Memoria viva, lotta quotidiana. A Napoli, 33 anni dopo Capaci
Napoli si è fermata questa mattina per ricordare. In piazza Municipio, davanti
alla lapide che onora Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e
le loro scorte, sono stati deposti dei fiori. Un gesto semplice, ma necessario.
Perché in un tempo che corre veloce, fermarsi a ricordare è già una forma di
resistenza.
Il sindaco Gaetano Manfredi, intervenuto alla cerimonia insieme al prefetto, ai
rappresentanti della magistratura, agli studenti e a numerose realtà civiche, ha
sottolineato l’urgenza di un impegno collettivo: “La legalità si afferma solo
con la partecipazione di tutti”. Un messaggio che risuona forte, soprattutto
oggi, a 33 anni dalla strage di Capaci.
Oggi più che mai, è evidente che la criminalità organizzata ha cambiato forma.
Meno visibile, più insinuata nel tessuto economico e sociale. Secondo l’ultima
relazione semestrale della DIA (Direzione Investigativa Antimafia), le mafie si
infiltrano nei settori dell’edilizia, della logistica, degli appalti pubblici e
del gioco online, riciclando capitali e conquistando consenso sociale. Secondo
il rapporto 2023 di Transcrime, l’Italia è uno dei paesi europei con il più alto
numero di segnalazioni per operazioni finanziarie sospette, oltre 140.000 nel
solo 2022.
Secondo dati ISTAT, oltre 11.000 beni immobili confiscati sono stati trasferiti
ai comuni per usi sociali, ma solo il 60% è effettivamente utilizzato. Le
regioni con il più alto numero di beni assegnati sono Sicilia, Campania e
Calabria. Questo evidenzia un potenziale ancora inespresso nella lotta alla
criminalità attraverso il riutilizzo dei beni confiscati.
A Napoli, alcuni beni confiscati sono stati trasformati in presidi di legalità e
cittadinanza attiva. Come il Centro La Gloriette, a Posillipo, oggi sede di un
progetto di inclusione per persone con disabilità. O le cooperative che, nei
quartieri difficili, creano lavoro dove prima c’erano solo silenzi e minacce.
Solo pochi giorni fa, la città ha ricordato un’altra vittima della camorra:
Gelsomina Verde, uccisa a 22 anni nel 2004. Torturata e bruciata perché amava la
persona sbagliata agli occhi di chi fa della vita umana un mezzo per il potere.
Anche in quell’occasione c’erano i familiari, i compagni di scuola, le
associazioni, le voci che non vogliono dimenticare.
Le mafie non sono finite. Hanno solo cambiato volto. E combatterle significa
restare svegli, informati, solidali. Significa proteggere chi denuncia,
sostenere chi educa, rafforzare chi amministra nel silenzio e nella fatica.
Secondo l’associazione Libera, nel solo 2023 sono stati registrati oltre undici
episodi di vandalizzazione di beni confiscati alle mafie, con danneggiamenti che
vanno dagli incendi dolosi agli imbrattamenti intimidatori. Si tratta di
immobili già assegnati a finalità sociali, come sedi associative o comunità
educative, spesso ubicati in territori ad alta densità mafiosa. Questi atti non
sono semplici gesti di teppismo: sono messaggi diretti, tentativi di
delegittimare chi porta avanti percorsi di legalità concreta nei quartieri.
La stessa Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC) segnala
che oltre 40.000 beni in Italia sono ancora in attesa di destinazione
definitiva, mentre il 40% dei beni già trasferiti ai Comuni risulta in stato di
abbandono o sotto-utilizzo. Un vuoto che espone molte strutture a rischio di
degrado o sabotaggio.
In un’indagine 2023 di Avviso Pubblico, il 60% dei Comuni coinvolti ha
dichiarato difficoltà nella gestione dei beni confiscati, spesso per mancanza di
fondi, personale o supporto tecnico. Rafforzare la rete istituzionale e civile
attorno a questi presidi è oggi una priorità, se si vuole rendere la memoria una
leva di trasformazione duratura e non solo un esercizio di rito. Inoltre,
secondo l’ANBSC (Agenzia Nazionale per l’Amministrazione dei Beni Sequestrati e
Confiscati), più di 40.000 beni sono ancora in attesa di destinazione
definitiva, spesso a causa di lungaggini burocratiche o opposizioni legali.
Nel campo dell’educazione alla legalità, progetti come “Scuola e legalità”
promossi da MIUR e associazioni antimafia hanno coinvolto oltre 500.000 studenti
negli ultimi dieci anni, con attività di formazione, teatro civile e incontri
con testimoni di giustizia. Il Comune di Napoli, attraverso il programma “Scuole
Aperte”, ha sostenuto 50 istituti in attività pomeridiane contro la dispersione
scolastica e l’illegalità diffusa.
Ogni volta che ricordiamo i nomi di chi non c’è più per mano mafiosa o
camorrista, ogni volta che ci fermiamo a nominarli, a raccontarli, è
un’occasione per risvegliare quelle emozioni sopite che ci tengono vigili. È
così che la memoria ci salva dall’indifferenza.
E non ci stancheremo mai di scriverne. Perché è uno dei pochi strumenti veri che
abbiamo per cambiare direzione.
Lucia Montanaro
Fonti:
Libera – “Beni confiscati: il potere del riuso”, 2023 – www.libera.it
ANBSC – www.benisequestraticonfiscati.it
Transcrime – Rapporto 2023 – www.transcrime.it
ISTAT – Dati su beni immobili confiscati – www.istat.it
Avviso Pubblico – “Amministratori sotto tiro” 2023 – www.avvisopubblico.it
MIUR – Progetti “Scuola e Legalità” – www.miur.gov.it
Credits fotografici: Tutte le foto sono tratte dal sito ufficiale del Comune di
Napoli.
Lucia Montanaro