Uno sguardo umano sulla diversità: il rizoma
In occasione della settimana Europea della Salute Mentale (19-25 maggio), si è
svolto all’interno del seicentesco Complesso Monumentale dei Santi Apostoli di
Napoli un incontro di studio e di approfondimento sul concetto di diversità e
neurodivergenze.
Dal 1977 il palazzo è sede del Liceo Artistico della città ed è in questo
contesto che l’evento di apertura ha avuto luogo. Sono state coinvolte
l’istituzione liceale e universitaria insieme per affrontare, attraverso un
dialogo profondo e animato, questioni di prevenzione e cura del disagio sociale
e psicologico-individuale.
Il dibattito è iniziato concentrandosi sull’idea di avanguardia del passo prima,
quell’attimo, cioè, dell’esperienza umana che è luogo di un pensiero che
riflette, che si muove fermo e saldo, e che avanza intrepido nonostante il
dolore e la perdita.
Il passo prima è ciò che precede l’irreparabile, ma che non cancella la
sconfitta o il fallimento, che osserva attento e disponibile l’azione umana
quando è conquista e affermazione di sé. È quel momento di una prospettiva
futura in cui si crea la possibilità di sperimentare il proprio essere autentico
nell’incontro con l’altro e con la sua diversità, che è anche la propria
unicità. Il passo che nel suo procedere affronta lo spavento e l’indifferenza
degli individui, e in cui la paura non ha travolto già le loro menti e i corpi,
dove la speranza rivolge ancora uno sguardo di fiducia verso l’apprendimento di
una pratica dei saperi in difesa della pluralità e della ricchezza della
soggettività di ciascuno.
Tramite gli interventi dei partecipanti la differenza si è potuta immaginare non
solamente come qualcosa di fragile e vulnerabile, ma anche come una protezione
dall’omologazione e dall’anonimato. La discussione si è così avviata verso il
concetto particolare di rizoma. Il rizoma in botanica è un fusto perenne, una
radice che cresce in modo continuo e costante, è sotterraneo con uno sviluppo
per lo più orizzontale.
Il rizoma ci mostra, lungo la sua evoluzione, che i passaggi (di stato) prendono
la forma di internodi, punti di incontro che si intrecciano e che diventano
sempre più forti e solidi. Nello spazio dell’internodo, anche detto
spazio-di-mezzo, spazio intermedio nascono gemme, foglie e rami nuovi; insomma
il rizoma ci ha fatto pensare ad una rete di connessioni che rende viva la
pianta e che produce una trasformazione, una rigenerazione.
Questa speciale radice, il rizoma appunto, sembra qualcosa che, al tempo stesso,
ripara proprio lì dove la spaccatura fa nascere un fiore e anche costruisce
poiché genera una nuova vita. Utilizziamo, quindi, la parola rizoma come
concetto simbolico di un modo nuovo di intendere la comunità e le relazioni tra
le persone. Una comunità, quindi, che possa fare esperienza di un’altra logica,
la logica dell’inter-essere, una funzione relazionale che ha in sé i principi
della molteplicità, della eterogeneità e che si riferisce ad un sistema aperto,
libero e infinitamente percorribile.
Sono assenti punti o posizioni congelate, e c’è invece un fluire, una
trasformazione in continuo movimento. Un sistema umano pensato e vissuto
attraverso le forme di congiunzione e/e – come coesistenza di diversi elementi –
e non con le forme respingenti, di disgiunzione o/o. Una comunità, quindi, che
possa funzionare come una struttura che si sviluppa in maniera diffusiva e
reticolare e con una modalità meno rigida e verticale, e per lo più di tipo
orizzontale (simmetria asimmetrica).
L’incontro ci ha permesso di fare esperienza reale della capacità di riscatto
che ci rimanda un’osservazione sensibile e accorta e lo stare-in-relazione con
cura, elementi sostanziali per uno scambio reciproco tra gli individui,
ingredienti primari e fonti di vitalità.
Il convegno è stato una sorta di esercitazione volta verso un sentire che
accoglie la differenza nella sua pluralità, che sperimenta la regola dello stare
insieme come un piacere e non solo come un dover essere, e che comprende,
perciò, le uguaglianze e le diversità, che mette in luce l’essere come soggetto
in azione, individuo libero che desidera e sceglie, un soggetto che ricerca e
scopre nell’organizzazione comune e nel fare collettivo un diritto dell’uomo e
del proprio assetto umano.
Ritrovare, in questo modo, l’umanità dell’uomo nel suo aspetto fragile ci
restituisce solidità e stabilità, un investimento sull’interezza del proprio
mondo interno. É stato, insomma, un lavoro che ha perseguito un pensiero di
prevenzione e una spinta a resistere come pulsione di vita.
La giornata si è conclusa con la riflessione attuale che è proprio nel qui e ora
che abbiamo tante responsabilità: il fidarsi vicendevole della relazione tra sé
e l’altro, il muoversi secondo la regola e il limite del buon senso, che, in
fondo, è una regola del sentimento, cioè quel sentire profondo e naturale
dell’affidarsi, dell’accogliere e di scoprire, perciò, che umanizzare la
fragilità significa anche avvicinarsi alla mancanza e all’imperfezione,
immaginandole come risorse proprie e sorgenti vitali di un futuro più capace di
amare.
Ci permettiamo, allora, di cogliere legami nuovi e affidabili che possano
esistere per davvero ed essere costruiti e nutriti all’interno di un ambiente di
cura della fragilità di ognuno, luogo in cui potersi chiedere: la fragilità è
poi così tanto fragile?
Redazione Napoli