La geoingegneria è colonialismo climatico
COME MAI I MEGARICCHI DELL’OLIGARCHIA TECNOLOGICA HANNO GENEROSAMENTE FINANZIATO
IL FORUM GLOBALE SULLA GEOINGEGNERIA SOLARE CHE SI È APPENA SVOLTO IN SUDAFRICA?
PERCHÉ VEDONO LA GEOINGEGNERIA COME IL MODO TECNOLOGICO PER FINGERE DI DOMARE IL
CAMBIAMENTO CLIMATICO SENZA TOCCARE LE CAUSE. LO SVILUPPO DELLA GEOINGEGNERIA
SOLARE PROVOCHERÀ GRAVI SICCITÀ E INONDAZIONI, SOPRATTUTTO NEI PAESI TROPICALI.
L’AFRICA, DEL RESTO, È STATA GIÀ PER SECOLI UN LABORATORIO DI SPERIMENTAZIONE
OCCIDENTALE, DAI TEST MEDICI AI RIFIUTI TOSSICI, RICORDANO ALCUNE RETI AFRICANE:
CON LA CRISI CLIMATICA, ARRIVA LA NUOVA ONDATA DI ESPERIMENTI PERICOLOSI
CHIAMATA GEOINGEGNERIA
Ravenna, aprile 2025: conferenza OMC Med Energy, protesta contro il greenwashing
delle aziende fossili e del governo (foto Extinction Rebellion Italia)
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Dal 12 al 16 maggio 2025, la ONG britannica Iniciativa Degrees (ID) ha
organizzato in Sudafrica un forum globale sulla geoingegneria solare, al quale
si è rivolta la maggioranza degli attori chiave che la promuovono. Sia coloro
che spingono queste rischiose proposte tecnologiche, sia quelli che le
finanziano, sono nella loro grande maggioranza gli Stati Uniti, il Regno Unito e
altri paesi del nord globale che sono tra i principali responsabili del caos
climatico che soffriamo in tutto il pianeta, soprattutto nei paesi del sud. Per
questo motivo hanno bisogno di mostrare che la geoingegneria potrebbe servire
nei paesi del sud, anche se in realtà è tutto il contrario. Lo sviluppo globale
della geoingegneria solare provocherà gravi siccità e inondazioni, soprattutto
nei paesi tropicali. È inoltre impossibile governare democraticamente, per cui
esiste un’iniziativa globale di oltre 500 scienziati che propongono un trattato
internazionale di non utilizzo di questa tecnologia
(https://www.solargeoeng.org/).
“Invece di ascoltare le soluzioni reali alla crisi climatica proposte dalle
popolazioni indigene e dalle comunità locali, la ricerca nella geoingegneria
solare è una distrazione, che dà ai contaminatori un’altra scusa per continuare
con i loro affari come sempre, continuare con l’estrattivismo, principale causa
delle emissioni di carbonio in Africa, e eludere la sua responsabilità storica
nella crisi climatica”, scrivono Kwami Kpondzo della Coalición Mundial por los
Bosques en Togo e Josué Aruna de la Sociedad para la Conservación de la Cuenca
del Congo, República Democrática del Congo. Questo forum dell’Iniciativa Degrees
rappresenta un tentativo di normalizzare la ricerca sulla manipolazione della
radiazione solare in Africa, sotto il pretesto della “partecipazione dei paesi
allo sviluppo” spiegano (https://tinyurl.com/24st8k3h).
Proprio per questo l’ID ha invitato al forum diversi ricercatori africani e
latinoamericani (di Messico, Argentina, Brasile, Cile e Giamaica) che hanno
ricevuto piccoli progetti di geoingegneria solare che dicono siano “solo” per
studiare l’impatto di tali proposte sulle nostre regioni. In Africa e Asia hanno
finanziato una dozzina di progetti in ogni regione, e in America Latina dieci
progetti, tra cui tre con ricercatori dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e
del Cambiamento Climatico dell’UNAM, che considerano l’uso della geoingegneria
solare rispetto ai rischi del cambiamento climatico. Questo approccio ristretto
prende in considerazione solo alcuni impatti, non l’intera gamma di rischi che
comporta la geoingegneria, il che si traduce in un modo per normalizzare questa
pericolosa proposta (https://tinyurl.com/4vprpyf7).
“Non ci sono dubbi: questo è colonialismo climatico mascherato, e noi africani
lo abbiamo già visto accadere in passato. Le organizzazioni della società civile
africana hanno denunciato la Degrees Initiative come un atto di colonialismo
climatico volto a cooptare il movimento africano, il mondo accademico e i
giovani, minacciando la sovranità, gli ecosistemi e il futuro dei popoli
africani”, hanno aggiunto, riferendosi alla dichiarazione rilasciata dalla Don’t
Tamper with Mother Earth (HOME) Alliance (https://tinyurl.com/ms39ctss).
L’Iniziativa Degrees con i suoi progetti “nei paesi del sud” è il più grande
investimento nel lavaggio dell’immagine della geoingegneria. La ricercatrice
Anja Chalmin, ha analizzato i suoi progetti e ha mostrato come questa ONG
britannica impone la sua agenda e le sue linee guida ai ricercatori del sud,
poiché la maggior parte dei direttori e dei ricercatori principali provengono da
istituzioni del nord globale, e che questi hanno messo il loro nome sull’80 per
cento delle pubblicazioni, approfittando così dei fondi per il sud
(https://tinyurl.com/mtk4xvh9).
Questo forum globale è stato generosamente finanziato, il che non è strano. I
megaricchi dell’oligarchia tecnologica globale vedono la geoingegneria come il
modo tecnologico per “domare” il cambiamento climatico senza toccare le cause.
È particolarmente preoccupante che l’Agenzia governativa per la ricerca e
l’innovazione avanzata (ARIA) del Regno Unito, ha annunciato il 7 maggio che
finanzierà con circa 75 milioni di dollari 21 progetti di geoingegneria, che
includono cinque esperimenti all’aperto in altri paesi, non nel loro territorio.
L’ID e diversi suoi ricercatori riceveranno anche parte di questi fondi
(https://tinyurl.com/2emudrwf).
È significativo che questa potenza imperialista di lunga data finanzi
esperimenti sul campo della geoingegneria in altri paesi. Come dicono Kpondzo e
Aruna, “l’Africa è stata per secoli un laboratorio di sperimentazione
occidentale, dai test medici ai rifiuti tossici. Con la crisi climatica, ora
arrivano con la loro nuova ondata di esperimenti pericolosi, la geoingegneria“.
“Questo non è lo sviluppo di capacità del sud [come sostengono i ricercatori
finanziati da Degrees], ma la cattura di capacità. Cercano di creare una
narrativa che queste tecnologie giovano all’Africa, quando chiaramente servono
gli interessi di coloro che storicamente hanno sfruttato il nostro continente”.
Sono le stesse intenzioni in America Latina. Continuare a riscaldare il pianeta
con l’altissima domanda di energia e risorse dei più ricchi, e usare il sud
globale come laboratorio.
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Pubblicato su La Jornada (e qui con l’autorizzazione dell’autrice, traduzione di
Comune)
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