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Formalizzato il gemellaggio tra Riace e Gaza
Riportiamo dalla pagina Facebook di Mimmo Lucano il suo intervento e i commenti di Pino Carella e Luigi De Magistris sull’emozionante cerimonia svoltasi ieri, 5 agosto, per siglare il gemellaggio tra Riace e Gaza. Mimmo Lucano, sindaco di Riace Le ragioni, umane e politiche, che mi hanno spinto a formalizzare il legame della comunità riacese con Gaza, non si limitano alle circostanze del momento attuale, alla sola necessità di esprimere con ogni mezzo, morale e materiale, sostegno e solidarietà al popolo di Palestina, stretto nella morsa dei due imperialismi congiunti di Stati Uniti e Israele. Il 5 agosto, a quasi due anni dall’inizio di quello che vigliaccamente si continua a chiamare conflitto israelo-palestinese, ma che è invero il proseguimento tragico di decenni di oppressione, di esodi forzati, di negazione sistematica dell’identità di un intero popolo, istituiamo un atto che non è e non vuole essere solo simbolico. Con il gemellaggio tra Riace e Gaza, intendo far risuonare ovunque il senso autentico della mia intenzione politica, cioè generare processi di liberazione, di riscatto e autodeterminazione, e riabilitare la giustizia, perché non sia ridotta e isterilita in ordinamenti e norme, ma strumento per una libertà riconquistata e riconosciuta. Riace, che ha avuto il coraggio d’incarnare l’utopia dell’uguaglianza, si dichiara testimone del massacro delle decine di migliaia di vittime palestinesi, prende parte al loro dolore, accoglie la sfida di restare umani, usando le parole, che facciamo nostre, di Vittorio Arrigoni. Nel 2010 fummo l’unico Comune ad accogliere l’appello della Farnesina ad ospitare i profughi palestinesi rimasti senza protezione dopo la caduta del regime di Saddam Hussein in Iraq.  Li accogliemmo con un applauso. Con noi c’era, quasi per una coincidenza, il regista tedesco Wim Wenders, che anche in quell’occasione usò, come sua consuetudine, la cinepresa come mezzo di espressione artistica, capace di cambiare la prospettiva sul mondo. Quel mondo spaccato nel mezzo di Berlino, da un Occidente che oggi guarda a Israele con complicità, che tenta in ogni modo di mistificare lo sterminio, qui ha dovuto arretrare. Qui vogliamo scrivere un’altra storia, come già è successo. Dall’arrivo dei nostri compagni curdi, questo luogo rimosso del meridione d’Italia, inghiottito da politiche discriminatorie, umiliato dallo strapotere mafioso, costretto ad accettare un destino di oblio, ha trovato accanto ai perseguitati della Terra il suo legame profondo, il filo rosso che ci ricongiunge nella lotta. Ieri sera, nell’ambito di un evento organizzato da riacesi, in collaborazione con l’antropologo calabrese Vito Teti, abbiamo ricordato il documentario “In Calabria” di Vittorio De Seta. Voglio concludere il mio intervento citando le sue parole, lucide e poetiche, a proposito dell’anima calabrese: “L’anima calabrese ha un’impronta orientale. Qui, cinque secoli fa, quando il loro Paese fu invaso dai Turchi, arrivarono anche gli Albanesi. Per quanto abbiano sempre dimostrato un forte attaccamento alle tradizioni, e abbiano mantenuto gelosamente la loro lingua, i costumi, il rito greco-ortodosso, hanno convissuto pacificamente con gli abitanti del posto.   Quando nessuno soffia sul fuoco delle differenze tra i popoli, la gente semplice è portata a vivere in pace“. Pino Carella: Gaza e Riace: un gemellaggio di cuori, mani e memoria Tra i vicoli antichi di Riace, dove il vento sa ancora raccontare storie di accoglienza e speranza, un abbraccio ha attraversato il Mediterraneo. È l’abbraccio tra un borgo che ha fatto dell’umanità una bandiera e una terra martoriata, Gaza, che continua a gridare al mondo la sua sete di pace e dignità. È qui, nel cuore della Calabria, che è stato siglato un patto che va oltre i confini della geografia: un gemellaggio dell’anima tra Riace e Gaza. Un legame scolpito nella pietra viva della solidarietà, e dipinto nel colore acceso di un murales che racconta una stretta di mano forte, intensa, eterna. A rappresentare Gaza, Lana Alhaddad, giovane donna che porta nel corpo e nello sguardo le ferite della sua terra. Una sopravvissuta, sì, ma anche un simbolo di resistenza, una voce limpida che parla per chi non può più parlare. Lana ha firmato quel patto al posto del sindaco di Gaza, presente solo con la voce in un collegamento video, perché a Gaza anche un semplice viaggio è un sogno infranto. Accanto a lei, il Sindaco di Riace, Mimmo Lucano, con la sua visione limpida, continua a difendere un’idea semplice e rivoluzionaria: che l’umanità viene prima dei confini, prima delle leggi fredde, prima del silenzio complice. Il murales che oggi colora il borgo è più di un’opera: è memoria e futuro intrecciati, è la narrazione visiva di due mondi lontani che si scoprono fratelli nel dolore e nella speranza. Le mani di Gaza e Riace si stringono sopra macerie, sopra onde di esilio, sopra lacrime che non chiedono vendetta, ma ascolto. Gaza, con le sue case distrutte e i suoi bambini dagli occhi profondi, ha trovato in Riace una finestra aperta, un luogo dove la tragedia non viene consumata nel silenzio, ma accolta e trasformata in gesto, in parola, in arte. Questo gemellaggio è un atto d’amore coraggioso, un richiamo al mondo distratto, un segnale che da un piccolo borgo può ancora nascere una luce. Perché dove c’è chi tende la mano, anche la sofferenza più grande trova riparo. E allora, che il nome di Lana diventi eco. Che la sua storia diventi canto. Che la sua firma resti incisa nel tempo come promessa: mai più soli, mai più dimenticati. Gaza e Riace, unite nel dolore, nella dignità, nella speranza. Luigi De Magistris Ieri sera ho assistito presso il consiglio comunale del Comune di Riace all’approvazione del gemellaggio Gaza-Riace. Potente e bellissima iniziativa voluta dal mio amico Mimmo Lucano, sindaco di Riace. Commovente, poi, il collegamento video con il sindaco di Gaza. L’umanità può ancora salvare il mondo. Viva la resistenza palestinese fino alla vittoria. Palestina libera, stop genocidio       Redazione Italia
Gemellaggio tra Riace e Gaza: un patto di solidarietà e memoria
Martedì 5 agosto alle ore 19, a Riace si terrà una cerimonia dal profondo valore simbolico e umano: la firma del gemellaggio tra il Comune di Riace e la città di Gaza. A sottoscrivere il patto sarà il sindaco di Riace. Per Gaza, impossibilitata a partecipare ufficialmente a causa della situazione umanitaria e politica drammatica in corso, firmerà una cittadina palestinese la cui storia incarna il dolore, la resistenza e il coraggio del popolo palestinese. Questa donna ha perso tutta la sua famiglia durante una delle più violente aggressioni israeliane su Gaza. Il figlio maggiore è stato ucciso insieme ad altri familiari, il marito è rimasto gravemente ferito. Quel giorno, mentre la morte devastava la sua casa, lei dava alla luce una bambina: la figlia è nata nello stesso momento in cui il fratello veniva ucciso. Oggi è in Italia per curare proprio quella bambina, sopravvissuta come lei al massacro. La sua presenza a Riace, luogo simbolo di accoglienza e resistenza civile, è un atto che va oltre la rappresentanza formale: è un gesto potente di memoria e dignità, una testimonianza vivente della brutalità della guerra e della forza inarrestabile della vita. Il gemellaggio tra Riace e Gaza nasce come un legame tra comunità che condividono, seppur in forme diverse, la fatica e la bellezza di restare umani. È un grido che attraversa i confini e le macerie, un messaggio di pace che si oppone al silenzio e all’indifferenza. Con questa firma, Riace rinnova il suo impegno: essere terra di solidarietà attiva, di fraternità concreta, di speranza possibile. Fonte: https://www.facebook.com/domenico.lucano.1   Redazione Italia
Il Tribunale di Locri dichiara Mimmo Lucano decaduto dalla carica di sindaco. Annunciato ricorso
In base alla legge Severino, il Tribunale di Locri ha dichiarato oggi Mimmo Lucano decaduto dalla carica di sindaco, accogliendo il ricorso presentato dalla Prefettura di Reggio Calabria che faceva riferimento alla condanna a 18 mesi di reclusione per falso, con pena sospesa e si opponeva alla delibera del Consiglio Comunale di Riace. In aprile infatti questo si era espresso contro la decadenza del sindaco, sostenendo che il reato di falso per cui Mimmo Lucano era stato condannato non faceva parte di quelli commessi “con abuso di potere o in violazione dei doveri” contemplati dalla legge Severino. Nella sua pagina Facebook Mimmo Lucano ha reagito prontamente a questa ennesima ingiustizia: “Ormai sono abituato all’idea che certe battaglie non si finiscono mai di combattere, perché se ti ostini a portare avanti un progetto politico di uguaglianza, libertà, dignità e riscatto degli ultimi, non puoi aspettarti che i Poteri che impongono lo status quo te lo lascino realizzare. Il Tribunale di Locri ha ritenuto che la condanna per un falso in una determina comunale, che non ha provocato nessun danno di nessun tipo, che non è stato perpetrato con abuso di potere, per il quale i giudici avevano escluso l’applicazione della pene accessorie (anche perché fatto in buona fede) sia sufficiente a causare la decadenza dalla mia carica da sindaco. Il mio unico reato è stato quello di proporre un modello umano di accoglienza e crescita sociale, politica, economica e morale, che ribalta completamente la narrazione xenofoba lanciata dalle destre per gonfiare paure e consensi elettorali. La resistenza continua: io non mi fermerò. Con i miei legali farò ricorso contro questa ingiusta sentenza, e resterò sindaco fino alla decisione della Corte di Cassazione, che sono certo legittimerà pienamente gli effetti della volontà popolare. Hasta la Victoria siempre.”   Redazione Italia
Processi e processi
Esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Luca Casarini per l’accanimento persecutorio contro di lui e la nostra stima profonda per il suo operato in mare. Ricordiamo che giovedì 5 giugno alle 18 sarà a Palermo ad Una Marina di Libri, ai Cantieri Culturali alla Zisa, per intervenire alla presentazione del volume di Giovanna Fiume “Mediterraneo corsaro. Storie di schiavi, pirati e rinnegati in età moderna” Dopo 5 anni dai fatti, siamo chiamati a processo. Un dibattimento pubblico al quale non vogliamo sottrarci: non invochiamo l’immunità come se fossimo ministri. L’accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver introdotto sul suolo italiano 27 persone senza documenti “, e’ una medaglia. Quelle 27 persone erano state abbandonate in mare per 38 giorni da più Stati: Malta, Italia, Danimarca, e infine, l’Unione Europea intera. Durante le udienze preliminari dalla loro voce, di quei 27 che hanno nomi e cognomi, storie, vita, abbiamo potuto sentire, anche la giudice e anche il pubblico ministero, in che condizioni erano a bordo della petroliera che li aveva soccorsi, ottemperando alla legge del mare. Una sola donna, con il marito e altri 25 uomini, uno minore. Dovevano fare i propri bisogni su un secchio, senza nemmeno un angolo di privacy. Erano relegati in una parte della prua della nave, all’aperto giorno e notte. Il Covid imponeva all’equipaggio il distanziamento, ma comunque su una petroliera non ci sono cabine passeggeri. A un certo punto sono finiti i piatti di plastica sui quali poter mangiare quel poco che veniva spartito: hanno dovuto usare dei pezzi di cartone come recipienti per il cibo. Per lavarsi stessa storia: davanti a tutti, utilizzando un barile pieno d’acqua dissalata e un mestolo. L’acqua di mare dissalata era anche quella da bere: si chiama tale, ma il sale ancora si sente. Ad agosto, con 40 gradi di giorno, si sente ancora di più. In mezzo al mare, di notte invece fa freddo. Dormivano buttati sul cordame, sulle cime della nave che è come dormire sui sassi. Il pavimento era tubi, acciaio, grate di ferro. Come stare su una graticola rovente con il sole, su una ghiacciaia durante il buio. La giovane donna, la chiamerò qui Miryam, ha raccontato di come le guardie del lager libico l’abbiano violentata in gruppo, davanti a suo marito e davanti a tutti gli altri prigionieri. Ha descritto, e questo la giudice e il pubblico ministero lo hanno sentito bene, di come quegli uomini strafatti di droga e viagra, facessero lo stesso con le altre, davanti ai loro figli. Il marito, lo chiamerò qui Yusuf, ha raccontato del tentativo di suicidio che tre dei sopravvissuti a bordo della petroliera, dopo un mese di abbandono, hanno tentato: si sono buttati in mare. Il pubblico ministero ha ironizzato: “si sono buttati in acqua, non era mica un suicidio”. Peccato che la paratia della Maersk sia di 15 metri. Equivale a buttarsi da un palazzo di dodici piani in mare aperto. Per 38 giorni nessuno, dico nessuno delle civili e democratiche autorità europee, ha sentito il dovere di mandare almeno un medico. Perché nessuno voleva essere costretto poi a prendersi carico di quei profughi fuggiti dalla Libia. E allora, dopo 38 giorni, ci siamo andati noi. Ci condanneranno per questo? Va bene, lo accetto. Lo rifarei mille volte. Ma loro lo sanno bene questo. E quindi non gli basta. Sanno che imputarci questo “reato” è come darci una medaglia. Nel loro mondo chi fa morire i naufraghi, chi paga per tenerli nei lager o perché siano deportati nel deserto, si può fregiare del titolo di “onorevole”. Chi protegge i criminali contro l’umanità è ministro o premier. Noi ci teniamo a non essere del loro mondo. E allora qual è lo stigma, l’accusa infamante da associare all’articolo 12, per il quale rischiamo 15 anni di galera? Il “lucro”. Come nel caso del mio amico e fratello Mimmo Lucano. Aver tratto profitto. Siamo spiati e scandagliati da anni. Sanno come viviamo, sanno quanti soldi abbiamo, meglio quanti debiti abbiamo. Sanno che non ci siamo arricchiti, sanno tutto. Si inventano la storia della Maersk che decide di farci una donazione tre mesi dopo quel settembre del 2020. Dal dossier dei servizi che è allegato agli atti con la formula della “relazione di polizia giudiziaria “, si capisce che hanno paura di una possibile, strana alleanza che potrebbe allargare il sostegno al soccorso in mare: i grandi armatori del traffico commerciale del Mediterraneo. Lo scrivono nero su bianco, sulla relazione che è agli atti: “obiettivo che gli imputati perseguono, nel tentativo di cambiare le leggi sull’immigrazione decise dagli Stati europei”. La donazione dunque, 125 mila euro, decisa dalla Maersk proprio per scelta politica dopo l’esperienza vissuta con i 27 naufraghi che nessuno voleva, diventa “il lucro”. A nulla valgono le deposizioni degli armatori, che spiegano perché hanno deciso di donare dei soldi a una ONG. Il pubblico ministero di fronte a tanta evidenza, nella requisitoria finale dichiara: “non abbiamo trovato le prove di un accordo, ma come non ipotizzarlo?”. Nessuna prova. Ma ci voleva il “lucro” per farci condannare subito, dal governo e dai suoi sostenitori, per via mediatica. E per farci stare male, come lo sono stato io, per una accusa infamante e spregevole, una menzogna lurida. Una calunnia che infanga. Chi si leggerà la mia deposizione troverà le parole che ho rivolto al pubblico ministero: “mi metta in galera per favoreggiamento, mi dia tutti gli anni che vuole, ma non usi contro di me l’infamia. Lei lo sa chi sono e come vivo. Voi mi conoscete. Sapete che non abbiamo mai fatto nulla, nessuno di noi, per trarre profitto “. Alla fine faremo, dopo 5 anni, questo processo. Lo trasformeremo in un processo all’omissione di soccorso. E nel mentre, saremo in mare con una nuova nave, grande il doppio. Oggi abbiamo anche saputo che siamo formalmente parte civile nel processo per la strage di Cutro. Più di cento morti, tanti bambini. Il rinvio a giudizio lì è stato chiesto per 4 ufficiali della Guardia di Finanza e due della Guardia Costiera. L’accusa è aver fatto morire cento persone, cento esseri umani. Ma non troverete tweet del governo su questo. Redazione Italia