni fa, un dirigente del partito comunista, Zden?k Milata, è stato condannato con pena sospesa a sei mesi di carcere per aver indossato, durante una manifestazione contro una provocazione neonazista del battaglione ucraino Azov a Praga, una maglietta con simboli antifascisti, come la “Babushka Anna”. 6) Come dovrebbe essere interpretato il divieto di un partito d’opposizione in un contesto di crescente escalation con la Russia? Non mi sembra un buon segnale… In Repubblica Ceca, l’anticomunismo domina da oltre 35 anni. Anche in passato ci sono stati seri tentativi di vietare il partito comunista. Il governo è persino riuscito a ottenere la messa al bando dell’Unione della Gioventù Comunista, revocata solo dopo una lunga e difficile battaglia. Anche in relazione agli sviluppi internazionali drammatici, stiamo assistendo a una nuova intensificazione della pressione anticomunista. Ma questa pressione non riguarda solo i comunisti: ha chiaramente un impatto su molti altri. È per questo che è importante creare il fronte più ampio possibile tra coloro che si oppongono a un attacco così scandaloso ai residui diritti e libertà democratiche nel nostro Paese. 7) “Ucrainizzazione” dell’Europa: prima l’Ucraina, ora la Repubblica Ceca limita le libertà politiche e di espressione, criminalizza e perseguita l’opposizione. È questo il nuovo modello di “post-democrazia” che sarà esportato nel resto dei Paesi UE? Il processo che sta avvenendo ora in Repubblica Ceca non è affatto isolato e troviamo facilmente parallelismi in altri Paesi europei. L’attuale Ucraina ne è un esempio lampante. Gli attacchi aperti ai diritti democratici, il divieto dei partiti di opposizione, la criminalizzazione degli avversari politici, il ridimensionamento dei diritti dei lavoratori e dei sindacati, e la rimozione di monumenti, statue e altri simboli comunisti o antifascisti nel contesto della cosiddetta “decomunizzazione” sono cose che conosciamo bene proprio dall’Ucraina – e che stanno diventando realtà in Repubblica Ceca e in altri Paesi del nostro continente. 8) Cosa farà il partito comunista se la legge verrà approvata? Come Partito Comunista, prendiamo molto sul serio questo ultimo attacco da parte del potere governativo. Per questo ci stiamo preparando a un difficile confronto legale. Allo stesso tempo, stiamo cercando di mobilitare l’opinione pubblica contro questa offensiva antidemocratica, spiegando perché è importante difendere insieme ai comunisti i residui diritti e libertà democratiche. Come già detto, la questione ha una forte dimensione internazionale. Per questo stiamo cercando di sensibilizzare anche l’estero riguardo agli sviluppi attuali nel nostro Paese. Apprezziamo molto la solidarietà che abbiamo già ricevuto non solo dai partiti comunisti e operai di tutto il mondo, ma anche da numerose altre organizzazioni, movimenti e individui che non sono indifferenti a questa situazione. Il futuro non deve appartenere alle forze oscure che si aggrappano disperatamente al potere, ma a coloro che rappresentano una chiara alternativa socialista al sistema attuale basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sull’oppressione e sulle guerre. Per questo siamo convinti che nessuna repressione o persecuzione potrà mai mettere a tacere noi comunisti. Clara Statello