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Le Botteghe della Comunità come presidio di prossimità sociosanitaria
La spesa sociosanitaria pubblica in Italia si colloca tra 45,7 e 47,3 miliardi di euro, una cifra che testimonia il peso crescente delle prestazioni che coniugano dimensione sanitaria e sociale. La maggior parte delle risorse è destinata ai servizi per anziani non autosufficienti e persone con disabilità, con il 42% delle risorse impiegato per strutture residenziali e semiresidenziali e il 25% per servizi domiciliari e territoriali. Emergono tuttavia forti differenze regionali, con il Nord che registra valori di spesa pro capite superiori ai 40 euro, mentre il Mezzogiorno si ferma sotto i 25 euro. Sono alcuni dei dati del Rapporto 2026 “Salute e Territorio. I servizi sociosanitari dei comuni italiani”, realizzato da IFEL – Fondazione ANCI in collaborazione con Federsanità, la Confederazione delle Federsanità ANCI regionali e presentato durante la recente Assemblea dell’ANCI a Bologna. Le aree metropolitane e i piccoli comuni presentano modelli di intervento molto diversi, spesso legati alla capacità amministrativa e alla disponibilità di risorse umane. Nel 2022, i Comuni italiani hanno impegnato 8,86 miliardi di euro per i servizi sociali, pari allo 0,46% del PIL nazionale, in crescita del 5,8% rispetto al 2021 e del 29,2% rispetto al 2013. La spesa si concentra principalmente sull’area famiglia e minori (37,3%) e sulla disabilità (27,5%), mentre risultano in lieve calo gli interventi destinati agli anziani (-2,3%), un dato che evidenzia la necessità di un riequilibrio rispetto ai bisogni emergenti della popolazione. Significativo anche l’aumento della spesa per povertà e disagio adulto, che nel 2022 ha raggiunto 800 milioni di euro, più del doppio rispetto ai livelli pre-pandemia. In crescita anche la componente della gestione associata dei servizi: il 67,2% della spesa è gestito dai comuni singoli o associati, mentre il restante 33% è affidato a distretti, unioni e consorzi. Il Rapporto passa in rassegna anche l’interessante e innovativa esperienza gestionale delle Botteghe della Comunità, una sperimentazione gestionale, unica nel loro genere nel panorama italiano, realizzate dalla ASL Salerno per la risposta ai bisogni sociosanitari dei cittadini delle aree interne. La prima Bottega ha preso vita ufficialmente a novembre del 2023, partendo dai 216 abitanti del paese più piccolo della regione Campania, e ha visto il coinvolgimento e l’apertura progressiva di tutte le 29 amministrazioni locali che partecipano al framework assistenziale sperimentale delle Botteghe della Comunità. A questa nuova sperimentazione di servizi sul territorio hanno partecipato, e partecipano, tanti partner istituzionali (Regione Campania, AGENAS, Federsanità, ANCI, IFEL, amministrazioni comunali, Università di Salerno, SNAI, city competent, Servizio Civile Universale, Ambiti Territoriali Sociali, Comunità Montane ed Ente Parco). La Bottega è un presidio di prossimità sociosanitaria all’interno della quale lavora un infermiere, coadiuvato dagli altri professionisti territoriali (professionisti dei servizi sociali del comune e/o dell’Ambito Sociale, assistenti sociali e farmacisti rurali dei paesi coinvolti) e dal volontariato con il servizio civile e dai city competent. Il servizio, che supporta le attività della medicina generale e delle cure primarie, è svolto tramite specialisti per 5 giorni settimanali (ogni giorno è dedicato a una specifica branca), dal lunedì al venerdì. Le ore previste in presenza sono effettuate presso la Bottega HUB e per ciascuna branca specialistica è previsto un monte ore da remoto in telemedicina per la gestione delle malattie croniche a maggior prevalenza (diabete, malattie cardiovascolari, malattie croniche dell’apparato respiratorio, patologie cerebro-vascolari comprese demenze e polipatologie dell’anziano fragile). La loro centralità è data, sul lato del governo della domanda, dalle funzioni di medicina d’iniziativa, di presa in carico, di accesso unitario, di filtro di accesso e indirizzo dei pazienti. All’interno delle Botteghe sono sperimentati percorsi di presa in carico dei pazienti, attraverso documenti formalizzati e approvati, che rappresentano ad oggi un unicum nel panorama nazionale per l’assistenza sociosanitaria integrata. Il Protocollo operativo, ad esempio, racchiude l’insieme di regole degli attori che animano le Botteghe delle Comunità. Il modello delle Botteghe ha vinto di recente il premio di CittadinanzAttiva nazionale sulle aree interne con la motivazione che l’ASL Salerno ha realizzato un modello innovativo di sanità territoriale capace di portare assistenza e cura direttamente nei luoghi di vita delle persone, di  dar vita ad una sanità di prossimità nei territori più fragili, costruendo una rete capillare di presidi sociosanitari che servono oltre 28.000 cittadini. Il progetto “Botteghe della Comunità” si distingue come modello replicabile di sanità di prossimità, capace di avvicinare la cura ai cittadini e di rafforzare il legame tra istituzioni, territori e bisogni reali della popolazione. L’operazione delle Botteghe della Comunità dell’ASL di Salerno viene ripresa e studiata da altre realtà territoriali nazionali, contribuendo a quel processo virtuoso che rende una buona pratica un modello da replicare ed un possibile standard diffuso. Qui il Rapporto: https://federsanita.it/wp-content/uploads/2025/11/SaluteTerritorio2026_WEB.pdf.  Qui i documenti relativi alle Botteghe della Comunità: https://www.aslsalerno.it/archivio2_come-fare-per_0_160.html.  Giovanni Caprio
L’amianto non è stato ancora messo al bando dalle scuole italiane
L’asbesto, detto anche amianto, appartiene alla famiglia dei silicati naturali, ha caratteristiche strutturali e di resistenza al calore, basso costo e facile reperibilità ed è stato utilizzato nell’edilizia, nella nautica, nelle carrozze ferroviarie, nei mezzi di trasporto su gomma, e persino negli aeromobili, con circa 3.000 applicazioni. Un utilizzo che si è interrotto con la sua messa al bando, avvenuta con la L. 257/1992, poiché estremamente nocivo per la salute: il crisotilo (una fibra a serpentina), la crocidolite e l’amosite (fibre amfibole o rettilinee) sono i 3 tipi principali di asbesto che causano danni alla salute umana (patologie fibrotiche e cancerogene). Ma, nonostante la messa al bando, l’amianto è ancora diffusamente presente sul territorio, come denuncia instancabilmente Ezio Bonanni con il suo Osservatorio Nazionale Amianto – OMA (https://www.osservatorioamianto.com/) e da ultimo anche con “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – Edizione 2024“: https://www.avvocatoeziobonanni.it/wp-content/uploads/2025/04/LIBRO-BIANCO-Edizione-2024-.pdf. Secondo l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) questa è l’attuale situazione: la presenza di oltre 40 milioni di tonnellate di materiali contaminati da amianto; il censimento di circa 100.000 siti con amianto; l’assenza di una mappatura esaustiva delle aree a rischio. L’applicazione incompleta delle disposizioni legislative ha ostacolato le operazioni di bonifica, prolungando l’esposizione in ambienti particolarmente vulnerabili. Colpisce particolarmente però il fatto che l’amianto sia presente anche nelle nostre scuole, come denunciato dal XXIII Rapporto dell’Osservatorio Civico sulla Sicurezza a Scuola di Cittadinanzattiva. “La presenza di amianto negli edifici scolastici, si legge nel Report di Cittadinanzattiva, rappresenta un problema ancora irrisolto. L’ONA continua a segnalare contaminazioni in edifici scolastici di ogni ordine e grado; asili nido e scuole dell’infanzia; laboratori tecnici e professionali”. Particolare attenzione viene rivolta all’uso passato del DAS contenente crisotilo (30%), fino al 1993, che ha comportato l’esposizione del personale docente, in particolare nelle scuole materne ed elementari. Recenti rilevazioni indicano nuovi casi di mesotelioma tra il personale scolastico. Come è noto, le fibre di amianto, una volta inalate, possono provocare patologie anche a distanza di decenni. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la latenza delle malattie correlate può raggiungere i 60 anni; l’esposizione a basse dosi è sufficiente ad aumentare il rischio di malattie gravi. La popolazione scolastica risulta particolarmente vulnerabile, data la lunga aspettativa di vita post-esposizione.  Ma qual è lo stato attuale delle bonifiche scolastiche? Nel 2021 l’ONA ha censito 2.292 edifici scolastici non ancora bonificati, rappresentando il 4,3% degli istituti contaminati. Si stima che siano esposti circa 356.900 studenti e 50.000 membri del personale. La contaminazione non riguarda solo le coperture esterne, ma anche elementi interni come impianti elettrici, pavimentazioni in linoleum. Le città più interessate: Torino, con 66 scuole contaminate; Milano, con 89 edifici; Genova, con 154 istituti. Dal 2012, l’ONA ha censito circa 4.800 scuole, con circa 2.500 interventi di bonifica effettuati. Cittadinanzattiva ricorda che l’Osservatorio Nazionale Amianto prosegue l’attività di monitoraggio e segnalazione del rischio amianto, anche attraverso la piattaforma ONA Guardia Nazionale Amianto. Questo strumento permette ai cittadini di inviare segnalazioni, anche in forma anonima, favorendo l’emersione di situazioni a rischio e collaborando con istituzioni, associazioni e cittadini per la tutela della salute pubblica e richiama il risarcimento record ottenuto per esposizione all’amianto. “A seguito dell’esposizione continua all’amianto all’interno della scuola, a fine 2021, si legge nel Report, fu assegnato un risarcimento record ad un’ex docente, deceduta dopo avere prestato servizio in una scuola dove era presente ancora la sostanza pericolosa. A stabilirlo fu il tribunale del Lavoro di Bologna, che ha condannato il ministero dell’Istruzione al risarcimento di un danno che sfiora il miliardo (per esattezza pari a 930.258 euro) per la morte nel 2017 di una docente, colpita da mesotelioma a causa dell’esposizione permanente all’amianto presente nella scuola in cui lavorava.” Qui per scaricare il Report di Cittadinanzattiva: https://www.cittadinanzattiva.it/notizie/17309-sicurezza-scolastica-il-18-settembre-la-conferenza-stampa-segui-la-diretta-e-scarica-i-materiali.html.  Giovanni Caprio
Le tariffe delle mense scolastiche e gli investimenti PNRR nell’VIII° report di Cittadinanzattiva
Una famiglia ha speso in media nell’anno scolastico che si avvia a conclusione 85 e 86 € al mese per la mensa di un figlio iscritto rispettivamente alla scuola dell’infanzia e alla primaria. Si tratta di 4,25 e 4,30 € a pasto. La regione mediamente più costosa è l’Emilia-Romagna con 108 € mensili (lo scorso anno era la Basilicata), mentre quella più economica è, come nell’anno scolastico precedente, la Sardegna con 61 € nell’infanzia e 64 € per la primaria. Anche in quest’anno scolastico si è dovuto registrare un incremento delle tariffe, pur se alquanto contenuto (circa l’1%), con importanti variazioni però a livello regionale: la Sicilia registra un’importante crescita del costo a carico delle famiglie sia nella scuola dell’infanzia (+13% circa) che in quella primaria (oltre l’8%), mentre per la Basilicata si segnala una riduzione significativa di circa il 6% sia nell’infanzia che nella primaria. A livello di singoli capoluoghi di provincia, sono le famiglie di Barletta a spendere di meno per il singolo pasto (2 € sia per l’infanzia che per la primaria), mentre per l’infanzia si spende di più a Torino (6,60 € a pasto) e per la primaria a Livorno e Trapani (6,40 €). Fra le città metropolitane si conferma il dato positivo di Roma che rientra nella classifica delle meno care, con un costo a pasto per la famiglia “tipo” di circa 2,60 € in entrambe le tipologie di scuola. Sono alcuni dei dati dell’VIII^ Indagine sulle mense scolastiche di Cittadinanzattiva. Come si sa, sono molteplici i vantaggi per le famiglie di un territorio avere la mensa scolastica. Innanzitutto, perché una corretta alimentazione è alla base della crescita e dello sviluppo psicofisico di bambini e ragazzi e dunque la mensa può garantire a tutti gli alunni che possono accedervi pasti sani ed equilibrati indipendentemente dalle possibilità territoriali, economiche, organizzative delle famiglie di origine. Secondo gli ultimi dati ISTAT di marzo 2025 relativi alla condizione di vita delle famiglie e dei bambini nel nostro Paese, il 23,1% delle persone è a rischio povertà o esclusione sociale e la percentuale sale al 25,6% per le famiglie in cui è presente almeno un minore (un dato stabile rispetto allo scorso anno, quando era al 25,5%). Purtroppo, però, il rischio povertà o esclusione sociale aumenta al crescere del numero dei minori presenti in famiglia. Infatti, tra le famiglie con un solo minore circa due su dieci (22,9%) sono a rischio povertà o esclusione sociale, mentre tra le famiglie con 3 o più figli minori il rischio povertà o esclusione sociale riguarda più di 4 famiglie su 10 (42%), con una crescita di circa 5 punti percentuali rispetto al 2023 (era il 37,1%). Tra le famiglie con tre o più minori, invece, cresce la percentuale di quanti si trovano in grave deprivazione materiale e sociale, 10,4% nel 2024 contro il 9,5% nel 2023, La mensa, dunque, rappresenta una conquista irrinunciabile, soprattutto a favore delle fasce meno abbienti della popolazione. Una conquista ancora remota però per tante realtà territoriali. Il Report in premessa sottolinea infatti ancora una volta le carenze strutturali relative alle mense scolastiche. “Secondo i dati pubblicati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dall’Istat, relativi all’anno scolastico 2022-2023, il 34,54% (33,6% nell’anno precedente), cioè poco più di un edificio su tre, sarebbe dotato di mensa scolastica. Le mense esistenti, però, non sono distribuite in modo omogeneo nel Paese: nelle Regioni del Sud poco più di un edificio su cinque dispone di una mensa scolastica (22% al Sud, 21% nelle Isole) e la quota scende al 15,6% in Campania e al 13,7% in Sicilia. La differenza con le regioni del Centro (Umbria, Marche, Toscana, Lazio) e del Nord (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Veneto) è molto evidente: 41,2% e 43,1% rispettivamente sono gli edifici dotati di mensa scolastica presenti in queste aree geografiche. La regione con un numero maggiore di mense è la Valle d’Aosta (72%), seguita da Piemonte (62,4%), Toscana (59,6%) e Liguria (59,1%)”. E il PNRR solo in parte riuscirà a sanare queste carenze: dalla piattaforma Regis, a dicembre 2024 risulta che, complessivamente, con il PNRR sono stati finanziati 961 interventi. Per colmare il divario territoriale circa il 58% dei fondi sarebbe dovuto andare alle regioni del sud, ma, osservando le graduatorie finali, si evidenzia come le Regioni del Sud e delle Isole prevedono complessivamente 489 interventi, pari al 50,88% del totale. In termini di risorse economiche, però, al Sud e alle Isole vanno complessivamente il 37% delle risorse impiegate, al Nord il 48%, al Centro il 15%. Poco più della metà degli interventi, 516, pari al 54%, prevede la costruzione di nuove mense, di cui 228 (44%) al Sud e nelle isole. Negli altri casi si tratta, dunque, di interventi di ampliamento, messa in sicurezza, efficientamento energetico, manutenzione, ecc. di mense preesistenti. Cittadinanzattiva avanza alcune proposte: realizzare un’indagine conoscitiva e promuovere un tavolo permanente sulla ristorazione scolastica; riconoscere le mense scolastiche come servizio pubblico essenziale e nel frattempo impedire qualsiasi forma di esclusione dai bambini le cui famiglie siano in condizioni di povertà; aumentare e rendere stabile il fondo per il contrasto alla povertà alimentare a scuola; predisporre un piano quinquennale, successivo al PNRR per costruire nuove mense e arrivare a garantire il tempo pieno, a partire dalla scuola primaria e soprattutto nelle aree del Sud, in quelle interne e ultra-periferiche del Paese; favorire la diffusione delle Commissioni Mensa con la presenza al loro interno di almeno un genitore di bambini che utilizzano le diete speciali; rendere gli studenti protagonisti dell’educazione alimentare, dei corretti stili di vita e contro lo spreco; eliminare dai distributori automatici a scuola il cibo spazzatura, ed inserire solo prodotti freschi e naturali, possibilmente locali. Qui per approfondire e scaricare l’indagine: https://www.cittadinanzattiva.it/notizie/17124-viii-indagine-sulle-mense-scolastiche-circa-85-euro-il-costo-medio-mensile-servono-piu-risorse-contro-la-poverta-alimentare.html. Giovanni Caprio