Gli Stati Generali sulla Detenzione Amministrativa: due giornate di confronto critico a MilanoLo scorso 24 maggio presso il Centro Internazionale di Quartiere (CIQ), fulcro
interculturale della zona Corvetto nell’area sudorientale di Milano, si è svolta
la quarta edizione degli “Stati Generali sulla Detenzione Amministrativa”
promossi da ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione,
ActionAid, Altreconomia, Antigone, CILD, CLEDU, Le Carbet, Melting Pot, Naga,
Rete No Cpr, SIMM – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, Spazi
Circolari, K^B°B° Orchestra.
Decine di relatori si sono alternati nel corso di due giornate intense che hanno
riunito giudici, avvocati, attivisti, rappresentanti di organizzazioni per i
diritti umani e anche artisti, collettivamente e singolarmente impegnati/e in
azioni concrete presentate nel corso di tavole rotonde, gruppi di lavoro e di un
dibattito serrato sulle derive normative in tema di trattenimento amministrativo
delle persone migranti e sulle criticità crescenti delle politiche migratorie
europee, con un focus particolare sull’esternalizzazione della detenzione
attraverso i nuovi centri costruiti e gestiti in Albania dal governo italiano.
In un clima politico e sociale estremamente teso, segnato da decreti d’urgenza,
accordi bilaterali controversi, spostamento e rafforzamento delle frontiere
verso Paesi extra-UE, come nel caso albanese e gravi, crescenti restrizioni ai
diritti fondamentali, i lavori hanno rappresentato una preziosa occasione di
analisi e di allarme civile.
Trattenimento e stato di diritto sotto attacco
La giudice Silvia Albano, giudice del Tribunale di Roma e presidentessa di
Magistratura Democratica, ha aperto i lavori sottolineando un fenomeno
allarmante: «È lo stesso potere giudiziario a essere messo in discussione», ha
dichiarato, riferendosi alla cornice giuridica dei Centri di Permanenza per il
Rimpatrio (CPR) e alla natura, cosi come alle modalità di implementazione,
dell’accordo Italia-Albania. La giudice ha ricordato l’importanza dell’udienza
prevista a Roma il 9 giugno, incentrata sulla compatibilità dei CPR albanesi con
il diritto dell’Unione Europea.
Il cuore del problema risiede nella designazione arbitraria di Paesi terzi come
‘sicuri’, nonostante situazioni territoriali o categorie di persone che sfuggono
a tale definizione. Le prime mancate convalide da parte dei giudici italiani
hanno generato una crisi istituzionale, culminata nell’approvazione del
decreto-legge 158/2024 contenente le disposizioni urgenti in materia di
procedure per il riconoscimento della protezione internazionale e nelle
modifiche degli elenchi dei Paesi sicuri, senza trasparenza o basi verificabili
con il conseguente smantellamento progressivo del diritto di asilo.
«Assistiamo a un premierato di fatto, in cui l’esecutivo legifera in modo
continuo, spesso senza basi tecniche o giuridiche solide», è stato sottolineato
a più riprese dagli esperti che hanno aperto la sessione inaugurale.
Finzioni giuridiche e frontiere esternalizzate
Uno dei nodi più critici è la cosiddetta ‘finzione di non ingresso’, secondo la
quale persone trattenute in strutture esterne al territorio dello Stato membro
non sarebbero formalmente entrate nell’Unione Europea. Il protocollo con
l’Albania crea una “zona di frontiera esternalizzata” priva di un solido
fondamento giuridico per il trattenimento e il rimpatrio, che è stata poi
visualizzata anche geograficamente il giorno successivo nel corso della
presentazione dell’accurato progetto di mappatura “CHIUSI DENTRO. DALL’ALTO. I
campi di confinamento dei migranti nell’Europa del XXI secolo” a cura di Duccio
Facchini, direttore della rivista mensile Altreconomia.
La Corte Costituzionale albanese aveva già convalidato l’accordo il 29 gennaio
2024, affermando che non comporta cessione di sovranità. Tuttavia, i giudici
italiani continuano a sollevare dubbi sulla sua legittimità. Per esempio, un
primo provvedimento di mancata convalida ha evidenziato il fatto che, in assenza
di una previsione esplicita di trattenimento nella legge di ratifica, tale
misura non può essere considerata automatica.
La legge di conversione, approvata in Senato con voto di fiducia, ha aggravato
la situazione ampliando le ipotesi di trattenimento per i richiedenti asilo
trasferiti in Albania, con termini ristrettissimi per i ricorsi (come i 7 giorni
per il ricorso in Cassazione) e senza adeguate garanzie di assistenza giuridica
sul territorio albanese.
Nel frattempo, è notizia delle ultime ore quella della nuova posizione espressa
dalla Corte di Cassazione attraverso due ordinanze pregiudiziali con le quali si
rinvia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la decisione su altrettanti
ricorsi del Viminale contro le mancate convalide del trattenimento di migranti
da parte della Corte d’Appello di Roma, sollevando dubbi sulla compatibilità dei
trasferimenti e delle detenzioni nel CPR di Gjadër con il diritto comunitario.
Al centro delle questioni risulta in maniera particolare la possibile
incompatibilità della legge 14/2024 – che consente il trasferimento in Albania
di migranti irregolari o richiedenti asilo anche in assenza di una concreta
prospettiva di rimpatrio – rispetto alla direttiva rimpatri 2008/115/CE e alla
direttiva 2013/32/UE sulle procedure per il riconoscimento della protezione
internazionale. In attesa del riscontro ufficiale, richiesto in via d’urgenza
alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo, i giudizi restano
per il momento sospesi.
La sorveglianza digitale e diritti fondamentali
Un altro contributo rilevante nel corso della prima giornata degli Stati
Generali sulla Detenzione Amministrativa è stato quello offerto dall’avvocatessa
Martina Stefanile, che ha illustrato gli aspetti maggiormente controversi legati
all’uso coercitivo dei dispositivi digitali e di come i nuovi decreti prevedano
l’obbligo di accesso forzato ai dispositivi elettronici, anche per richiedenti
asilo non detenuti.
Secondo Stefanile, si tratta di una grave violazione del diritto alla
comunicazione e alla riservatezza della corrispondenza. La normativa vigente non
garantisce la presenza del difensore durante tali operazioni, né strumenti
efficaci di impugnazione. Inoltre, la nuova normativa europea sull’intelligenza
artificiale ovvero il Regolamento sull’Intelligenza Artificiale, o “AI Act” che
stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale approvato dal
Parlamento Europeo ed entrato in vigore lo scorso 1 agosto 2024 include le linee
guida per lo sviluppo, la commercializzazione e l’utilizzo dei sistemi di IA,
consentendo l’uso dell’intelligenza artificiale nella gestione delle frontiere,
includendo l’analisi automatica e persino emozionale dei dati estratti dai
dispositivi.
Il caso Moussa Balde, simbolo di un sistema opaco e mortale
L’avvocato Gianluca Vitale ha chiuso la prima mattinata ricordando la morte di
Moussa Balde, giovane guineano suicidatosi in stato di detenzione esattamente
quattro anni prima, il 23 maggio 2021 nella cella n. 9 del CPR di Torino. Dopo
essere stato picchiato ferocemente a Ventimiglia, Moussa Balde era stato
rinchiuso in isolamento in una delle famigerate “gabbie pollaio” del centro di
Corso Brunelleschi. La sua morte, oggi al centro di un processo presso il
Tribunale di Torino, rappresenta il simbolo di un sistema disumanizzante. «Quel
processo rischia di diventare un’occasione mancata per fare luce su un sistema
intero», ha dichiarato Vitale. Il forum di Milano si è tenuto in queste due
giornate proprio nel suo ricordo e per mantenere vivo l’impegno affinché tali
crimini non siano normalizzati come parte di un sistema strutturato di
detenzione e controllo amministrativo.
I “morti per detenzione” e negli stessi centri di detenzione si sono susseguiti
ininterrottamente dal 23 maggio 2021 a oggi, fino all’ultima vittima già legata
ai centri in Albania. Si tratta di Hamid Badoui, uomo di 42 anni originario del
Marocco, che sulla spinta della paura di tornare al centro di detenzione a
Gjäder ha deciso di porre tragicamente fine alla sua vita nell’isolamento e
nella disperazione. La tragica morte di Hamid sotto detenzione non è un caso
isolato, ma il risultato di un regime migratorio violento, che tratta le persone
come numeri da gestire, invece che vite da proteggere. Questa tragedia è il
risultato di politiche che criminalizzano il movimento. Oggi pomeriggio, 31
maggio, si terrà un presidio in memoria di Hamid fuori dal centro di detenzione
in Albania.
Il contesto neocoloniale e la società civile in Albania
Per far luce sulla situazione dei centri in Albania e sulla disinformazione che
caratterizza le relazioni ufficiali tra i due Paesi, in particolare per quanto
riguarda la retorica secondo la quale il popolo albanese dovrebbe mostrare una
presunta ‘riconoscenza’ verso il governo italiano, alimentando così una
narrativa di sudditanza funzionale a strategie neocoloniali, Nicoletta Alessio,
giornalista esperta di etnografia dei confini, ha moderato un momento di
approfondimento sulla cosiddetta “operazione Albania” condotto per conto di
“Melting Pot Europa”. Gli episodi drammatici delle relazioni italo-albanesi
degli ultimi trent’anni sono stati ripercorsi con accuratezza storica e sociale:
dall’approdo della nave Vlora sulle coste pugliesi nell’agosto del 1991, con
migliaia di persone rinchiuse nello stadio di Bari trasformato in un lager, alla
tragedia della Kateri i Radës, la fragilissima imbarcazione speronata dalla
Marina militare italiana il 28 marzo 1997 in acque internazionali durante
un’operazione di blocco decisa dal governo Prodi con quello albanese di Sali
Berisha, senza passare per il Parlamento né definire le regole d’ingaggio,
causando la morte di circa cento persone, tra cui molte donne e bambini in fuga.
Oggi, ha sottolineato Alessio, il patto Rama-Meloni si inserisce in una logica
neocoloniale, trasformando l’Albania nel “giardino sul retro” d’Italia, dove
nascondere agli occhi del pubblico la violenza dei CPR pur mantenendone il
controllo.
La rete “Melting Pot Europa”, insieme ai collettivi “Zanë Kolektiv” e “Europe
Other”, ha realizzato tra marzo e maggio 2024 un lavoro di mappatura con
attivisti, giornalisti e organizzazioni albanesi, culminato in un podcast in due
episodi sulle prime mobilitazioni contro l’accordo. Prima di quella odierna in
reazione alla morte di Hamid Badoui, già nel mese di dicembre 2024 la rete
transnazionale “Network Against Migrant Detention” ha organizzato proteste a
Tirana e davanti ai centri di Shëngjin e Gjadër come raccontato anche da Igor
Zecchini della rete “Mai più lager – NO ai CPR” e da Fioralba Duma del
collettivo “Meshde”, in collegamento da Tirana.
Le ispezioni parlamentari e l’opposizione politica
La deputata Rachele Scarpa, che ha partecipato alle missioni di monitoraggio in
Albania, è intervenuta sottolineato come l’iniziativa del governo Meloni stia
finalmente spingendo parlamentari italiani ed europei verso una maggiore
vigilanza democratica, visitando per la prima volta i centri di detenzione
esterni al territorio nazionale. «Almeno venti parlamentari» ha dichiarato
Scarpa «sono riusciti a entrare nei centri in Albania, visionando i registri
degli eventi critici. Questo primo passo di ispezione strutturata rappresenta
un’opportunità formativa e politica per capire cosa sta realmente accadendo
oltre Adriatico nel nostro nome e per mettere finalmente in discussione l’intero
impianto giuridico e logistico dell’accordo.»
A conclusione degli “Stati Generali sulla Detenzione Amministrativa”, Francesco
Ferri, che ha partecipato ai lavori in qualità di esperto di migrazione di
ActionAid e del Tavolo Asilo e Immigrazione – TAI, nonché al panel di
approfondimento sulla situazione dei centri di detenzione in Albania, ha
dichiarato che «la partecipazione ampia e costante a questa iniziativa giunta
già alla quarta edizione è il segnale di quanto il tema della detenzione
amministrativa sia percepito come urgente da molte persone. Al di là della
puntuale ricognizione sui dispositivi coercitivi, è stata un’occasione per
discutere, per riflettere sulle strategie di resistenza in questa fase politica
così complessa in Italia e nel resto del continente, a partire proprio
dall’Albania.»
Gli “Stati Generali sulla Detenzione Amministrativa” si sono rivelati ancora una
volta uno spazio insostituibile di denuncia, approfondimento giuridico e
mobilitazione politica. In un’epoca in cui la gestione dei flussi migratori è
sempre più delegata alla repressione e all’esternalizzazione, il forum milanese
ha lanciato un messaggio chiaro: non si può evocare un’Europa dei diritti mentre
si costruiscono nuovi luoghi d’eccezione fuori dal campo visivo della
protezione, del monitoraggio civico e dell’asilo.
Anna Lodeserto