L’idiozia è la guerra
Un appuntamento fisso da 80 anni per eporediesi e biellesi è quello di Lace,
frazione di Donato, piccolo paese sulla Serra d’Ivrea che divide le due città.
In quel luogo, a fine gennaio del 1945, furono attaccate la sede del Comando
Partigiano della VII Divisione Garibaldi “Piemonte” e la cascina del Comando
Partigiano della 76^ Brigata “Togni”. Il 25 aprile viene celebrato da biellesi e
eporediesi, insieme, in quel luogo, nei pressi di un cippo che ricorda i
garibaldini caduti e catturati.
Oggi ho tenuto un discorso per il coordinamento Biellesi per la Palestina libera
sull’idiozia della guerra, di cui riporto qui sotto il testo.
Il termine “guerra” ha un origine etimologica non latina, bensì barbara. Infatti
“guerra” è simile all’inglese “war” e, se guardiamo la storia, più che la
“bellum” latina ricorda la mischia delle invasioni che decretarono la fine
dell’Impero Romano.
La guerra, come realtà storica, da allora ha preso diverse strade ma,
prevalentemente, ha avuto quella degli scontri armati tra eserciti.
Sono cambiati nei secoli strategie, tecniche ma la guerra rimase scontro armato
tra eserciti più o meno fino alla Prima Guerra Mondiale.
C’erano certo scorrerie, razzie, stupri a latere delle battaglie. Era
considerato bottino di guerra che pesava sulla popolazione civile, ma la
vittoria o la sconfitta era determinata da come si svolgeva la battaglia sul
campo.
La Prima Guerra Mondiale segna il passaggio dalla forma guerra pre industriale a
quello industriale. Ci hanno raccontato che a scatenarla fu l’uccisione
dell’arciduca Ferdinando d’Austria e della sua consorte. La realtà è che la
capacità produttiva acquisita allora dall’essere umano, insieme all’aumento
demografico, portò a quella guerra.
Fu la prima guerra che espresse completamente le capacità autodistruttiva del
capitalismo industriale.
Entrarono in scena nuove tecnologie di guerra: carri armati, aerei,
mitragliatrici e anche telefono e telegrafo. Il luogo dove stabilire la vittoria
rimase il campo di battaglia degli eserciti, numerosissimi come le vittime.
Furono almeno 17 milioni di morti, escludendo le vittime dell’influenza spagnola
del 18/19.
Ma qual è l’altra novità che si profila con l’innovazione industriale della
Grande Guerra? E’ l’aumento delle vittime civili. Anche qui togliendo la
Spagnola, la Rivoluzione Russa e il genocidio armeno le stime danno cifre
introno ai 6 milioni e mezzo di morti. Siamo tra il 25 e il 30% di vittime
civili.
La guerra da allora si è sempre più concentrata contro la popolazione.
Le vittime civili sono aumentate nella Seconda Guerra Mondiale. Ovviamente
parliamo sempre di stime ma, se i morti totali del secondo conflitto si aggirano
intorno ai 55 milioni, di questi il 60% li possiamo conteggiare tra la
popolazione disarmata.
Come poteva essere diversamente? La tecnica “progredisce” – se possiamo dire
così –
Coventry nel 1940 venne sottoposta a 11 ore di bombardamenti da parte della
Luftwaffe e gli obiettivi erano le fabbriche e i civili. Da allora venne
addirittura coniato il termine “coventrizzare” per dire annientare. Vi furono
molte altre città sottoposte a questa “innovazione” fino al bombardamento di
Berlino. Gli “alleati” appresero e usarono le medesime tecniche e, come
sappiamo, andarono oltre e sganciarono le atomiche su Hiroshima e Nagasaki.
Dicono per chiudere definitivamente il conflitto.
Ci spaventammo di questa potenza distruttrice che dava un nuovo significato alla
parola guerra. Un significato molto più prossimo alla autodistruzione.
Cercammo, come genere umano, di contenere la guerra. Non ci riuscimmo.
Ci fu il Vietnam, e lì l’accezione del termine guerra fu onorato di
accompagnarsi a quello di Liberazione. Come la nostra che celebriamo oggi.
Sono andato a riprendermi il saggio di Claudio Pavone sulle Tre Guerre e a
rileggermi i capitoli centrali sulla violenza. Claudio Pavone sostiene, a
ragione, che la scelta di prendere le armi da parte dei resistenti fu legittima
difesa contro chi aveva e ha, invece, la fascinazione della violenza come
elemento che lo caratterizza.
E il fascismo prima e poi il nazismo, furono – e sono – intessuti strettamente
con l’idea di violenza.
Ma sono gli unici?
La potenza tecnica scatenata dagli USA in nome dell’anticomunismo fu terribile e
grande la legittima difesa dei resistenti vietnamiti. Prima di quella – e
qualcosa anche dopo – ci furono altre guerre di liberazione ma, da tempo, si
sono estinte, e la guerra ha preso, sempre più, un nuovo significato.
Lo vogliamo chiamare Postindustriale? O forse digitale? La tecnologia avanza e
così il suo uso militare.
L’ultimo “progresso” lo troviamo nella guerra scatenata da Israele contro la
popolazione palestinese ed è l’uso dell’AI, dell’intelligenza artificiale.
Abbiamo notizia di un programma che si chiama Lavender -Lavanda- usato per
selezionare e gestire gli attacchi militari nella striscia di Gaza.
“Una fonte ha affermato” leggo da Infoaut “che il personale umano spesso serviva
come “timbro di gomma” per le decisioni della macchina, aggiungendo che,
normalmente, dedicavano circa 20 secondi ad ogni obiettivo prima di autorizzare
un bombardamento.” E prosegue “Questo, nonostante sapessero che il sistema
commette ciò che viene considerato errore in circa il 10 percento dei casi, ed è
noto per contrassegnare occasionalmente individui che hanno solo un legame
debole o nessun legame, con gruppi militanti.”
Quando si usa la parola genocidio non lo si fa a caso. Gli obiettivi di Israele
sono civili. Quando non si copre neanche con la retorica e la falsità
l’accettazione di vittime civili, allora vuol dire che si uccide
indiscriminatamente.
E mi chiedo e vi chiedo: è proprio necessario usare così questo “progresso
tecnologico”?
Se guardiamo dall’esterno l’evoluzione della guerra negli ultimi cento anni non
pare folle questo sviluppo dell’autodistruzione?
E se è così chi è l’idiota? Chi vuole porre la guerra fuori dalla storia o chi
ne fa il mezzo per il nostro suicidio?
E allora diciamo sempre più forte e sempre in di più che dobbiamo “Restare
umani”. Diciamolo insieme ad altri due imperativi morali: Resistere! e
Disarmare!
Ettore Macchieraldo