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CPR, l’anomalia dello stato di diritto: la detenzione senza reato!
I Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) rappresentano oggi una delle più gravi contraddizioni dello Stato di diritto italiano: una detenzione senza reato!_   Nati come strutture temporanee per l’identificazione e l’espulsione di migranti irregolari, si sono trasformati in luoghi di detenzione amministrativa dove persone – colpevoli solo di non avere un permesso di soggiorno – vengono private della libertà personale per periodi sempre più lunghi, fino a 180 giorni. Una misura sproporzionata, che viola i principi fondamentali della nostra Costituzione. L’articolo 13 della Costituzione afferma: «La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria». Eppure, nei CPR, uomini e donne vengono rinchiusi senza aver commesso alcun crimine, ma solo per una violazione amministrativa. Non si tratta di carcerazione per reati, ma di privazione della libertà per il semplice fatto di essere “indesiderati”. A Messina, durante un incontro con Ilaria Salis, attivista e parlamentare che ha denunciato più volte le condizioni disumane dei CPR , è emerso con chiarezza l’abisso tra le garanzie costituzionali e la realtà di questi centri. Salis ha parlato del CPR di Trapani, descrivendo celle sovraffollate, condizioni igieniche inaccettabili, mancanza di assistenza legale e medica. «Queste strutture», ha detto, «sono luoghi di sofferenza e disumanizzazione, dove il diritto viene sospeso». I CPR sono l’ultima incarnazione di un sistema che, dal 1998, ha progressivamente inasprito il trattamento riservato ai migranti. Nati come Centri di Permanenza Temporanea (CPT), poi diventati Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), oggi si chiamano CPR, ma la sostanza non cambia. Sono luoghi di reclusione per chi non ha commesso alcun reato. La durata della detenzione è aumentata da 30 a 180 giorni, soprattutto a causa dei decreti sicurezza (2018-2019), che hanno esteso i tempi di trattenimento senza migliorare le condizioni di vita all’interno dei centri. Questi provvedimenti, presentati come necessari per contrastare l’immigrazione irregolare, hanno di fatto normalizzato la detenzione amministrativa, rendendola più lunga e più dura, senza però risolvere i problemi strutturali del sistema. Una riflessione necessaria. Se la Costituzione italiana riconosce i diritti inviolabili dell’uomo (art. 2), se proclama l’uguaglianza davanti alla legge (art. 3), se vieta trattamenti contrari al senso di umanità (art. 27), come possiamo accettare che migliaia di persone siano rinchiuse in condizioni degradanti solo perché prive di un documento? I CPR, aggravati dai decreti sicurezza, non sono la soluzione al fenomeno migratorio, sono, piuttosto, la negazione della democrazia. Se vogliamo essere un Paese che rispetta i diritti umani, dobbiamo ripensare radicalmente queste strutture, sostituendole con politiche più giuste e umane. Perché, come scriveva Primo Levi, «se comprendere è impossibile, conoscere è necessario». E oggi, conoscere ciò che accade nei CPR è un dovere civico.   Redazione Sicilia