Roma, domenica 22 giugno flash mob dei giornalisti italiani per i colleghi uccisi in Medio Oriente dal 7 ottobre
In piazza con bocche incerottate e mirini sulla scritta PRESS. Sono 226 gli
operatori della comunicazione uccisi a Gaza, 4 in Israele, undici quelli tra
Libano e Siria.
“Il silenzio delle redazioni e delle istituzioni italiane è inaccettabile. Non
possiamo lasciare soli i colleghi palestinesi, tutti i giornalisti italiani si
mobilitino”
Domenica 22 giugno dalle 14:30 alle 15:30, in piazza di Porta San
Giovanni, durante la cerimonia del Corpus Domini, il gruppo “Operatori e
operatrici dell’informazione per Gaza” darà vita a un flash mob per denunciare
la strage di giornalisti in Medio Oriente, in particolare a Gaza. Cerotti sulla
bocca, un mirino sulla scritta PRESS e in mano le foto di diverse decine di
giornaliste e giornalisti palestinesi uccisi, il cui lunghissimo elenco sarà
stampato su un grande cartello.
Il gruppo che scenderà in piazza rappresenta una parte dei 260 giornalisti,
giornaliste, fotoreporter e videomaker che già alcune settimane fa avevano
invitato le redazioni dei media italiani a prendere posizione su quanto sta
avvenendo a Gaza, con la proposta di destinare una giornata di salario ai
colleghi e alle colleghe palestinesi. L’iniziativa era stata adottata dalle
assemblee di redazione di diverse testate Rai, de Il Fatto quotidiano e di
Fanpage tra le altre.
Il gruppo, nato dal basso, si mobiliterà fisicamente scegliendo come luogo la
piazza romana dove si celebra il Corpus Domini. Scelta dettata non
dall’appartenenza religiosa (non si tratta di un gruppo di fedeli), ma dal fatto
che la Chiesa, dal 7 ottobre 2023, si è mostrata più sensibile e ferma di molte
altre istituzioni nel denunciare la mattanza quotidiana dei gazawi.
Durante il flash mob verrà distribuito un documento che sottolinea che “Gaza non
esiste più”, che “quello in corso davanti ai nostri occhi è un genocidio,
durante il quale Israele ha ucciso 237 giornaliste e giornalisti, videomaker e
fotoreporter: un bilancio unico nella storia, che supera perfino i grandi
conflitti del Novecento. È grazie a questi 237 colleghe e colleghi che abbiamo
saputo cosa realmente è accaduto e accade nella Striscia, visto che Israele, pur
dichiarandosi ‘l’unica democrazia del Medio Oriente’, impedisce ai media
internazionali di accedere, oltre a colpire a morte i giornalisti palestinesi e
le loro famiglie”.
Il gruppo, nel prendere posizione rispetto a quella che – sottolinea – “non è
più una guerra”, scrive: “Rifiutiamo il “doppio standard” per cui esistono
vittime di serie “A”, con nomi e storie da ricordare, e vittime di serie “B”,
considerate numeri senza identità; respingiamo la narrazione che riduce il
conflitto mediorientale agli eventi successivi al 7 ottobre 2023, ignorando un
contesto di tensioni e violenze che si protrae da decenni nei territori
israelo-palestinesi; rifiutiamo l’utilizzo strumentale della parola
“antisemitismo” e dell’aggettivo “antisemita” come armi per silenziare ogni
critica a Israele; denunciamo ogni forma di censura e rivendichiamo la libertà
di utilizzare il termine genocidio, visto che quanto sta avvenendo a Gaza e in
Cisgiordania non è una guerra, oltre a ribadire che un ostaggio non è tale solo
se israeliano (IDF ha sequestrato 17mila palestinesi a Gaza e in Cisgiordania,
tra loro 1400 sono minori)”
Il gruppo avanza una serie di richieste, nella speranza che altri colleghi e
altre colleghe si uniscano alla mobilitazione: “Chiediamo il rispetto del
diritto internazionale e iniziative concrete perché Israele cessi i
bombardamenti, si ritiri dalla Striscia e lasci gestire gli aiuti a Gaza dalle
Nazioni Unite e da organizzazioni internazionali autorevoli; chiediamo che
Italia e Unione Europea, vincolate da impegni internazionali precisi, si
attivino per prevenire e interrompere il genocidio in corso; chiediamo che
Israele rispetti il diritto di cronaca e faccia entrare subito i media
internazionali a Gaza e nei territori occupati; negarlo significa violare
arbitrariamente il diritto di essere informati e il rispetto di principi
democratici fondamentali”.
Infine, il gruppo di operatrici e operatori dell’informazione si rivolge ai
colleghi e alle colleghe palestinesi: “Vi saremo grati in eterno – scrivono –
per il sacrificio estremo con cui voi e le vostre famiglie avete aperto gli
occhi al mondo. Faremo il possibile perché questo sacrificio non sia stato
inutile”.
Operatori e operatrici dell’informazione per Gaza
Articolo 21