Caccia selvaggia per legge
C’è un breve video che sta girando sui social network (l’originale è su tik tok)
in cui Giovanni Storti, uno del terzetto Aldo, Giovanni e Giacomo, illustra la
proposta sulla caccia del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Quel
video non è solo un pezzo di grande bravura dell’attore, è soprattutto uno
straziante atto di accusa senza alcuna indulgenza. La proposta di modifica della
legge 157/92, avanzata dal ministro e sostenuta dalla maggioranza di governo,
introduce cambiamenti radicali, prevedendo la licenza di uccidere praticamente
sempre e dovunque, riducendo le restrizioni ambientali attualmente in vigore e
mostrando profili di incostituzionalità e possibili violazioni delle direttive
europee. Ma Lollobrigida va dritto per la sua strada e punta ad approvare il
testo entro agosto, in tempo per l’apertura della prossima stagione venatoria.
> La nuova legge, 18 articoli, afferma senza pudore né pietà che l’attività
> venatoria è una pratica utile alla tutela della biodiversità e
> dell’ecosistema, oltre che un’attività sportivo-motoria di rilevanza culturale
> ed economica.
Una reinterpretazione che fa rientrare dalla finestra quello che l’Europa e il
referendum promosso da Verdi e radicali nel 1990, andato a vuoto per mancanza
del quorum, volevano far uscire dalla porta. Addirittura dichiarando la caccia
attività protetta dall’articolo 9 della Costituzione, dove si tutelano il
paesaggio e il patrimonio naturale della nazione.
In sintesi, ecco le principali novità: si estendono enormemente le aree
destinate alla caccia, riducendo e in alcuni casi azzerando, le regole e i
divieti; le regioni sono obbligate a ridurre le aree protette se ritenute
«eccessive», dando ampi poteri al ministero dell’Agricoltura nel definirle;
vengono riaperti gli impianti di cattura dei richiami vivi e le specie
catturabili per essere usate come richiamo passano da 7 a 47 e viene eliminato
ogni limite nel possesso di uccelli da richiamo provenienti da allevamento. I
controlli diventano sostanzialmente impossibili, favorendo il bracconaggio e il
traffico di animali. Fin qui la “tutela” del patrimonio animale stabilito dalla
Costituzione.
> Passiamo ora a esaminare “il paesaggio”: viene consentita la caccia nelle aree
> demaniali come spiagge, zone dunali, foreste, praterie, con enormi rischi per
> escursionisti, villeggianti, ciclisti; è abolito ogni limite alla costruzione
> di nuovi appostamenti fissi di caccia con enormi impatti sul turismo e
> sull’inquinamento da piombo dei pallini.
E arriviamo alle conseguenze pratiche per chi cacciatore non è: le gare di
caccia con cani e fucili sono consentite anche di notte e nei periodi di
nidificazione; nelle aree private la caccia potrà essere esercitata senza
regole; la licenza di caccia è consentita anche ai cittadini stranieri e non è
prevista alcuna formazione dei cacciatori stranieri sulle regole
italiane; aumentano i periodi di caccia che vengono estesi oltre febbraio ,che
era fino a oggi il periodo non consentito perché di migrazione prenuziale e
nidificazione. Infine, la caccia sarà consentita anche dopo il tramonto, con
l’impossibilità di distinguere le specie ed enormi pericoli per la pubblica
incolumità. Però anche le guardie giurate di banche e supermercati potranno
uccidere animali.
> Infine, ciliegina: chi protesta contro le uccisioni di animali si becca multe
> fino a 900 euro, ma il legislatore ha dimenticato di prevedere sanzioni per il
> bracconaggio e il traffico di animali selvatici.
Si potrebbe osservare che Lollobrigida avrebbe potuto dedicarsi a questioni ben
più urgenti, invece di andare a sparacchiare in giro. Che so, avrebbe potuto
legiferare sulla sicurezza alimentare, sulla sostenibilità ambientale, sugli
effetti del cambiamento climatico e sulla necessità di adattamento alle nuove
tecnologie. Ma se ha scelto di occuparsi di chi imbraccia un fucile, una ragione
c’è: negli ultimi dieci anni in Italia il numero delle licenze di caccia è sceso
dalle 775mila di due anni fa alle attuali 450/600mila. Se pensate che nel 1980
c’erano un milione e settecentomila cacciatori e che, oltretutto, c’è un lento
ricambio generazionale, l’allarme, per uno come Lollobrigida, è più che
giustificato.
> Anche perché il giro d’affari dell’attività venatoria in Italia è stimato in
> circa 8,5 miliardi di euro l’anno, incluse anche, per circa un miliardo, le
> vendite di armi, munizioni, attrezzature da caccia. Un affaruccio che pesa per
> lo 0,38% sul Pil italiano.
In occasione del referendum del ’90 in vignettista Vauro disegnò il suo omino
con un fucile in mano e una didascalia che diceva così: «Se proprio volete
sparare a un uccello, sparate al vostro». Vignetta inelegante e un po’
grassoccia, senza dubbio, ma quell’adesivo fece in giro del Paese. Ora i tempi
sono cambiati e pare non faccia scandalo più di tanto un disegno di legge del
governo che scardina nel profondo i principi etici che sono alla base della
Dichiarazione Universale dei diritti dell’animale che così recita: «Gli animali
sono esseri senzienti che hanno il diritto di essere trattati con rispetto e
dignità».
Eppure, quel documento, privo di valore giuridico ma espressione di una forte
evoluzione culturale sosteneva che il benessere degli animali può essere
definito come «lo stato di completa sanità fisica e mentale che consente
all’animale di vivere in armonia con il suo ambiente». La Dichiarazione venne
sottoscritta a Parigi, nella sede Unesco, nel 1978. Un’altra epoca, un altro
mondo, un’altra civiltà.
Al momento, è la Lav(Lega Anti-Vivisezione) assieme al CADAPA (Comitato
Antispecista Difesa Animali Protezione Ambiente) a raccogliere le firme per
l’abrogazione di ogni legge sulla caccia: «È una situazione non più
tollerabile, gli animali selvatici sono minacciati da una politica che li usa a
fini elettorali per raccogliere il consenso tra agricoltori e allevatori,
categorie che vorrebbero semplicemente l’estinzione di qualsiasi specie, vista
come intralcio all’espansione delle attività umane e al dominio di qualsiasi
territorio selvatico».
Immagine di copertina di jacqueline macou da Pixabay
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