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Un anno di Biblioteca della Nonviolenza, una rivoluzione quotidiana
Roma celebra il primo anniversario di uno spazio che unisce libri, azione e speranza. C’è un’Energia speciale che attraversa Via dei Latini, nel cuore del quartiere San Lorenzo di Roma. È l’Energia di chi crede che la nonviolenza non sia solo un ideale, ma una pratica quotidiana, un modo di guardare e trasformare il mondo. Il 17 ottobre 2025, la Biblioteca della Nonviolenza di Energia per i diritti umani presso la Casa Umanista ha festeggiato il suo primo anniversario: un anno di cammino, incontri e aspirazioni condivise racchiusi nel titolo dell’evento “La nonviolenza in azione. La forza che trasformerà il mondo”. Dodici mesi in cui questo piccolo ma vibrante spazio ha raccolto libri, storie e persone, costruendo un punto di riferimento per chi cerca alternative alla violenza e alla sopraffazione. Già all’ingresso, l’atmosfera era calda e conviviale. Un aperitivo condiviso, chiacchiere, sorrisi e adesivi con il simbolo della nonviolenza distribuiti come piccoli amuleti – segni di appartenenza a una comunità che sceglie questo atto rivoluzionario quotidianamente. Niente formalità: solo il desiderio di ritrovarsi, conoscersi e sentirsi parte di qualcosa di più grande. Alle 19 è arrivato il momento dell’apertura ufficiale. I volontari e le volontarie di Energia per i Diritti Umani hanno raccontato, con emozione, la nascita della biblioteca e i suoi primi dodici mesi di vita, un anno in cui la nonviolenza ha preso forma concreta giorno dopo giorno. Un percorso reso possibile anche grazie al contributo prezioso delle ragazze e dei ragazzi del Servizio Civile Universale, che lo scorso luglio si sono passati il testimone, portando con sé idee nuove, entusiasmo e continuità. La serata ha inoltre evidenziato un legame continuativo nel tempo con il Dottorato in Peace Studies, rappresentato da Eleonora Di Renzo, Caterina Pagnotti e Matteo Palombi, che hanno successivamente contribuito a facilitare i tavoli di interscambio, rendendo il dialogo ancora più vivo, aperto e partecipato. Un collegamento in diretta con la neonata sorella africana “Ubuntu – Bibliothèque de la Nonviolence”, ha aggiunto un tocco di universalità: Roma e Dakar unite dallo stesso sogno di giustizia e di pace. Con il gioco interattivo “Tre parole per dire nonviolenza”, lanciato su Mentimeter, la sala si è riempita di voci e riflessioni. Sul grande schermo apparivano parole scelte dal pubblico: empatia, ascolto, rispetto, coraggio, gentilezza, resistenza. Un mosaico di termini, mattoni di un vocabolario condiviso, testimonianza di come la nonviolenza possa assumere infinite sfumature. Subito dopo, la biblioteca si è trasformata in un piccolo Café La Paz, con tavoli animati da persone impegnate a confrontarsi su come tradurre in pratica la nonviolenza attraverso la domanda: “Come posso applicare la nonviolenza nella mia vita quotidiana?” Nei gruppi tematici sono nate conversazioni vive e sincere su Arte e spiritualità, Educazione con e alla nonviolenza, Emancipazione sociale e diritti umani, fino alla Disobbedienza civile nonviolenta. Non un dibattito accademico, ma un vero laboratorio di umanità, dove ogni voce aveva il suo spazio e il suo valore. Tra le parole più condivise è risuonato spesso il termine “coraggio”: il coraggio di scegliere la nonviolenza come pratica quotidiana, come gesto concreto di cambiamento. Verso le 20:30 un “juke-box” di storie di nonviolenza curato da Accentrica Storytelling ha ulteriormente arricchito la serata. A causa di un malanno, la formazione era ridotta: niente musicista, niente cantante, solo la voce calda e intensa di Andrea Galasso. Ma quella voce è bastata ad emozionare profondamente tutte le persone presenti. In un silenzio carico di ascolto, ha portato il pubblico dentro racconti di resistenza nonviolenta, di piccoli grandi gesti rivoluzionari di chi, con coraggio, ha scelto di non rispondere all’odio con l’odio, riuscendo a trasformare il mondo in cui viveva. Un momento di grande intimità, in cui molte persone si sono ritrovate con gli occhi lucidi. La serata si è chiusa con un applauso collettivo. Tra i ringraziamenti, anche un accenno ai prossimi appuntamenti del Club del Libro, che continuerà a essere uno spazio di riflessione e dialogo: il 13 novembre con “Gandhi ad Auschwitz” di Antonio Minaldi, e il 5 dicembre con “Incontri. Con l’occhio dei diritti umani” di Gianni Palumbo. Un anniversario, dunque, ma anche un punto di partenza. La Biblioteca della Nonviolenza, nel suo primo anno di vita, ha dimostrato che la cultura può essere davvero un atto politico, un gesto di cura verso se stessi e verso il mondo. Un luogo dove le parole si fanno azione e i gesti diventano semi di futuro. E mentre le luci si spegnevano piano, rimaneva nell’aria la certezza che la nonviolenza non è solo un sogno antico, ma una forza viva, capace — giorno dopo giorno — di trasformare il mondo, cominciando dal nostro modo di guardarlo. Difficile dire che chi è uscito quella sera fosse la stessa persona di quando era entrata. Foto di Energia per i Diritti Umani Francesca De Vito
“Educare in Genere?” – A Roma si parla di parità di genere, stereotipi e futuro dell’educazione
Un dialogo partecipato e necessario ha preso vita nella sede dell’associazione Energia per i diritti umani, all’interno della Biblioteca della Nonviolenza durante l’incontro dello scorso 27 Maggio “Educare in Genere?”, un appuntamento dedicato alla parità di genere e alla rappresentazione nei media. Non una semplice tavola rotonda, ma un vero e proprio spazio di riflessione collettiva, tra parole, letture e storie di cambiamento. A prendere la parola, attivistə e rappresentanti di realtà del quartiere San Lorenzo e del territorio romano, quali Chiara Franceschini (Casa delle Donne Lucha y Siesta), Anahi Mariotti (GenerAct), Andrea Acocella (Bar.lina), e Roberto Benatti (Cerchio maschile contro la violenza di genere). Alessia Grisi (Servizio Civile Universale) e Francesca De Vito (Energia per i diritti umani) hanno dato impulso a questa iniziativa per favorire connessioni e sviluppo di pensiero critico, a partire dalla lettura di tre testi simbolo della Biblioteca della Nonviolenza: Educazione sessista di Irene Biemmi, Principesse di Giusi Marchetta, e Pink is the new Black di Emanuela Abbatecola e Luisa Stagi. È proprio da quest’ultimo libro che arriva lo spunto iniziale per aprire l’incontro: “Donne e uomini non si nasce ma si diventa, attraverso un processo di socializzazione accuratamente e sapientemente differenziato per i generi, secondo un modello rigidamente binario…” Su queste parole si innesta la prima domanda, lanciata da Alessia: “Come cercate di scardinare questi modelli nei contesti educativi in cui operate? E quali ostacoli incontrate?” Si susseguono condivisioni di esperienze personali e collettive. Chiara Franceschini evidenzia la necessità di un’educazione sessuoaffettiva accessibile fin dalle prime fasi scolastiche. Anahi Mariotti sottolinea il valore della presenza di insegnanti non binariə e trans affinchè la loro visibilità contribuisca a normalizzare una pluralità di esperienze corporee ed identitarie. Andrea Acocella racconta di come, ancora oggi, troppo spesso l’educazione alla pluralità di genere sia lasciata alla buona volontà dellə singolə insegnante. Una responsabilità enorme, ma non sufficiente. Roberto chiude questo primo scambio richiamando l’importanza di un continuo lavoro di crescita personale e di una revisione critico-trasformativa del proprio agire. Poi, il confronto è proseguito con una domanda ispirata al libro Principesse: “Quali personaggi, nella vostra infanzia, vi hanno ispirato?” La domanda accende la sala. Si apre una conversazione intensa sul ruolo dei media nell’infanzia. Cartoni animati, eroi, eroine, libri e film diventano oggetto di un’analisi appassionata: strumenti che possono liberare oppure rinchiudere dentro stereotipi invisibili ma potenti. Infine, lo sguardo si sposta al futuro: “Che tipo di educazione vorreste tra dieci anni nelle scuole italiane?” Le voci convergono su una visione comune: una scuola più inclusiva, in dialogo con il mondo reale, capace di valorizzare ogni identità e incoraggiare la libertà di essere. Una scuola che non tema il cambiamento, ma lo accolga come parte integrante del processo educativo. Perché solo così può diventare uno spazio di libertà e crescita autentica. “Educare in Genere?” è stato un esempio tangibile di come la lettura, la cultura e il dialogo possano tradursi in strumenti concreti per il cambiamento sociale. Attraverso voci diverse ma che vanno nella stessa direzione, si è ribadita la centralità di progetti educativi capaci di superare stereotipi di genere e contrastare ogni forma di violenza, promuovendo una cultura del rispetto, dell’ascolto e della pluralità. Le testimonianze raccolte – tra esperienze dirette e pratiche educative – hanno messo in luce quanto sia urgente e necessario agire nei diversi contesti: dalla scuola alla famiglia, dai media alle organizzazioni del territorio. L’educazione alla parità e alla pluralità di genere è una pratica quotidiana che si costruisce insieme, con competenze, responsabilità e coraggio. Questo evento rilancia l’urgenza di moltiplicare iniziative simili e integrarle stabilmente in un’educazione davvero inclusiva, in grado di formare cittadinə consapevoli e liberə da stereotipi. Redazione Roma