Referendum, il commento di Tomaso Montanari
Ripubblichiamo con l’autorizzazione dell’autore il commento di Tomaso Montanari
sui referendum.
È grande l’amarezza, stasera. Ma non la sorpresa.
Ha pesato decisivamente il boicottaggio compiuto dal governo: non certo
attraverso l’astensionismo istituzionale (osceno, ma poco rilevante sul piano
dei numeri), ma attraverso il sistematico silenziamento dei referendum,
cancellati su sei reti televisive.
I grandi giornali hanno fatto il resto: i referendum sono stati una notizia per
la prima volta stasera, con la loro bocciatura.
La Cgil era sostanzialmente sola: e stendiamo un velo pietoso sui partiti
dell’opposizione, inerti, se non peggio.
Ma il punto non è questo. Il punto è un Paese devastato da quarant’anni di
progressivo smontaggio della Costituzione. La ragione per cui governano i
fascisti è la stessa per cui da anni non si raggiunge il quorum: una enorme
parte del Paese non crede più che andare a votare (referendum o politiche non
cambia nulla) serva a qualcosa. E sono anche le stesse per cui i no contro la
cittadinanza agli stranieri sono stati tragicamente alti anche a sinistra:
perché nel vuoto della politica ci si difende da chi sta sotto, non si lotta
contro chi sta in cima.
Un processo di distruzione della democrazia iniziato proprio con la distruzione
progressiva della dignità e dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Caduto il lavoro, è caduta la partecipazione: in una tragica attuazione al
contrario dell’articolo 3 della Carta.
Questi referendum hanno provato a invertire la rotta: ma non è facile, visto che
la partecipazione al voto è l’unico strumento per uscire dal circolo vizioso che
ha distrutto la partecipazione alla politica.
E tuttavia, nel vuoto pneumatico di politica, la Cgil ha fatto politica:
dobbiamo esserle profondamente grati per aver portato a votare 14 milioni di
persone, più dei 12 che hanno votato per la maggioranza che governa. Questi
referendum hanno acceso una luce, per quanto flebile e sconfitta, in un buio
calato da un pezzo. E per la prima volta da tanto tempo penso che non siamo di
fronte ad un epilogo, ma ad un inizio. Timido, pieno di limiti ed errori, ma
nella direzione giusta, finalmente.
«Ho provato. Ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio» (Samuel
Beckett)
Redazione Italia