Obiettivi di fine legislatura: aumento spese militari e centralità della “cultura della difesa”
Una nota Ansa parla di un report di 33 pagine, documento datato 8 maggio a cura
del Ministero della Difesa, per delineare il programma e gli obiettivi da
perseguire fino al termine della legislatura.
La cultura della difesa, l’idea e la difesa della patria sono i pilastri
culturali ed ideologici del Ministro Guido Crosetto, dietro a cui si celano ben
altri, e rilevanti, interessi: il connubio tra ricerca e industria civile e
militare, la riforma delle forze armate con la istituzione di una riserva sul
modello Israeliano per coinvolgere anche chi è “privo di pregresse esperienze
militari” fino ai progetti di riconversione a fini militari di settori
industriali. Ed è innegabile l’attenzione del Governo verso le industrie
produttrici di armi divenute una sorta di vanto del Made in Italy a sostituire
la moda, l’artigianato o qualche prodotto di nicchia destinato ai mercati ricchi
del globo.
In attesa di conoscere il testo possiamo tuttavia trarre esaustive informazioni
da precedenti interviste ed esternazioni del Ministro Crosetto, da documenti e
discorsi ufficiali, da articoli sulla stampa o dagli interventi parlamentari per
capire il veloce riposizionamento dell’Italia all’indomani degli incontri tra
Meloni e Trump.
Per esigenze di sintesi e di efficacia della comunicazione ci soffermeremo solo
su alcune questioni
* Dopo mesi di interviste e di dichiarazioni in apparenza contraddittorie la
verità viene finalmente a galla, si conferma il ruolo nevralgico della NATO
(per quanto ne dicano quei settori contro la guerra che sulla NATO non
prendono mai posizione per opportunismo e comodità politica) e la necessità
che l’Italia, al suo interno, acquisti peso assumendosi l’onere di
intensificare la presenza di truppe nelle missioni all’estero, ma anche
attraverso investimenti veri e propri come il rapido raggiungimento del 2%
del PIL per spesa militare (10 miliardi) grazie anche allo “scorporo dai
vincoli di bilancio europei”. Cannoni e non burro, deroghe alle norme di
bilancio comunitarie per scorporare le spese militari, ma allo stesso tempo
occultando che queste crescenti spese saranno finanziabili solo con tagli
allo stato sociale. Citiamo a tal riguardo un documento ufficiale «La terza
condizione è che si raggiunga il traguardo del 2% in termini di Rapporto tra
le Spese della Difesa e PIL, confermato da tutti i governi, e quello attuale
non fa eccezione. L’impegno del governo segue il trend già previsto dai
precedenti. Di fronte alle difficoltà economiche generali e rispetto al
superamento di tali condizioni, un importante risultato è stato già raggiunto
ed è rappresentato dallo scorporo delle spese della Difesa dai vincoli di
bilancio dai vincoli imposti dal Patto di stabilità. Tale traguardo è il
frutto di una incalzante e instancabile azione del Vertice del Dicastero. Lo
scorporo delle spese della Difesa dai vincoli di bilancio è, di fatto,
“l’unico modo per non togliere risorse a interventi sociali”, come aveva
spiegato lo stesso Ministro in audizione alle Camere. L’impegno del 2%
assunto nel 2014 è ormai considerato dall’Alleanza Atlantica un punto di
partenza, con numerosi Paesi che già spingono per superarlo. L’Italia si è
impegnata a raggiungere tale traguardo entro la fine del 2028, pur nella
consapevolezza che il percorso sarà impegnativo». Programma di Comunicazione
MD 2025;
* In attesa della pubblicazione di queste 33 paginette cogliamo il reiterato, e
servile, impegno al raggiungimento del 2% per spese militari, se poi
volessimo conoscere nel dettaglio la cultura della difesa e la ideologia
della patria basta leggersi le “Linee programmatiche del Ministro della
Difesa” (2023) , il “Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il
triennio 2024 – 2026” o il programma di comunicazione della Difesa che poi è
la fonte ispiratrice di queste nostre considerazioni (Programma di
Comunicazione MD 2025);
* La strategia comunicativa del Ministero della difesa parte quindi da un
presupposto ben preciso: la nozione della difesa prevede ambiti in cui
muoversi assai vasti nonchè interventi complessi che vanno dalla ricerca
all’economia, dalla comunicazione spicciola a interventi a tutela della
sicurezza nazionale ed internazionale, non esiste campo in cui la cultura
della difesa non possa inserirsi, concedere patrocini, promuovere iniziative
pubbliche, costruire collaborazioni editoriali, cinematografiche, occupare
ogni spazio comunicativo e sociale è diventato dirimente a partire dalla
spasmodica attenzione riservata alle scuole di ogni ordine e grado. E le
giornate ufficiali istituite dalla Repubblica si prestano come occasioni
propizie per affermare la cultura della patria e della difesa in una azione
costante di legittimazione del militarismo e di affermazione dei suoi valori
che necessita anche di parziali riscritture della storia passata;
* Siamo lontani anni luce da un’idea della difesa ancorata ai valori e alle
pratiche di un tempo, uniti nella diversità significa legare la società
civile e la scuola alle forze armate o piegare la ricerca a fini duali che
alla fine vanno a indirizzare la ricerca stessa a finalità di guerra. Il
militare del presente e del futuro non è quello nostalgico del ventennio, del
nonnismo e delle soluzioni autoritarie, ma il militare attento alla
diversità, sensibile all’ambiente (nel potenziamento delle basi militari
troverete progetti ecologici come l’uso di pannelli solari, il riciclo delle
acque, il tema della riduzione nel consumo di suolo o del risparmio
energetico fino alla tutela della biodiversità), esperto in comunicazione,
rispettoso dei dettami costituzionali debitamente depurati da ogni forma di
pacifismo avanzato, il militare che sa andare nelle scuole interagendo con
alunni e docenti attraverso progetti civici. Ma alla fin fine il militarismo
esce sempre fuori e con esso l’idea di una società della sorveglianza nella
quale gli spazi di democrazia reale vengono compressi in nome della sicurezza
nazionale e internazionale;
* Non è facile convincere una opinione pubblica acritica e refrattaria a ogni
approfondimento e discussione che sotto i suoi occhi sta crescendo una
pratica militarista nella società assumendo sembianze, caratteristiche e
funzioni in apparenza innovative e civili. Non ci aiuta una stampa becera e
asservita ai poteri economici e finanziari dominanti, una stampa che alla
fine svolge il mero ruolo di cassa di risonanza del potere politico.
Prendiamo ad esempio il concetto della Difesa al servizio del paese. Parliamo
di: “funzioni industriali” “funzioni sanitarie”, “funzioni formative”
“funzioni giurisdizionali, “funzioni di ricerca, sviluppo e innovazione” . Se
si vuole comprendere il ruolo odierno delle Forze armate diventa
imprescindibile addentrarsi in queste articolate connotazioni che poi sono
elementi fondanti della “Cultura della Difesa”.
Emerge non solo la necessità di connettere il militare ad ogni sfera della
società e dell’economia ma traspare il fondamentale ruolo della comunicazione
istituzionale e non.
Il rapporto tra ricerca e industria civile e militare diventa sempre più
stringente, prova ne sia la presenza di Fondazioni e aziende dentro gli atenei e
le scuole con finalità molteplici, alla occorrenza anche nella veste di
finanziatori della scuola pubblica visti i crescenti disinvestimenti
Governativi. Quando si parla di autonomia scientifica e tecnologica all’interno
di un documento dedicato alla cultura della difesa è evidente che siamo andati
assai avanti nell’opera di piegare la ricerca e lo studio a fini di guerra.
Leggiamo testualmente: «Si dovrà partire dal rafforzamento delle sinergie tra il
mondo accademico, i centri di ricerca e il comparto industriale, non trascurando
le piccole e medie imprese, le Start-Up e i gruppi informali di esperti. Occorre
valorizzare al massimo le collaborazioni con il mondo accademico e quello
industriale, evitando la dispersione di energie ed incoraggiando gli sforzi
dell’industria verso la messa a punto di prodotti ad elevato potenziale di
mercato e di reale interesse per lo Stato. È necessario, inoltre, sviluppare un
piano per il supporto dell’Industria nazionale, anche attraverso l’applicazione
in ambito Difesa dei Poteri Speciali, la cosiddetta Golden Power, finalizzati
alla tutela di asset e know-how strategici nazionali che, dato il contesto
globale sempre più complesso e ibrido, sono oggi più che mai a fortissimo
rischio di ingerenza straniera. Parte di questo piano sarà anche il
rafforzamento degli accordi Gov-to-Gov, per aumentare la rilevanza del nostro
export, colmando il divario commerciale e industriale nel confronto con altri
Paesi. L’industria della Difesa dovrà diventare una leva ad alto contenuto
tecnologico che possa abilitare le Forze Armate ad operare in modo predittivo in
tutti i futuri scenari di crisi. Programma di Comunicazione MD 2025
Quando leggiamo della presenza di aziende produttrici di armi e di militari
nelle scuole non soffermiamoci alle note ufficiali, ma interroghiamo a fondo le
trasformazioni in atto, riflettiamo su quanto accade sotto i nostri occhi, sulle
finalità di questa onnipresente cultura della difesa domandandoci quali saranno
gli effetti sulla nostra società.
Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle
università