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Le vittime delle ingiustizie non sono ‘danni collaterali’
ALL’AVVIO DELLA 59ª SESSIONE DELL’HCR / HUMAN RIGHTS COUNCIL (CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI *) DELL’ONU, VOLKER TÜRK HA RICORDATO I  PROGRESSI CONSEGUITI IN QUASI 80 ANNI DA QUANDO I DIRITTI UMANI SONO STATI SANCITI, DICHIARATI INVIOLABILI E TUTELATI DALLE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE… RECENTEMENTE SEMPRE PIÙ FREQUENTEMENTE VIOLATE. Denunciando che l’indebolimento dell’ONU e delle istituzioni preposte a vigilare sull’operato dei governanti rafforza le oligarchie, le plutocrazie e le tirannie, l’Alto Commissario dei diritti umani ha elencato i crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati dai leader populisti e autoritari fomentando le “cosiddette guerre culturali” che “distolgono l’attenzione dai problemi reali del presente” e incitano ad aggredire i capri espiatori, cioè le persone e i gruppi vulnerabili. In particolare, ha accusato il governo israeliano di colpire i civili palestinesi deliberatamente e usare il cibo come un’arma letale. Volker Türk ha esordito dichiarando: «Mentre ci incontriamo i conflitti aumentano vertiginosamente e l’escalation militare tra Israele e Iran è estremamente preoccupante…. «Nel frattempo il caos climatico continua a imperversare. E in ogni regione del mondo incrementa l’incertezza economica mentre la tecnologia si sviluppa in modo incontrollato e a una velocità vertiginosa». All’esposizione di ogni questione in questi giorni analizzata dal Consiglio per i diritti umani ha premesso che “le Nazioni Unite sono state fondate per debellare la guerra” e per tutelare i diritti umani sono state gettate le basi del diritto umanitario internazionale vigente e sulle cui premesse vengono perseguiti molti obiettivi: «Per 80 anni queste promesse hanno contribuito a diffondere la pace e la prosperità. «L’aspettativa di vita delle persone è aumentata di 25 anni. Il numero di persone con un’istruzione di base è raddoppiato. Gli stati hanno siglato trattati che impegnano le nazioni alla tutela dei diritti delle persone, in particolare delle donne, alla salvaguardia dell’ambiente e a prevenire genocidi e a favorire il disarmo… e sebbene si sia stati più volte vicini all’annientamento nucleare finora la ragione ha prevalso» e ha concluso: «Per decenni gli accordi internazionali hanno mostrato concretamente possibile progredire verso un futuro migliore. Oggi invece assistiamo al compimento di atti che mirano a indebolirne il valore e ridurne l’efficacia, rendendo il mondo più pericoloso per tutti. «Resteremo a guardare mentre lo stato di diritto viene eroso? Dobbiamo chiederci: è questo il mondo immaginato dai padri fondatori dell’ONU e dagli estensori della sua Carta? E dobbiamo rispondere con l’impegno alla più forte possibile difesa del diritto internazionale e dei diritti umani». I PROGRESSI, LE QUESTIONI EMERGENTI E I PROBLEMI IRRISOLTI, ORA AGGRAVATI Volker Türk ha rammentato che nei primi decenni del XXI secolo è triplicato il numero di istituzioni, enti, organizzazioni e associazioni che cooperano con l’HRC, di cui ha evidenziato la funzione nell’affrontare molteplici ‘sfide’ del presente. Tra le questioni emergenti ha focalizzato l’attenzione sui problemi che insorgono in concomitanza agli sviluppi dei progressi tecnologici e, in particolare, dell’intelligenza artificiale. Ricordando che il loro impiego ha anche “un lato oscuro”, quello bellico, e che “un algoritmo ha ingiustamente privato molte famiglie dell’assistenza sociale”, ha respinto l’opinione diffusa che “i diritti umani soffochino l’innovazione” e affermato: «L’innovazione che ignora i diritti umani provoca conseguenze terribili. I diritti umani sono essenziali per un’innovazione che porti benefici alle persone e al pianeta, non solo ai profitti». Volker Türk ha espresso preoccupazione per il rallentamento nel perseguimento degli obiettivi indicati nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, per la riduzione dei finanziamenti ai programmi di assistenza e di cooperazione allo sviluppo dei paesi colpiti dalle crisi ecologiche ed economiche, per l’aumento degli investimenti in armamenti e anche per l’innalzamento dei dazi commerciali: «L’aumento delle tariffe doganali sembra una partita di poker tra le grandi potenze, ma le onde d’urto delle guerre commerciali colpiranno molti stati con la forza di uno tsunami e potrebbero rendere l’assistenza sanitaria, l’istruzione e persino un’alimentazione salutare fuori dalla portata di molte persone e avere un impatto devastante per i lavoratori svantaggiati e per le donne». Rammentando che i diritti umani “sono un limite al potere, soprattutto quando viene esercitato nelle sue forme più brutali” e “i diritti umani garantiscono stabilità e sicurezza”, Volker Türk ha espresso molte preoccupazioni per gli attacchi alle istituzioni che li tutelano, in particolare contro la Corte penale internazionale, e condotti anche diminuendo le risorse finanziare a loro assegnate. In specifico, ha riferito che “quasi tre quarti delle organizzazioni partner dell’HRC prevedono di perdere più del 40% dei contributi” e avvertito: «A ciò conseguono meno tempestive segnalazioni delle violazioni dei diritti delle persone, meno assistenza alle vittime e meno indagini sugli abusi. La riduzione dei finanziamenti per l’HRC e per l’intero sistema di tutela dei diritti umani rafforza dittatori e regimi autoritari». Ribadendo che “le politiche volte a promuovere l’uguaglianza stanno funzionando”, come esempio dei progressi ha evidenziato che i popoli indigeni recentemente sono rappresentati nei parlamenti di Bolivia, Cile, Figi e Perù e in Guatemala hanno ottenuto riconosciute le loro rivendicazioni sullo sfruttamento dei propri territori e che “la prima risoluzione sulla discriminazione basata sul ceto e sulla discendenza, adottata dalla Commissione africana sui diritti dell’uomo e dei popoli rappresenta un passo importante per affrontare uno stigma profondamente radicato”. Ma “la brutale eredità del colonialismo persiste e il razzismo rimane una piaga”, ha osservato. Volker Türk ha riferito che i dati rilevati dall’HRC nel 2024 in 119 nazioni mostrano che “una persona su cinque ha dichiarato di aver subito discriminazioni”, dalle donne patite “a un livello più che doppio degli uomini”, e che “dopo anni di progressi, i diritti delle persone con disabilità sono sempre meno riconosciuti o non vengono rispettati per effetto della riduzione dei finanziamenti ai programmi di assistenza e sostegno”. Inoltre ha segnalato con preoccupazione che sempre più spesso i più poveri e i più fragili vengono considerati “danni collaterali”. Evidenziando che migranti ed esuli in molte nazioni sono vessati, oltre che dall’odio, da provvedimenti ingiusti e inique restrizioni legali, ha posto all’attenzione il problema dei rimpatri: «Circa 640˙000 afghani sono stati rimpatriati da Pakistan e Iran, ma e per i più di 250˙000 forzati a farlo si teme che nel paese da cui erano fuggiti e in cui sono stati costretti a tornare subiranno persecuzioni. Numerosi provenienti dal Myanmar in Thailandia rischiano la deportazione, a cui talvolta consegue l’arruolamento forzato nell’esercito. Arresti e deportazioni dei migranti destano molti dubbi circa il rispetto dei loro diritti». E, preoccupato per la richiesta presentata da alcuni leader europei a poter intervenire nelle questioni di governance delle migrazioni con provvedimenti in deroga alle norme che tutelano i diritti umani, Volker Türk si è rivolto ai rappresentanti delle nazioni esortandoli a “porre i diritti umani al centro delle nuove normative” e ad applicare le leggi “facendo prevalere il rispetto dei diritti umani”. Volker Türk ha segnalato che recentemente in molte nazioni sono stati vietati gli assembramenti e arrestati leader dell’opposizione e ha rammentato che riunirsi pacificamente e manifestare il dissenso è un diritto sancito nella Dichiarazione universale e “quando le autorità civili sono in grado di mantenere l’ordine pubblico” i governanti devono astenersi dall’imporlo ricorrendo all’uso della forza militare. Rimandando al proprio intervento in programma il 27 giugno una relazione dettagliata sulle violazioni al diritto a un giusto processo e sui maltrattamenti dei prigionieri e sulle torture, ha ribadito: «Tutti coloro che sono detenuti perché hanno legittimamente esercitato o rivendicato un proprio diritto devono venire immediatamente rilasciati». E, ricordando che la loro detenzione è “un affronto all’intera comunità internazionale”, si è rivolto all’autorità de facto in Yemen, i miliziani houthi, chiedendo il rilascio immediato e incondizionato degli operatori di organizzazioni umanitarie e missioni diplomatiche e dei funzionari dell’ONU, tra cui 8 membri dell’HRC. Volker Türk ha riferito che in molti stati, in particolare Somalia e Venezuela, giornalisti e operatori dei media sono stati fermati e imprigionati e che nel 2024 l’HRC è stato informato dell’uccisione e della scomparsa di 625 difensori dei diritti umani e operatori dei media, “Vale a dire uno ogni 14 ore”. Gravemente preoccupato per la situazione in Congo, di cui ha riferito approfonditamente in seguito, a un’altra riunione del convegno, e in molti altri paesi in cui le aggressioni belliche, la guerra con stati confinanti e i conflitti armati interni agli stati mietono vittime innocenti e affamano la popolazione, Volker Türk ha dettagliatamente riferito all’assemblea delle emergenze umanitarie in numerose nazioni. LA PERSECUZIONE DEL POPOLO PALESTINESE «I mezzi e i metodi di guerra di Israele stanno infliggendo sofferenze orribili e ingiustificate alla popolazione di Gaza. Più di 55.000 palestinesi sono stati uccisi, tra cui migliaia di bambini, e mentre gli attacchi continuano incessantemente Israele ha bloccato i soccorsi e trasformato il cibo in un’arma. Bisogna condurre tempestivamente indagini imparziali sugli attacchi letali contro i civili mentre, disperati, cercano di raggiungere i centri di distribuzione alimentare. «Sia in Israele che in Cisgiordania continuano gli attacchi contro gli israeliani da parte di palestinesi armati e non passa giorno senza che le forze di sicurezza israeliane e i coloni uccidano, arrestino e sfrattino forzatamente i palestinesi. Ma questi insediamenti sono illegittimi e l’annessione è illegale. E gli attacchi aerei e con droni sferrati da Israele in Libano hanno ucciso civili e distrutto abitazioni e strutture mediche. «Impedendo ai giornalisti dei media internazionali di riferire le notizie, il governo israeliano ha consentito alle sue forze armate e ai miliziani di Hamas di sottrarsi alla trasparenza e alle proprie responsabilità. Eppure i fatti parlano da soli. Tutti devono rendersi conto di ciò che sta accadendo ed esorto chi è al governo delle nazioni e chi ha influenza politica e diplomatica ad esercitare la massima pressione su Israele e Hamas affinché pongano fine a questa insopportabile sofferenza». SUDAN «Mentre non si rivolge attenzione sulla sua situazione, il paese sta sprofondando nel caos. Tra febbraio e aprile l’HRC ha rilevato il triplicarsi delle uccisioni di civili. È diffusa la violenza sessuale, anche con abuso dei minori. Gli operatori umanitari vengono continuamente attaccati. El Fasher è assediata da oltre un anno. Le ostilità, recentemente intensificate nel Darfur settentrionale e nel Kordofan, sono segnate da gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani. Esorto la comunità internazionale a fermare il flusso di armi e a limitare gli interessi commerciali che alimentano questo conflitto». UCRAINA «I negoziati per la cessazione dei combattimenti sono in stallo, e il conflitto si sta intensificando. Le forze armate russe hanno utilizzato armi a lungo raggio contro le città e droni nelle zone in prima linea, perciò rispetto all’anno precedente nel 2025 le vittime civili sono aumentate. Esorto la Federazione Russa e l’Ucraina a impegnarsi per un completo scambio di prigionieri di guerra e per l’immediato rilascio dei civili ucraini detenuti in Russia». LIBIA «Gli scontri del mese scorso a Tripoli hanno causato numerose vittime. Le forze armate e i miliziani stanno impunemente uccidendo, rapendo e imprigionando gli oppositori politici ed esorto le autorità a indagare sul ritrovamento di decine di cadaveri nei luoghi di detenzione. Inoltre l’HCR viene continuamente informato di abusi contro migranti e violazioni dei diritti degli esuli». SAHEL «In Burkina Faso, Mali e Niger i gruppi estremisti hanno ucciso migliaia di civili. Frustrando le aspirazioni della popolazione, i governi hanno rafforzato e consolidato la propria posizione anche con la violenza. L’HRC riceve numerose segnalazioni di persone uccise dalle forze armate e dai loro ausiliari». MYANMAR «Approfittando dell’emergenza conseguita al terremoto di marzo, l’esercito ha moltiplicato gli attacchi a scuole, siti religiosi e altri luoghi protetti, infierito più duramente contro i civili di etnia rohingya e ulteriormente limitato l’ingresso nel paese degli operatori umanitari». HAITI «Le bande criminali hanno rafforzato il controllo della capitale ed espanso la propria influenza nelle regioni settentrionali e centrali, dove si impongono uccidendo, violentando e bruciando case, scuole, chiese e aziende. È accertato che tra gennaio e maggio 2025 sono state uccise 2˙680 persone. La formazione di gruppi auto-organizzati di vigilantes e commandos di autodifesa è inquietante. Auspico che senza ulteriori indugi intervengano, come concordato ad aprile, le task force incaricate di condannare i colpevoli di violenza sessuale, corruzione e altri crimini e chiedo a tutti un forte sostegno alle missioni delle Nazioni Unite e della delegazione multinazionale di supporto alla sicurezza». SIRIA «L’annuncio della revoca delle sanzioni e dell’istituzione di commissioni nazionali funzionali a garantire i diritti di transito e la ricerca delle persone scomparse offrono importanti opportunità. In attesa dell’esito dell’indagine sulle violenze che all’inizio di quest’anno hanno causato centinaia di morti nelle zone costiere, preoccupano le continue segnalazioni di attacchi contro alcune comunità. Sollecito le autorità a rafforzare le misure di protezione e, con l’accertamento delle loro responsabilità, garantire che i colpevoli siano puniti conformemente alle norme di diritto internazionale». INDIA E PAKISTAN «I responsabili degli attacchi nell’area intorno a Pahalgam, una zona del Kashmir sotto la giurisdizione indiana, devono essere puniti. Esorto le parti a garantire la tenuta della tregua, evitare polemiche, astenersi dalla retorica che incita all’odio e ristabilire accordi sull’uso condiviso delle risorse idriche». ETIOPIA «Le tensioni politiche nel Tigray si stanno intensificando. In vista delle elezioni del prossimo anno serve garantire l’attuazione dell’accordo per la cessazione delle ostilità e por fine alle detenzioni arbitrarie, e alle intimidazioni di giornalisti e operatori dei media».   Il testo integrale e in lingua originale: HC Türk updates Human Rights Council: “We need the strongest possible defence of international law and human rights” |  Office of the High Commissioner for Human Rights – 16 June 2025   *  Un organo sussidiario dell’Assemblea Generale dell’ONU, il Consiglio per i Diritti Umani istituito nel 2006, a proseguimento delle attività svolte dalla Commissione per i Diritti Umani dal 1946, è composto dalle rappresentanze di 47 stati e aperto al contributo delle ONG, che tre volte all’anno si radunano in assemblea plenaria e in una serie di incontri su questioni specifiche (programma della 59ª sessione in svolgimento a Ginevra dal 16 giugno scorso fino al 9 luglio prossimo). Maddalena Brunasti
Gaza: stiamo assistendo in diretta allo sterminio di un popolo e chi non prende posizione è complice
Bisogna insorgere contro i crimini che si compiono a Gaza. Cremaschi: «Stiamo assistendo in diretta allo sterminio di un popolo e chi non prende posizione è complice e chi sta con Israele è un criminale». Sindacalista storico, Giorgio Cremaschi si è sempre schierato in difesa degli ultimi della Terra, e dalla parte dei deboli massacrati crudelmente lo è a maggior ragione in questo caso, cioè nell’attuale congiuntura del popolo Palestinese, che sta subendo un genocidio per conto del governo Israeliano, consumato con i bombardamenti che sono ripresi senza pietà anche quando l’obiettivo era in situazioni evidenti di non belligeranza. Missili e bombe – spesso fabbricati in Italia e in particolare in Sardegna – sono stati scagliati senza pietà anche se da un punto di vista strategico erano azioni crudeli quanto inutili. Leggiamo una dichiarazione che ci ha rilasciato Giorgio Cremaschi sempre schierato in difesa degli ultimi della terra e in questo caso e nell’attuale congiuntura del popolo Palestinese che sta subendo un genocidio per conto del governo Israeliano e dell’esercito di occupazione israeliano. I nostri sostenitori impavidi coloro che lottano per ripudiare questo genocidio terrificante in atto sono molti studenti delle Università italiane. Come gli studenti di Torino e dell’Università La Sapienza di Roma che si oppongono anche alle università spesso al soldo delle industrie che fabbricano armi per Israele. Così afferma Giorgio Cremaschi. Bravissime bravissimi le ragazze, i ragazzi antifascisti di Torino che hanno contestato i sionisti all’università e alla fiera del libro. A loro va tutta la mia solidarietà. Contro di loro si è scatenata una vandea di giornalisti politici e personaggi televisivi che stanno in realtà semplicemente con Israele. Contestare Israele è giusto e è il minimo contestare la cantante israeliana all’Eurovision e la squadra israeliana e il giro d’Italia o nelle partite di calcio. E’ davvero il minimo di fronte alla infamia e alla vergogna contro l’umanità che Israele sta commettendo sapendo per ora di essere impunita. Cosa stanno facendo i cecchini dell’esercito di occupazione israeliano? Quali sono i crimini aberranti che stanno perpetrando ai danni del popolo di Gaza? Ho sentito in un convegno di medici qui a Brescia che i cecchini israeliani sparano alla testa e al petto dei bambini. È il loro divertimento. Oppure uccidono tutto il personale sanitario dopo magari aver bombardato l’ospedale. Tanto è vero che i sanitari, infermieri e medici, si tolgono i camici appena escono dai bunker, dove provano a curare le persone. Perché sanno che il cecchino israeliano prende di mira chi ha il camice. Lo stesso fanno i cecchini israeliani con qualsiasi giornalista rappresentante della Stampa perché non vuole testimoni e quindi ne ammazza i giornalisti più che in tutto il resto del mondo. Questa è una occupazione criminale che si perpetua dal 1945. Cosa possiamo fare noi pacifisti occidentali per opporci a questa barbarie assassina? Dal 1945 a oggi tolgono l’acqua e tolgono il cibo e tolgono le medicine. Vogliono sterminare 2 milioni di persone e lo possono fare per la complicità occidentale, per la complicità di quelli che scrivono a favore di Israele. Gli studenti hanno contestato all’università. Sì, oggi bisogna insorgere contro i crimini. Stiamo assistendo in diretta allo sterminio di un popolo e chi non prende posizione è complice e chi sta con Israele è un criminale. Oggi chi sostiene Israele sostiene un regime criminale ed è criminale anch’esso. Viva la contestazione a Israele !   Laura Tussi
Il genocidio e l’assedio di Gaza: il popolo palestinese non ha altra patria che la Palestina
Pubblichiamo il comunicato di Fawzi Ismail, presidente dell’Associazione amicizia Sardegna Palestina sulle dichiarazioni di Donald Trump riguardo alla proposta di deportazione della popolazione di Gaza. Le ultime volgari dichiarazioni razziste e pericolose del presidente statunitense Donald Trump — che propone lo spostamento forzato della popolazione di Gaza verso uno “Stato mediorientale” e la trasformazione della Striscia in una “zona libera” amministrata secondo i diktat della sua visione, senza alcuna rappresentanza palestinese — rappresentano l’ennesima manifestazione di un colonialismo arrogante, crudele e fallimentare. Quanto riportato dalla rete NBC, in merito a un piano dell’amministrazione Trump per trasferire quasi un milione di palestinesi da Gaza alla Libia, conferma l’esistenza di una mentalità malata e coloniale, erede diretta dei progetti di pulizia etnica e annientamento che il popolo palestinese affronta dal 1948. È la stessa logica di dominio e cancellazione con cui gli Stati Uniti hanno costruito se stessi, attraverso lo sterminio sistematico dei popoli indigeni del Nord America: una storia segnata da genocidi, deportazioni e controllo violento dei territori. Né le dichiarazioni né le pratiche coloniali di sterminio riusciranno a spezzare la forza radicata del popolo palestinese. Un popolo che, con eroismo e dignità, continua a resistere all’assedio, all’espulsione, alla cancellazione. La Palestina non arretra. Non si lascia intimidire dalla brutalità dell’occupazione, né si piega davanti all’arroganza delle potenze che la sostengono. Trump e Israele rappresentano l’apice di un colonialismo volgare, violento, convinto di poter impunemente annientare vite, storia, identità. Ma anche la loro ambizione più prepotente si infrange contro la dignità incrollabile della resistenza palestinese e contro un movimento globale che si risveglia, si indigna e si mobilita. Il mondo, ispirato dall’esempio palestinese, rigetta con sempre maggiore convinzione la spietatezza dello sterminio e l’intero sistema di oppressione di cui esso è parte. La lotta palestinese è oggi faro e specchio: illumina le tenebre del potere e riflette la possibilità di un mondo diverso. Ed è proprio per questo che non potranno mai vincere. A Trump e a tutti i suoi complici, vicini o lontani, diciamo con chiarezza: il popolo palestinese non ha altra patria che la Palestina. Nessun piano, nessun ricatto, nessuna minaccia potrà sradicarlo dalla sua terra. Gaza non sarà mai zona di deportazione né laboratorio di liquidazione. Ogni tentativo di esodo forzato è destinato al fallimento. Un popolo che ha resistito per decenni, che ha pianto migliaia di martiri e ha fronteggiato a testa alta la brutalità del colonialismo israeliano, non sarà mai spezzato. I palestinesi non si muoveranno se non per tornare nelle loro città e villaggi occupati, nella Palestina storica, dopo la liberazione. L’idea di amministrare Gaza senza sovranità palestinese è solo l’ennesimo tentativo meschino di smembrare il corpo della nazione, di amputarne la storia e dissolverne la causa. Ma noi non ci piegheremo. Resisteremo, come sempre, con ogni mezzo. Gaza è parte inseparabile della Palestina, e solo il suo popolo ha diritto a decidere del suo destino. A Trump e ai suoi alleati diciamo: la vostra mentalità da “cowboy”, che tratta le vite umane come merce, che crede di poter spostare popoli come pedine su una mappa, non passerà. Ha fallito nella storia e fallirà ancora, spezzandosi contro la fermezza del popolo palestinese. Un popolo che non si è mai inginocchiato, che non ha mai tradito la propria dignità, e che continua a resistere — per il ritorno, la liberazione, l’autodeterminazione. Nonostante voi. Nonostante l’occupazione. Nonostante tutto. 20 maggio 2025 – Fawzi Ismail Redazione Sardigna