Bloccare i trasferimenti di armi a Israele
Gianni Alioti è uno dei maggiori esperti italiani della produzione di armi.
In passato è stato responsabile dei metalmeccanici Cisl della Liguria, nella cui
regione sono concentrate molte aziende del settore bellico. Ora è ricercatore di
The Weapon Watch.
Su Settimana News (rivista pubblicata dai Padri Dehoniani) nei giorni scorsi ha
pubblicato un interessante articolo con notizie inedite, ve ne segnaliamo alcuni
brani, essendo un testo lungo, lo pubblicheremo in due puntate successive .
“Nel mese di giugno di un anno fa il Governo vallone e quello federale belga
hanno vietato alla Challenge Airlines BE di continuare il trasferimento di armi,
materiale bellico e detonatori allo Stato israeliano attraverso il suo hub di
Liegi-Bierset.
Da tempo molte organizzazioni non governative belghe si erano scagliate contro
le autorità del proprio paese affinché fosse rispettato il Trattato sul
commercio delle armi del 2013 firmato e ratificato anche dal loro paese. (…)
La maggior parte dei materiali di armamento destinati a Israele (compreso il
munizionamento e i pezzi di ricambio) provengono dagli Stati Uniti (circa due
terzi). In termini militari, quindi, il collegamento con gli Stati Uniti, per
via aerea e marittima è parte della catena logistica vitale per le azioni di
guerra dell’Israel Defense Forces.
Se si vuole, quindi, attuare un efficace embargo di armi verso Israele – per
mettere fine allo sterminio del popolo palestinese – bisogna intervenire anche
sul “transito senza trasbordo” dagli aeroporti ma, soprattutto, dai porti
europei e mediterranei. E, in assenza di scelte e di azioni coraggiose da parte
dei Governi, è essenziale l’azione diretta della società civile, specie se a
promuoverla sono i sindacati dei lavoratori. Come l’azione di boicottaggio
attuata nel porto di Tangeri Med, lo scorso mese di aprile, nei confronti della
nave Nexoe della compagnia danese Maersk.
Le proteste contro la nave danese fanno parte della campagna Mask off Maersk e
del più ampio movimento di boicottaggio contro l’invio di armamenti a Israele,
tra cui i componenti per i caccia– bombardieri F-35. Diversi rapporti provano
infatti come le forze armate israeliane abbiano usato gli F-35 per attaccare
Gaza.
L’azione nei confronti di Maersk, il secondo gruppo armatoriale al mondo, è
diventata un caso politico e mediatico quando, all’ultima assemblea generale dei
soci nel marzo 2025, i vertici aziendali hanno dovuto difendersi e far votare
contro la duplice richiesta – presentata da alcuni azionisti – di mettere al
bando il trasporto di armi in Israele e di fare chiarezza sul proprio operato in
ordine al rispetto dei diritti umani.
Sulla base del lavoro di ricerca e di monitoraggio sviluppato dall’Osservatorio
sulle armi nei porti europei e mediterranei – The Weapon Watch, con sede a
Genova, possiamo elencare gli episodi più importanti (sovente del tutto
spontanei) registrati negli ultimi 5 anni.
Il primo si verifica nel maggio 2021 nei porti di Genova, Livorno e Napoli dove
i lavoratori portuali aderenti al sindacato USB, allertati da una segnalazione
di The Weapon Watch sul trasporto di missili e di esplosivi destinati a Israele,
effettuato da una nave della compagnia SIM, si sono mobilitati dichiarando
sciopero, allo scopo di impedire le operazioni di scarico e carico.
Il secondo, nel giugno 2021, nel porto di Ravenna. I sindacati dei portuali,
organizzati nelle federazioni dei trasporti di CGIL-CISL-UIL, proclamano lo
sciopero generale per il giorno nel quale sarebbe dovuta salpare la nave Asiatic
Liberty carica di armamenti diretta dal porto romagnolo a quello di Ashdod, in
Israele
Dopo l’appello dei sindacati palestinesi del 16 ottobre 2023 e della
mobilitazione internazionale Ceasefire In Gaza Now!, che si moltiplicano nel
mondo le azioni dirette dei lavoratori per fermare le forniture militari a
Israele o, quantomeno, per intralciare la catena logistica che alimenta le
guerre e, in questo caso specifico, lo sterminio di civili palestinesi a Gaza.
Il primo sindacato a raccogliere l’appello è quello dei lavoratori portuali del
Pireo (Enedep) in Grecia, che si mobilita per l’arrivo della nave
porta-container Marla Bull, diretta al porto di Haifa. La nave, deve imbarcare
un container contenente 21 tonnellate di munizioni, proveniente dalla Macedonia
del Nord e destinato a Israele. I portuali, a cui si sono uniti anche i
lavoratori del settore navalmeccanico e gli studenti, bloccano il container e
costringono la nave a partire senza il carico di morte.
Pochi giorni dopo nel Kent in Gran Bretagna, una filiale del gruppo israeliano
Elbit System, la Instro Precision Ltd che produce sensori elettro-ottici per
droni, è bloccata per diverse ore da un gruppo di attivisti, insegnanti e
lavoratori appartenenti ai sindacati Unite, Neu, Ucu, Bma e Bfawu.
Negli USA il 3 novembre 2023 nel porto californiano di Oakland, alcune centinaia
di attivisti pro Palestina e portuali bloccano la partenza della nave Cape
Orlando per il porto di Tacoma (nella costa nord-occidentale degli USA), dove
avrebbe dovuto caricare armamenti destinati Israele, provenienti dalla grande
base militare di Lewis-McChord.
La stessa nave è bloccata nuovamente anche nel porto di Tacoma, in questo caso
dalle piroghe dei nativi del popolo Salish che abitano nella regione.
In Belgio, nello stesso mese di novembre, la confederazione sindacale cristiana
(ACV) e la sua federazione dei trasporti (ACV-Transcom), insieme alle
federazioni dei trasporti e dei tecnici e quadri (BTB e BBTK) della
confederazione sindacale socialista, decidono che i propri iscritti incroceranno
le braccia di fronte all’invio di armi e di munizioni destinate a Israele, a
partire da quelle prodotte in Germania e caricate nei porti fiamminghi.
In Spagna, una simile decisione è presa dal sindacato dei lavoratori portuali di
Barcellona.
Nel frattempo, in Australia le azioni degli attivisti e dei sindacalisti
portuali di Melbourne e Sydney iniziano a bloccare i tir e le navi della
compagnia marittima israeliana ZIM.
Azioni di solidarietà con i lavoratori palestinesi finalizzate a fermare il
trasferimento di armi a Israele arrivano, inoltre, dal sindacato francese CGT,
così come dal coordinamento dei sindacati greci PAME e dal sindacato turco dei
trasporti affiliato alla confederazione sindacale DISK.
In Italia il sindacato USB mobilita i suoi iscritti in solidarietà con il popolo
palestinese, promuovendo il 10 novembre 2023, una giornata nazionale di lotta,
alla quale aderiscono altri sindacati di base e gruppi di attivisti e di
associazioni pacifiste.
Lo stesso giorno, centinaia di sindacalisti nel Regno Unito, con lo slogan
“Lavoratori per una Palestina libera”, bloccano l’ingresso alla fabbrica BAE
Systems di Rochester, che fornisce componenti per gli F-35 .
Redazione Italia