Gesù, un ponte tra cristianesimo, buddhismo, induismo e yoga
Il dialogo tra cristianesimo, buddhismo (in sanscrito Buddhadharma) e induismo
(nome dato dai colonizzatori inglesi – “hinduism”, “religione autoctona” – alla
spiritualità dell’India che in sanscrito si chiama Sanatana Dharma) è sempre
stato qualcosa di affascinante sia per i buddhisti sia per gli indù sia per i
cristiani.
Un dialogo che si perde nella notte dei tempi tra l’esotismo culturale,
l’orientalismo coloniale ma anche in una ricerca spirituale tra gli esoteristi
occidentali – della Società Teosofica prima e della Società Antroposofica poi –
che erano affascinati dalle vicinanze, per molti versi, tra queste religioni
così apparentemente diverse.
Per quanto il cristianesimo ufficiale (capeggiato ufficialmente e teologicamente
dalle gerarchie ecclesiastiche) abbia sempre preso le distanze da questo dialogo
lasciandolo solo ad alcuni “il permesso” di avvicinarsi con una certa cautela,
ed abbia sempre preteso di rivendicare l’unicità della figura di Gesù Cristo, in
realtà bisogna riconoscere che l’influenza della figura di Gesù ha toccato molte
culture anche fuori dall’Occidente cristiano.
Nikolai Notovitch alla fine del XIX secolo, in un monastero di Hemis nella zona
del Ladakh ai piedi dell’Himalaya nel Tibet, trovò dei rotoli che parlavano di
un Isa o Isha. I rotoli furono confezionati dopo il VII secolo d-C. in India e
passarono poi nel Nepal e quindi nel Tibet. Parlavano di un Isa o Isha nato in
Israele, che all’età di tredici anni con una carovana giunse a Sindh in India.
Venne ricevuto dai sacerdoti di Brahma e conobbe i Veda. Il suo messaggio di
uguaglianza e il suo monoteismo gli inimicò i sacerdoti di Brahma e dovette
fuggire verso il Nepal e il Tibet, cioè in terra buddista. Si diresse poi verso
la Persia, dalla quale venne espulso. Quindi, ritornò in Israele. Venne
crocifisso, ma venne sottratto al supplizio che non era pensato come pena di
morte, ma solo come tortura. Venne curato dai suoi e poi fuggì in Kashmir dove
si sposò ed ebbe figli. Morì in Kasmhir. La sua tomba sarebbe a Sriagar nella
capitale del Kashmir. I buddhisti considerarono Isa o Isha una reincarnazione di
Buddha, il Buddha-Isa.(1)(2)
Alcuni affermano che la narrazione su Buddha-Isa deriva dall’influsso della
presenza di comunità cristiane nestoriane in India, documentabili dal VII sec.
d.C. Già prima l’area era sotto l’interesse dei nestoriani; infatti nel 498 d.C
il patriarca nestoriano di Seleucia divenne patriarca della Persia, della Siria,
della Cina e dell’India, e perciò queste ampie regioni conobbero la presenza di
missionari nestoriani, e quindi contatti con quelle culture (3).
Ma il dato di Isha o Isa è molto antico, tanto che si è voluto parlare di una
profezia induista su Gesù Cristo. Infatti nel Pratisarga Parvana del Bhavishya
Mahapurana terzo kanda (capitolo) versi 16-33 si parla di un certo “Ishaa Putra
(“il Signore Figlio”) nato da una vergine” che si definisce “Mahiso”, ovvero
“Grande Signore” (Mah, da Maha: grande; iso, da ishvara: signore, colui che
controlla).
Esistono in testi indù le parole mahesa, masiha,
mishihu, connesse all’aramaico mesiha o all’ebraico masiah o, molto meglio,
all’arabo masih. Tali parole sono usate in alcuni testi indù successivi alla
presenza cristiana in India, ma dovettero fare ingresso nell’uso indù molto
prima con le armate di Alessandro Magno, che, conquistatrici, si spinsero fino
al fiume Indo, al quale giunsero nel 326 a.C., mettendo a contatto culture
lontane; ma non sono da escludere antichissimi influssi della lingua aramaica o
araba.
Presso gli ebrei e i cristiani tali parole hanno il significato di re consacrato
con un’unzione. Il significato invece che hanno nel mondo indù va collegato con
la radice araba “msh”, che oltre “misurare” significa “strofinare”, cioè
togliere l’impurità. Il Corano, che non pensa a Gesù come salvatore, ma solo
come profeta, usa il termine “masih” nel senso di “purificato dagli errori e
dalle debolezze umane”, proprio appoggiandosi alla radice araba “msh”.
Il “Dizionario del Corano” (ed. Mondadori, Milano, 2007), alla voce “Gesù”,
afferma:
“La parola ebraica mesiah (traslitterazione in greco messias; Gv 1,41; 4,25) è
tradotta usualmente nel Nuovo Testamento con Christos, da chrio: ungere. Il
Corano designa Gesù con il nome Isa (sura 2, 45), mentre gli arabo-cristiani lo
chiamano Yasu. Non ci sono studi su come Muhammad (570 – 632 d.C) giunse a dare
a Gesù il nome Isa (signore), ma probabilmente avvenne attraverso carovanieri
cristiani nestoriani di ritorno dall’India: il termine Isa deriva da isha, che è
una forma contratta della parola (lingua sanscrito) ishvara (controllore
supremo, signore). Anche l’Islam entrò a contatto con l’India in seguito a
conquiste territoriali che arrivarono oltre il Gange. Questo incontro di civiltà
portò a coniare, dal Kashmir al Tibet, nomi
come Yusu, Yusuf, Yuz, Issa, Issana, Yusaasaf, Yuz-Asaph, Yus Zasaf. Anche il
termine El, per designare Dio, si trova in tardi testi indù, e ciò prova ancora
il contatto con la cultura semitica. El (“essere forte”) era un nome di Dio per
gli ebrei, ma già lo era per i Cananei. Ad Ugarit si usava ‘l, in accadico ilu,
in arabo ilah. In testi indù che precedono il contatto con l’Islam si incontra
anche allah (al-ilah), che vuol dire precisamente il dio, ed era usato in Arabia
anche prima dell’avvento di Muhammad. Anche un nome arabo, “Amadh”, si incontra
nei testi indù. Tutto ciò dice di antichi contatti di civiltà.”
Come è noto, il nome “Gesù” è una italianizzazione del latino Iesus, il quale
deriva dal greco Iesous, il quale a sua volta deriva dall’aramaico Yeshua,
abbreviazione di Yehoshua, che vuol dire: “Dio salvezza”. Ye corrisponde alla
forma contratta di Yeovè. In ebraico si ha Jahvéh, che rende, con la
vocalizzazione, il tetragramma YHWH. Come si può vedere c’è una stretta
parentela tra i nomi Yeoshua, Iesous, Iesus, e Isa o Isha o Issa.
Sebbene questi siano solo delle supposizioni teoriche – nulla di certificato a
livello accademico e storico – la figura di Gesù è stata vista come un punto di
incontro tra induismo, buddhismo e cristianesimo nel XX secolo. Gesù per gli
induisti è un avatar tra i tanti avatar, ovvero una “discesa” della divinità nel
cosmo in particolari momenti di crisi spirituale dell’umanità.
Tra i maggiori esponenti del dialogo spirituale tra cristianesimo, buddhismo e
induismo troviamo sicuramente Raimon Panikkar (“Sono partito cristiano, mi sono
scoperto hindú e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere
cristiano”); Madre Teresa di Calcutta, religiosa e grande praticante di Karma
Yoga (4); Padre Anthony Elenjimittam, frate domenicano e swami che fu sostenuto
nella sua opera di dialogo interreligioso sia da Papa Giovanni XXIII sia da Papa
Giovanni Paolo I (grande conoscitore della spiritualità orientale); e
sicuramente i grandi leader del grande risveglio spirituale parallelo alla
controcultura del Sessantotto del 1900 come Paramahansa Yogananda, Swami
Kriyananda, Shri Mataji Nirmala Devi, Osho Rajneesh e Sri Satya Sai Baba che –
portando una parte della saggezza spirituale orientale in Occidente – hanno
professato la figura di Gesù come ponte tra culture, religioni e spiritualità,
rivalutandolo come grande maestro portatore di un messaggio etico universale al
pari di altri maestri.
Paramahansa Yogananda – considerato un ponte tra il Cristianesimo lo Yoga,
mostrando l’unità esoterica di tutte le religioni attraverso il cammino
spirituale – nella sua opera “Lo Yoga di Gesù”, sostiene che Gesù era uno yogi e
che i suoi insegnamenti contengono lo yoga, una “scienza spirituale per
raggiungere Dio attraverso la meditazione”. Yogananda crede che Gesù abbia reso
possibile a tutti di realizzare la propria divinità attraverso la meditazione e
la pratica dello yoga. Secondo Yogananda, Gesù non si è presentato come un
essere superiore, ma ha mostrato come tutti possano raggiungere la sua stessa
realizzazione attraverso la meditazione e l’attivazione del loro potenziale
divino.
Yogananda afferma che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli lo yoga, una pratica
che porta all’illuminazione e alla realizzazione spirituale. Yogananda
interpreta la Seconda Venuta di Cristo non come un ritorno fisico, ma come la
riscoperta della “coscienza cristica”, che è possibile attraverso la pratica
della meditazione e dello yoga.
Come prova dell’insegnamento yogico di Gesù ci sarebbero numerose raffigurazioni
e, se osserviamo l’immagine al centro, notiamo che Shiva, Buddha, San Nicola e
Gesù sembrano fare tutti gesti simili. Ad un occhio non allenato, questa
potrebbe essere solo una coincidenza, ma ad un ulteriore esame sembra che ogni
“maestro asceso” sembri usare un mudra yogico. Nella pratica dello yoga,
i mudra sono fondamentalmente di due tipi: toccare la punta di varie dita con il
pollice o premere la prima articolazione falangea con il pollice. A seconda di
quale dito viene toccato o premuto, gli effetti sul corpo variano.
San Nicola di Myra e Gesù hanno entrambi le mani posizionate nel Surya Ravi
Mudra o Prithvi Mudra. Questo particolare mudra della mano è anche conosciuto
come il “sigillo della vita” o “sigillo del sole” (interessante perché Gesù è il
“figlio di Dio”). L’anulare rappresenta la terra, l’energia, la forza e la
resistenza. Il pollice rappresenta il fuoco e la natura divina. Quando le due
dita sono posizionate insieme in Surya Ravi Mudra, simboleggiano e incoraggiano
l’energia, l’equilibrio, la salute e la vitalità.
Scrive Yogananda ne “Il Vangelo di Gesù secondo Paramhansa Yogananda”: «Gesù
Cristo venne crocifisso una volta, ma il suo insegnamento è stato e viene
crocifisso continuamente dalla gente ignorante. La comprensione e l’applicazione
di questi insegnamenti, percepiti intuitivamente, mostrerà come la Coscienza
Cristica di Gesù, liberata dalla crocifissione teologica, può essere riportata
una seconda volta nelle anime degli uomini».
Yogananda sosteneva che le interpretazioni spirituali delle parole di Gesù
nascono dall’intuizione, e ognuno potrà realizzarne la verità universale se le
mediterà con percezione intuitiva. Esse devono essere studiate coscientemente e
meditate ogni giorno da tutti i sinceri devoti di Dio.
Queste interpretazioni, ricevute e trasmesse attraverso la Coscienza Cristica,
mostrano al mondo la comune base scientifica della percezione intuitiva, dove
ritroviamo nella Bibbia cristiana, nella Bhagavad Gita e nelle sacre Scritture
di tutte le grandi religioni. Yogananda concepisce Gesù come un Buddha, un
illuminato, un’incarnazione della “coscienza critica universale” che può
manifestarsi nella coscienza di ogni vero devoto di Dio. Ogni uomo è un Cristo
potenziale – afferma Yogananda – e tutti coloro che possono rendere la loro
concentrazione abbastanza lunga e profonda possono ricevere Gesù Cristo nella
loro coscienza. I veri Cristiani sono quelli che attraverso la meditazione e
l’estasi abbracciano nella loro coscienza la Beatitudine e la Saggezza Cosmica
di Gesù Cristo.
Altro contributo sulla figura di Gesù, dal punto di vista orientale (ma forse
più controverso), lo ha dato Osho Rajneesh, mistico indiano iconoclasta ed aspro
critico delle “religioni istituzionali”. Sebbene ritenga il cristianesimo “la
peggiore manifestazione religiosa di questo mondo” che ha causato danni enormi
all’umanità, approfittando peraltro della povertà per convertire la gente –
oltre ad essere ossessionata dall’idea del peccato, della morte e della
sofferenza – Osho ha sempre visto in Gesù un esempio di maestro. Gesù – spiega
Osho – non fu mai un cristiano, infatti in (la lingua parlata da Gesù) non
esiste la parola “cristo”, né esiste in ebraico: solo diversi anni dopo la sua
morte, quando il Vangelo fu tradotto in greco, la parola “messia” venne resa con
“cristo”. Osho era affascinato dal messaggio evangelico ed esoterico di Gesù a
tal punto che ne diede molta importanza nei suoi insegnamenti. fondamentali
furono: Il seme della ribellione. Commenti ai Vangeli Apocrifi di San Tommaso (3
volumi), Tradate (Va), Oshoba, 2002; Cristianesimo e Zen, Riza, Milano, 2002; e
Il miracolo più grande. Commento ai vangeli, Milano, Mondadori, 2010.
In alcuni discorsi Osho parlò di Gesù come di un maestro illuminato – al pari di
Siddharta Gautama, Maometto, Ramakrishna, Mahavira ecc. – definendolo “un poeta
dell’Assoluto”, frainteso dai cristiani e disprezzato dagli ebrei per la sua
scelta di vivere da individuo libero, che riconosceva solo la propria autorità
avulsa da ogni tradizione.
Osho dichiarò inoltre che Gesù non morì sulla croce (aderendo alla tesi del
teologo tedesco Karl Friedrich Bahrdt) ma fu salvato dopo tre ore da Ponzio
Pilato che aveva sottoscritto un accordo segreto con i discepoli, e dopo essere
stato accudito nella falsa tomba dai soldati romani, emigrò in Kashmir dove
visse fino a 120 anni, abbandonando l’idea di essere il Messia: “si pensa che
Gesù sia venuto in Kashmir perché era una terra ebraica in India – una tribù di
ebrei viveva lì. Ci sono molte storie in Kashmir su Gesù, ma si deve andare lì
per scoprirle. La crocifissione cambiò del tutto la mente di Gesù”. La condanna
sarebbe stata una parziale messinscena per placare i capi ebrei di Gerusalemme.
La sua tomba sarebbe il santuario di Roza Bal, come affermato da Mirza Ghulam
Ahmad (5).
Un importante interpretazione della figura di Gesù, nella tradizione induista,
lo si trova nel grande insegnamento di Sua Santità Shri Mataji Nirmala Devi,
leader spirituale indiana e satguru del Sahaja Yoga, nonchè grande attivista
politica che insieme al Mahatma Gandhi si adoperò nel movimento delle donne per
la lotta nonviolenta per l’indipendenza dell’India dal colonialismo inglese. Fu
proprio Shri Mataji a parlare di Gesù come un personaggio riconosciuto
nell’induismo per il suo messaggio di compassione, amore e non-attaccamento alle
cose materiali. In particolare, la pratica del Sahaja Yoga (6) associa la vita e
il messaggio di Gesù alle qualità dell’Agnya chakra (7), quali perdono, umiltà,
compassione e resurrezione.
In alcuni contesti del Sahaja Yoga, Vishnu (il cui principio è associato al
Nabhi chakra) può essere visto come Mahavishnu nell’Agnya chakra (terzo occhio),
e la sua manifestazione terrena sarebbe Gesù Cristo. Questo implica una
connessione tra la divinità Vishnu e Gesù, con Gesù visto come una realizzazione
terrena di Mahavishnu. In sintesi, Gesù Cristo viene visto come una
manifestazione terrena di Mahavishnu, che a sua volta è associato al principio
di Vishnu presente nell’Agnya chakra quindi legato a sua volta alla dimensione
dell’intuizione. Non solo, la figura di Gesù viene vista in stretta connessione
con Ganesha, la divinità metà uomo e metà elefante figlio di Shiva e Parvati il
cui nome – composto da “gana” (tutti) e “isha” (signore) – significa “Signore di
tutti gli esseri”.
Lo stesso vale per la figura di Maria, madre di Gesù, che nei praticanti di
Sahaja Yoga, è riconosciuta come figura degna di nota in quanto reincarnazione
di Mahalakshmi (chiamata Shri Maria Mahalakshmi
https://www.youtube.com/watch?v=7xPIoI3Kjr8 ) (8)
Gesù è stato e continua ad essere una ponte tra il cristianesimo e le principali
tradizioni religiose orientali, in particolare l’induismo il quale ha la grande
capacità di rivolgersi a devoti di diverse religioni accogliendo elementi di
altre tradizioni, trasformandoli e plasmandoli alla luce della sua dottrina.
Come ha dichiarato Sri Sathya Sai Baba, controverso leader spirituale ed
educatore indiano: “Gesù era Compassione venuta in forma umana. Diffuse lo
spirito di Compassione e diede conforto agli afflitti e ai sofferenti, essa fu
il Suo messaggio. Egli provava profonda pena alla vista dei poveri. In questo
giorno Gesù viene adorato, ma i Suoi insegnamenti sono trascurati.”
Quanto è vera questa dichiarazione alla luce del dilagante attaccamento al
denaro in Occidente e della diffusione di una mentalità riduzionista,
meccanicista e materialista in tutto il mondo che ci impedisce di avere una
visione più complessa e profonda del mondo stesso?
(1) Andreas Faber – Kaiser, “Gesù visse e morì in Kashmir”, ed. De Vecchi,
Milano 1975.
(2) Aziz Kashimir, “Cristo in Kashmir”, ed. Atlantide, Roma 1996.
(3) https://www.perfettaletizia.it/archivio/infomazione/miti/sincretismi.htm
(4) “C’è un solo Dio, ed è Dio per tutti. Per questo è importante che ognuno
appaia uguale dinanzi a Lui. Ho sempre detto che dobbiamo aiutare un indù a
diventare un indù migliore, un musulmano a diventare un musulmano migliore e un
cattolico a diventare un cattolico migliore. Crediamo che il nostro lavoro debba
essere d’esempio alla gente”
(5) Credenza è diffusa anche nel movimento musulmano Ahmadiyya
(6) insieme di antiche pratiche di yoga meditativo basato sul risveglio
spontaneo della Kundalini che venne studiato e diffuso da Shri Mataji Nirmala
Devi dal 1976
(7) Agnya Chakra è il sesto chakra nella tradizione buddhista e induista,
conosciuto come “terzo occhio” ovvero chakra dell’intuizione.
https://yogafacile.it/sloka-per-agnya-e-sahasrara/
https://sahajayogamilano.it/wp-content/uploads/2023/05/6-Agnya.pdf
(8)
https://www.youtube.com/watch?v=We5DbKGlCYo
https://www.youtube.com/watch?v=M1OqJNuBQb8
https://www.youtube.com/watch?v=Bkru1YzI4fM
https://lettermagazine.it/riflessioni/gesu-le-religioni-asiatiche/#:~:text=Secondo%20la%20religione%20induista%20ci,Salvatore%20unico%2C%20assoluto%2C%20universale.
Lorenzo Poli