Referendum 2025: cinque sì e quorum zero
L’8 e il 9 giugno 2025 siamo chiamati a votare per cinque referendum abrogativi
su lavoro e cittadinanza.
Quattro quesiti, promossi dalla CGIL, puntano ad abrogare parti del famigerato
Jobs Act, voluto nel 2014 dal governo presieduto da Matteo Renzi e sostenuto dal
PD all’interno di un’ampia coalizione. Il Jobs Act aveva cancellato alcune
tutele dei lavoratori in materia di licenziamento precedentemente contenute
nell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e, in questo modo, aveva reso più
fragile e precaria la sussistenza di tante persone in nome della legge del
mercato.
I quesiti referendari costituiscono un richiamo più che necessario ai diritti
sociali, che da qualche decennio erano scomparsi dall’orizzonte dell’azione
politica e del dibattito pubblico.
Queste considerazioni positive non ci impediscono, tuttavia, di dubitare della
buona fede della CGIL, che ha taciuto per dieci anni e si è svegliata soltanto
adesso, tornando opportunisticamente a fare ciò che dovrebbe fare un sindacato,
nel momento in cui al governo non c’è più il centrosinistra (che non ha mai
provveduto a ripristinare l’Articolo 18 negli anni in cui ha governato), ma la
parte avversa.
In ogni caso, quali che siano le intenzioni dei promotori, riconosciamo la
validità dei quesiti sul lavoro e voteremo Sì.
Il quinto quesito, infine, riguarda il dimezzamento della durata del requisito
di residenza da dieci a cinque anni per chiedere la cittadinanza italiana e
quindi promuove l’integrazione dei nuovi cittadini immigrati, soprattutto dei
più giovani. Anche su questo voteremo Sì.
Purtroppo dobbiamo ancora una volta denunciare il ricorso, da parte dei
sostenitori del NO, allo spregevole stratagemma di invitare all’astensione per
impedire il raggiungimento del quorum e invalidare così la consultazione.
In questo modo, boicottandolo al solo scopo di vincere, si svuota di significato
lo strumento referendario, importante (per quanto limitato) mezzo di
consultazione diretta della popolazione. Per ovviare a questa prassi
antidemocratica non c’è che un sistema: abolire il quorum.
I referendum non prevedono il quorum in molti Paesi: Francia, Gran Bretagna,
Irlanda, Paesi Bassi, Islanda, Spagna, Malta, Lussemburgo, Finlandia, Austria,
Svizzera.
Senza quorum, chi ha interesse per il tema vota e chi non ha interesse delega la
decisione agli altri, come del resto già avviene nel referendum confermativo per
le modifiche costituzionali e nelle elezioni di qualsiasi livello, consultazioni
per le quali non è previsto alcun quorum.
Ricordiamo anche che, se si vuole avanzare significativamente verso la
Democrazia reale, la consultazione diretta non può limitarsi al referendum
abrogativo; è necessario che i cittadini possano ricorrere anche al referendum
confermativo facoltativo e dispongano della possibilità di destituire gli eletti
qualora la loro azione non sia conforme agli impegni assunti in campagna
elettorale.
Partito Umanista