4 novembre, obiettiamo alla reintroduzione della leva obbligatoria
Anche quest’anno in occasione del 4 novembre, festa delle Forze Armate,
istituzioni e apparati militari si preparano a esaltare la guerra e il
militarismo secondo la narrazione della “vittoria” della Prima Guerra Mondiale,
una “inutile strage” il cui bilancio finale per l’Italia fu di oltre 650.000
soldati uccisi e più di un milione feriti, dei quali molti con gravi
mutilazioni. A questi si aggiunsero più di 600.000 vittime civili a causa di
bombardamenti e occupazioni militari, carestie ed epidemie.
La maggior parte delle vittime erano contadini e analfabeti esclusi dal diritto
di voto e obbligati a farsi ammazzare o a uccidere nemici che non conoscevano,
da un governo che li considerava solo carne da cannone. La guerra non risolse i
problemi dell’Italia, anzi ne creò di nuovi e favorì l’avvento del fascismo.
Anche l’Europa di allora si trovò davanti a conseguenze terribili, crisi
economiche e sociali, con l’affermarsi del nazismo, militarista e razzista.
Tutto poi precipitò nel disastro della Seconda Guerra Mondiale.
Attorno alla data del 4 novembre, ripristinata anche come Giornata dell’unità
nazionale per intensificarne la portata, non c’è solo una distorta celebrazione
storica, ma anche il tentativo di una vera e propria propaganda bellica che si
riversa nelle scuole e in molte (per fortuna con le debite eccezioni)
celebrazioni istituzionali. Una propaganda tanto più insopportabile nel periodo
che stiamo attraversando, che vede guerre sanguinose in varie parti del mondo, e
due alle porte d’Europa, in Ucraina e Palestina, molte delle quali con un
coinvolgimento diretto della produzione bellica italiana. Una propaganda che si
intensifica anche per nascondere i conflitti interni fatti di impoverimento
generale, aumento delle spese militari, repressione militarizzata nelle città
imposta con zone rosse e decreti sicurezza, repressione del dissenso.
Purtroppo oggi soffia un nuovo vento di guerra. Giornali e mezzi di
comunicazione sempre più spesso danno voce a iniziative di riarmo e di sostegno
a una mentalità bellicista e di allarme internazionale. I governi europei
vogliono che i popoli si preparino alla guerra, anche reintroducendo il servizio
militare obbligatorio per tutti i giovani. L’ultimo in ordine di tempo è stato
quello della Croazia, che segue la decisione già presa in Norvegia e Svezia. La
Francia sta spingendo per allargare il reclutamento per il servizio militare
volontario, come sta avvenendo nei Paesi Bassi. La Germania ha già approvato una
legge che favorisce e facilita il reclutamento, per ora volontario, nelle file
dell’esercito.
E in Italia? Il dibattito è aperto e già si parla di attivare una forza di
riserva, per arrivare a un modello autonomo di difesa militare europea che
considera la possibilità generalizzata di un servizio militare per donne e
uomini come obiettivo di adeguamento numerico delle forze armate. L’Europa pensa
alla leva per tutti come un passo necessario nel processo politico di
unificazione militare europea e strategia di rafforzamento della cittadinanza
nella difesa comunitaria. Questo atteggiamento è gravissimo: la prospettiva è
quella di una “guerra perpetua” con armi convenzionali e milioni di vittime
civili o una irrimediabile catastrofe nucleare con lo sconvolgimento della
civiltà e del pianeta.
Da tempo il Movimento Nonviolento ha trasformato la giornata del 4 novembre in
un’importante occasione di riflessione e opposizione a tutti gli eserciti,
contro tutte le politiche di riarmo, a sostegno degli obiettori di coscienza e
dei disertori di tutte le guerre.
“4 novembre, non festa ma lutto” è stato ed è il nostro slogan da opporre alla
retorica patriottarda.
La nostra proposta è la Campagna di Obiezione alla guerra, per dire no alla
chiamata alle armi, alla mobilitazione militare, all’ipotesi di ritorno della
leva obbligatoria. Ci dichiariamo da subito obiettori di coscienza, invitando
tutti a sottoscrivere la Dichiarazione di obiezione di coscienza per respingere
il disegno di chi vuole obbligare i nostri giovani a prendere il fucile e
vestire la divisa.
Movimento Nonviolento