Verso il People’s Peace Summit di Gerusalemme, 8-9 maggio. Piazza bella piazza ieri sera a Tel Aviv
Una bella, robusta, coraggiosa, trasversale e quanto mai sentìta anticipazione
di come potrà essere il Peace Summit di Gerusalemme si è tenuta ieri sera a Tel
Aviv. Dove in migliaia hanno riempito piazza Habima per la più grande
manifestazione contro la guerra da quando la guerra è cominciata.
E non solo contro la guerra, perché sfidando il divieto delle autorità la
convocazione (principalmente partita dall’organizzazione arabo-israeliana
Standing Together) giocava sulla solennità del Yom Ha Shoah, che è il Giorno
della Memoria per gli israeliani. Una celebrazione che ogni anno inizia al calar
della sera con il suono di una sirena e per qualche minuto tutto il paese si
ferma: per le strade i passanti smettono di camminare, i veicoli smettono di
circolare, i negozi smettono di vendere, ogni attività si ferma e tutti si
mettono sull’attenti per segnalare l’inizio di quella pausa di raccoglimento in
ricordo dei 6 milioni di vittime dell’Olocausto, che durerà per le successive 24
ore, fino al tramonto del giorno dopo.
Quest’anno il Yom Ha Shoah si è celebrato nelle date tra il 23 e il 24 aprile. E
con la chiara (e piuttosto sovversiva) intenzione di allargare il significato
del ‘mai più’ ben oltre le vittime dell’olocausto, gli organizzatori della
manifestazione hanno scelto proprio il 24 sera per riportare in piazza il tema
dei 18.000 bambini già uccisi e chissà quanti ancora moriranno, insieme a quello
degli ostaggi che il governo israeliano sembra aver deciso di sacrificare nel
folle disegno di sterminare qualsiasi manifestazione di vita a Gaza.
Non era la prima volta che le foto dei bambini gazawi uccisi si vedevano per le
vie di Tel Aviv: una prima manifestazione di questo tipo si era verificata tra
il 17 e il 18 marzo, quando due giorni dopo i bombardamenti su Gaza che avevano
segnato la fine del cessate il fuoco come di ogni possibile accordo sugli
ostaggi con Hamas, un gruppo di donne israeliane era sceso in strada con le foto
dei bambini uccisi negli ultimi attacchi. Una manifestazione improvvisata, al
lume di candela, autoconvocata sui social, alla quale però si erano
inaspettatamente aggiunte altre donne, e tutte insieme si erano sentite
coinvolte al punto da mettere in moto un bel gruppo su whatsapp. Di
manifestazioni in manifestazione il gruppo si è allargato da 30 a 100, poi 200,
fino alle centinaia della scorsa settimana, e contemporaneamente replicandosi
anche in altre città, Haifa, Umm al-Fahm, Gerusalemme, Jaffa… e di nuovo appunto
ieri sera a Tel Aviv, dove a manifestare sono stat* in migliaia, donne e uomini
di tutte le età, moltissimi i giovani, parecchi i riservisti in dissenso e gli
obiettori di coscienza.
E tutto questo è successo nonostante il chiarissimo divieto delle autorità, come
anche noi abbiamo ripreso dal quotidiano Haaretz.
In tema con la solennità della giornata, è stata sottolineata l’inaccettabilità
di ogni vita sacrificata nel conflitto: dei 18.000 bambini morti, come degli
ostaggi che le famiglie non potranno mai più rivedere, come delle decine di
migliaia di civili, già vittime dei bombardamenti, o sicuramente destinati a
morire per fame, o per le conseguenze di una guerra che non potrà mai garantire
alcuna sicurezza, e che Netanyahu sta portando avanti solo per preservare sé
stesso.
E il successo di questo enorme sit-in si deve anche alla partecipazione di Women
Wage Peace, Zazim e moltre altre organizzazioni, che hanno aderito alla
convocazione di Standing Together in quello stesso spirito di alleanza e di
‘unione-fa-la-forza’ che (come già abbiamo raccontato) sarà la cifra del
People’s Peace Summit.
“(…) Dal 7 ottobre 2023, la vita di tutti noi è un incubo senza fine – recitava
il documento fatto circolare in precedenza. – Tutti noi, ebrei e palestinesi, in
Israele, nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, così come gli abitanti del
Libano meridionale, abbiamo vissuto violenze, perdite e orrori senza precedenti.
Piangiamo la perdita di vite umane in tutto il paese, dal terribile attacco di
Hamas del 7 ottobre e per questa orribile guerra che il governo israeliano ha
lanciato per vendetta.
(…) Ogni vita spezzata è una tragedia. Nella guerra che stiamo vivendo dal 7
ottobre, sono i civili innocenti, i bambini e persino i neonati a pagare il
prezzo più terribile. Gli abitanti di Gaza hanno subito bombardamenti e raid
aerei senza fine. In Cisgiordania, le operazioni dell’esercito e la violenza dei
coloni sono diventate sempre più frequenti e distruttive. Molti israeliani
evacuati dalle loro case nel nord e nel sud attendono ancora la possibilità di
tornare. E quanto agli ostaggi, il cui ritorno era atteso da tempo, languiscono
in prigionia a Gaza.
(…) Il nostro messaggio è semplice e chiaro: possiamo fermare l’orrore! Come
tutti ormai sappiamo benissimo, esiste un’altra via. Le operazioni militari
hanno solo aumentato la distruzione, l’oppressione e la perdita di vite umane,
senza mai garantire alcuna duratura sicurezza agli israeliani. E le guerre non
finiscono mai: la fine di una guerra è solo il preludio per la prossima, che
sarà altrettanto inutile.
(…) È possibile vivere in modo diverso! È possibile garantire uno spazio sicuro
a tutti coloro che vivono in questo Paese. L’occupazione della Cisgiordania,
l’assedio e la distruzione di Gaza devono finire, non solo perché sono brutali e
oppressivi nei confronti dei palestinesi, ma anche perché minano il bisogno di
sicurezza a lungo termine degli israeliani. L’occupazione, l’assedio e la guerra
devono essere sostituiti da una soluzione politica concordata: la pace
israelo-palestinese. Stiamo costruendo un movimento popolare di cittadini ebrei
e palestinesi in Israele che credono che un futuro comune sia possibile.
Oggi, giovedì 24 Aprile, siamo in questa piazza con una richiesta chiara: fine
della guerra, liberazione di tutti gli ostaggi attraverso un accordo e fine
delle uccisioni e della distruzione incontrollata nella Striscia di Gaza.”
Daniela Bezzi