Tag - Assedio di Gaza

Gaza e Cisgiordania: le verità che nessuno può più tacere ed eludere
“Il silenzio non è un’opzione”, titola il comunicato con cui il Comitato di coordinamento delle procedure speciali dell’ONU si è espresso riguardo alle minacce di sanzioni rivolte dagli USA contro Francesca Albanese. E, affermando di non poter più “rimanere in silenzio”, i sacerdoti cristiani di tre chiese – due cattoliche, latina e melchita, e la greco-ortodossa – hanno denunciato le incursioni dei coloni israeliani a Taybeh, in Cisgiordania. Intanto le notizie divulgate da agenzie stampa e quotidiani informavano che in Cisgiordania due giovani palestinesi sono stati aggrediti e, impedendo alle ambulanze di soccorrerli, uccisi dai coloni israeliani e che a Gaza le forze armate israeliane hanno sparato contro la folla assiepata intorno a un centro di distribuzione di cibo e soccorsi gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation uccidendo almeno 30 e ferendo circa 180 persone. Inoltre che nelle ultime 48 ore l’aeronautica militare israeliana ha colpito una cittadina del Libano meridionale, uccidendo una persona, mentre a Gaza bersagliava oltre 250 obiettivi, facendo almeno 143 vittime. E che le trattative per la tregua condotte a Doha dai mediatori qatarioti ed egiziani sono ‘incagliate’ perché la delegazione israeliana si ostina a volere che le sue forze armate rimangano posizionate all’interno della Striscia di Gaza [Hamas, colloqui per Gaza in stallo per piano ritiro Israele: ‘Vogliono mantenere le truppe sul territorio’ / ANSA – 12 LUGLIO 2025]. GENOCIDIO DEI PALESTINESI: UNA VERITÀ INELUDIBILE Sottolineando che, redigendo il report DALL’ECONOMIA DELL’ OCCUPAZIONE ALL’ECONOMIA DEL GENOCIDIO, ha “assolto il mandato conferitole dal Consiglio per i diritti umani, che richiede specificamente al Relatore speciale di indagare sulle violazioni da parte di Israele dei principi e delle basi del diritto internazionale, del diritto internazionale umanitario e della Convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra nei territori palestinesi occupati da Israele dal 1967″, il Comitato dell’ONU ha informato i media che, oltre alle richieste per la sua rimozione dal ruolo e alla minaccia di interdizione dagli USA, Francesca Albanese subisce aggressive intimidazioni alla sua persona e anche contro i propri familiari. E, in merito alle polemiche sui contenuti della relazione, ovvero alle contestazioni di Israele e USA, il Comitato dell’ONU ha dichiarato: > Documentare e denunciare le gravi violazioni del diritto internazionale > umanitario commesse da Israele e da altri attori è un’opera che dovrebbe > essere sostenuta dagli Stati, non sanzionata o indebolita. Restare in silenzio > di fronte a tanto palesi disprezzo e svilimento dei diritti umani non è > un’opzione [“Il silenzio non è un’opzione”: il Comitato di coordinamento delle > procedure speciali dell’ONU condanna le sanzioni statunitensi a Francesca > Albanese / OHCHR  – 10 LUGLIO 2025] Molti dati raccolti e divulgati dall’ONU infatti descrivono come, anche con la complicità di chi fornisce le armi, le attrezzature e i servizi utilizzati allo scopo, il governo e l’esercito israeliani infieriscono deliberatamente sulla popolazione palestinese, il cui sterminio si configura come un genocidio. E mentre al proprio ritorno in Israele dal tour di incontri ‘a porte chiuse’ a Washington il premier Benjamin Netanyahu sfugge all’evidenza di queste verità, sarà costretto ad affrontarla senza poterla eludere nel confronto alla conferenza internazionale che dibatterà le questioni del conflitto israelo-palestinese convocata a New York dall’Assemblea generale dell’ONU e copresieduta da Francia e Arabia Saudita che doveva svolgersi a giugno e, a causa dell’attacco di Israele all’Iran, procrastinata al 28 e 29 luglio [Israele-Palestina: verso la conferenza Onu presieduta da Francia e Arabia Saudita per i due stati / GLOBALIST – 12 LUGLIO 2025]. GAZA: LE ABERRAZIONI DELLA STRAGE DEGLI INNOCENTI Dall’inizio dell’assedio di Gaza sono sono trascorsi 21 mesi e prima di venire continuativamente colpita dagli attacchi delle IDF nell’enclave palestinese interna allo stato israeliano abitavano 2,3 MILIONI di persone, ricorda l’agenzia stampa internazionale REUTERS nel riferire le informazioni fornite l’11 luglio scorso al ‘quartier generale’ dell’ONU a Ginevra da Ravina Shamdasani e Christian Lindmeier, rispettivamente portavoce dell’Ufficio dell’ONU per i diritti umani (OHCHR) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) [L’ONU segnala 798 morti nei pressi dei centri di aiuti a Gaza in sei settimane / REUTERS – 11 LUGLIO 2025]: > Il 94 % degli ospedali di Gaza sono ormai distrutti o danneggiati, intanto > continuano gli sfollamenti e i civili vengono spinti in spazi sempre più > ridotti. > > Mentre perdura l’impedimento all’ingresso di cibo, carburante e beni di prima > necessità, che vengono gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF) > aggirando le Nazioni Unite, e quotidianamente avvengono uccisioni degli > abitanti di Gaza nei siti di distribuzione di soccorsi e accanto ai convogli > che li trasportano. > > Nel periodo dal 27 maggio fino al 7 luglio abbiamo registrato 798 uccisioni, > di cui 615 nelle vicinanze di siti gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation > e 183 lungo il percorso dei convogli che portano soccorsi. > > Persone colpite nei punti di distribuzione dei soccorsi… donne, bambini, > ragazzi e ragazze e anziani uccisi mentre vanno alla ricerca di cibo, o > attraversano i ‘passaggi’ indicati sicuri per raggiungere incolumi i centri di > assistenza medica, o stanno nei luoghi che viene detto loro essere rifugi e > addirittura all’interno delle strutture sanitarie. Tutto questo è ben oltre > l’inaccettabile [Gaza: inaccettabile che si sia costretti a scegliere se > morire di fame o uccisi / UN NEWS – 11 LUGLIO 2025] A seguito della divulgazione di queste dichiarazioni dei funzionari dell’ONU, l’IDF / Israel Defense Forces ha diramato un comunicato in cui conferma che siano avvenuti “incidenti” e siano stati segnalati “danni ai civili giunti presso i centri di distribuzione” e dichiara di aver svolto accurate indagini sulle vicende e che “sulla base delle lezioni apprese alle forze sul campo sono state impartite istruzioni” [IDF fa ‘mea culpa’, imparata lezione dopo spari centri cibo / ANSA – 11 LUGLIO 2025]… Plausibilmente a indurre i generali delle forze armate israeliane a ‘squarciare’ il silenzio che ammanta di segretezza le strategie e gli effetti collaterali delle operazioni militari e a parlare esplicitamente di ‘danni’ subiti dai civili, cioè delle morti di numerose persone, tra cui moltissime donne e tantissimi bambini, oltre e più che l’ennesima protesta dell’ONU sono stati il reportage fotografico e il video divulgati dalla CNN (Cable News Network, il primo e principale canale televisivo americano specializzato alla diffusione di notizie) che hanno mostrato all’opinione pubblica degli Stati Uniti e di tutto il mondo i cadaveri dei bambini uccisi dall’attacco aereo israeliano a Gaza che ha colpito l’area davanti a un centro medico gestito dal Progetto HOPE, una ONG internazionale che ha sede a Washington. Il Progetto HOPE opera in molte aree dove ci sono conflitti militari. Anche in Ucraina, dove in questi giorni nei pressi dell’ospedale di Kupiansk, nell’oblast di Kharkivun, un’ambulanza che ha fornito al Centro medico regionale di Kharkiv per l’assistenza medica d’urgenza veniva bersagliata da un drone con visuale FPV [Un attacco di droni danneggia l’ambulanza del progetto HOPE a Kharkiv, Ucraina / PROJECT HOPE –  7 LUGLIO 2025]. A Gaza interviene dal dicembre 2023 e, oltre ad aver allestito e gestire delle cliniche di pronto soccorso e specializzate in servizi igienico-sanitari, assistenza psicologica e supporto contro la violenza di genere in cui vengono distribuiti cibo, acqua potabile e farmaci, coordina gli interventi di ostetriche nell’area e di chirurghi negli ospedali di Al Aqsa, Public Aid e Al Sahaba, a cui inoltre fornisce attrezzature e medicinali. Il suo presidente, Rabih Torbay, ha riferito: > I centri medici di Project HOPE sono un luogo di rifugio a Gaza dove i > genitori portano i loro bambini, le donne accedono alle cure per la gravidanza > e il post-partum, le persone ricevono cure per la malnutrizione e altro > ancora. Eppure, stamattina, famiglie innocenti sono state attaccate senza > pietà mentre erano in coda in attesa dell’apertura delle porte. Almeno 15 > persone sono state uccise – 10 delle quali erano bambini – e molte altre sono > rimaste ferite [Dieci bambini uccisi in un attacco aereo fuori dalla clinica > di Gaza del Project HOPE / PROJECT HOPE – 7 LUGLIO 2025]. Nello stesso giorno in cui l’esercito israeliano uccideva i civili accorsi al centro medico allestito a Gaza dalla ONG americana, i rappresentanti dei BRICS a Rio de Janeiro condannavano l’uso della fame come arma di guerra, la militarizzazione dell’assistenza umanitaria e il genocidio della popolazione palestinese. CISGIORDANIA: LA ‘CROCIATA’ ISRAELIANA IN TERRA SANTA Contemporaneamente, nei pressi del cimitero e della chiesa di San Giorgio edificata nel V secolo, uno dei più antichi edifici religiosi cristiani siti in Palestina, veniva appiccato un incendio che i parroci delle tre chiese di Taybeh, in Cisgiordania – la città che nel Vangelo è denominata Efraim, dove Gesù si ritirò prima della crocefissione – hanno denunciato riferendo anche delle continue incursioni dei coloni israeliani nei territori della comunità cristiana palestinese [Terra Santa. Coloni israeliani attaccano il villaggio cristiano di Taybeh. La condanna dei tre parroci / SIR – 9 LUGLIO 2025]: > Noi, sacerdoti delle tre chiese di Taybeh – la Chiesa greco-ortodossa, la > Chiesa latina e la Chiesa greco-cattolica melchita – alziamo le nostre voci a > nome dei residenti della nostra città e dei membri delle nostre parrocchie per > condannare con la massima fermezza la ripetuta e grave serie di attacchi > contro Taybeh. Questi attacchi minacciano la sicurezza e la stabilità della > nostra località e, inoltre, minano la dignità dei suoi abitanti e la sacralità > della sua terra santa [Dichiarazione dei sacerdoti delle Chiese di Taybeh – > Ramallah / Palestina / RADIO NABD EL-AIAH – 7 LUGLIO 2025]. Le incursioni dei coloni israeliani nei campi di Taybeh infatti non sono una novità e nel 2024 erano state denunciate dagli abitanti, palestinesi e prevalentemente cristiani, e due associazioni israeliane cooperanti con il movimento anti-occupazione, KEREM NAVOT, che dal 2012 monitora l’espansione coloniale raccogliendo dati e testimonianze, e BREAKING THE SILENCE, che aggrega i veterani dell’esercito impegnati a far conoscere all’opinione pubblica la realtà della vita quotidiana nei territori palestinesi occupati da forze armate e civili israeliani: > Dal 1967 sui terreni di proprietà dei residenti sono sorti quattro > insediamenti israeliani – Rimonim, Kohav Ashahar, Ofra e Neve David. > > Negli ultimi anni si sono diffusi gli avamposti agricoli, il sistema più > utilizzato dai coloni per conquistare le terre palestinesi. Da fattorie > nomadi, generalmente composte da poche roulotte, i giovani coloni > radicalizzati estendendono il loro controllo sui terreni che ambiscono > possedere invadendoli con le proprie mandrie e anche con la violenza. > > Dopo il 7 ottobre su istigazione del ministro della sicurezza sazionale, il > suprematista ebraico Itamar Ben Gvir, il governo israeliano ha > significativamente allentato le leggi sulle armi. Lo scopo dichiarato era di > equipaggiare i coloni nella Cisgiordania occupata in caso di attacchi di > Hamas. > > Dei 10.000 fucili d’assalto distribuiti ai civili israeliani, una parte è > stata assegnata a loro: “All’inizio della guerra i coloni hanno approfittato > del caos e del sostegno dell’esercito, alla cui riserva si erano uniti, per > perseguire il loro progetto: ripulire l’Area C da tutti i suoi abitanti > palestinesi – spiega Yehuda Shaul, un fondatore di Breaking the Silence – I > coloni e i soldati ora sono la stessa cosa. Stiamo assistendo a un’annessione > silenziosa” [Il villaggio di Taybeh subisce violenze da parte dei coloni > israeliani / TERRE SAINTE – 27 APRILE 2024]. La situazione in Cisgiordania infatti sta degenerando: nei pressi di Sinjil un gruppo che protestava contro l’espansione è stato assaltato dai coloni israeliani, che hanno circondato i manifestanti e per oltre tre ore impedito alle ambulanze di soccorrere i feriti e così ucciso due giovani palestinesi, Mohammed al-Shalabi, proveniente dalla vicina al-Mazraa al-Sharqiya, e il 23enne cittadino statunitense Saif al-Din Musalat: > La violenza nel territorio è aumentata dall’inizio della guerra a Gaza, > nell’ottobre 2023. Da allora, soldati o coloni israeliani in Cisgiordania > hanno ucciso almeno 954 palestinesi, sia militanti che civili, secondo i dati > dell’Autorità palestinese. Nello stesso periodo, 36 israeliani, tra militari e > civili, sono stati uccisi in attacchi palestinesi o operazioni militari > israeliane, secondo le cifre ufficiali di Tel Aviv [Cisgiordania, 23enne > palestinese-americano picchiato a morte da coloni israeliani / IL FATTO > QUOTIDIANO – 11 LUGLIO 2025]. Maddalena Brunasti
I retroscena del tour di ‘Bibi’ a Washington
Lunedì 7 luglio i colloqui ‘a porte chiuse’ e la cena alla Casa Bianca con il presidente, il segretario di stato e l’inviato in Medio Oriente. Martedì 8 luglio gli incontri in Campidoglio con il vice-presidente, lo speaker della Camera dei deputati e il presidente e i capi-gruppo del Senato e un meeting fuori-programma con Trump. Intanto, nelle piazze di Washington centinaia di cittadini manifestavano sventolando striscioni con scritto “Stop alle armi di Israele” e “Dite no al genocidio” e chiedendo, in ottemperanza alla sentenza pronunciata dalla Corte Penale Internazionale, che si procedesse all’arresto di Benjamin Netanyahu. Infatti, il premier israeliano soggiornava nella capitale degli Stati Uniti, dove è arrivato a bordo di un aereo dell’aviazione nazionale israeliana atterrato alla base militare dove ‘parcheggia’ la flotta Air Force One e alloggiato nella Blair House, la residenza in cui vengono ospitate le delegazioni di altre nazioni in visita ufficiale in quella americana, sebbene il mandato emesso il 21 novembre 2024 dalla Corte Penale Internazionale (CPI) appurando le sue responsabilità per i crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi a Gaza tra l’8 ottobre 2023 e il 20 maggio 2024 ne ingiunga l’arresto precisando che > I mandati d’arresto sono classificati come “segreti” al fine di proteggere i > testimoni e salvaguardare lo svolgimento delle indagini. Tuttavia, poiché > condotte simili a quelle menzionate nel mandato d’arresto sembrano essere in > corso, la Camera ha deciso di divulgare le informazioni di seguito riportate. > Inoltre, la Camera ritiene che sia nell’interesse delle vittime e delle loro > famiglie essere informati dell’esistenza dei mandati [Situazione nello Stato > di Palestina: la Camera preliminare I della CPI respinge le contestazioni di > giurisdizione dello Stato di Israele ed emette mandati di arresto per Benjamin > Netanyahu e Yoav Gallant / CPI – 21/11/2024]. IL COLPO DI SCENA, COME A UNA “CENA CON DELITTO” Nella serata del 7 luglio alla Casa Bianca, Benjamin Netanyahu ha sorpreso i commensali annunciando di aver presentato la candidatura di Donald Trump all’assegnazione del Premio Nobel per la pace [Netanyahu a cena da Trump, ‘ho candidato il presidente Usa al Nobel per la pace’ / ANSA – 8/7/2025]. Con tale iniziativa, a cui non consegue automaticamente l’insignimento di Trump tra le figure meritevoli del prestigioso riconoscimento, probabilmente Netanyahu ha ricambiato Trump della stessa cortesia. Una decina di giorni fa infatti il leader americano si era rivolto ai giudici israeliani intercedendo per il loro premier che è accusato di 3 reati per corruzione al processo iniziato nel 2019 e di cui erano a calendario delle udienze negli stessi giorni in cui l’imputato si sarebbe dovuto recare negli Stati Uniti  [Il processo per corruzione di Benjamin Netanyahu è stato rinviato per motivi diplomatici e di sicurezza / THE GUARDIAN – 30/6/2025]. Pur riconoscendo le ragioni di stato che giustificano procrastinare il dibattimento, in merito alla richiesta di annullare il procedimento o concedere la grazia i magistrati israeliani hanno risposto negativamente, affermando che il presidente degli USA «non dovrebbe interferire nelle vicende giudiziarie di uno stato indipendente» [Israele, Trump chiede l’annullamento del processo contro il premier Netanyahu / INTERNAZIONALE – 26/6/2025]. E mentre su media e social-media ‘rimbalzavano’ la foto e i video che mostrano Netanyahu consegnare a Trump la copia della lettera inviata alla giuria che assegna il Premio Nobel per la pace, la CNN divulgava la registrazione di una riunione in cui ai finanziatori della sua corsa alla Casa Bianca il futuro presidente degli USA riferiva di aver avvisato il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping che alle loro azioni militari in Ucraina e Taiwan lui avrebbe risposto radendo al suolo Mosca e Pechino [Trump ha minacciato di bombardare Mosca se Putin avesse attaccato l’Ucraina, come mostrano i nastri della raccolta fondi del 2024 / CNN – 8/7/2025]. Comunque, le lettere di Trump ai giudici israeliani e di Netanyahu ai giurati del Premio Nobel non hanno distolto l’attenzione dei media dalle questioni importanti su cui vertevano gli incontri ‘a porte chiuse’ del 7 luglio tra il presidente USA e il premier israeliano e i rispettivi collaboratori. La conferenza stampa a cui sarebbero dovute essere date informazioni sulle loro conversazioni è stata disdetta all’ultimo momento. Molte fonti avevano reso noto che i colloqui ‘faccia a faccia’ tra i leader avevano lo scopo di coordinare le strategie israeliane e statunitensi in Medio Oriente alla luce dei recenti sviluppi, cioè a seguito della ‘guerra lampo’ contro l’Iran, i cui effetti nello scenario internazionale e anche nel panorama statunitense non sono ancora prevedibili, e nella prospettiva dell’imminente cessazione dell’assedio di Gaza, mentre le trattative per una tregua sono condotte a Doha dai mediatori qatarioti ed egiziani riuniti con le delegazioni palestinese e israeliana [Netanyahu incontra Trump alla Casa Bianca mentre Israele e Hamas discutono del cessate il fuoco/ REUTERS – 8/7/2025]. IRAN: IL COINVOLGIMENTO AMERICANO NELLA GUERRA ISRAELIANA Dopo l’incontro dell’8 luglio al Campidoglio con il presidente della camera Mike Johnson, che nel giugno scorso aveva rinviato un viaggio in Israele a causa dello scoppio della guerra con l’Iran, Netanyahu ha dichiarato: «La risoluta decisione del presidente Trump di agire al nostro fianco contro coloro che cercano di distruggere Israele e minacciano la pace nel mondo ha portato un cambiamento notevole in Medio Oriente» [Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu incontra i leader del Congresso / CBS NEWS – 8/7/2025]. Già nel 2020, durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, Trump era stato criticato per aver coordinato l’operazione militare e dato il ‘via libera’ all’incursione in cui venne ucciso il generale iraniano Qassem Soleimani senza consultarsi con i vertici del Congresso. Durante la guerra-lampo condotta da Israele contro l’Iran nel giugno scorso, la questione se l’intervento dell’esercito USA in Iran sia conforme alla Costituzione americana è stata sottoposta alla valutazione di una commissione composta dai rappresentanti di entrambi i principali partiti americani  [I legislatori si muovono per limitare i poteri di guerra di Trump mentre la guerra tra Israele e Iran si intensifica / CBS NEWS – 17/6/2025]. L’iniziativa è stata promossa dal repubblicano Thomas Massie e, sebbene una mozione presentata dal democratico Tim Kaine sia stata respinta, il Congresso sta ancora decidendo se intraprendere azioni con cui sanzionare l’intervento ‘guidato’ dall’amministrazione Trump nella guerra che nel giugno scorso Israele ha condotto contro l’Iran e agire per bloccare o impedire il coinvolgimento degli USA in altri conflitti militari a cui l’impegno e l’impiego delle forze armate non sia stato autorizzato con le corrette procedure. L’8ª sezione della Costituzione statunitense infatti sancisce che dichiarare guerra e condurre azioni belliche all’estero, inoltre imporre tasse ai cittadini americani e dazi alle altre nazioni e stabilire criteri e decretare leggi che regolano l’acquisisione della cittadinanza statunitese, sono facoltà esclusive del Congresso, ovvero del parlamento federale, e non del governo e del presidente della nazione. TREGUA A GAZA: IL PIANO ISRAELIANO MADE IN USA Secondo alcune fonti, con l’inviato USA in Medio Oriente, Steve Witkoff, e il segretario di stato, Marco Rubio, Benjamin Netanyahu ha parlato del piano per la ricostruzione della Striscia di Gaza, o progetto Riviera del Medio Oriente, di cui il giorno prima veniva rivelato che è condotto da una compagine di imprenditori israeliani in collaborazione con il Boston Consulting Group (BCG), una società statunitense coinvolta nella gestione della distribuzione di soccorsi alla popolazione di Gaza e nell’organizzazione dello sfollamento del territorio assediato [Inchiesta Financial Times svela piano di trasferimento di massa di gazawi con la scusa degli aiuti umanitari / PRESSENZA – 7/7/2025], e che alla sua realizzazione coopera anche il Tony Blair Institute for Global Change(TBI) [Il think tank di Tony Blair coinvolto nel progetto “Trump Riviera” per Gaza postbellica con resort / THE GLOBALIST – 7/7/2025]. Al termine della serata alla Casa Bianca, alcuni giornalisti sono riusciti a raccogliere delle dichiarazioni di Netanyahu e Trump. Asserendo che «Se le persone vogliono restare, possono restare, ma se vogliono andarsene, devono poterlo fare», il premier israeliano ha annunciato che Israele e gli Stati Uniti e Israele stanno cooperando tra loro e con altre nazioni disponibili a offrire ai palestinesi un “futuro migliore”. Affermando «C’è cooperazione dai paesi circostanti, un’ottima collaborazione da ognuno di loro. Quindi qualcosa di buono accadrà», il presidente USA ha parzialmente, non completamente confermato la versione dei fatti data Netanyahu [Il premier israeliano: con Washington cerchiamo paesi che accolgano i palestinesi sfollati/ ANSA – 8/7/2025]. E, commentando le notizie trapelate sugli incontri tra Netanyahu e Trump e i rispettivi entourage alla Casa Bianca un ex diplomatico israeliano, Alon Pinkas, ha osservato che lo sfollamento dei palestinesi da Gaza è una “ricetta per la catastrofe”, tanto palesemente pernicioso da non poter venir preso seriamente in considerazione che “il ministro della difesa israeliano, o persino il primo ministro di Isreale, o addirittura il presidente degli Stati Uniti” ne parlino come se sia stato già pianificato [Netanyahu e Trump discutono del trasferimento forzato dei palestinesi da Gaza / AL JAZEERA – 8/7/2025]. Infatti il giorno prima dell’incontro di Netanyahu con Trump l’ambasciatore israeliano all’ONU, Danny Damon, aveva dichiarato: «Non abbiamo alcun interesse a rimanere a Gaza» [Netanyahu atterra a Washington e avverte: “L’accordo su Gaza sarà alle nostre condizioni” / TODAY – 7/7/2025]. Inoltre, che lo ‘sgombero’ di Gaza non sia contemplato tra le questioni in discussione alle trattative per la tregua emerge dalle informazioni divulgate il 3 luglio scorso dall’agenzia REUTERS anticipando quelle fornite da un funzionario americano sulle proposte presentate ad Hamas dai mediatori, i diplomatici di Qatar ed Egitto, per stabilire e convalidare accordi finalizzati all’interruzione e, in prospettiva, alla cessazione degli attacchi delle IDF / Israel Defense Forces agli ‘obiettivi’ nella Striscia di Gaza [Il cessate il fuoco di 60 giorni a Gaza, sostenuto dagli Stati Uniti, prevede il ritorno graduale degli ostaggi, afferma un funzionario / REUTERS –  3/7/2025]. La fonte di REUTERS spiegava che le proposte erano state formulate elaborando il ‘piano’ concepito nel marzo scorso dall’inviato speciale degli USA in Medio Oriente, Steven Witkoff – newyorkese, ebreo di origini russe e bielorusse, un avvocato che ha fatto fortuna nel settore immobiliare e collaboratore della presidenza USA già nel 2020, durante il primo mandato di Trump alla Casa Bianca. Inoltre, precisava che un loro presupposto fondamentale è che del loro rispetto da ambo le parti è garante, ovvero supervisore e arbitro, il presidente degli USA, Donald Trump, e riferiva che, prima di venir presentate ad Hamas, erano state approvate dal ministroper gli affari strategici israeliani, Ron Dermer – nato negli USA e cittadino americano fino al 2005, poi un israeliano residente negli USA, prima attaché dell’Ambasciata Israeliana a Washington e poi Ambasciatore israeliano negli USA, e dal 2008 uno stretto collaboratore di Benjamin Netanyahu. In specifico, come poi riportato da molte notizie, il ‘piano’ proposto ad Hamas prevede che durante la tregua di 60 giorni vengano rilasciati 10 dei 20 ostaggi israeliani e che siano consegnate 18 salme di israeliani deceduti nell’assedio di Gaza e che ad Hamas siano date informazioni sulle condizioni di oltre 10 MILA palestinesi detenuti nelle carceri israeliane [Commissione per gli affari dei detenuti e Società dei prigionieri palestinesi – 30/6/2025]. E, oltre a ‘regolare’ modalità e tempistiche di questo scambio, gli accordi tra le parti stabiliscono le procedure della fornitura di soccorsi alla popolazione nella Striscia di Gaza e del ritiro delle truppe israeliane dall’area, prima dalle zone settentrionali e poi dalla sua parte meridionale e confinante con l’Egitto. Hamas aveva risposto ai mediatori subito, il 4 luglio, comunicando di accettare le proposte, ovvero i termini sostanziali dell’accordo per la tregua, di alcuni dettagli attuativi e operativi chiedendo alcune modifiche e integrazioni, tra cui l’assicurazione che la consegna dei soccorsi alla popolazione di Gaza sia coordinata e svolta dall’ONU in collaborazione con il Comitato Internazionale Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, ovvero escludendo il coinvolgimento dalla famigerata associazione israelo-statunitense Gaza Humanitarian Foundation [Hamas risponde con “spirito positivo” alla proposta di cessate il fuoco di Gaza sostenuta dagli Stati Uniti / AL JAZEERA – 4/7/2025]. Focalizzando l’attenzione sul dramma della scelta, cioè per quali ostaggi isrealiani chiedere la liberazione subito e quali invece successivamente, sabato 5 luglio la stampa israeliana aveva riferito le reazioni dei loro familiari, che insieme ai connazionali hanno manifestato in due opposte fazioni: una favorevole alla tregua, l’altra invece propensa a “finire il lavoro” fino alla “piena vittoria israeliana” [Migliaia di persone manifestano per liberare gli ostaggi mentre il governo discuterà la tregua che si profila a Gaza / THE TIMES OF ISRAEL – 5/7/2025]. Contemporaneamente si diffondeva la notizia di un diverbio tra Benjamin Netanyahu e il capo di stato maggiore delle IDF, Eyal Zamir [Gaza, Hamas: “Sì a negoziati immediati per tregua” – Tensioni in Israele / ADN KRONOS – 4/7/2025]: > Netanyahu avrebbe ordinato a Zamir di preparare un piano per trasferire la > stragrande maggioranza della popolazione palestinese nella parte meridionale > di Gaza. > > “Volete un governo militare? Chi governerà due milioni di persone?”, gli ha > risposto Zamir. “L’IDF e lo stato di Israele”, ha replicato Netanyahu alzando > la voce contro Zamir. > > Secondo Netanyahu l’alternativa al piano di evacuazione è quella di prendere > il controllo dell’intera Striscia di Gaza, comprese le aree in cui le IDF non > hanno operato fino ad ora per paura di mettere a rischio gli ostaggi. > > Zamir ha avvertito Netanyahu: “Gestire tante persone affamate e arrabbiate > potrebbe portare a una perdita di controllo e, di conseguenza, molti > potrebbero rivoltarsi contro le IDF”. > > Netanyahu ha respinto le sue preoccupazioni e tagliato corto: “Preparate un > piano di evacuazione: voglio trovarlo pronto al ritorno da Washington”. Nei giorni seguenti, in un’intervista alla BBC un ufficiale di Hamas ha confermato le analisi, e i timori, di Zamir: nella Striscia di Gaza le milizie palestinesi non hanno più il controllo dell’80% del territorio e si stanno imponendo dei clan armati. E sulle possibilità concrete che si giunga alla tregua e alla cessazione dell’assedio osservato “cosa impedisce a Israele di continuare questa guerra?” [Netanyahu a Washington, vedrà Trump. Wafa, 14 morti per i raid israeliani a Gaza all’alba. Fonte palestinese, nessuna svolta nei negoziati a Doha / ANSA – 7/7/2025]. Le notizie sulla riunione svolta a Doha il 6 luglio, la prima della serie per le trattative condotte dai mediatori qatarioti ed egiziani con le delegazioni israeliana e palestinese, riferivano che non era stato fatto nessun progresso perché la rappresentanza israeliana non era autorizzata a prendere decisioni e a formalizzare accordi. Infatti, oltre ad affermare di ritenere “inaccettabili” le richieste di Hamas, alla partenza per Washington il premier israeliano aveva dichiarato di aver dato ai delegati israeliani precise istruzioni: ottenere l’annientamento dell’organizzazione politica e militare palestinese. Mentre lui partiva per Washington il capo di stato di Israele, Yitzhak Herzog, si era rivolto pubblicamente a Netanyahu per esortarlo ad essere cauto, e conciliante, e persino ‘tra le righe’ del resoconto sugli incontri svolti in questi giorni a Washington e a Doha pubblicato da THE TIMES OF ISRAEL si legge che il principale ostacolo alla tregua è l’ostinazione del premier israeliano a rifiutare qualsiasi compromesso: > Sebbene si prevedesse che durante la sua visita a Washington  Netanyahu > avrebbe dovuto affrontare forti pressioni da parte di Trump e del suo inviato > in Medio Oriente Steve Witkoff per far avanzare i colloqui di Gaza, Israele ha > descritto il rapporto tra le due parti perfettamente coordinato. > > I mediatori impegnati nelle negoziazioni per un accordo sono stati informati > che Trump si aspetta che raggiungano un accordo questa settimana. > > “Potrebbe volerci più tempo, ma ci stiamo lavorando”, ha detto ai giornalisti > dopo la cena il ministro per gli affari strategici israeliani, Ron Dermer. Dopo i colloqui e la cena di lunedì 7 luglio Trump aveva detto, così ammesso, che la tregua a Gaza è possibile perché Hamas vuole raggiungere un’intesa e martedì sera Netanyahu veniva convocato alla Casa Bianca per un incontro fuori-programma, durante il cui svolgimento l’inviato speciale degli USA in Medio Oriente, Steven Witkoff, dichiarava che a Doha si stavano risolvendo le divergenze [Trump e Netanyahu si incontrano per la seconda volta per discutere di un cessate il fuoco a Gaza / AL JAZEERA – 9/7/2025] e il ministro degli esteri israeliano, Gideon Sa’ar, annunciava che “il cessate il fuoco a Gaza è realizzabile” [Sa’ar, il cessate il fuoco a Gaza è realizzabile. Lo riferiscono media israeliani citando Reuters / ANSA – 9/7/2025]. Mercoledì 9 luglio veniva reso noto che un funzionario palestinese aveva osservato che le trattative a Doha erano in stallo perché la delegazione israeliana continuava a procrastinare le decisioni sul ritiro delle proprie truppe dalla Striscia di Gaza e, insistendo a pretendere che se ne occupi la Gaza Humanitarian Foundation, non acconsentiva che la distribuzione di aiuti umanitari a Gaza sia affidata alle agenzie ONU e alla Croce / Mezzaluna Rossa [I colloqui sulla tregua a Gaza sarebbero in stallo nonostante il secondo incontro Netanyahu-Trump / BBC – 9/9/2025]. Rilevando che in questi giorni gli attacchi israeliani a Gaza si sono intensificati, molti osservatori hanno notato tante discrepanze tra i proclami di Netanyahu e Trump. Ma la ‘sintonia’ di intenti che il premier israeliano enfaticamente afferma essere alla base di una solida collaborazione perfettamente coordinata non è mai stata ufficialmente smentita dal leader americano… > Lungi dal fermare il flusso di armi verso Israele, l’amministrazione Trump si > è vantata di aver ripreso il trasferimento di bombe pesanti, le uniche armi > che Biden aveva temporaneamente sospeso di inviare durante la guerra a Gaza > [Se Trump vuole il cessate il fuoco a Gaza, deve fare pressione su Netanyahu, > affermano gli esperti/ AL JAZEERA – 10/7/2025]. … e sulle trattative a Doha incombono molte incognite e, soprattutto, tanti angoscianti timori. Maddalena Brunasti
Il genocidio e l’assedio di Gaza: il popolo palestinese non ha altra patria che la Palestina
Pubblichiamo il comunicato di Fawzi Ismail, presidente dell’Associazione amicizia Sardegna Palestina sulle dichiarazioni di Donald Trump riguardo alla proposta di deportazione della popolazione di Gaza. Le ultime volgari dichiarazioni razziste e pericolose del presidente statunitense Donald Trump — che propone lo spostamento forzato della popolazione di Gaza verso uno “Stato mediorientale” e la trasformazione della Striscia in una “zona libera” amministrata secondo i diktat della sua visione, senza alcuna rappresentanza palestinese — rappresentano l’ennesima manifestazione di un colonialismo arrogante, crudele e fallimentare. Quanto riportato dalla rete NBC, in merito a un piano dell’amministrazione Trump per trasferire quasi un milione di palestinesi da Gaza alla Libia, conferma l’esistenza di una mentalità malata e coloniale, erede diretta dei progetti di pulizia etnica e annientamento che il popolo palestinese affronta dal 1948. È la stessa logica di dominio e cancellazione con cui gli Stati Uniti hanno costruito se stessi, attraverso lo sterminio sistematico dei popoli indigeni del Nord America: una storia segnata da genocidi, deportazioni e controllo violento dei territori. Né le dichiarazioni né le pratiche coloniali di sterminio riusciranno a spezzare la forza radicata del popolo palestinese. Un popolo che, con eroismo e dignità, continua a resistere all’assedio, all’espulsione, alla cancellazione. La Palestina non arretra. Non si lascia intimidire dalla brutalità dell’occupazione, né si piega davanti all’arroganza delle potenze che la sostengono. Trump e Israele rappresentano l’apice di un colonialismo volgare, violento, convinto di poter impunemente annientare vite, storia, identità. Ma anche la loro ambizione più prepotente si infrange contro la dignità incrollabile della resistenza palestinese e contro un movimento globale che si risveglia, si indigna e si mobilita. Il mondo, ispirato dall’esempio palestinese, rigetta con sempre maggiore convinzione la spietatezza dello sterminio e l’intero sistema di oppressione di cui esso è parte. La lotta palestinese è oggi faro e specchio: illumina le tenebre del potere e riflette la possibilità di un mondo diverso. Ed è proprio per questo che non potranno mai vincere. A Trump e a tutti i suoi complici, vicini o lontani, diciamo con chiarezza: il popolo palestinese non ha altra patria che la Palestina. Nessun piano, nessun ricatto, nessuna minaccia potrà sradicarlo dalla sua terra. Gaza non sarà mai zona di deportazione né laboratorio di liquidazione. Ogni tentativo di esodo forzato è destinato al fallimento. Un popolo che ha resistito per decenni, che ha pianto migliaia di martiri e ha fronteggiato a testa alta la brutalità del colonialismo israeliano, non sarà mai spezzato. I palestinesi non si muoveranno se non per tornare nelle loro città e villaggi occupati, nella Palestina storica, dopo la liberazione. L’idea di amministrare Gaza senza sovranità palestinese è solo l’ennesimo tentativo meschino di smembrare il corpo della nazione, di amputarne la storia e dissolverne la causa. Ma noi non ci piegheremo. Resisteremo, come sempre, con ogni mezzo. Gaza è parte inseparabile della Palestina, e solo il suo popolo ha diritto a decidere del suo destino. A Trump e ai suoi alleati diciamo: la vostra mentalità da “cowboy”, che tratta le vite umane come merce, che crede di poter spostare popoli come pedine su una mappa, non passerà. Ha fallito nella storia e fallirà ancora, spezzandosi contro la fermezza del popolo palestinese. Un popolo che non si è mai inginocchiato, che non ha mai tradito la propria dignità, e che continua a resistere — per il ritorno, la liberazione, l’autodeterminazione. Nonostante voi. Nonostante l’occupazione. Nonostante tutto. 20 maggio 2025 – Fawzi Ismail Redazione Sardigna