Israele in guerra totale, fra le proteste di chi si oppone e la Nakba che continua tra Gaza e CisgiordaniaAlla fine di una settimana che era cominciata con l’euforia alle stelle, per la
straordinaria partecipazione allo sciopero indetto dalle Famiglie degli Ostaggi
domenica scorsa, nel vano tentativo di scongiurare la “vietnamizzazione” del
conflitto che inevitabilmente conseguirà al piano di occupazione di Gaza City,
proviamo a ricapitolare gli ultimi eventi in un Israele in guerra:
– Hamas avrebbe accettato la proposta egiziano-quatariota di cessazione delle
ostilità per i prossimi sessanta giorni, durante i quali procedere al rilascio
graduale dei corpi (solo in parte vivi) degli ostaggi, a fronte di un certo
numero (forse 200) di detenuti palestinesi, con previsto intervento delle
Nazioni Unite per quanto riguarda i varchi umanitari, la gestione dei soccorsi,
l’ipotesi di deporre le armi ecc (la stessa proposta che Israele aveva
concordato con il negoziatore US Steve Witkoff due settimane fa) e però come non
detto: accordo o non accordo, il piano di occupazione di Gaza City è stato
approvato e quindi s’ha da fare, come ci informa The Times of Israel.
– i blindati si sono infatti già mossi verso l’obiettivo con una prospettiva di
evacuazione di circa un milione di civili già ripetutamente evacuati in
precedenza, che di nuovo dovrebbero ammassarsi ora verso sud, dove sarebbe in
progress l’ennesima tendopoli, ma tra recinzioni, organizzazione dei servizi
essenziali, allestimento della cd ‘cittadella umanitaria’ ci vorrà forse un paio
di mesi, mentre l’IDF procederà (secondo i piani) per la totale distruzione di
Hamas;
– totale distruzione di Hamas per la quale sono stati richiamati ca 60.000
riservisti, ma in quanti si presenteranno non si sa: morale delle truppe proprio
ai minimi, mentre cresce il numero dei suicidi (uno alla settimana!) soprattutto
tra i giovani, come documentava ieri una lunga intervista su El Pais,
descrivendo nei dettagli la ‘questione morale’ che turba i pensieri di una
crescente popolazione militare, che aveva prontamente aderito alla chiamata post
7 ottobre, ma dopo ventidue mesi di crimini di guerra contro civili inermi, non
ne può più;
– in compenso è arrivato il plauso del Presidente Trump che su TruthChannel ha
incoronato Netanyahu come “eroe di guerra” in totale spregio dei timori del
“Forum dei Familiari degli Ostaggi” che ieri sera (21.8) erano in presidio di
fronte alla residenza del Primo Ministro a Gerusalemme e di nuovo lo saranno
anche oggi. Timori (non solo per la sopravvivenza degli ostaggi, ma per la
sicurezza delle truppe) inizialmente espressi dallo stesso Generale Eyal Zamir,
che però sembra aver cambiato idea, rendendosi così “totalmente complice di un
crimine”, come ha commentato su Haaretz l’editorialista Uri Misgav.
– a raffreddare gli entusiasmi circa i piani di totale distruzione di Hamas, è
arrivata però la notizia che solo il 10% dei tunnel (per un totale di ca 500 km)
è stato seriamente danneggiato dall’inizio del conflitto, per cui Auguri! In
compenso è stata ufficialmente annunciata l’avanzata immobiliare in Cisgiordania
con l’approvazione del molto controverso piano E1 tra Gerusalemme Est e Ma’ale
Adumin, che renderà possibile edificare 3.400 nuove unità abitative, con il
dichiarato obiettivo di “seppellire una volta per sempre l’idea di uno stato
palestinese”;
– al di là dell’effettiva possibilità di immaginare (chissà quando mai) uno
Stato palestinese, il suddetto piano E1 condannerà la popolazione in
Cisgiordania in isole/ghetti ancor più separati, economie ancor più frammentate,
con difficoltà di spostamento ancor più enormi, l’accesso a scuole e ospedali
più che mai complicato, Gerusalemme Est ancor più isolata… ma così sarà, per la
gioia dei coloni, proprio ieri ne sono arrivati altri 250, da USA e Canada;
– reazioni da fuori Israele: Macron ha definito la nuova offensiva come
“certezza di guerra permanente”, mentre Londra ha stigmatizzato il Piano E1 come
“flagrante rottura di qualsiasi prospettiva di convivenza”.
Un po’ più robuste le voci che si sono espresse ieri a Istanbul, nell’ambito di
una Conferenza Stampa dal titolo “E’ tempo di agire”: dove l’ex relatore
speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Palestina, Richard Falk
(predecessore di Francesca Albanese tra il 2008 e il 2014) insieme a un ampio
gruppo di’ avvocati avrebbero a questo punto suggerito la necessità di un
intervento di forze armate internazionali a Gaza, proposta che sarà avanzata
all’Assemblea Generale con l’obiettivo di fermare quella che è stata definita la
fase più mortale del genocidio israeliano contro il popolo palestinese, quando
sarà già il 20 settembre, per cui chissà quanto sterminato potrà essere il
popolo palestinese, o evacuato chissà dove, o comunque ridotto in chissà quali
condizioni terminali, per le concause che sappiamo…
La Nakba che si rinnova, che non è mai finita nel 1948, che semplicemente si
ripresenta con la stessa logica di sempre: di occupazione coloniale, di villaggi
e comunità spazzati via, di spazi che si svuotano per essere ripopolati
dall’arrivo dei ‘nostri’.
L’appuntamento per quella parte di Israele che non si arrende sarà di nuovo
domani sera, sabato 23.8, per una marcia “anti war” tra Piazza Dizengoff e
Piazza Habima a Tel Aviv, la cui partecipazione però è già stata limitata dalle
FFOO entro i 500 partecipanti, per cui: macchina repressiva sempre più dura,
guerra che avanza anche in casa. Come è successo l’altro giorno ad Haifa con
vari dimostranti arrestati per aver esibito cartelli e intonato slogan critici
verso l’operato dell’IDF, ritenuti “turbativi dell’ordine pubblico”.
Centro Sereno Regis