La mostra “Testament” a Mitrovica e la condizione dei Rom in Kosovo
Il Museo Civico di Mitrovica (Museum of Mitrovica, MoM), in Kosovo, conferma la
sua vocazione di “museo di partecipazione”, attento alla fruizione del
patrimonio e alla promozione dei diritti, con l’inaugurazione di una mostra di
grande impatto civico e sociale, la mostra “Testament”, realizzata in
collaborazione con la ONG Voice of Roma, Ashkali and Egyptians. La mostra ha un
tema conduttore chiaro sin nel titolo: rappresentare e mettere in luce le
storie, la memoria e la dignità delle comunità Rom, Ashkali ed Egyptians (Egizi)
del Kosovo, manifestando e illustrando, indirettamente, la pluralità e la
ricchezza straordinarie del tessuto etnico e sociale della regione. Il Kosovo è
infatti una delle regioni a maggiore intensità interetnica dell’intero spazio
post-jugoslavo: non solo Albanesi (oltre il 90%) e Serbi (circa il 5%) del
Kosovo, con le loro caratteristiche e le loro specificità, ma anche Bosgnacchi
(slavi musulmani), Turchi, presenti soprattutto nell’area di Prizren, a Sud,
Gorani, la cui regione di principale insediamento è l’area di Gora, a cavallo
tra Kosovo, Albania e Macedonia del Nord, e appunto le comunità definite
nell’insieme R.A.E., vale a dire i Rom, gli Ashkali e gli Egyptians.
Come indica la presentazione della mostra, Testament è un invito alla
riflessione, alla consapevolezza e all’ispirazione per le generazioni future,
compiuto attraverso l’arte: non solo un’espressione essenziale dell’ingegno,
della fantasia e della creatività umana, ma anche un ponte tra passato e
presente, capace di connettere con il passato, fare riflettere sulle condizioni
del presente, ispirare e, quando grande arte, orientare verso l’avvenire.
Testament, in particolare, usa il linguaggio della fotografia e riflette sui Rom
e la loro condizione, nello specifico della realtà kosovara. Qui, Rom, Ashkali e
Egyptians non costituiscono un’unica comunità. Ad esempio, i Rom del Kosovo
parlano il serbo o il romanì come prima lingua; la maggior parte è di religione
cristiana ortodossa, tuttavia alcuni sono musulmani. Sono un gruppo disperso,
con un numero significativo di sfollati dopo le violenze legate alla guerra e
all’aggressione della Nato contro la Jugoslavia del 1999 e poi ai pogrom del
2004, dispersi principalmente in campi in Kosovo e Serbia. L’European Roma
Rights Centre ha stimato la popolazione Rom prima del 1999 a circa 120 mila
unità. Nel censimento del 2011, che tuttavia non comprende il Kosovo del Nord,
si stimava un totale di 8.824 Rom, sebbene le stime Osce del 2010 indicassero 34
mila Rom ancora residenti in Kosovo. Ashkali ed Egyptians parlano invece
prevalentemente albanese come prima lingua e vivono comunemente con gli Albanesi
nelle aree urbane e nei villaggi. Gli Egyptians, infine, differiscono dai primi
per la loro asserita discendenza egiziana. Come detto, i Rom parlano il romanì o
il serbo e tendono a vivere in villaggi o enclavi miste Serbi/Rom o talvolta
monoetnici.
La mostra offre uno spaccato visuale di questa realtà così complessa: presenta
venti ritratti di venti rappresentanti di queste comunità, fotografati da Arben
Llapashtica, con la curatela di Eliza Hoxha. Per tornare alle cifre, secondo il
Rapporto Osce sulla “Panoramica delle comunità Rom, Ashkali ed Egyptians in
Kosovo” (2020), gli ultimi dati ufficiali sulla rappresentanza di tali comunità
in Kosovo risalgono al censimento del 2011, e le cifre esatte indicano che in
Kosovo vivono 8.824 Rom, 15.436 Ashkali e 11.524 Egyptians. I Rom sono quindi lo
0,51% della popolazione del Kosovo, gli Ashkali lo 0,89% e gli Egiziani lo
0,66%. Questi dati, tuttavia, non forniscono un quadro demografico accurato, per
diversi motivi, poiché non tutti i membri delle rispettive comunità hanno
partecipato al censimento e poiché il censimento stesso non è stato condotto nel
Kosovo del Nord, dove la presenza Rom pure è significativa. Inoltre, sono spesso
disponibili stime informali del numero di abitanti di ciascuna comunità e le
discrepanze numeriche, a loro volta, possono fare riferimento, ad esempio, ai
movimenti delle persone legati alla migrazione verso l’Europa occidentale o
anche alle conseguenze dei rimpatri nella regione dall’Europa occidentale,
specie negli anni tra il 2014 e il 2016.
La maggior parte dei membri delle tre comunità vive spesso ai margini della
società, alle prese con alti tassi di disoccupazione e bassi livelli di
istruzione. Vivono spesso in insediamenti, in alcuni casi informali, con
infrastrutture carenti, e le abitazioni versano spesso in condizioni gravi.
Inoltre, i membri delle comunità Rom, Ashkali ed Egyptians del Kosovo, in
particolare le donne, si trovano ad affrontare ostacoli che li escludono da una
piena ed effettiva partecipazione. Molti membri delle comunità ricevono
assistenza sociale da Pristina o Belgrado. Per di più, quando i membri delle tre
comunità trovano lavoro, si tratta spesso di lavori poveri o stagionali, sebbene
alcuni lavorino nel settore pubblico, principalmente come insegnanti o
impiegati, una composizione sociale erede del passato jugoslavo, quando le
condizioni sociali e lavorative delle comunità Rom erano decisamente
incomparabili con la drammaticità della situazione attuale.
Si capisce dunque l’importanza di questa mostra: conferma la vocazione del Museo
civico di Mitrovica come spazio in cui l’arte si fa uno strumento di dialogo e
rispetto reciproco e getta una luce su una delle realtà più complesse e
problematiche, ma anche più marginali e sconosciute, del Kosovo, alimentando
un’ispirazione positiva che va nel senso della pace positiva, dell’inclusione,
di «tutti i diritti umani per tutti e per tutte».
Riferimenti:
Minority Rights Group, “Roma, Ashkali and Egyptians in Kosovo”, 2018:
https://minorityrights.org/communities/roma-ashkali-and-egyptians
Organization for Security and Co-operation in Europe, “Overview of Roma, Ashkali
and Egyptian communities in Kosovo”, 2020:
https://www.osce.org/mission-in-kosovo/443587
Minority Rights Group, “The Roma – Kosovo’s forgotten victims”, 2004:
https://minorityrights.org/the-roma-kosovos-forgotten-victims
Gianmarco Pisa