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Verona, Lanterne Rosse a 80 anni dal lancio della bomba atomica su HIROSHIMA e NAGASAKI
VERONA, 6 -9 AGOSTO 2025 Verona ha ricordato l’80esimo anniversario del bombardamento atomico americano statunitense delle due città giapponesi di Hiroschima e Nagasaki con il consueto deposito di lanterne rosse nell’Adige, tradizione arrivata con una sopravvissuta di Hiroschima, nel lontano 2005, che, «incontrando alunni/e della provincia veronese, portò il prototipo del lumino che, tuttora, viene depositato ogni anno sui sette fiumi della città di Hiroschima,  per ricordare una persona cara, morta a causa della bomba atomica». Nella organizzazione dell’evento del 9 agosto c.a., promosso dal Comitato Veronese per le iniziative di Pace, con il patrocinio del Comune di Verona, sono stati attuati due percorsi innovativi: –  Laboratorio di costruzione Lanterne di Pace per bambini/e, dai 6 anni in su; Tra le lanterne depositate in acqua, assemblate da un congruo numero di volontarie /i di Associazioni veronesi, anche le lanterne prodotte dalle/i bambine/i nel laboratorio gratuito svoltosi alla Casa di Quartiere Baleno, laboratorio riproposto, dopo lungo tempo, per avvicinare le/i piccoli/e, al pensiero della necessità di attivarsi concretamente per la pace. – Suggestiva coreografia nella vasca dell’Arsenale per invocare la pace; A pochi passi da Ponte Castelvecchio, nei giardini della vasca adiacente l’Arsenale Asburgico, un centinaio di persone hanno posato in una coreografia ripresa dall’alto, per formare, coesi in un unico appello, la parola PACE, obiettivo comune dei/delle partecipanti, assieme a quello del disarmo, in particolare  nucleare. A tal proposito, Mao Valpiana, Presidente del Movimento Nonviolento, nel presentare l’iniziativa, ha affermato che «la bomba atomica non è un’arma pensata per un obiettivo militare, ma è un’arma per distruggere le città, progettata e costruita per colpire abitazioni, fabbriche, ospedali. L’obiettivo è la vita civile e contro questo pericolo la gente deve muoversi e deve ribellarsi. Si deve dire “no” e avere la proposta alternativa che è quella del disarmo, la messa al bando delle armi nucleari che, in questo momento storico, stanno tornando ad essere una minaccia sempre più imponente». Il relatore ufficiale della serata è stato Francesco Vignarca della Rete Italiana Pace e Disarmo il quale, affermando che l’arma nucleare è il massimo del militarismo, ha ripercorso le date del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), sottolineando che nel 2017 l’accodo internazionale è stato affiancato da un nuovo Trattato, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) che mira a vietare completamente lo sviluppo, il possesso e l’uso di armi nucleari. Trattato entrato in vigore nel 2021, dopo essere stato ratificato da 50 stati: «Anche le città, cioè gli obiettivi delle armi nucleari, sempre più dovrebbero mettersi in pista per l’adesione all’appello internazionale delle città promosso da ICAN ( Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari), una coalizione globale della società civile che lotta per promuovere l’adesione e la piena implementazione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari». In rappresentanza del Sindaco del Comune di Verona, l’Assessore all’Innovazione e alla Transizione digitale Jacopo Buffolo, con delega, fra le altre, alla Memoria Storica e Diritti Umani, ha evidenziato «che il pericolo atomico ha contraddistinto il secolo scorso con la guerra fredda e va ricordato sempre, sia in memoria di tutte le vittime che ci sono state, ma soprattutto per il rischio che vediamo ancora oggi con i tanti conflitti in atto, che vedono coinvolte potenze dotate di armi nucleari». Fa presente poi, che l’amministrazione ha, per a prima volta, patrocinato l’importante iniziativa a «testimoniare la volontà di una città che crede fortemente nei valori della pace, della non violenza,  nell’impegno che tutte e tutti dobbiamo prenderci per costruire una società più giusta, che possa ripudiare completamente la guerra come dice la nostra Costituzione». Alla chiusura dell’iniziativa, il momento significativo della deposizione in Adige delle lanterne rosse, con il lumino acceso, «per far partire il fiume di pace». Qui alcuni scatti dell’iniziativa. Miria Pericolosi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Verona, 1-3 maggio 2025: Fomento, tre giornate di critica radicale
Nelle tre giornate di questa seconda edizione di “Fomento – tre giornate di critica radicale” sono stati posti vari argomenti, vari interrogativi all’attenzione del numeroso  pubblico, fra cui studenti, studentesse e anche giovani insegnanti, tra cui: quale scuola? Quale classe (composizione sociale)? Quale casa?  Quale sovranità? Quale pace? Quale banlieue? Il primo argomento affrontato nella giornata inaugurale è stato: Quale scuola? Tra diseducazione e disciplinamento: «L’aziendalizzazione della scuola sta progressivamente soffocando la didattica, trasformandola in strumento di indottrinamento per educare alla subalternità. A partire dalla riforma Berlinguer, l’istruzione pubblica è stata gradualmente smantellata e piegata alle logiche del mercato del lavoro, andando a compromettere la formazione del pensiero critico collettivo per rispondere alle esigenze del sistema di produzione. O, quando necessario, per preparare alla guerra. A quale società sta dando forma la scuola neoliberista?». Tre sono stati i relatori. Ha iniziato, in collegamento video, il regista Federico Greco, presentando alcuni frammenti del suo ultimo film, in via di definizione, intitolato D’Istruzione pubblica, cioè dell’istruzione pubblica, ma anche sulla distruzione della scuola pubblica.  Il regista ha iniziato dicendo che «la scuola deve essere un momento, protetto dalla costituzione, in cui   ci si lascia andare alle proprie predisposizioni intellettuali gratuitamente, nel senso di non stare a conoscere, apprendere, con un obiettivo, tanto meno l’obiettivo di una futura professione, ma conoscere ed apprendere per il solo fatto in sè. Cioè per una conoscenza gratuita».  Secondo il regista a partire dal 1997/99, con la riforma Bassanini-Berlinguer è stata accolta la richiesta della Tavola Rotonda Europea degli Industriali (ERT) per cui la scuola «doveva essere trasformata da scuola delle conoscenze a scuola delle competenze: l’aziendalizzazione della scuola, processo rafforzato da ulteriori riforme succedutesi nel tempo». La scuola è diventata, come ha affermato il filosofo argentino Miguel Benasayag, citato dal regista, «uno strumento neoliberista che vuole creare un nuovo essere umano: individualista, atomizzato, competitivo. Incapace di mettere in discussione lo status quo». Il secondo intervento è stato quello della Prof.ssa Marina Boscaino, insegnante, giornalista Portavoce nazionale del Comitato per il ritiro di ogni autonomia differenziata. La docente, da subito, ha ricordato quanto la scuola della Carta Costituzionale (art.3, 9, 33 e 34) configuri una scuola emancipante, laica, pluralista ed inclusiva e quanto questo sia cambiato a partire dalla costituzione nel 1983 dell’ERT  (tavola Rotonda Europea degli industriali) forum che riuniva e riunisce amministratori delegati e presidenti di importanti società multinazionali europee, coprendo un’ampia gamma di settori industriali e tecnologici. L’industria e il neoliberalismo, capendo «l’importanza strategica vitale della formazione e dell’educazione per la competitività europea» incominciarono a premere per avvicinare la scuola ai bisogni dell’impresa, «a un rinnovamento accelerato dei sistemi di insegnamento e dei loro programmi». Si coniuga cosi, ha continuato la professoressa, una normativa che intenzionalmente destruttura la scuola della Costituzione, marginalizza gli organi collegiali, standardizza, comprime libertà di insegnamento e di apprendimento, irreggimenta, sostituisce competenze al sapere emancipante, avvia precocemente al lavoro decontrattualizzato, precario, insicuro, prepara il campo all’affermazione dei propri miti: oggi la guerra. Ultimo relatore è stato il Prof. Giovanni Ceriani, che ha presentato le motivazioni per cui nel 2023 si è sentita l’urgenza di costituire l’Osservatorio veronese Scuola e Pnrr, «strumento capace di convogliare, raccogliere e definire tutte le varie parti di una vera e propria macro-Riforma della scuola, passata sottotraccia, in maniera assolutamente invisibile data la frammentarietà degli interventi. Questa frammentarietà e tecnicità non ha permesso di cogliere la dimensione d’insieme e quindi il nuovo modello di scuola, di fatto delineato da uno spregiudicato interventismo innovazionista». A fronte della spinta ideologica e materiale, data un’enorme erogazione di soldi – i soldi del Pnrr – , il professore ha affermato che sono state accettate tutte le progettualità stabilite “d’ufficio”: fossero dispositivi informatici, corsi di formazione, nuove sperimentazioni curriculari, nuove figure di docenza, nuove idee di docenza. Quasi un obbligo morale ad accettare tutto. Una grande monetizzazione dei diritti, o meglio una grande monetizzazione della sottrazione di democrazia e diritti. Questa macro riforma della Scuola del Pnrr è il terzo tempo di uno scivolamento continuo verso il «completo allineamento della scuola al mercato, alle aziende e ai valori e linguaggi lì egemoni. Processo di mercificazione e de-costituzionalizzazione della scuola stessa che, invece di essere promotrice di cittadinanza, si sta ritrovando sempre più orientata nel suo essere produttrice e addestratrice di capitale umano, di risorse umane. Insomma di forza lavoro da un lato e di clienti consumatori dall’altro». Miria Pericolosi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Verona