«Sospendiamo le collaborazioni accademiche con Israele». Lettera aperta a CRUI e Ministero degli Esteri
Pubblichiamo la lettera aperta, promossa dalla Rete Ricerca e Università per la
Palestina, al Ministro degli Esteri Tajani e alla presidente della Conferenza
dei Rettori Iannantuoni che richiede la sospensione del bando del Ministero
degli Esteri che finanzia le collaborazioni fra università e enti di ricerca
italiani e israeliani, alla luce delle violazioni dei diritti umani della
popolazione palestinese riconosciuta dalle Corti Internazionali e della
complicità documentata delle istituzioni accademiche israeliane nei progetti di
colonialismo di insediamento e di apartheid.
Form per aderire.
Roma, 22 aprile 2025
Alla cortese attenzione di:
Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), On.
Antonio Tajani
Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI),
Prof.ssa Giovanna Iannantuoni
Seconda lettera aperta al MAECI e alla CRUI per la sospensione dell’Accordo di
Cooperazione
Industriale, Scientifica e Tecnologica tra Italia e Israele per rischio di
violazione del diritto
internazionale e umanitario
Ci ritroviamo per il secondo anno a rivolgerci al MAECI, e stavolta anche alla
CRUI, per chiedere che venga sospeso il bando per progetti congiunti di ricerca
sulla base dell’Accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica
tra Italia e Israele1 . Apprezziamo l’esplicita esclusione dal bando di progetti
che producono tecnologia dual use. Apprezziamo la cautela (già un obbligo,
tuttavia, secondo la legislazione vigente2 ) ma questa rimane una misura
insufficiente di fronte al crescente disastro umanitario di Gaza (in cui la
carestia e i bombardamenti sono esplicitamente rivendicati dal governo
israeliano come strumenti di pressione politica legittima), al trasferimento
forzato di civili, alle espulsioni e all’incessante opera di espansione
territoriale in Cisgiordania, che costituiscono assodati crimini di guerra e
azioni genocidarie.
Negli ultimi 19 mesi, le più importanti istituzioni internazionali hanno
rilevato un plausibile rischio di genocidio, hanno condannato le innumerevoli
violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e hanno riconosciuto
l’illegalità nella quale Israele opera nei Territori Palestinesi Occupati, siano
questi la Cisgiordania, Gerusalemme Est o Gaza3 . Sono oltre 51.000 i morti
palestinesi accertati, mentre gli studi più accreditati stimano che il numero
complessivo di decessi sia di molto superiore4 . Il blocco totale degli aiuti
umanitari, la distruzione degli impianti di desalinizzazione dell’acqua, la
partizione geografica della Striscia e l’annientamento del sistema sanitario,
educativo e infrastrutturale, scientemente operati dalle istituzioni israeliane5
hanno creato una carestia talmente grave da rendere impossibile determinare il
numero complessivo dei morti.
> Sottolineiamo con forza come ciascuno dei documenti e degli studi sopra citati
> abbia messo in luce che le azioni genocidarie dello stato israeliano a Gaza
> sono rese possibili dai trasferimenti finanziari e tecnologici e al commercio
> di armamenti degli stati stranieri verso e con Israele.
Da tempo le organizzazioni internazionali che lavorano per la difesa dei diritti
umani, insieme a esperti e accademici, sostengono che la fornitura di armi a uno
stato che agisce in violazione del diritto internazionale può configurare la
complicità in tali violazioni. Nel caso di uno stato sospettato di commettere un
genocidio, poi, la complicità è ancora più intollerabile sia eticamente, sia da
un punto di vista legale, come afferma la Convenzione per la Prevenzione e
Punizione del Crimine di Genocidio del 1948. Il parere consultivo della Corte di
Giustizia Internazionale del luglio 2024 afferma l’obbligo per gli stati di
porre fine alla complicità con l’occupazione illegale israeliana e con le gravi
violazioni dei diritti umani e di agire per garantire il rispetto del diritto
internazionale, a partire da un completo embargo militare.
> La cooperazione in ambito accademico può rendere le università complici in
> crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale. Come discusso e
> dimostrato da colleghi israeliani e palestinesi, il sistema universitario
> israeliano è parte integrante del sistema militare, di apartheid e di
> occupazione illegale dei Territori Palestinesi6 .
Per evitare ogni complicità, sono decine le università nel mondo che hanno
interrotto la cooperazione con le istituzioni accademiche israeliane7. Per il
secondo anno consecutivo vi chiediamo di fare altrettanto, partendo dalla
sospensione di questo bando.
Il rapporto di co-dipendenza esistente tra il sistema accademico e quello
militare israeliani rende la cooperazione istituzionale con le università
italiane potenzialmente illegale. Per esempio, la Elbit System e l’Israel
Aerospace Industry (IAI) non solo sviluppano le tecnologie militari e le armi
attualmente utilizzate a Gaza, ma sono nate come spin-off di istituzioni
accademiche israeliane e attualmente coinvolte in progetti di ricerca
internazionali8. Inoltre, diverse istituzioni di ricerca israeliane hanno
istituito programmi di sostegno finanziario ai soldati – per esempio,
l’“Enhanced financial package”, adottato dall’Università ebraica di Gerusalemme,
i “benefit” adottati dal
Weizmann Institute of Technology, le iniziative di beneficenza dell’Università
di Tel Aviv a favore delle truppe impiegate a Gaza e l’acquisto di
equipaggiamento da parte dell’Università di Haifa per l’esercito operante a
Gaza9.
> Le università giocano un ruolo importante nella costruzione della difesa di
> Israele nel procedimento portato dal Sudafrica alla Corte Internazionale di
> Giustizia: presso l’Institute for National Security Studies (INSS)
> dell’Università di Tel Aviv da mesi si incontrano giuristi, esperti e
> funzionari del Ministero della Difesa per formulare la linea difensiva del
> Paese10. È noto, peraltro, che questo rapporto di co-dipendenza dalle
> università israeliane è intrattenuto anche con le maggiori industrie di
> armamenti nazionali.
Non vogliamo essere complici e, inoltre, vi chiediamo: perché le risorse
pubbliche italiane destinate alla ricerca, che sono già minime, dovrebbero
servire per sviluppare conoscenza a beneficio delle università israeliane, in un
momento in cui tutte le università a Gaza sono state bombardate e distrutte,
uccidendo centinaia di colleghi e colleghe e migliaia di studenti e studentesse,
e quelle italiane sono in una condizione di cronico sottofinanziamento e
depopolamento?
Perché i fondi pubblici italiani dovrebbero finanziare la ricerca in campo
medico11 di un paese che ha sistematicamente bombardato e distrutto tutti gli
ospedali della Striscia di Gaza – l’ultimo qualche giorno fa – e ripetutamente
colpito il personale sanitario, in un momento in cui l’accesso a cure dignitose
e a diagnosi in tempi utili è quasi un miraggio per chi vive in Italia?
Perché i soldi pubblici italiani dovrebbero finanziare la ricerca in campo
ambientale12 di un paese che è responsabile di un aumento vertiginoso
dell’inquinamento globale a causa delle campagne di bombardamento incessanti su
Gaza 13, in un momento in cui il nostro paese è devastato da alluvioni e
fenomeni meteorologici distruttivi le cui conseguenze il governo non è in grado
di gestire e le cui cause si rifiuta di riconoscere?
Per queste ragioni chiediamo al MAECI di sospendere il bando e chiediamo ai
rettori e alle rettrici della CRUI che le loro università non partecipino a
questo bando, chiediamo loro di non stipulare nuovi accordi con le università
israeliane e sospendere quelli in corso. Ricordiamo che misure drastiche in
questa direzione furono prese contro la Russia all’indomani dell’invasione
dell’Ucraina: è quindi possibile farlo. Infine, come docenti e personale TA di
università e centri di ricerca in Italia, ci impegniamo a non partecipare a
collaborazioni istituzionali e progetti che includano istituzioni israeliane,
con lo scopo di mettere pressione su queste affinché rispettino il diritto
internazionale e umanitario. Ci impegniamo a collaborare con colleghi e colleghe
palestinesi, partecipando alla ricostruzione del sistema educativo di Gaza, a
Gaza, sotto la loro guida.
Immagine di copertina di DINAMOpress
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