Per essere efficace il bando “Italian Universities for Palestinian Students” deve essere modificato
Magnifiche Rettrici, Magnifici Rettori, Gentili colleghe e colleghi,
come Rete Ricerca e Università per la Palestina (RUP), piattaforma nazionale di
lavoratrici e lavoratori della ricerca e dell’università nata per esprimere
solidarietà concreta al popolo palestinese in un momento di gravissimo assedio,
crisi umanitaria e minaccia alla sua stessa esistenza, scriviamo in merito al
recente bando “Italian Universities for Palestinian Students” (IUPALS) per borse
di studio destinate a studenti e studentesse palestinesi.
Pur muovendo da una posizione critica, desideriamo preliminarmente sottolineare
che condividiamo l’ispirazione di fondo che anima questa iniziativa e riteniamo
fondamentale che l’università italiana agisca in modo coeso e responsabile a
sostegno della popolazione palestinese, duramente colpita da decenni di
occupazione coloniale israeliana e oggi vittima, sulla base del pronunciamento
della Corte internazionale di giustizia, di plausibile genocidio.
Proprio per rendere effettiva e non solo simbolica questa volontà, riteniamo
necessario segnalare importanti criticità dell’iniziativa che, se non
affrontate, ne vanificheranno l’impatto, rendendola di fatto inaccessibile alle
persone che potenzialmente ne dovrebbero beneficiare.
In primo luogo, abbiamo rilevato che, a partire dal bando quadro, che prevede un
corso di italiano in presenza a Ramallah o Betlemme (la cui iscrizione scade il
23 maggio), i singoli atenei hanno emanato bandi specifici con diversi criteri
di accesso, anche riguardo ai corsi di lingua italiana. Alcuni atenei prevedono
corsi online o da frequentare in Italia, altri impongono la frequenza
obbligatoria in presenza a Ramallah o Betlemme.
> Questo requisito rappresenta una barriera insormontabile per le studentesse e
> gli studenti di Gaza e un ostacolo significativo anche per molte studentesse e
> studenti della Cisgiordania a causa delle forti limitazioni alla mobilità
> imposte dal regime militare israeliano.
Tale obbligo, inoltre, viene richiesto prima della certezza dell’assegnazione
della borsa. Questo aggrava la difficoltà di accedere al bando per persone che
vivono sotto assedio, con connessioni internet instabili o inesistenti, senza
elettricità e in condizioni di quotidiana emergenza e minaccia alla propria
vita. La pretesa che in questo drammatico contesto si riesca a seguire corsi
preliminari online o in presenza è irrealistica e suona come un vincolo non
necessario che rischia di tradursi in una forma di esclusione mascherata da
procedura burocratica.
Un ulteriore elemento critico riguarda la documentazione da allegare alla
domanda. La richiesta di certificazioni ufficiali (come titoli di laurea o
transcript accademici) entro scadenze strettissime e in formato digitale non
tiene conto delle difficoltà materiali e logistiche che affrontano molte
potenziali candidate e candidati, in particolare a Gaza, dove le case, come le
infrastrutture universitarie, sono state completamente distrutte dall’esercito
israeliano negli ultimi 18 mesi di assedio e l’accesso ai dati è estremamente
limitato o impossibile. Vi chiediamo, dunque, perché non vengano adottate
disposizioni che prevedano l’ammissione di autocertificazioni temporanee, da
convalidare in caso di assegnazione della borsa.
> Particolarmente problematica è l’obbligatorietà del passaporto come unico
> documento di identità valido per la domanda di borsa – come nel caso del bando
> del Politecnico di Torino.
In una realtà in cui sono moltissime le persone palestinesi a cui Israele nega
un passaporto e in cui altrettante non sono in grado di rinnovarlo, si può
ricorrere all’utilizzo di carte d’identità locali o predisporre meccanismi di
verifica alternativi, come la convalida da parte del Consolato generale italiano
a Gerusalemme. L’assenza di un passaporto non è una scelta, ma una conseguenza
diretta della condizione di apartheid e assedio a cui è sottoposto il popolo
palestinese.
Più in generale, ma non meno importante, il bando, rivolto a studentesse e
studenti dei “Territori Occupati” non prevede alcuna misura concreta per
facilitare l’uscita di chi proviene da Gaza, né per garantire la sicurezza del
viaggio, né un dispositivo efficace per il rilascio dei visti o per il
ricongiungimento familiare. Nessuna garanzia diplomatica, nessun canale
prioritario per l’evacuazione, nessuna unità operativa che tenga conto della
complessità e della pericolosità del contesto.
> Non siamo davanti a una situazione di “fragilità istituzionale”, ma a una
> realtà di occupazione militare e di plausibile genocidio in corso. Ignorare
> questa condizione nel predisporre un programma di mobilità accademica equivale
> ad abdicare alla responsabilità politica e umanitaria che l’iniziativa IUPALS
> dovrebbe invece assumere.
A ciò si aggiunge la disomogeneità dei requisiti e delle tempistiche tra i 35
bandi pubblicati dai diversi atenei, in cui la scadenza del 23 maggio per
l’iscrizione ai corsi di italiano, a due settimane dalla pubblicazione del bando
– si somma alla complessità tecnica della compilazione delle domande e
all’assenza di regole uniformi. In un contesto emergenziale e di rischio per la
vita delle studentesse e degli studenti palestinesi potenzialmente beneficiari,
questo livello di frammentazione si traduce in esclusione sistemica.
Alla luce di quanto sopra, rivolgiamo un appello alla Conferenza dei rettori e
delle università italiane (CRUI) affinché intervenga con urgenza per armonizzare
e semplificare i criteri del bando IUPALS, rimuovendo vincoli burocratici e
logistici penalizzanti. In particolare, chiediamo:
• l’eliminazione dell’obbligo di corsi di italiano prima dell’assegnazione della
borsa;
• la possibilità di presentare documentazione provvisoria;
• il riconoscimento di documenti di identità alternativi al passaporto;
• l’attivazione di canali diplomatici prioritari per garantire l’effettivo
accesso al territorio italiano, incluso il rilascio dei visti e la facilitazione
dell’uscita sicura dai territori occupati, in particolare da Gaza, per le
vincitrici e i vincitori del bando;
• l’armonizzazione dei bandi dei 35 atenei e la pubblicazione di uno schema
chiaro e accessibile dei corsi di laurea che possa orientare la scelta delle
studentesse e degli studenti.
> Esprimiamo forte preoccupazione per un’iniziativa che, pur nata con intenti
> solidali rischia di trasformarsi, nei fatti, in un dispositivo escludente e
> penalizzante, alimentando il divario tra principi dichiarati e pratiche reali.
È urgente che la CRUI si metta in contatto con il Ministero dell’Università e
della ricerca affinché coordini con il ministero degli Esteri e della
cooperazione internazionale l’accesso delle studentesse e degli studenti
palestinesi ai bandi IUPALS in termini di ottenimento dei visti per l’Italia e
di passaggio sicuro delle frontiere, siano esse con l’Egitto, per le persone
provenienti da Gaza, con la Giordania, per le persone provenienti dalla
Cisgiordania, o da Israele, per le persone provenienti da Gerusalemme.
L’università italiana può e deve fare di più.
Con fiducia e determinazione, porgiamo cordiali saluti.
Rete RUP – Ricerca e Università per la Palestina
22 maggio 2025
L’immagine di copertina è di Renato Ferrantini
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