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Mediterraneo centrale: MSF riprende le attività di ricerca e soccorso con una nuova nave
Medici Senza Frontiere (MSF) annuncia la ripresa delle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, quasi un anno dopo essere stata costretta a interrompere le operazioni con la Geo Barents, l’ultima nave dell’organizzazione medico-umanitaria attiva da maggio 2021 a dicembre 2024. Oggi MSF torna nel Mediterraneo con la nave Oyvon, che in norvegese significa “speranza per l’isola”. L’imbarcazione, in passato una nave ambulanza in Norvegia, è stata completamente ristrutturata e attrezzata per effettuare operazioni di ricerca e soccorso in mare su una delle rotte migratorie più pericolose al mondo. ”Come organizzazione medico-umanitaria, la nostra presenza nel Mediterraneo e l’impegno nel supporto alle persone in movimento sono imprescindibili” dichiara Juan Matias Gil, capomissione di MSF per la ricerca e soccorso in mare. “Riprendiamo le operazioni perché abbiamo il dovere di soccorrere chi si trova in difficoltà in mare. Persone spesso costrette a partire su imbarcazioni insicure dopo aver vissuto in condizioni deplorevoli e disumane e aver subito detenzioni, abusi ed estorsioni in Libia”. Politiche restrittive rendono quasi impossibili le operazioni SAR MSF è stata costretta a sospendere le attività di soccorso della Geo Barents nel dicembre 2024, dopo oltre 2 anni di operazioni ostacolate da leggi e politiche italiane restrittive, in particolare dal Decreto Piantedosi e dall’assegnazione di porti lontani. Queste misure hanno reso impossibile il normale svolgimento delle operazioni per la Geo Barents: nonostante avesse la capacità di ospitare fino a 700 persone a bordo, alla nave venivano regolarmente assegnati porti lontani anche quando aveva a bordo solo 50 sopravvissuti. “La decisione di MSF di impiegare una nave più piccola e veloce è una risposta strategica a leggi e misure sempre più restrittive del governo italiano, che mirano a ostacolare le attività di ricerca e soccorso delle navi umanitarie” continua Gil di MSF. MSF torna nel Mediterraneo centrale anche per diffondere le testimonianze di chi fugge dalla Libia, per raccontare le violente intercettazioni in mare da parte della Guardia Costiera libica e di altri attori coinvolti, così come i respingimenti forzati in Libia, riconosciuti dai tribunali italiani e da altri organismi delle Nazioni Unite come violazioni del diritto internazionale marittimo, dei diritti umani e del diritto d’asilo. Negli ultimi mesi si è registrato un aumento di attacchi violenti in acque internazionali da parte della Guardia Costiera libica e di altri gruppi armati, diretti contro le persone migranti e le navi umanitarie di soccorso. L’equipaggio di MSF a bordo della nave Oyvon prevede la presenza di un medico e un infermiere, pronti a fornire cure mediche in situazioni di emergenza e ad assistere i pazienti in caso di ipotermia, inalazione di carburante, ustioni da benzina e ferite causate da abusi e detenzioni in Libia. MSF nel Mediterraneo Centrale Il Mediterraneo centrale resta una delle rotte migratorie più letali al mondo. Secondo l’IOM, almeno 25.630 uomini, donne e bambini sono morti o dispersi in questo tratto di mare dal 2014, di cui 1.810 solo nel 2024. In media nel 2024 sono morte 5 persone al giorno, rendendo lo scorso anno il più mortale dal 2017, nonostante la diminuzione delle partenze. Dal 2015 MSF è attiva nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. MSF ha lavorato su 9 navi umanitarie (da sola o in partnership con altre organizzazioni) e ha soccorso più di 94.200 persone. Nel gennaio 2023, il Decreto Piantedosi (Decreto Legge 1/2023) ha introdotto in Italia un nuovo quadro normativo, applicabile esclusivamente alle navi civili adibite al soccorso, e una serie di sanzioni in caso di inadempienza, che prevedono da 10 a 20 giorni di fermo in porto fino alla confisca della nave. Dall’entrata in vigore del Decreto Piantedosi, la Geo Barents è stata sanzionata 4 volte, per un totale di 160 giorni di fermo forzato. Inoltre, tra dicembre 2022 e dicembre 2024, le misure ostruzionistiche imposte dal decreto hanno costretto la nave a percorrere 64.966 km in più dei previsti e a trascorrere 163 giorni in più in mare per raggiungere porti lontani nel nord Italia per lo sbarco delle persone sopravvissute, invece di approdare in porti più vicini nel Sud Italia. È fondamentale, avverte MSF, che l’Italia e gli Stati membri dell’Unione Europea garantiscano che gli attori civili impegnati nelle operazioni SAR possano operare liberamente per salvare vite in mare nel pieno rispetto delle leggi internazionali e marittime, ponendo la salvaguardia e la protezione della vita umana al centro delle politiche migratorie. Oyvon Oyvon batte bandiera tedesca. In passato ha operato come nave ambulanza in Norvegia prima di essere acquistata da MSF e adeguata alle attività di ricerca e soccorso. La sua lunghezza totale è di 20 metri, ha 2 ponti per accogliere le persone soccorse ed è dotata di 1 gommone veloce (rhib), che verrà utilizzato durante le operazioni di soccorso. Il team a bordo è composto da 10 persone, tutti operatori di MSF. Oyvon, in norvegese, significa “speranza per l’isola”.   Medecins sans Frontieres
Le Ong del soccorso in mare si uniscono nella Justice Fleet e interrompono le comunicazioni con Tripoli
Dopo anni di crescenti violazioni dei diritti umani da parte della cosiddetta Guardia Costiera libica e dopo il rinnovo del Memorandum Italia-Libia, 13 organizzazioni di ricerca e soccorso si uniscono una nuova alleanza, la Justice Fleet, e sospendono le comunicazioni operative con il cosiddetto Centro congiunto di coordinamento dei soccorsi di Tripoli, in Libia. Sul sito justice-fleet.org la lista delle violenze della cosiddetta guardia costiera libica documentate dalla società civile negli ultimi 10 anni e in continuo aggiornamento 13 organizzazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale hanno annunciato il 5 novembre u.s. a Bruxelles la costituzione della Justice Fleet, supportata dal Centro europeo per i diritti costituzionali e umani e dall’organizzazione Refugees in Libya. È una risposta alla coercizione degli Stati europei a comunicare con le milizie libiche, autori di quotidiane violenze in mare e in opposizione al rinnovo tacito del Memorandum d’Intesa Italia-Libia. Le organizzazioni parte della Justice Fleet hanno deciso di interrompere le comunicazioni operative con il Centro congiunto di coordinamento dei soccorsi di Tripoli, in Libia (JRCC), a cui le costringe la Legge 15/23 nota come “decreto Piantedosi”, integrato nel decreto flussi. Il Centro coordina gli interventi violenti di cattura e respingimento della cosiddetta Guardia costiera libica e non può essere considerato un’autorità competente. La Libia non è un luogo sicuro per le persone in fuga. Inoltre, il JRCC di Tripoli non soddisfa gli standard internazionali necessari al funzionamento di un centro per il coordinamento dei soccorsi: non è raggiungibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, manca di capacità linguistica e non dispone di un’infrastruttura tecnica adeguata per coordinare le operazioni di soccorso. Da 10 anni, le organizzazioni di ricerca e soccorso hanno documentato la violenza sistematica perpetrata dalla cosiddetta Guardia Costiera Libica, una rete decentralizzata di milizie armate equipaggiate e addestrate con fondi dell’UE, in particolare dall’Italia. I naufraghi vengono intercettati con la violenza in mare, rapiti e condotti in campi dove tortura, stupri e lavori forzati sono una pratica sistematica. I tribunali europei e le istituzioni delle Nazioni Unite hanno da tempo riconosciuto la violenza organizzata che, secondo gli esperti legali, costituisce un crimine contro l’umanità. Tali violenze sono state documentate società civile negli ultimi 10 anni, e un report costantemente aggiornato sarà disponibile da oggi sul sito justice-fleet.org. L’interruzione delle comunicazioni operative con il JRCC Libia potrebbe comportare multe, detenzioni o persino la confisca dei mezzi di soccorso della Justice Fleet da parte dello Stato italiano, in violazione del diritto internazionale. Dal 2023, il governo italiano ha detenuto illegalmente mezzi di soccorso ai sensi della cosiddetta Legge Piantedosi. Questa campagna parte all’indomani di un nuovo caso di disobbedienza a ordini ingiusti e illegittimi del Governo italiano da parte di una nave civile di soccorso, in nome invece del pieno e rigoroso rispetto del diritto marittimo e umanitario, internazionale e nazionale: proprio ieri sera la nave Mediterranea ha sbarcato 92 persone, soccorse in tre diversi interventi, a Porto Empedocle, nonostante le autorità italiane avessero ordinato di portarle nel lontano porto di Livorno. Mediterranea ha operato a tutela dei fondamentali diritti alla vita, alla salute e alla dignità delle persone soccorse e, per questa scelta il Governo minaccia ora pesanti ritorsioni. Lo spirito con cui la nave ha agito è lo spirito che anima la Justice Fleet e per questo esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Mediterranea. La Justice Fleet unisce strategie legali, politiche e comunicative per difendere le persone in fuga e le operazioni di soccorso dai respingimenti illegali, dalla repressione e dalla criminalizzazione delle Ong. Le corti europee – da quelle italiane alla Corte europea dei diritti dell’uomo – hanno ripetutamente confermato che i respingimenti verso la Libia violano il diritto internazionale. I membri dell’alleanza da Germania, Francia, Italia e Spagna: Mediterranea Saving Humans Sea-WatchSOS-Humanity Tutti gli occhi sul Mediterraneo (TOM) Sea-Eye Louise Michel Pilotes Volontaires RESQSHIP Salvamento Marítimo Humanitario Mission Lifeline CompassCollective Sea Punks r42 – sail and rescue Il kit stampa tra cui una descrizione della Justice Fleet, una panoramica sugli atti di violenza estremi della cosiddetta Guardia costiera libica, una panoramica sui casi giudiziari vinti in Italia e a livello europeo, nonché fatti e cifre sulla cooperazione UE-Libia possono essere trovato qui Materiale fotografico e video che documenta gli atti estremi di violenza da parte della cosiddetta guardia costiera libica e di altre milizie libiche. Si trova qui. Ulteriori informazioni sulla Justice Fleet, una panoramica completa degli atti di violenza estremi documentati dalla cosiddetta Guardia costiera libica, nonché la prima panoramica in assoluto sui casi giudiziari vinti dalle organizzazioni di ricerca e soccorso dal 2023, sono disponibili qui: justice-fleet.org Contatto stampa: Sea-Watch Luca Faenzi, +393388364299 Sea Watch
Rapporto di Medici Senza Frontiere denuncia violenze e blocchi all’azione salvavita nel Mediterraneo
La rimozione orchestrata delle navi di ricerca e soccorso, come la Geo Barents, dal Mediterraneo centrale toglie un’ancora di salvezza per i sopravvissuti in fuga dalle orrende violenze in Libia. È la denuncia di Medici Senza Frontiere (MSF) pubblicata oggi nel rapporto “Manovre mortali: ostruzionismo e violenza nel Mediterraneo Centrale”, che contiene dati operativi e medici, oltre a testimonianze di sopravvissuti raccolte a bordo della Geo Barents tra il 2023 e il 2024. Il rapporto descrive come, dopo più di due anni di attività con leggi e politiche italiane restrittive, in particolare il decreto Piantedosi e la pratica di assegnazioni di porti lontani, la capacità delle navi di ricerca e soccorso di fornire assistenza salvavita sia stata gravemente limitata, costringendo MSF a cessare le operazioni della Geo Barents a dicembre scorso. MSF chiede alle autorità italiane di smettere di ostacolare le operazioni di salvataggio in mare e di imporre sanzioni alle navi di ricerca e soccorso delle ONG. Invita, inoltre, l’UE e i suoi Stati membri a sospendere immediatamente il sostegno finanziario e materiale alla Guardia Costiera libica (LCG) e a smettere di incentivare intenzionalmente i rimpatri forzati di persone in Libia. “Le testimonianze, i dati e le prove raccolte in questi anni dimostrano la collusione dell’Italia e dell’UE con la LCG e altri attori armati nell’effettuare intercettazioni che riportano forzatamente le persone ad un giro di estorsioni e abusi” afferma Juan Matias Gil, responsabile per le attività di ricerca e il soccorso in mare di MSF. Se nel 2023 MSF ha assistito a incidenti che coinvolgevano operatori libici durante il 38% delle rotazioni della Geo Barents, questa percentuale è salita al 65% nel 2024. Nel 2023 e 2024 MSF ha documentato 30 intercettazioni confermate o sospette di imbarcazioni di migranti da parte di navi libiche. A causa delle restrizioni, il numero di persone soccorse dalla Geo Barents è diminuito drasticamente da 4.646 nel 2023 fino 2.278 nel 2024. Nonostante ciò, è aumentato del 14% il numero complessivo dei ricoveri medici, in particolare quelli urgenti, dimostrando che una percentuale notevolmente più elevata di persone soccorse era in uno stato critico e necessitava di cure specialistiche salvavita a terra. “Il decreto Piantedosi è un meccanismo strutturato e istituzionalizzato senza precedenti per bloccare le attività di ricerca e salvataggio di persone in pericolo” aggiunge Gil di MSF. “L’impatto di queste sanzioni è peggiorato nel corso degli anni e la capacità di salvataggio della nostra nave è stata significativamente ridotta e compromessa”. Secondo i dati medici di MSF, nel 2024, tutti i 124 pazienti visitati dal team di psicologi sulla Geo Barents hanno riferito di aver subito violenze fisiche e/o psicologiche durante il viaggio, e metà di questi pazienti hanno identificato la detenzione come luogo principale in cui hanno avuto luogo gli abusi. Il rapporto riporta anche le testimonianze di persone che sono riuscite a fuggire dalla Libia, documentando le violente intercettazioni subite in mare e il ritorno forzato in Libia, come parte del più ampio sforzo di esternalizzazione per impedire gli arrivi in Europa. “Abbiamo trascorso 5 ore di navigazione in mare, finché non siamo stati catturati da un’imbarcazione libica. Ci hanno tenuti a bordo per circa 53 ore mentre continuavano a cercare altre imbarcazioni. Non ci hanno dato né cibo né acqua, né ci hanno permesso di usare il bagno, abbiamo dovuto urinarci addosso. Mio fratello era così spaventato perché aveva perso la sensibilità delle gambe e non poteva muoversi per tanto tempo, piangeva e vomitava. Da allora soffre di incontinenza. Li abbiamo pregati di riportarci indietro, vomitavamo, eravamo disidratati, ma non hanno mai avuto pietà di noi. Mangiavano pesce, bevevano, ma non ci hanno mai dato nulla. Solo a un certo punto hanno avuto pietà di mia figlia e le hanno dato un pacchetto di biscotti, che è stata l’unica cosa che abbiamo mangiato in quei giorni” racconta una donna siriana salvata dalla Geo Barents nel febbraio del 2024. MSF nel Mediterraneo centrale  MSF è presente nel Mediterraneo centrale con attività di ricerca e soccorso dal 2015, lavorando su 8 diverse imbarcazioni, da sola o in collaborazione con altre ONG, e salvando più di 94.000 persone. I team di MSF a bordo della Geo Barents, attiva da giugno 2021 a dicembre 2024, hanno soccorso 12.675 persone, concluso 190 operazioni, recuperato i corpi di 24 persone, organizzato l’evacuazione medica di 18 persone e assistito la nascita di un bambino. Dall’entrata in vigore del Decreto Piantedosi, la Geo Barents è stata sanzionata 4 volte, per un totale di 160 giorni di detenzione forzata. Tra dicembre 2022 e dicembre 2024, le misure restrittive hanno inoltre imposto alla Geo Barents di percorrere altri 64.966 chilometri e di trascorrere altri 163 giorni in mare per raggiungere porti lontani del nord Italia per lo sbarco dei sopravvissuti dopo il salvataggio, anziché nei vicini porti della Sicilia.   Medecins sans Frontieres
Decreto Piantedosi, domani l’udienza alla Corte Costituzionale
La questione di costituzionalità era stata sollevata dal Tribunale di Brindisi grazie al ricorso di SOS MEDITERRANEE contro il fermo amministrativo del 9 febbraio 2024, a seguito dello sbarco di 261 sopravvissuti nel porto salentino. Il fermo era stato motivato in base alle false accuse mosse dalle autorità marittime libiche. In discussione al Palazzo della Consulta l’intero impianto di una legge ingiusta, discriminatoria e punitiva.  Si svolgerà domani l’udienza nel corso della quale la Corte Costituzionale sarà chiamata a valutare la costituzionalità del Decreto-legge 1/2023 poi convertito in legge n° 15/2023: il cosiddetto Decreto Piantedosi. La questione di costituzionalità era stata sollevata dal Tribunale di Brindisi, nell’ambito del giudizio dovuto al ricorso con il quale SOS MEDITERRANEE aveva contestato il fermo amministrativo alla nave Ocean Viking il 9 febbraio 2024. «Qualunque sia la decisione della Corte – spiega la direttrice di SOS MEDITERRANEE Italia Valeria Taurino – quella di domani è già una giornata storica: di fronte ai tentativi di questo governo di aggirare con leggi ingiuste il diritto internazionale, quello umanitario e, soprattutto, i doveri di umanità, il fatto di essere di fronte alla più Alta Corte del Paese dimostra in modo inequivocabile che lo Stato di Diritto non è scavalcabile. Soccorrere chi è in pericolo di vita è un diritto e un dovere, e sta a chi vorrebbe rovesciare questo principio inviolabile dimostrare che così non è, non certo a chi, animato da spirito umanitario, è in mare per provare a salvare vite umane. Del resto, già nell’accoglimento della nostra richiesta di sospensione del fermo, il Tribunale di Brindisi aveva sottolineato come le nostre attività di ricerca e soccorso siano ‘di per sé meritevoli’ di tutela istituzionale.». I legali di SOS MEDITERRANEE Dario Belluccio e Francesca Cancellaro ribadiranno, davanti ai giudici della Suprema Corte, quanto già aveva convinto il Tribunale Brindisino a richiede l’intervento del Palazzo della Consulta. Secondo i legali dell’associazione, infatti, è in gioco un principio giuridico fondamentale: “Non può essere sanzionata una condotta che è finalizzata a salvare la vita di altri”. Oltre a questo, gli avvocati che rappresentano la ONG contesteranno diversi elementi di dubbia costituzionalità nel decreto Piantedosi. Le principali questioni riguardano: Il principio di proporzionalità e ragionevolezza della sanzione. “Il principio di proporzionalità dovrebbe sempre guidare le decisioni del legislatore quando si tratta di limitare i diritti fondamentali”, avevano dichiarato gli avvocati nell’udienza che ha avuto luogo nell’ottobre 2024. “In questo caso, sono in gioco diritti fondamentali, sia per coloro che sono colpiti dalla sanzione prevista dalla legge, come le navi di soccorso, sia per i naufraghi stessi. La detenzione della nave rappresenta una sanzione che inibisce le attività di salvataggio e quindi impedisce l’accesso ai diritti fondamentali delle persone in pericolo in mare.” Il principio di determinatezza. Questo principio è incrinato dal fatto che il decreto subordina l’accertamento della condotta illecita della Ocean Viking alle valutazioni delle autorità di uno Stato terzo, in questo caso la Libia.  Inoltre, il team legale di SOS MEDITERRANEE sostiene che la legge è così vaga da obbligare la ONG di ricerca e soccorso a rispettare qualsiasi indicazione, anche se provenienti da autorità appartenenti ad altri Stati come la Libia: dal punto di vista legale quindi la sanzione dell’Italia alla Ocean Viking -una nave battente bandiera norvegese e in acque internazionali – per non aver rispettato le indicazioni delle autorità libiche è ampiamente discutibile. I giudici della Corte Costituzionale sono dunque chiamati a esprimersi principalmente su questi rilievi sollevati dal giudice di merito, che mettono in dubbio non soltanto singole previsioni legislative ma l’intero impianto di una legge ingiusta, discriminatoria e punitiva.       Redazione Italia