Radio Onda Rossa compie 48 anni
È il 24 maggio del 1977 quando nell’etere romano si ascolta per la prima volta
la voce di Via dei Volsci. Allora a Roma c’erano diverse realtà di
comunicazione, Radio città futura, Radio Radicale, Il manifesto, Lotta continua,
Il quotidiano dei lavoratori, ma tutte, difficilmente, parlavano delle vere
lotte che il movimento romano faceva, «per far pubblicare una cosa dovevamo fare
sempre a botte» ricorda Lillo uno dei fondatori di Radiondarossa.
In quella prima trasmissione e in quei ricordi rimangono molti degli aspetti che
accora oggi caratterizzano ormai l’unica radio autogestita e autofinanziata
rimasta nella Capitale: la necessità di avere un proprio strumento
d’informazione – che nascesse direttamente dentro le lotte e ne potesse essere
un’espressione fedele – e la volontà che la radio fosse completamente
autofinanziata attraverso le sottoscrizioni libere dei comitati, dei collettivi,
degli ascoltatori e delle ascoltatrici e da chi la radio la fa.
Radio onda rossa non è una radio “libera” (libera da chi?), ma una radio
militante, una radio rivoluzionaria. Opera una scelta di campo ed è subito una
radio di Movimento: non è una radio libera perché accetta immediatamente il
condizionamento di una parte, quelle soggettività che non hanno voce e si
schiera faziosamente. Questo lo può fare perchè da 48 anni non ha il ricatto di
padrini, padroni, pubblicità a dirle cosa deve trasmettere.
48 anni di autogestione e autonomia che Radiondarossa si finanzia con un
radioabbonamento e con una festa che ci dal 23 al 25 maggio 2025.
La prima giornata come tutti gli anni sotto la sede storica della radio, in via
dei Volsci 56. A partire dalle 18 si parlerà di Palestina e della storia della
radio, si ballerà con le trasmissioni musicali e si farà un brindisi alle 24 per
festeggiare.
La festa poi continua il 24 e il 25 maggio in via Prenestina 173 in
collaborazione il CSOA Ex-Snia Viscosa. Il 24 maggio dalle 20:00 una line-up
incendiaria, transfemminista e queer, una serata dove l’hip hop torna a essere
voce, militanza, poesia urbana e visione politica. Le nuove generazioni di
rapper salgono sul palco con rime taglienti, testi che raccontano il presente e
sguardi radicali su società, corpi, desideri e lotte.
Sei live, sei visioni del mondo, sei modi diversi di spaccare lo spazio e
riscrivere il beat con:
– Malpela. Classe 1995, nata a Milano e cresciuta a Bareggio, Malpela debutta
nel 2020 con l’EP Ernia al disco e nel 2024 pubblica CANZONI IMPREVEDIBILI PER
PERSONE STANCHE. Canzoni come fendenti ironici e lirici sulla stanchezza
esistenziale e la vita reale.
– Hellsy. Rapper, attrice, doppiatrice e podcaster genovese, Hellsy fonde il rap
classico con sonorità pop, rock ed elettroniche. Nei suoi testi c’è la
queerness, ci sono le istanze transfemministe e una presenza scenica potente.
Co-creatrice del podcast Radical Queer e protagonista del docufilm In Viaggio
con Lei.
– Yerta. Da Viterbo, attiva anche con il progetto hardcore Gematrya. In solo,
propone un hip hop crudo e old school, con rime che colpiscono come pugni e una
voce che squarcia il silenzio. Timpani e cuori non saranno risparmiati.
– Annarella. Voce iconica del duo Zetas, arriva da Salerno con le sue liriche
taglienti e una potenza espressiva inarrestabile. Il suo flow è politico,
viscerale e visivo.
– Ellie Cottino. Rapper torinese con uno stile diretto e incendiario, porta sul
palco storie transfemministe e rabbie generazionali. Ha aperto per Cypress Hill
e Assalti Frontali. Una forza della natura, pronta a travolgere tutto e tuttə.
– Queen of Saba. Poche presentazioni servono per questo duo elettronico che
infiamma i palchi con energia, ironia e visione. Ballare sopra le rovine di ciò
che non ci piace? Sì. E cambiarlo, una traccia alla volta.
Qui le interviste alle band.
Domenica 25 maggio torneremo a parlare di Palestina da sempre nelle lotte e nei
microfoni dell’emittente romana. Già nell’autunno del 2001 seguendo la seconda
Intifada direttamente dalla Cisgiordania Occupata, poi dando voce a Vittorio
Arrigoni da Gaza e oggi continuando a parlare di Nakba e resistenza.
Lo faremo con l’Unione democratica arabo palestinese e con l’architetto
palestinese Antoine Raffoul di cui potete ascoltare una testimonianza qua.
Antoine aveva 7 anni quando è iniziata la Nakba, ha lasciata Haifa con tutta la
sua famiglia e non ha potuto più fare ritorno in terra di Palestina. Ma non ha
mai smesso di pensare alla sua terra, i suoi villaggi e alla Striscia di Gaza.
Nel 2020 indice insieme al Professore Salman Abu Sitta, fondatore e Presidente
della Palestine Land Society a Londra, un concorso per ridare a Gaza
un’architettura degna della sua storia. Una delle vincitrici del concorso viene
però uccisa dai bombardamenti dell’esercito israeliano a ottobre del 2023, ed è
a lei che Radiondarossa ha deciso di dedicare questa giornata di memoria e
discussione: Mana Jamal Hamdan Mansour.
Dopo il concerto della band crispypostpopwave Sunomi (qui un’intervista alla
band torneremo a parlare di Palestina con la proiezione per la prima volta in
italiano del documentario Emwas: Restoring Memories della regista palestinese
Dima Abu Ghoush. Ha conseguito il master in produzione cinematografica e
televisiva presso l’Università di Bristol, è stata coinvolta nella creazione di
diversi film e documentari, come Good Morning Qalqilia. Ha realizzato due
documentari, The Church of the Holy Sepulcher (2010) e Jerusalem Neighborhoods
(2011), su commissione di Al Jazeera Documentary. Nel 2005 Abu Ghosh ha
contribuito a fondare Collage Productions, una casa di produzione con sede a
Ramallah.
Dima Abu Gosh è nata nel villaggio di Emwas, distrutto dopo la Guerra dei Sei
Giorni. Suo padre possiede tutti i documenti ufficiali del catasto che attestano
la proprietà di parte del terreno. Emwas è un film personale che segue il
viaggio della regista Dima Abu Ghoush, mentre ricostruisce la sua città natale
distrutta, a partire dai ricordi della sua gente. E lo fa costruendo un
modellino, ogni memoria o ricordo che lei trova diventa un tassello del
plastico. Costretta a lasciare il villaggio all’età di due anni, la regista per
tutta la sua vita ha sentito storie su Emwas, ma lo conosceva solo come un parco
pubblico, perché è così che il governo israeliano ha trasformato il villaggio,
alcuni anni dopo averlo demolito. Nel 2009, Dima ha deciso di ricostruire Emwas
sotto forma di modello/maquette, con l’aiuto della sua famiglia, dei suoi amici
e delle sue amiche. Il film riesce a dare vita al villaggio distrutto attraverso
i ricordi della sua gente e solleva interrogativi sul futuro di Emwas e dei suoi
abitanti che ancora sognano di tornarci.
Per tutti i due giorni sarà aperta la cucina.
Auguri ROR!
Immagine di copertina di Radio Onda Rossa
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