Tag - referendum 2025

Sui risultati del referendum per un’analisi del voto
Oltre al mancato superamento del quorum, poiché tanti citano dati falsi è opportuno leggere con attenzione quelli pubblicati sul sito del ministero dell’interno: https://elezionistorico.interno.gov.it  (consultato alle 07,30 del 10/06/2025)   il totale degli aventi diritto al voto è 51.301.377 (compresi 5.303.436 elettori all’estero) i votanti sono stati il 30,6% 15.698.221   X il 1° quesito “Reintegro licenziamenti illegittimi” i  SI sono stati  13.031.470  (87,57) (molto di più di quanto avevano ottenuto i tre partito dall’attuale governo nel 2022) x il 2° Licenziamenti e limite indennità      SI :  12.790.370 (86,02) x il 3° Tutela contratti a termine                   SI :  12.997.502  (87,53 x il 4° Responsabilità infortuni sul lavoro   SI :   12.763.726 (85,78) x il 5° Cittadinanza italiana                             SI :    9.748.439 (65,34) comunque più dei voti che avevano ottenuto FdI e Lega nel 2022   Oltre il 39% di affluenza in Toscana; 38%, in Emilia Romagna, Liguria e Piemonte 34,5% circa. Marche (32,7%); Umbria (31,3%); Basilicata (31,1%) Lazio (31%), Lombardia 31%, Abruzzo (29, 8%), Valle d’Aosta e Campania (29,%), Puglia (28,5%), Molise (27,8%), FVG (27,5%), Sardegna (27%) Veneto (26,3%). Trentino Alto Adige  22,5%, Calabria e Sicilia, 22–23%.   alle elezioni politiche settembre 2022 per la Camera FdI:     7.301.303 Lega     2.470.318 F. I.      2.279.266.   tot. destre 12.603.666  (24,77) su 50.864.823   Un fatto sembra inequivocabile: non c’è affatto stata mobilitazione convinta ed efficace tranne di una minoranza e nelle ultime due settimane. Gli stessi vertici della CGIL hanno fatto trapelare la loro supposizione che il quorum non sarebbe stato superato. Cosicché migliaia migliaia di volantini e manifesti sono rimasti nelle sedi del sindacato o nei Comitati di quartiere; USB e altri non si sono mobilitati come se si trattasse solo di un cosa della CGIL: tutto ciò s’è sommato alla congiuntura di sfiducia e impotenza diffuse. E’ purtroppo vero che c’è stata una svolta antropologica, ma ha solide basi materiali: da tempo – si può calcolare – ci sono oltre OTTO milioni di lavoratrici e lavoratori che oscilano fra precariato e nero totale nell’universo del supersfruttamento VIOLENTO, privi di qualsivoglia protezione (i sindacati sono quasi solo per i tesserati compresi i sindacati autonomi). E’ una realtà di “anomia” totale, cioè senza punti di riferimento, atomizzati e impotenti. INOLTRE, va osservato che una parte dei precari e lavoratori al nero avrà votato, ma è anche certo che tutte le persone anziane non si sono sbattute, anche perché sono ormai fuori dalla vita attiva e in Italia gli over 70 sono circa il 18% degli elettori (cioè oltre 9 milioni). Salvatore Turi Palidda
Referendum 2025: cinque sì e quorum zero
L’8 e il 9 giugno 2025 siamo chiamati a votare per cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza. Quattro quesiti, promossi dalla CGIL, puntano ad abrogare parti del famigerato Jobs Act, voluto nel 2014 dal governo presieduto da Matteo Renzi e sostenuto dal PD all’interno di un’ampia coalizione. Il Jobs Act aveva cancellato alcune tutele dei lavoratori in materia di licenziamento precedentemente contenute nell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e, in questo modo, aveva reso più fragile e precaria la sussistenza di tante persone in nome della legge del mercato. I quesiti referendari costituiscono un richiamo più che necessario ai diritti sociali, che da qualche decennio erano scomparsi dall’orizzonte dell’azione politica e del dibattito pubblico. Queste considerazioni positive non ci impediscono, tuttavia, di dubitare della buona fede della CGIL, che ha taciuto per dieci anni e si è svegliata soltanto adesso, tornando opportunisticamente a fare ciò che dovrebbe fare un sindacato, nel momento in cui al governo non c’è più il centrosinistra (che non ha mai provveduto a ripristinare l’Articolo 18 negli anni in cui ha governato), ma la parte avversa. In ogni caso, quali che siano le intenzioni dei promotori, riconosciamo la validità dei quesiti sul lavoro e voteremo Sì. Il quinto quesito, infine, riguarda il dimezzamento della durata del requisito di residenza da dieci a cinque anni per chiedere la cittadinanza italiana e quindi promuove l’integrazione dei nuovi cittadini immigrati, soprattutto dei più giovani. Anche su questo voteremo Sì. Purtroppo dobbiamo ancora una volta denunciare il ricorso, da parte dei sostenitori del NO, allo spregevole stratagemma di invitare all’astensione per impedire il raggiungimento del quorum e invalidare così la consultazione. In questo modo, boicottandolo al solo scopo di vincere, si svuota di significato lo strumento referendario, importante (per quanto limitato) mezzo di consultazione diretta della popolazione. Per ovviare a questa prassi antidemocratica non c’è che un sistema: abolire il quorum. I referendum non prevedono il quorum in molti Paesi: Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi, Islanda, Spagna, Malta, Lussemburgo, Finlandia, Austria, Svizzera. Senza quorum, chi ha interesse per il tema vota e chi non ha interesse delega la decisione agli altri, come del resto già avviene nel referendum confermativo per le modifiche costituzionali e nelle elezioni di qualsiasi livello, consultazioni per le quali non è previsto alcun quorum. Ricordiamo anche che, se si vuole avanzare significativamente verso la Democrazia reale, la consultazione diretta non può limitarsi al referendum abrogativo; è necessario che i cittadini possano ricorrere anche al referendum confermativo facoltativo e dispongano della possibilità di destituire gli eletti qualora la loro azione non sia conforme agli impegni assunti in campagna elettorale.   Partito Umanista