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API, Mohammad Hannoun: “Rompere ogni relazione con Israele, smettere di fornire le armi per il genocidio a Gaza e impedire la deportazione dei nativi”
Milano-InfoPal, 12 giugno 2025. Di Angela Lano. Ieri è arrivata in Italia, con un volo del Governo italiano, la pediatra palestinese di Gaza, Alaa al-Najjar, a cui Israele ha ucciso 9 figli e il marito, accompagnata dall’unico sopravvissuto della famiglia, Adam, di 11 anni. Madre e figlio sono stati accolti dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, e poi portati all’ospedale Niguarda di Milano. Adam ha riportato gravi fratture multiple agli arti nel bombardamento israeliano. Ne abbiamo parlato con l’arch. Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia -API. Cosa pensa di questa iniziativa del Governo italiano? “Ringraziamo l’Italia per l’accoglienza dei feriti e dei loro familiari e per questo gesto di solidarietà verso la dott.ssa Alaa al-Najjar, a cui Israele ha sterminato la famiglia, lasciandole vivo soltanto un figlio su 10… Tuttavia, voglio evidenziare l’ipocrisia di tale azione: da una parte, l’Italia è tra i maggiori fornitori di armi del governo sionista genocida di Tel Aviv, dall’altra ne accoglie i feriti. Israele, armato, finanziato e appoggiato dall’Occidente – e il governo italiano è tra questi -, distrugge la Striscia di Gaza (c’è una pulizia etnica in corso anche in Cisgiordania e Gerusalemme) e ammazza quotidianamente donne e bambini e poi i feriti vengono ricevuti negli ospedali europei come grande gesto di ‘umanità’… Dove sta l’etica, in tutto questo? Si appoggiano i criminali e poi se ne accolgono le vittime? La cosa giusta da fare è tagliare le relazioni con Israele: politiche, diplomatiche, militari, commerciali. Bisogna interrompere ogni accordo, e in particolare la fornitura di armi, ritirare l’ambasciatore italiano e mandare via quello israeliano“. Qualcosa si sta muovendo, in Europa, contro lo stato coloniale israeliano… “Regno Unito, Australia, Canada, Nuova Zelanda e Norvegia hanno imposto sanzioni ai ministri israeliani Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich: è stato vietato loro l’ingresso in tutti quei Paesi e i loro beni sono stati congelati, a causa del loro incitamento alla violenza contro i palestinesi. L’iniziativa congiunta fa riferimento alla pulizia etnica sia nella Striscia di Gaza che in Cisgiordania. In una sezione, la dichiarazione menziona l’espansione degli insediamenti ebraici e la violenza perpetrata dai coloni israeliani come fattori che minano la sicurezza e la stabilità del territorio. In Cisgiordania, Israele ha recentemente autorizzato la più grande espansione degli insediamenti degli ultimi decenni. Dunque, speriamo che il nostro governo italiano si adegui e si schieri contro il genocidio e non si limiti ad accogliere i feriti. Come API, infatti, pur apprezzando tali gesti umanitari ne denunciamo l’ipocrisia: la famiglia della dottoressa al-Najjar è stata sterminata anche con armi italiane… Bisogna impedire che ciò accada, nelle modalità che ho sintetizzato prima: non fornire più bombe e tagliare ogni tipo di relazione con lo stato coloniale e genocidario israeliano”. Quanti feriti gazawi sono arrivati in Italia? “Sono circa 400, insieme ai loro familiari. Ci sono tre categorie di palestinesi gazawi accolti in Italia, in questo periodo di genocidio israeliano: i feriti e i loro accompagnatori; i residenti gazawi in Italia che hanno fatto richiesta di ricongiungimento con i loro familiari; e i ricongiungimenti familiari più stretti – mogli/mariti, genitori/figli, fratelli/sorelle. Noi come API siamo già in contatto con la maggior parte delle famiglie arrivate in Italia e siamo a completa disposizione dei feriti, per aiutarli in ogni modo. Ma voglio sottolineare un elemento molto importante: nessuno scappa da Gaza a causa di Hamas. Vanno via a causa dell’orrore genocida israeliano compiuto sotto gli occhi di tutto il mondo. Quando finirà questo sterminio e distruzione, i gazawi dovranno essere rimandati indietro…”. Ci sono diverse migliaia di gazawi, sfollati e feriti a seguito del genocidio, accolti in tutto il mondo: non c’è il pericolo che non possano fare ritorno ed essere parte del trasferimento forzato voluto dal progetto coloniale sionista per svuotare la Striscia di Gaza dagli autoctoni? “Esattamente. Dopo l’accoglienza e le cure mediche, e appena la situazione nella Striscia di Gaza lo permetterà, i gazawi profughi dovranno poter tornare nella loro terra, altrimenti si rischia di collaborare alla deportazione di nativi palestinesi pianificata da Israele. Questa possibilità ci spaventa molto e tutti dobbiamo esserne coscienti e impedirla”. InfoPal
API: “I centri di distribuzione degli aiuti a Gaza si trasformano in trappole di morte collettiva”
In una scena tragica che si ripete quotidianamente, i centri di distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza — gestiti spesso da società americane — si stanno trasformando in luoghi di sterminio di massa. Il cittadino, sfinito dalla fame, si reca in questi centri nella speranza di tornare dai suoi figli con un pacco alimentare o un sacco di farina, ma spesso vi trova la morte o finisce fatto a pezzi dai proiettili dell’esercito di occupazione israeliano. L’esercito israeliano continua a esercitare pratiche sadiche contro civili disarmati, nell’ambito di una politica sistematica di genocidio e fame forzata. Oggi si è consumato un nuovo massacro, che ha provocato decine di martiri e feriti, rendendo questo uno dei giorni più sanguinosi dall’inizio della guerra. Facciamo appello al mondo libero — alle sue istituzioni, organizzazioni e popoli — affinché si assuma le proprie responsabilità umanitarie e morali, e agisca immediatamente per: * Fermare l’aggressione israeliana contro la Striscia di Gaza * Garantire l’ingresso immediato degli aiuti umanitari bloccati ai cancelli del valico di Rafah * Fornire protezione ai civili e ai centri di distribuzione alimentare * Porre fine alla guerra della fame sistematica condotta contro oltre due milioni di persone Dopo venti mesi di guerra genocida ininterrotta, il silenzio internazionale è diventato complice del crimine. È giunto il momento di un’azione concreta che salvi ciò che resta delle vite innocenti. Associazione dei Palestinesi in Italia (API) Redazione Italia
API: “No al doppio standard nelle manifestazioni pro-Palestina”
L’Associazione dei Palestinesi in Italia ritiene doveroso esprimere la propria posizione in merito alla manifestazione recentemente indetta da alcune realtà politiche italiane. Pur riconoscendo l’importanza della mobilitazione pubblica a sostegno della causa palestinese, non possiamo né appoggiare né condividere l’iniziativa in questione. La nostra posizione si basa su una serie di criticità che riteniamo fondamentali e non negoziabili: 1. Condanna selettiva e continua del 7 ottobre, senza contesto né comprensione della realtà dell’occupazione israeliana e della resistenza palestinese. 2. Diffusione e riproposizione di narrazioni non verificate o smentite da più fonti indipendenti, come il presunto massacro di bambini o gli stupri attribuiti ad Hamas, che servono solo a disumanizzare il popolo palestinese e distogliere l’attenzione dal vero problema: l’occupazione, il colonialismo e il genocidio in corso. 3. Reticenza nell’utilizzo della parola “genocidio”, nonostante la realtà dei fatti e le accuse mosse da organismi internazionali indipendenti. 4. Richiesta tardiva di cessazione delle ostilità, a distanza di oltre un anno e mezzo dall’inizio dell’aggressione israeliana. 5. Ci chiediamo: cosa avverrà dopo questa manifestazione? I promotori chiederanno la fine dell’assedio su Gaza? Condanneranno le colonie illegali in Cisgiordania? Parleranno della pulizia etnica del 1948? Sosterranno la liberazione dei prigionieri palestinesi o il diritto al ritorno dei rifugiati? 6. Alcuni promotori e rappresentanti politici sono recentemente volati in Israele per incontrare le famiglie degli ostaggi, senza mostrare la stessa attenzione o solidarietà verso le decine di migliaia di palestinesi massacrati o detenuti illegalmente. Inoltre, riteniamo essenziale sottolineare che le politiche portate avanti dal governo di Benjamin Netanyahu non rappresentano una deriva recente, ma sono la piena espressione di 77 anni di occupazione, apartheid e pulizia etnica sistematica. La continuità storica tra il sionismo coloniale delle origini e le attuali violenze in corso è evidente a chiunque guardi onestamente alla storia della Palestina. Per queste ragioni, riteniamo che una manifestazione che non rispecchia la narrativa e le richieste storiche del popolo palestinese, rischi di diventare un gesto vuoto, se non addirittura dannoso. Noi crediamo che ogni presa di posizione pubblica debba avere al centro la liberazione integrale della Palestina, dal fiume al mare, nel rispetto della voce e della volontà dei palestinesi stessi. Associazione dei Palestinesi in Italia Redazione Italia
Crisi a Gaza, API: “Necessità di intervento immediato contro crisi umanitaria”
Introduzione. L’attuale strategia adottata dalle forze di occupazione israeliane nella Striscia di Gaza si basa su un inasprimento dell’assedio, il blocco sistematico degli aiuti umanitari e il lancio di un’iniziativa pericolosa volta a escludere le Nazioni Unite, in particolare l’UNRWA, dal coordinamento degli aiuti. Tale piano mira ad affidare la gestione delle forniture a enti statunitensi e israeliani, attraverso meccanismi controllati militarmente, costringendo i rifugiati palestinesi a recarsi in punti di raccolta sotto supervisione diretta dell’esercito israeliano. Questa politica rappresenta una grave violazione del diritto internazionale umanitario, configurandosi come una nuova forma di controllo coercitivo inaccettabile per la popolazione civile. Emergenza sanitaria e alimentare: La popolazione di Gaza, in particolare i bambini, gli anziani e i malati cronici, sta affrontando una crisi umanitaria estrema. • Rischio immediato di morte per migliaia di bambini a causa della malnutrizione e della mancanza di medicinali essenziali. • Nessuna fornitura di vaccini per i più piccoli, esposti a malattie mortali. • Gli ospedali operano in condizioni disperate, con carenze gravi di carburante, forniture mediche e accesso a risorse di base come acqua potabile. Collasso delle infrastrutture: • Gravi carenze di carburante: ospedali, centrali elettriche e impianti idrici non possono funzionare. • Assenza totale di gas da cucina: la popolazione è costretta a bruciare materiali pericolosi come plastica, vestiti e legna, aumentando i rischi sanitari e la diffusione di malattie. Richieste immediate: 1. Apertura urgente di tutti i valichi per l’ingresso di: o Generi alimentari di prima necessità o Farmaci salvavita e vaccini pediatrici o Carburante per ospedali e centrali elettriche o Gas da cucina e materiale sanitario o Tende e rifugi per le famiglie sfollate 2. Divieto assoluto di interferenze militari e intimidazioni durante la distribuzione degli aiuti. 3. Protezione immediata dei civili e garanzia che nessun cittadino palestinese venga costretto a recarsi in punti di raccolta gestiti dall’esercito israeliano, evitando il rischio di arresti arbitrari, ricatti e minacce alla vita stessa. 4. Condanna internazionale dell’uso di civili palestinesi come scudi umani, come documentato da testimonianze e rapporti ufficiali, inclusi casi di costrizione di civili a entrare in edifici e tunnel davanti alle truppe israeliane, esponendoli a rischi letali. Conclusione. La popolazione di Gaza è allo stremo: le restrizioni imposte dalle autorità israeliane configurano una politica di assedio sistematico e punizione collettiva, in violazione delle Convenzioni di Ginevra. È imperativo un intervento umanitario internazionale urgente, che garantisca: • L’accesso immediato e sicuro agli aiuti • La protezione dei civili • L’interruzione delle politiche di assedio e occupazione. Salvare vite è un obbligo morale e giuridico. Ogni giorno di ritardo costa altre vite innocenti. Associazione dei Palestinesi in Italia ( API) Lorenzo Poli
Israele continua a usare la fame come arma di genocidio. API: “Ieri nuovo massacro a Gaza”
L’Osservatorio Euromediterraneo per i Diritti Umani ha attribuito alle autorità di occupazione israeliane la piena responsabilità per l’aggravarsi della catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza. Israele ha progettato e messo in atto una politica di fame sistematica per quasi 600 giorni di genocidio, chiudendo completamente i valichi per 88 giorni consecutivi, impedendo l’ingresso degli aiuti essenziali. Ora, spinge i civili verso scene di caos e umiliazione ai punti di distribuzione sotto il suo controllo, in un sistema che rappresenta l’uso deliberato degli aiuti come arma di sottomissione, umiliazione e distruzione, e dimostra il crollo totale di ogni possibilità di accesso al cibo. L’Osservatorio Euromediterraneo ha seguito attraverso il suo team sul campo i dettagli del meccanismo di distribuzione degli aiuti, supervisionato da una società americana creata da Israele, con il supporto di forze di sicurezza statunitensi private e soldati israeliani. Il sistema è caratterizzato da un’umiliazione totale e dall’assenza di standard umanitari minimi, a partire dal luogo di distribuzione fino al metodo stesso. Migliaia di civili affamati sono stati costretti a camminare per decine di chilometri verso un’area di sicurezza controllata dall’esercito israeliano, dove sono stati spinti in corridoi recintati sotto stretta sorveglianza, in gruppi, per ricevere pacchi alimentari limitati, senza alcun sistema equo o dignitoso di distribuzione. Nel frattempo oggi, 30 maggio 2025, è avvenuto l’ennesimo massacro a Gaza: 27 palestinesi uccisi nel campo di Bureij. Il bilancio delle vittime continua a salire, mentre la crisi umanitaria raggiunge livelli catastrofici. L’Associazione dei Palestinesi in Italia (API) in un comunicato stampa pubblicato oggi ha espresso profondo cordoglio e sdegno per l’ennesima strage compiuta il 29 maggio 2025 dalle forze di occupazione israeliane nella Striscia di Gaza, che aggrava una crisi umanitaria ormai fuori controllo. Secondo fonti ufficiali palestinesi, almeno 27 civili palestinesi sono stati uccisi e numerosi altri feriti in un bombardamento aereo che ha colpito un’abitazione della famiglia Al-Qarnawi nel campo profughi di Bureij, nel centro della Striscia di Gaza. Altri attacchi hanno causato ulteriori vittime in diverse aree della Striscia: • Un palestinese è stato ucciso nella zona di Qizan al-Najjar, a sud di Khan Yunis. • Un altro è stato assassinato nei pressi di un centro di distribuzione umanitaria lungo l’asse di Morag, a sud-ovest di Khan Yunis. • I soccorritori hanno recuperato i corpi di tre martiri da sotto le macerie di una casa precedentemente colpita nel quartiere di Shuja’iyya, a est di Gaza City. Secondo fonti mediche locali, il bilancio degli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza, dall’alba di giovedì, è salito ad almeno 37 martiri, con un numero ancora imprecisato di feriti. Il numero delle vittime è purtroppo in costante aumento: nuovi corpi senza vita e feriti continuano a giungere negli ospedali, ormai al collasso, privi di risorse, di personale e di forniture mediche. Afferma il comunicato: “L’API condanna fermamente questi crimini contro la popolazione civile e rivolge un appello urgente alla comunità internazionale, alle Nazioni Unite, alle organizzazioni umanitarie e ai governi di tutto il mondo affinché intervengano senza indugio per fermare il genocidio in corso, proteggere i civili e garantire un accesso umanitario sicuro e incondizionato alla Striscia di Gaza. Non si può più restare in silenzio di fronte a una tragedia di queste proporzioni. È urgente agire per salvare vite umane e difendere il diritto alla vita, alla dignità e alla libertà del popolo palestinese. Rapporto giornaliero delle vittime e dei feriti a Gaza”. Oggi, invece, 30 maggio 2025, il Ministero della Salute Palestinese di Gaza ha affermato che nelle ultime 24 ore, gli ospedali della Striscia di Gaza hanno ricevuto: • 67 martiri (di cui 5 recuperati da sotto le macerie) • 184 feriti (Le statistiche non includono gli ospedali del Governatorato Nord della Striscia di Gaza a causa delle difficoltà di accesso). Diversi corpi rimangono ancora intrappolati sotto le macerie e lungo le strade. Le squadre di soccorso e della protezione civile non riescono a raggiungerli a causa dei bombardamenti e della distruzione massiccia. Bilancio complessivo dall’inizio dell’aggressione israeliana (7 ottobre 2023): • 54.249 martiri • 123.492 feriti (Il conteggio dei martiri include 98 nuove vittime, i cui dati sono stati recentemente verificati e ufficialmente registrati dalla commissione giudiziaria.) Dal 18 marzo 2025 a oggi: • 3.986 martiri • 11.451 feriti Lorenzo Poli