Paolo Lagazzi / La prosa ibrida che capisce il poeta
Lavoro sui generis, interessantissimo, quello di Paolo Lagazzi, una delle grandi
firme della critica letteraria italiana, che qui ricostruisce la sua “lunga
fedeltà” alla poesia e alla persona di Attilio Bertolucci, figura centrale della
poesia del Novecento. Il libro si presenta quasi come un diario delle
ventiquattro estati che il critico trascorse in parte a Casarola, il paese
dell’Appennino parmense, tradizionale buen retiro del poeta, così definito: «Fra
tutti i luoghi d’aria di cui si alimenta il soffio della poesia contemporanea,
fra tutti i nomi che costellano l’ideale mappa del tesoro poetico novecentesco,
la Casarola di Attilio Bertolucci è uno dei più arcani e splendenti».
La prima parte del saggio racconta vividamente lo svilupparsi graduale del
rapporto umano fra i due, dai primi impacciati incontri fino alla solida
amicizia che si sviluppò sulle linee della passione per la poesia; quasi diario
di una vita, quindi, di una amicizia e di una formazione critica che ha sempre
tenuto come faro la poesia di Bertolucci. “L’arte della conversazione”: così
Lagazzi definisce la capacità del poeta di trascendere una certa vena
narcisistica per aprirsi in maniera illuminante nei confronti del più giovane
lettore e amico, anche in occasione delle tante camminate insieme.
L’interesse del libro, va da sé, è soprattutto incentrato proprio sulla figura
umana del poeta e sulla sua poesia, così profondamente radicata in quel
paesaggio montano, nell’isolamento creativo e nelle infinite suggestioni che
sapeva suscita in lui. Lagazzi sa cogliere perfettamente e con totale consonanza
spirituale questo aspetto, e ci parla dell’uomo Bertolucci, del suo carattere
schivo ma anche del suo temperamento, tanto profondamente ispirato dalla
semplicità e dai ritmi lenti che quel relativo isolamento permetteva da
trasfigurare Casarola nel centro della sua ispirazione poetica. Come infatti
dimostra la sezione Terre alte, cieli profondi, tantissimi dei testi più
pregnanti del poeta nascono proprio dalle infinite occasioni che il paesaggio
offriva: Lagazzi analizza magistralmente diversi testi, proprio portando a galla
riferimenti e suggestioni, contribuendo a una comprensione sempre migliore
dell’opera dell’autore della Camera da letto e della Capanna indiana.
«Pochi autori come Bertolucci sanno cogliere gli istanti di sconnessione del
tempo interiore, le piccole “frane” d’anima, gli impercettibili mancamenti
d’aria in cui è messo in gioco il senso stesso del nostro essere»: così il
critico illumina il nucleo dell’ispirazione del poeta parmense, empaticamente
seguendo un percorso critico che allaccia vita e opere. Saltando a piè pari le
insidie della fallacia biografica e della “fallacia intenzionale”, Lagazzi
giunge a fulminee intuizioni e definizioni critiche, favorite dalle letture e
dalle lunghe conversazioni con il poeta.
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