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Le associazioni per la pace trascinano il governo italiano in tribunale
Le associazioni Assopacepalestina, A buon diritto, Attac Italia, Arci, Acli, Pax Christi, Un ponte per e Hala Abulebdeh, cittadina palestinese fuggita in Scozia dopo i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, rappresentata da un pool di legali italiani, hanno citato in giudizio il governo italiano. Il governo e Leonardo che ha appunto come azionista di maggioranza il Ministero dell’Economia e Finanze. L’accusa che viene rivolta è che la vendita e la fornitura di armi a Israele da parte di quell’azienda armiera è in contrasto con le leggi italiane. Di fatto l’articolo 11 della Costituzione è stato completamente ignorato: “Israele sistematicamente usa la guerra come strumento di oppressione nei confronti di un popolo – quello palestinese – e come strumento di risoluzione delle controversie internazionali”. E poi la legge 185/90 che “vieta l’esportazione di armamenti verso Stati le cui politiche confliggono con l’articolo 11 della Costituzione italiana o i cui governi siano responsabili di violazioni delle Convenzioni internazionali sui diritti umani”. Una condanna farebbe definitivamente luce su questo commercio sciacallo e la sentenza proibirebbe ulteriori trasferimenti d’armi verso Israele. Non è poca cosa. Toni Dell’Olio, Mosaico di Pace Peacelink Telematica per la Pace
Leonardo spa e Rheinmetall alleate e armate fino ai denti
E‘ iniziata la fase operativa del programma A2cs per i nuovi veicoli da combattimento dell’Esercito, che vede la sinergia fra i colossi dell’industria bellica italiana Leonardo spa e la tedesca Rheinmetall. Con questo accordo industriale il colosso italiano esce rafforzato nel programma di riammodernamento del sistema bellico integrato europeo. Entro la fine del 2025 è programmata la consegna dei primi mezzi A2cs Combat (Army armoured combat system), facenti parte del primo stock di 21 veicoli. Il contratto firmato riguarda la prima tranche di un piano che prevede la costruzione di 1.050 veicoli che rinnoverà l’intero parco di mezzi pesanti dell’Esercito. A questo stock di A2cs si aggiunge il programma del nuovo carro armato Main battle tank.  I primi 21 A2cs sono cinque mezzi Lynx KF-41 con torretta Lance di Rheinmetall  e sedici veicoli in nuova configurazione, dotati di scafo Lynx e torretta Hitfist 30mm di Leonardo. La nuova joint venture, che ha sede legale a Roma e operativa a La Spezia, prende il nome di Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (Lrmv), essa è costituita in modo paritario al 50% fra le due aziende. In Italia si svolgerà almeno il 60% delle attività industriali. La nuova joint venture Lrmv, leader del settore industriale bellico, si pone l’obbiettivo di sviluppare, produrre e sostenere nel tempo i nuovi sistemi bellici per l’esercito di terra e per i futuri carri armati europei. Il contratto che la Lrmv ha fatto con il Governo italiano è congeniale alla necessità di una riforma complessiva dello strumento militare a cui mira il Ministro della Difesa Guido Crosetto. Lo stesso Ministro ha recentemente affermato che “serve una riforma delle Forze armate per aumentare il personale e garantire la sostenibilità del modello difensivo nazionale”. Il programma di ammodernamento con gli A2cs tende ad aumentare la capacità bellica dell’Esercito e a disporre di mezzi moderni ed avanzati, cosa che richiede un notevole investimento sia finanziario sia in risorse umane. Il programma A2cs rappresenta la più grande operazione di ammodernamento degli ultimi decenni dell’Esercito italiano. Un’occasione golosa di crescita tecnologica e occupazionale per l’industria bellica italiana, con la prospettiva di esportare le piattaforme sviluppate anche verso altri Paesi europei. Il primo contratto per i 21 veicoli è solo l’inizio. Con il programma A2cs l’industria bellica italiana acquisterà la capacità di guidare la nuova stagione di cooperazione strategica e tecnologica nel settore bellico a livello internazionale. I programmi di sviluppo e di espansione industriale di Leonardo spa vanno avanti celermente. Nel comparto terrestre, l’accordo per l’acquisizione di Iveco Defence – del valore di circa 1,7 miliardi – consentirà di integrare le capacità veicolari con i sistemi elettronici e di controllo del gruppo, rafforzando la filiera europea della difesa. In parallelo, la costituzione di joint venture e partnership strategiche con Rheinmetall, Baykar Technologies e Nuclitalia testimonia la volontà di espandere l’ecosistema tecnologico nazionale ed europeo. La Leonardo spa nei primi nove mesi del 2025 registra risultati in forte crescita, con ordini a 18,2 miliardi (+23,4%) e ricavi a 13,4 miliardi (+11,3%). Nel 2025 la Leonardo spa ha acquistato la Iveco Defence e il MoU con Airbus e Thales per l’alleanza spaziale europea. Nei primi nove mesi dell’anno, il colosso italiano dell’aerospazio e della difesa ha registrato un rafforzamento dei principali indicatori economico-finanziari e un costante avanzamento dei programmi strategici, rendendo palese che la scelta bellica produce profitti miliardari. Gli ordini hanno raggiunto 18,2 miliardi di euro, in aumento del 23,4% rispetto allo stesso periodo del 2024. I profitti si sono ottenuti in modo evidente nella Divisione Aeronautica, dove i ricavi raggiungono i 13,4 miliardi (+11,3%), con contributi importanti nei settori Elettronica per la Difesa e Sicurezza, Elicotteri e Aeronautica. Va anche segnalato che la Leonardo spa ha beneficiato del contratto per la fornitura di supporto logistico e addestramento della flotta Eurofighter del Kuwait. Il portafoglio ordini si consolida a 47,3 miliardi, i ricavi si attestano intorno ai 18,6 miliardi, EBITA (earnings before interest, taxes and amortization, il margine operativo di un’azienda al netto degli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali, ma al lordo degli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali) di circa 1,66 miliardi cresce a 945 milioni di euro (+18,9%). Il Piano Industriale 2025-2029 della Leonardo spa continua con l’innovazione tecnologica, la digitalizzazione, la sostenibilità e l’internazionalizzazione, ampliando la presenza nel campo cyber con l’acquisizione delle società Axiomatics AB e SSH Communications Security. Oltre alla joint venture con Rheinmetal la Leonardo spa, tramite il consorzio, CAPPA Electronics Evolution (G2E), ha stipulato un contratto con Edgewing, costituendo la joint venture tra BAE Systems (UK), Leonardo (Italia) e Japan Aircraft Industrial Enhancement Co. Ltd. (Giappone), che ricopre il ruolo di system integrator principale per lo sviluppo del caccia di sesta generazione GCAP (Global Combat Air Program). Le aziende collaboreranno per fornire il sistema avanzato di sensoristica e comunicazioni di nuova generazione, noto come Integrated Sensing and Non-Kinetic Effects & Integrated Communications Systems (ISANKE & ICS), oltre al servizio di supporto logistico integrato a lungo termine (Through-Life Support Service – TLSS), che accompagnerà il sistema per decenni. Nel settore spaziale, il Memorandum d’intesa con Airbus e Thales prevede la creazione, entro il 2027, di un operatore europeo con 25 mila dipendenti e un fatturato pro-forma di 6,5 miliardi, destinato a rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa nello spazio. La trasformazione della Leonardo spa in leader europeo dell’industria bellica procede a passi levati, contribuendo ad armare eserciti sanguinari in varie parti del Pianeta, generando profitti miliardari. Bisogna fermare questa folle corsa al riarmo e riconvertire l’industria bellica in fabbrica di pace e benessere, convogliando le centinaia di miliardi stanziati per gli armamenti verso la spesa sociale, partendo da sanità scuola, trasporti e lotta alla povertà.   siti consultati: https://www.leonardo.com/ https://formiche.net/sezione/difesa/ https://www.difesaonline.it/       Renato Franzitta
Non accettiamo un governo che blatera di “casa” mentre investe nel riarmo
Francesco, medico sulla Flotilla, contesta Tajani con una bandiera palestinese e viene trascinato via dai  Carabinieri Piazza Carignano, Torino — Stamattina Francesco di @Ultima.Generazione ha denunciato la complicità di questo governo proprio davanti ai ministri Tajani, Bernini, Zangrillo e Pichetto Fratin, presenti per gli Stati Generali della Casa. Ironico, no? Mentre loro parlano di “casa” mentre milioni di persone a Gaza vengono private della loro, grazie anche ai cannoni italiani della OTO-Melara (Leonardo Spa). E anche adesso, con una “pace” che sa di ricatto, l’occupazione israeliana illegale e gli attacchi ai civili palestinesi continuano a provocare decine di morti. Francesco, medico, nelle settimane scorse era a bordo della Flotilla e, mentre stava navigando verso le coste di Gaza per consegnare medicine e dare il cambio ai medici palestinesi stremati da due anni di genocidio, era stato rapito illegalmente dai militari israeliani in acque internazionali. Tajani non mosse un dito per difendere Francesco e le altre decine di persone degli equipaggi delle Flotille sequestrate in acque internazionali e deportate in Israele. Del resto, per lui, “il diritto vale ma fino a un certo punto”. Oggi a Torino diverse centinaia di persone sono scese in piazza manifestando pacificamente umanità e la propria contrarietà a governo che sfratta e si rende complice del genocidio a Gaza. La risposta dello Stato? Cariche e repressione, cittadini feriti per aver osato manifestare. A questa repressione dobbiamo rispondere con una serie di azioni nonviolente di disobbedienza civile, con scioperi, con la continua presenza nelle strade. Quello di Francesco è un invito per tutte e tutti: riusciremo a ottenere risultati concreti solo se la pressione continuerà, giorno dopo giorno, finché questo governo non sarà costretto ad ascoltare. Smettiamo di accettare passivamente un governo che blatera di “casa” mentre investe nel riarmo, lasciando indietro sanità, istruzione e transizione ecologica. Boicottiamo e mandiamoli a casa! Commenta ora con BOICOTTIAMO e ti inviamo il link per aderire al boicottaggio dei supermercati che stiamo facendo ogni sabato. #UltimaGenerazione qui il video  facebook.com/reel Ultima Generazione
L’università di Siena dice sì a Israele e alla Leonardo SpA
Solo la metà degli atenei italiani ha rinunciato alle collaborazioni con la Leonardo SpA, una delle più grandi aziende al mondo per la produzione di armi e “sistemi di difesa”, o con il sistema accademico israeliano, che come ha sottolineato Maya Wind nel suo ultimo libro “Torri d’avorio e acciaio”, è di fatto un tutt’uno con quello militare-industriale. Tra le università contrarie a interrompere questa collaborazione si distingue quella di Siena, che recentemente ha rigettato una mozione che chiedeva un rifiuto esplicito e ufficiale verso qualsiasi tipo di connivenza, oggi ancora più ipocrita di prima, con il principio del cosiddetto “dual use”, della ricerca accademica e delle partnership. Va ricordato ancora una volta come lo stesso sistema accademico italiano, poco tempo prima, non si mise nemmeno semplicemente a dibattere su questo tema controverso quando si trattò invece di boicottare la Russia, sanzionata su tutta la linea nel giro di pochi giorni. Pubblichiamo qui la risposta a questo diniego del collettivo studentesco di Siena “Cravos” (garofano), dal nome in portoghese del fiore che dette il nome alla pacifica rivoluzione che nel 1974 traghettò il Portogallo verso la democrazia, quella a cui oggi noi oggi, in Italia, 50 anni dopo, abbiamo rinunciato: Nella giornata del 13 ottobre, l’Università di Siena ha respinto la mozione proposta da Cravos e dal Comitato Palestina Siena per interrompere i rapporti con le università israeliane, con Leonardo S.p.A. e con l’esercito statunitense. La mozione proponeva inoltre di aderire all’appello dei rettori di Gaza, di avviare collaborazioni con le università palestinesi e di istituire un regolamento che garantisse l’estraneità dell’Ateneo a collaborazioni con enti coinvolti in violazioni dei diritti umani o orientati alla produzione di armi. Si tratta di una mozione costruita dal basso, sottoscritta in meno di due settimane, solo per quanto riguarda la comunità accademica dell’Università di Siena, da oltre 1.000 studentesse e studenti, 123 lavoratori e lavoratrici, 168 dottorandi e specializzandi e 170 docenti. Durante il Senato abbiamo presentato relazioni delle Nazioni Unite e rapporti indipendenti che documentano il coinvolgimento delle università israeliane, di Leonardo spa e dell’esercito americano nell’occupazione illegale dei Territori Palestinesi e nelle violazioni sistematiche dei diritti umani. Tra le argomentazioni più ricorrenti di chi ha votato contro la mozione vi è stata la presunta “necessità di un maggior nesso di causalità” tra questi enti e i crimini in corso. Ma quel nesso è evidente, e non lo diciamo noi: è documentato da numerosi rapporti di organizzazioni internazionali e da studi indipendenti. Tra questi, relazioni delle Nazioni Unite, di Amnesty International e di Human Rights Watch che denunciano il ruolo delle università israeliane nel sostegno all’apparato militare e di sicurezza israeliano, nonché il coinvolgimento di Leonardo S.p.A e dell’esercito statunitense nella fornitura di armi e tecnologie impiegate nei Territori Palestinesi occupati. È in questa rete di sostegno economico, accademico e militare che si radica la violenza dell’occupazione e la distruzione della Palestina. Un altro argomento richiamato dai senatori contrari è stato quello della presunta inopportunità di stabilire ex ante con quali soggetti l’Ateneo possa o meno collaborare, indipendentemente dallo scopo dei singoli accordi. Riteniamo invece che sia non solo possibile, ma anche necessario in determinati casi. Il problema non è solo contribuire con le conoscenze, il tempo e il lavoro dei ricercatori allo sviluppo di tecnologie militari, ma anche normalizzare rapporti con enti coinvolti nella violazione dei diritti umani. Per questo abbiamo presentato elementi concreti per richiedere la rescissione immediata degli accordi con i tre enti citati e al tempo stesso chiesto l’istituzione di un regolamento che garantisca l’estraneità dell’Ateneo a tutte le collaborazioni che possano avere ricadute in ambito militare o comportare violazioni dei diritti umani. Per interrompere questi accordi non serviva una commissione o un nuovo regolamento: sarebbe bastato riconoscere la realtà, ossia il coinvolgimento di tali enti nella violazione dei diritti umani. Sarebbe bastata la volontà di essere coerenti con i principi già sanciti dallo Statuto di Ateneo: promuovere la libertà, la giustizia, la pace e il rispetto della dignità umana. Nei giorni precedenti e durante la seduta abbiamo chiesto al rettore di scendere nel cortile del rettorato per comunicare alla manifestazione indetta a sostegno della mozione la decisione dell’Ateneo. Al rifiuto del rettore di scendere, studentesse e studenti sono entrati pacificamente nell’aula del Senato per chiedere i motivi della bocciatura. Dopo 15 minuti di confronto, il rettore ha sospeso la seduta del Senato Accademico. La riunione è ripresa il 14 ottobre, in modalità telematica, per discutere un testo che non era stato preventivamente comunicato a tutti i senatori nei giorni precedenti. Abbiamo votato contro tale risoluzione, approvata dalla maggioranza, poiché lo riteniamo uno strumento volto a mantenere in vita proprio quei rapporti che la nostra mozione intendeva interrompere. Nella risoluzione si afferma l’impegno a “esercitare una vigilanza rigorosa su eventuali compromissioni dei soggetti con cui si interagisce, fino al punto di sospendere o rescindere accordi istituzionali” in caso di violazioni del diritto internazionale o dei diritti umani. Ricordiamo, a questo proposito, che già a maggio 2024 era stata istituita una commissione per verificare gli accordi, ma in un anno e mezzo il suo lavoro si è limitato a un parziale censimento dei casi potenzialmente problematici. Oggi, inoltre, non viene nemmeno ipotizzata la ripresa o la prosecuzione di quel percorso, lasciando la questione a un proposito puramente astratto. Il documento approvato da Unisi riprende quanto avvenuto in molti altri atenei italiani: la spinta della comunità accademica verso la rescissione degli accordi con Israele e con l’industria bellica è stata neutralizzata dai vertici universitari, che hanno preferito ricorrere a formule vaghe e compromissorie. Ne risultano testi di facciata, che esprimono buone intenzioni, ma non incidono sulle collaborazioni con enti direttamente coinvolti nella guerra e nell’occupazione. Infine, rileviamo una profonda contraddizione nel documento approvato dal Senato, che da un lato riconosce la legittimità delle proteste, mentre dall’altro, attraverso dichiarazioni ai giornali e negli organi collegiali, i vertici dell’Ateneo, e il Ministro dell’Università e della Ricerca, hanno contribuito a creare un clima di forte pressione nei confronti delle studentesse e degli studenti impegnati nella mobilitazione. In alcuni casi, sono state minacciate denunce e procedimenti disciplinari nei confronti di chi ha semplicemente espresso in modo pacifico una posizione condivisa da una parte ampia della società civile, che nelle piazze di queste settimane chiede la fine degli accordi con gli enti coinvolti nella pulizia etnica in Palestina e si oppone all’aumento delle spese militari. Continueremo a coltivare nel territorio senese quel tessuto sociale che da due anni anima il movimento al fianco del popolo palestinese e a proporci come alternativa, dentro e fuori l’Università, che rimetta al centro dell’agenda politica il diritto allo studio, all’abitare, il lavoro, contro le politiche di riarmo e ogni tentativo di reprimere la protesta. Stefano Bertoldi
No al militarismo, no all’economia di guerra
Stop Rearm Now Una folle corsa al riarmo attraversa l’Italia, l’Europa e il Mondo intero. Occorre mettersi in mezzo, inceppare gli ingranaggi, lottare contro il militarismo e l’industria bellica. Le armi italiane prodotte in primo luogo dal colosso industriale Leonardo spa (ex Finmeccanica) sono presenti in tutti i teatri di guerra. In tanti angoli del Pianeta, a cominciare dalla Palestina (ma anche in Ucraina, Sudan, Congo, Sahel, Myanmar, ecc) muoiono donne, uomini, bambine e bambini, massacrati da prodotti bellici prodotti a due passi delle nostre case. Le guerre non sono lontane, bloccarle, incepparle dipende da noi. Esporsi in prima persona è una scelta morale e politica ineludibile. Il massacro del popolo palestinese a Gaza ha scosso le coscienze di centinaia di migliaia di persone che hanno invaso le piazze, bloccato nodi stradali, porti e aeroporti, occupato università e centri direzionali per chiedere a gran voce la fine del genocidio di un popolo innocente, per denunciare la complicità del governo italiano con lo stato stragista sionista. La finta pace imposta da Trump, il progetto di trasformare Gaza in un protettorato gestito da compagnie affaristiche occidentali, non ha risolto il problema palestinese ma anzi lo sta aggravando. Ma mentre l’attenzione mediatica è concentrata, giustamente, sulla Palestina, i venti di guerra spirano violentemente in Europa. Acuto è il confronto militare ai confini orientali tra la NATO e la Federazione Russa. L’Italia è in prima fila in Estonia, in Romania, nel Mar Nero. Il pericolo di un coinvolgimento diretto del nostro Paese in una guerra è più che concreto. In questo quadro il Governo ha aumentato la spesa militare sino al 5% del PIL arrivando a 61 miliardi di euro annui, tolti a sanità, scuola, stato sociale. Anche il Governo Regionale siciliano si appresta a dirottare 280 milioni verso infrastrutture militari. I nostri soldi che dovevano servire per sanità, scuola e trasporti serviranno per infrastrutture della difesa e in particolare per ristrutturare in senso militare gli aeroporti di Birgi, Comiso, Fontanarossa.  Occorre cambiare registro, occorre che i fondi stanziati per gli armamenti siano destinati alla sanità, alla scuola, ai trasporti, alla lotta alla povertà. La nostra città è in prima fila nella costruzione di strumenti bellici. I Cantieri Navali di Palermo non devono più costruire e ristrutturare mezzi nautici da guerra. Bisogna fermare la produzione della Leonardo spa che alla Guadagna produce sistemi elettronici usati in tutte le guerre e che provocano la morte, la mutilazione di tanti innocenti, unita alla distruzione a alla devastazione delle città e dei territori.  La Fincantieri, la Leonardo spa devono essere trasformate e ristrutturate da fabbriche belliche e di morte in industrie di pace e di benessere. Siamo convinti che le guerre sono il frutto dello scontro fra interessi capitalisti e che i popoli che subiscono le guerre sono le vittime sacrificali. Per questa ragione siamo solidali con tutti i disertori, i renitenti, i sabotatori di ogni guerra. Vogliamo un Mondo di libere e liberi ed uguali, un Mondo senza frontiere né eserciti. Solo la mobilitazione popolare e la solidarietà internazionalista possono porre fine a tutte le guerre. Da oggi ci diamo appuntamento per il 4 novembre, che per noi è la giornata dell’antimilitarismo e per il disarmo. Il 4 novembre non c’è niente da festeggiare, è una giornata di lutto nel ricordo dei milioni di giovani mandati alla morte da vertici militari vigliacchi in quel lontano tragico conflitto mondiale. Oggi come ieri: disertori di tutte le guerre, partigiani sempre!  Il prossimo incontro organizzativo, al laboratorio A. Ballarò, è fissato per lunedì 20 ottobre alle 17.30. Assemblea No Guerra – Stop ReArm Europe       Redazione Palermo
Dal nord al sud dello Stivale, ferve il lavoro del popolo pacifista
Grottaglie Si è svolta ieri, sabato 27 settembre 2025, una manifestazione nonviolenta di dissenso davanti alla sede di Grottaglie (TA) della Leonardo SpA, l’azienda compartecipata dallo Stato italiano che produce e vende strumenti di morte in tutto il mondo. In un contesto geopolitico fortemente instabile, con venti di guerra che si agitano sia nella zona russo-ucraina, con l’impegno della NATO in prima linea nel tentativo di arrestare la Russia, sia nella zona del Mediterraneo, dove è in corso un genocidio da parte di un alleato dell’Italia, il popolo pacifista pugliese chiede di arrestare la produzione di strumenti di morte e riconvertire immediatamente l’industria. Proprio la Puglia, negli anni ’80, fu con don Tonino Bello il laboratorio politico pacifista da cui prese spunto la Legge 185 del 9 luglio 1990. Quella legge fu pensata per disciplinare l’esportazione, l’importazione e il transito di materiali di armamento in Italia, introducendo un rigoroso sistema di controllo governativo e parlamentare. Quella legge era pensata per vietare la vendita di armi verso paesi in conflitto o che violano i diritti umani, tutelando così principi di pace e responsabilità internazionali, ma, purtroppo, oggi quella legge viene impunemente ignorata, avviando triangolazioni commerciali che permettono alle nostre armi di giungere anche in Israele per massacrare la popolazione palestinese. Per questo numerose persone, legate ai vari movimenti pacifisti e nonviolenti della Puglia, si sono date appuntamento a Grottaglie davanti alla fabbrica della Leonardo SpA per manifestare contro le politiche di guerra che prevedono il riarmo e la difesa europea in seno all’agenda imposta dalla NATO, ma anche per chiedere contro ai prossimi governatori della regione, considerate le imminenti elezioni, quale sia il loro orientamento sulla militarizzazione del nostro territorio. Per l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università c’erano diversi docenti, attivisti e attiviste. In particolare, Sabina Palladini di Lecce ha preso la parola per denunciare le varie complicità delle università italiane con Leonardo SpA e con le scuole in un processo di israelizzazione e militarizzazione che avrà affetti deleteri sulle future generazioni, se non viene arrestato immediatamente. “Forse l’ultima alternativa di pace per il mondo sei proprio tu, povero operaio, che vivi all’epicentro di questo apocalittico vortice di morte. Non scoraggiarti. Tu sei la nostra superstite speranza.  Se tutti gli ottantamila tuoi compagni di lavoro si mobiliteranno, il sogno di Isaia diventerà presto realtà”. (Don Tonino Bello – All’operaio che lavora in una fabbrica d’armi) La Spezia L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha partecipato alla grande manifestazione che ieri, sabato 27 settembre si è tenuta a La Spezia contro la fiera bellica Seafuture, a sostegno della Palestina e della missione della Global Sumud Flottiglia. Al termine del corteo sono state montate le tende davanti all’arsenale militare, una acampada che si collega a quanto sta succedendo in molte città d’Italia. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, insieme a molte altre realtà, è fortemente impegnato per la demilitarizzazione di La Spezia e per contrastare l’economia di guerra su cui ruota da decenni la nostra città. Palermo L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università in merito alla presenza del “Villaggio promozionale dell’Esercito Italiano” dal 2 al 5 ottobre 2025 a piazza Politeama denuncia la totale incompatibilità di questo evento, simbolo di una cultura bellicista, proprio durante questa delicatissima situazione geopolitica internazionale, con l’ulteriore innalzamento della tensione nel versante orientale dell’Europa, il genocidio in atto a Gaza contro il quale il 22 settembre scorso la Scuola, i lavoratori e tutta la società civile hanno manifestato. Per questo motivo abbiamo chiesto all’Ufficio scolastico regionale e ai dirigenti scolastici di non sponsorizzare questo evento, e alle/ ai docenti di non rendersi disponibili ad accompagnare le/gli studenti. Questo perché riteniamo che la Scuola sia incompatibile con la cultura della difesa che utilizza la guerra e il riarmo per parlare di pace. Oggi la Scuola chiede a gran voce di fermare tutte le guerre e il massacro di inermi popolazioni, di rispettare il diritto internazionale ripristinando la legalità laddove invece con le armi e gli eserciti si calpestano i diritti umani. Già gli scorsi anni l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, così come tante associazioni per la pace, aveva denunciato che visitare padiglioni militari, fare prove di combattimento “corpo a corpo”, conoscere il funzionamento dei più moderni mezzi in dotazione alle FF. AA, (come in questo evento l’elicottero Mangusta) e le capacità ricognitive dei droni, strumenti di morte usati in tutti gli scenari di guerra, pur fortemente attrattivi, non hanno alcuna ricaduta educativo-pedagogica se non di “normalizzare” la guerra e l’uso della forza, oltre a tentare di reclutare giovani nelle Forze Armate presentata come una “sicura” opportunità di lavoro. Siamo convinti che il compito della Scuola sia di offrire ai giovani prospettive di pace e di futuro senza conflitti, di coltivare il rispetto dell’ ”altro” e tra i popoli, far comprendere e rispettare l’art. 11 della Costituzione che indica il ripudio della guerra come elemento per dirimere i conflitti. Fare educazione alla pace o orientare gli studenti verso attività di lavoro rispettose dello spirito delle linee guida per l’educazione alla pace e alla cittadinanza globale dello stesso Ministero dell’Istruzione e del merito (nota n 4469/2017), contrasta con questo tipo di attività svolte in contesti militari, sempre più spesso proposte a studenti di tutte le età, che esaltano il nazionalismo e i suoi valori quali “coraggio”, “difesa della patria”, “orgoglio nazionale” appartenenti a quella Cultura della Difesa e della Sicurezza, già declinata nel 2007 nella riforma dei servizi segreti, oggi ribadita nel recente “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa”, istituito dal Ministro Crosetto. Alleghiamo lettera inviata al Dirigente USR Sicilia. Al Direttore USR Sicilia. No al Villaggio dell’esercito   Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Presidio a Faenza davanti alla Curti, partner di Leonardo spa
Lo scorso 6 agosto si è svolto a Castel Bolognese (RA) un presidio molto partecipato davanti ai cancelli della CURTI Costruzioni Meccaniche, un’importante azienda romagnola che rientra fra i fornitori di LEONARDO SpA, con la quale ha un accordo in scadenza in attesa di rinnovo. L’azienda, famosa nella meccanica di precisione e citata anche nell’inchiesta sull’Emilia Romagna a cui il nostro Osservatorio aveva collaborato con il Coordinamento No NATO regionale, rientra in parte con la sua attività nel settore delle armi e dei sistemi d’arma ed intrattiene da diversi anni una partnership con LEONARDO, soprattutto in relazione alla componentistica per elicotteri militari, ma anche a lavorazioni su obici semoventi, cioè veicoli corazzati progettati per fornire supporto di fuoco a lungo raggio, equipaggiati con cannoni di artiglieria di grosso calibro. Per intenderci, sono come quelli che Leonardo fornisce ad Israele per le guerre in Medio Oriente. Obiettivo del presidio, organizzato da Faenza per la Palestina con Stop Rearm Europe, era quello di invitare la Curti ad uscire dalla lista dei partner di Leonardo al fine di ostacolare la fornitura di armi per le guerre in corso, ma l’intento del presidio era anche quello di avvicinare e sensibilizzare i lavoratori della Curti, a partire dai delegati sindacali, alcuni dei quali si sono avvicinati senza però intervenire. Dall’altra parte, la dirigenza dell’azienda ha mostrato netti segni di chiusura, rifiutando l’interazione con gli organizzatori del presidio, impedendo tramite le forze dell’ordine di esporre i tanti striscioni e cartelli di protesta lungo la recinzione dello stabilimento e anticipando l’orario di chiusura di 1 ora per impedire che i lavoratori potessero incrociare i manifestanti. Fra le decine di realtà intervenute da varie parti dell’Emilia Romagna era presente anche l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, che ha aderito con la partecipazione di Giuseppe Curcio, che nel suo intervento ha evidenziato come da Curti Costruzioni Meccaniche fosse stato siglato nel 2019 un accordo quinquennale con l’Università di Bologna per lo svolgimento di tirocini in azienda per gli studenti e con altre attività di collaborazione nella didattica e nella ricerca. Tale accordo avrebbe dovuto essere rinnovato nel 2024 come in genere succede, ma a seguito delle proteste svolte dagli studenti di Cambiare Rotta e dai Giovani Palestinesi durante l’acampada e, grazie alla convergenza con i docenti della petizione per Gaza e con il personale tecnico amministrativo (con l’azione congiunta dell’Osservatorio e di forze sindacali come USB), l’Ateneo di Bologna ha deciso di non rinnovarlo, così come ha fatto per tanti altri accordi con la filiera bellica. Pertanto, se è possibile raggiungere questo risultato in Università, confidiamo che anche la Curti possa a sua volta liberarsi dalle catene delle relazioni con Leonardo e ritornare a fare ciò che faceva prima per il progresso della società attraverso le competenze professionali di primo piano che può mettere in campo nella meccanica di precisione, piuttosto che seguire le sirene della NATO, che anche in Emilia Romagna sta portando avanti pesanti operazioni di conversione verso l’industria bellica con la sua domanda di produzione sempre più incalzante. Sul fronte dei lavoratori invece l’invito è ad una maggiore consapevolezza dei processi produttivi nei quali vengono impegnati e a considerare le opzioni possibili, fra le quali quella dell’obiezione di coscienza per affermare un diritto del lavoro della pace. La scelta della data del 6 agosto era dettata dalla coincidenza con l’80°anniversario della bomba atomica su Hiroshima: anche in quel caso il pilota che sganciò la bomba non aveva la minima idea della potenza dell’ordigno e dei suoi effetti devastanti. Pertanto, la consapevolezza è una delle leve per scelte più in linea con i propri valori e con il mondo. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
La repressione serpeggia tra i banchi di scuola, ma anche all’università
A sei giorni dalle elezioni al CNSU (Consiglio Nazionale degli studenti universitari) l’Università di Bologna invia nove denunce ad altrettanti studenti del movimento Cambiare Rotta, rei di avere dato vita ad uno spazio autogestito per creare un processo di agibilità politica, recuperando, all’interno dell’Università di Bologna, un’auletta in disuso. “Occupazione per trarne altrimenti profitto” questa sarebbe la fantasiosa accusa. Poco tempo fa alcuni studenti avevano fatto pacificamente irruzione in un convegno targato Leonardo SpA, contestando gli accordi di ricerca che chiudono sempre un occhio e a volte anche due, giocando sull’equivoco della ricerca “dual-use” (civile-militare), ma soprattutto la presenza asfissiante della Leonardo, che finanzia convegni, stage, tirocini e si propone in tutta Italia come punta di diamante di uno sviluppo industriale di morte, ma che può offrire un futuro a molti giovani brillanti soprattutto in campo tecnologico: sistemi d’arma, visori ottici di ultima generazione a uso militare, sistemi avanzati interconnessi per il controllo pervasivo dei territori contro fastidiosi sommovimenti popolari (le cosiddette “Smart-cities”), intelligenza artificiale applicata ai droni, ecc ecc. In una recente intervista, gli studenti di Cambiare Rotta protagonisti dell’azione hanno raccontato il loro percorso di democratizzazione all’interno dell’ateneo bolognese anche attraverso il recupero di spazi di socialità: ed è stato proprio grazie al recupero di quest’interstizio di vita all’interno dell’università che è stato possibile per loro, stando sul posto, bypassare l’onnipresente controllo della Digos e degli agenti dell’AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna) e fare irruzione nell’aula convegni. Il CNSU è un organo elettivo consultivo istituito ai tempi di Luigi Berlinguer, con al suo interno rappresentanti degli studenti iscritti ai corsi di laurea, laurea specialistica e dottorato di ricerca. È composto da 28 studenti iscritti ai corsi di laurea, uno studente dottorando di ricerca e uno specializzando. Attualmente il consiglio è monopolizzato da forze politiche della sinistra moderata riformista, più o meno riconducibili al PD e a forze centriste, alcune delle quali vicine al mondo cattolico, mentre la restante parte è decisamente ancora più a destra e di ideologia conservatrice. Cambiare Rotta, invece, fin dall’inizio ha fatto riferimento a un pensiero politico riconducibile alla sinistra radicale, antimilitarista e antisionista ed è decisamente contraria al riarmo e all’asservimento del mondo della ricerca a quello industriale in modo particolare quando fa accordi con Israele. A questo link si trova l’appello degli studenti di Cambiare Rotta per il ritiro delle denunce. Stefano Bertoldi