“Governare con la paura”, la denuncia di 237 giuristi
Il quotidiano La Stampa ha pubblicato ieri sera, on line, l’appello di 237
giuristi contro il ddl sicurezza, definito un attacco alla democrazia.
Dopo aver sottolineato che il compito dei giuspubblicisti è interpretare la
Costituzione ed assumere posizioni individuali anche all’interno della docenza
universitaria, i firmatari proseguono:
«Ci sono momenti però nei quali accadono forzature istituzionali di particolare
gravità, di fronte alle quali non è più possibile tacere ed è anzi doveroso
assumere insieme delle pubbliche posizioni.
È questo il caso che si è verificato nei giorni scorsi quando il disegno di
legge sulla sicurezza, che stava concludendo il suo iter dopo lunghi mesi di
acceso dibattito parlamentare dati i discutibilissimi contenuti, è stato
trasformato dal Governo in un ennesimo decreto-legge, senza che vi fosse alcuna
straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la
Costituzione impone.»
Tra l’altro, tale scelta reca un grave “vulnus alla funzione legislativa delle
Camere”, cosa del resto purtroppo verificatasi anche in passato.
«In quest’occasione – sottolineano però i giuristi – la violazione è del tutto
ingiustificata e senza precedenti, dato che l’iter legislativo, ai sensi
dell’art. 72 della Costituzione era ormai prossimo alla conclusione, quando è
intervenuto il plateale colpo di mano con cui il Governo si è appropriato del
testo e di un compito, che, secondo l’art. 77 della Costituzione può svolgere
solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, al solo scopo, sembra, di
umiliare il Parlamento e i cittadini da esso rappresentati.
Quanto al merito, si tratta di un disegno estremamente pericoloso di repressione
di quelle forme di dissenso che è fondamentale riconoscere in una società
democratica. Ed è motivo di ulteriore preoccupazione il fatto che questo disegno
si realizzi attraverso un irragionevole aumento qualitativo e quantitativo delle
sanzioni penali che – in quanto tali – sconsiglierebbero il ricorso alla
decretazione d’urgenza, dal momento che il principio di colpevolezza richiede
che chi compie un atto debba poter sapere in anticipo se esso è punibile come
reato mentre, al contrario, l’immediata entrata in vigore di un decreto-legge ne
impedisce la preventiva conoscibilità.»
I giuristi continuano evidenziando i diversi principi costituzionali violati dal
decreto in questione: il principio di uguaglianza, calpestato nel caso di
stranieri extracomunitari e carcerati, la tutela della libertà personale, messa
in pericolo dal daspo urbano e dall’autorizzazione per la polizia a portare (e
usare) armi diverse da quelle d’ordinanza e anche fuori dal servizio.
Denunciano anche l’aggravio delle misure di repressione penale in caso di
pubbliche manifestazioni, “disposizione che per la sua vaghezza contrasta con il
principio di tipicità delle condotte penalmente rilevanti, violando per giunta
la specifica protezione costituzionale accordata alla libertà di riunione in
luogo pubblico o aperto al pubblico (art. 17 Cost.)”.
E stigmatizzano “altre disposizioni” che “violano palesemente il principio di
determinatezza e di tassatività tutelato dall’art. 25 Cost.: si punisce con la
reclusione chi occupa o detiene senza titolo “un immobile destinato a domicilio
altrui o sue pertinenze; si rischiano pene fino a sette anni per l’occupazione
di luoghi che presentano un’estensione del tutto imprecisata e rimessa a
valutazioni e preferenze del tutto soggettive dell’interprete.” Qui il
riferimento del testo legislativo, neanche tanto velato, è ai movimenti di
occupazione di case sfitte o non assegnate e all’occupazione di scuole e
fabbriche.
«Torsione securitaria, ordine pubblico, limitazione del dissenso, accento posto
prevalentemente sull’autorità e sulla repressione piuttosto che sulla libertà e
sui diritti rappresentano le costanti di questi interventi.» sostengono i
giuristi, per concludere:
«Insegniamo che la missione di chi governa dovrebbe essere quella di cercare un
equilibrio nel rapporto tra individuo e autorità. Invece, il filo che lega il
metodo e il merito di questo nuovo intervento normativo rende esplicito un
disegno complessivo, che tradisce un’impostazione autoritaria, illiberale e
antidemocratica, non episodica od occasionale ma mirante a farsi sistema, a
governare con la paura invece di governare la paura.
«Confidiamo che tutti gli organi di garanzia costituzionale mantengano alta
l’attenzione e censurino questo allontanamento dallo spirito della nostra
Costituzione, che fonda la convivenza della comunità nazionale su democrazia,
pluralismo, diritti di libertà ed uguaglianza di fronte alla legge, affinché
nessuno debba temere lo Stato e tutti possano riconoscerne, con fiducia, il
ruolo di garante della legalità e dei diritti.»
Seguono 237 firme; tra le prime quelle di cinque presidenti e vicepresidenti
emeriti della Corte Costituzionale, fra i quali Gustavo Zagrebelsky.
Redazione Italia