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CMSi: “Motivi per respingere i nuovi emendamenti ai Regolamenti Sanitari Internazionali (RSI)”
Pubblichiamo la lettera che la Commissione Medico-Scientifica indipendente ha inviato al governo Meloni, perché entro il 19 luglio rifiuti le modifiche al Regolamento Sanitario Internazionale. Il 19 luglio 2025 scade, anche per l’Italia, il termine ultimo per l’Opting-Out (cioè per rigettare gli Emendamenti o formulare riserve, che vanno però motivate). Per questi RSI non è richiesta la ratifica parlamentare. L’opting-out oppure l’accettazione degli emendamenti è di competenza del Ministro della Salute, di intesa con il Presidente del Consiglio. Se un pubblico dibattito, anche in sede istituzionale, fosse stato aperto un anno fa, forse oggi ci sarebbe abbastanza consenso sulla formulazione di ‘motivate riserve’ su parte degli emendamenti, concentrando il rigetto su quelli più pericolosi. Ciò però non è avvenuto, e a una settimana dalla scadenza l’unica possibilità praticabile ci sembra il rigetto degli Emendamenti, come fatto da altri Paesi, per non compiere per inerzia altri passi decisivi verso l’abdicazione a una democratica autonomia decisionale. I Paesi che rigettano gli emendamenti non lasciano vuoti normativi, restando vigenti gli attuali RSI. Né tanto meno significherebbe uscire dall’OMS, ma al contrario sarebbe un segnale forte di insoddisfazione (anche nei confronti di scivolamenti censori nell’UE), cui far auspicabilmente seguire l’apertura di un ampio dibattito sulle riforme richieste. Il 1 giugno 2024, ultimo giorno utile della 77a Assemblea Mondiale OMS, sono stati approvati ‘per consenso’ i nuovi Emendamenti ai RSI, negoziati in segretezza e presentati poco prima, in violazione della regola vincolante prevista dai RSI2005, che stabilisce all’art. 55che il testo quasi definitivo di ogni proposta di emendamento debba essere comunicato a tutti gli Stati Parte dal Direttore Generale OMS, almeno quattro mesi prima dell’Assemblea in cui sarà in discussione. Gli Emendamenti, benché molto mitigati rispetto a versioni precedenti che l’OMS aveva ripetutamente presentato, contengono comunque molte insidie per la sovranità nazionale. Ne riassumiamo le principali, rimandando per un’Analisi tecnica dettagliata al documento (WHA77.17), https://bit.ly/3TvEy7d, sottoscritto ad oggi da 55 Associazioni. 1. AMBIGUITÀ NELL’ATTIVAZIONE DEL RSI DELL’OMS: * pagg. 4-5 del documento di cui al suddetto link, in riferimento all’Articolo 1 del WHA 77.17 (Art. 1: Definizioni). Commento: gli emendamenti introducono definizioni poco chiare, che sottolineano e di fatto ampliano le possibilità di attivazione del RSI da parte dell’OMS, confermando per gli Stati le difficoltà nell’esercitare un controllo sovrano sulle decisioni sanitarie nazionali. 2. TRASFERIMENTO DI SOVRANITÀ E POTERE DECISIONALE NELLE MANI DEL DIRETTORE GENERALE OMS: * pag. 11 del documento, in riferimento all’Art. 12, punto 4 bis. Commento: si rafforza il ruolo del Direttore Generale, cui si estendono di fatto poteri straordinari nella gestione delle emergenze sanitarie, senza adeguati contrappesi democratici. Sono i vertici di quell’OMS: * che, d’intesa con altri poteri, ha cercato di far passare tutte le versioni precedenti di Trattato/Accordo e RSI in cui le ‘raccomandazioni’ OMS erano diventate vincolanti * che ribadisce (al 27 giugno 2025!) che l’ipotesi più probabile per l’origine del virus SARS-CoV-2 resta ancora quella dei pipistrelli: “il peso delle prove disponibili…suggerisce una diffusione zoonotica…sia direttamente dai pipistrelli che attraverso un ospite intermedio” * di quell’OMS per la quale gli obblighi vaccinali si possono considerare necessari non solo per motivi sanitari (requisito A per la legittimità costituzionale di un obbligo di legge per un trattamento sanitario in Italia: evitare danni alla salute degli altri), ma anche “al servizio di obiettivi sociali ed economici”(!) (WHO-2019-nCoV-Policy-brief-Mandatory-vaccination-2022.1-eng.pdf)… * … che ha tentato di escludere l’immunità naturale dai determinanti dell’immunità di gregge (WHO Q&A13 novembre 2020 Coronavirus disease (COVID-19): Serology, antibodies and immunity, What is herd immunity?), salvo doverselo in parte rimangiare pochi mesi dopo… * … che non ha smentito o corretto la propria raccomandazione di far indossare mascherine ai malati a domicilio “quanto più a lungo possibile”. Invece di chiarire che ciò vale nei momenti dell’interazione del malato con chi gli presta assistenza, ma che quando il malato è isolato deve respirare senza maschere che gli alzino in modo drammatico la carica virale nelle vie respiratorie, facendolo aggravare in modo sconsiderato (oltre a renderlo così in potenza più contagioso quando le toglie…) * … che non ha contrastato la spinta a vaccinazioni universali antiCOVID in gravidanza in assenza di studi clinici a favore di alta validità (randomizzati controllati o RCT), e spinge con priorità per vaccinazioni antinfluenzali delle donne incinte. Nonostante i quattro RCT disponibili (Donzelli A. Influenza Vaccination of Pregnant Women and Serious Adverse Events in the Offspring. Int J Environ Res Public Health. 2019) e la loro metanalisi (Hansen KP, et al. Does Influenza Vaccination during Pregnancy Have Effects on Non-InfluenzaInfectious Morbidity? A Systematic Review and Meta-Analysis of Randomised Controlled Trials. Vaccines 2021, 9(12), 1452) diano con coerenza risultati sfavorevoli per le donne incinte vaccinate con antinfluenzale e la loro prole! * … che continua a non prender posizione sulla ben documentata contaminazione dei vaccini COVID-19 (e non solo!) con quantitativi inaccettabili di DNA plasmidico con effetti potenziali gravi o sconosciuti * … che, dopo aver dato una risposta di circostanza alla terza delle email con cui la Commissione Medico-Scientifica indipendente chiedeva di instaurare un confronto scientifico sull’inidoneità dei vaccini COVID a ridurre la trasmissione, ha smesso di rispondere dopo aver ricevuto la risposta di merito molto documentata della CMSi (chi desideri farsi un’idea in base agli scambi scientifici, cui l’OMS si è poi sottratta, può consultare CMSi scrive OMS risponde, la replicadella Tutta la corrispondenza – 13 Agosto 2023 | CMSi)   3. PRODOTTI GENICI E RISCHI GLOBALI PER LA SICUREZZA: * pag. 12 del documento, in riferimento all’Art. 13. Commento: Gli Emendamenti menzionano espressamente i prodotti genici tra le contromisure sanitarie, senza un’adeguata definizione dei criteri di sicurezza, efficacia e consenso informato. 4. ACCORDI SANITARI SECRETATI TRA STATI: * pag. 29 del documento, in riferimento all’Art. 43, punto 7. Commento: Senza discutere la confidenzialità delle consultazioni iniziali tra stati, si autorizza di fatto la possibilità di stipulare accordi sanitari tra Stati in forma non pubblica, compromettendo i principi di trasparenza e responsabilità democratica. Le conseguenze di questa prassi le abbiamo già sperimentate. 5. CHIAREZZA INSUFFICIENTE DELL’IMPEGNO FINANZIARIO: * pag. 30 del documento, in riferimento all’Art. 44. Commento: Non si chiarisce in modo sufficiente l’onere finanziario che gli Emendamenti comporteranno per gli Stati membri, lasciando importanti margini d’incertezza che potrebbero gravare sui sistemi sanitari nazionali e sugli impegni finanziari degli Stati. 6. Impegno alla censura di quanto l’OMS (con altre entità sovranazionali) stabilisce e stabilirà sia misinformazione (contenuto falso o fuorviante senza intenti dannosi) e disinformazione (-diffuso con intenzione di ingannare): * pagg. 44-45 del documento, in riferimento all’Allegato 1. Commento: gli Emendamenti inseriscono disposizioni che impegnano formalmente gli Stati membri, che possono portare alla (ulteriore) soppressione del dibattito scientifico critico e alla marginalizzazione delle opinioni dissenzienti, anche all’interno della comunità medica. Lo consideriamo il rischio più grave presente in questi emendamenti, in grado di sopprimere in modo sistematico un dibattito in contraddittorio con posizioni che fanno esplicito riferimento al metodo scientifico e critiche nei confronti del paradigma mainstream. A definire che cosa sia misinformazione e disinformazione nella condizione attuale per gli Stati membri finirebbe verosimilmente per essere l’OMS (o altri organismi sovranazionali), alla cui discrezionalità gli Stati si impegnano ad attribuire un potere esorbitante. Le conseguenze possono essere la soppressione a livello planetario di un dibattito scientifico in grado di mettere in discussione i paradigmi dominanti, riproposti di continuo dalla propaganda. Siamo fiduciosi che il rigetto di questo gravissimo emendamento trovi concordi sia le forze di maggioranza, sia quelle di opposizione. Riportiamo in proposito le recenti pubbliche dichiarazioni della leader del maggior partito d’opposizione: “Non è compito della maggioranza stabilire cosa possa o debba dire l’opposizione. Questo principio è essenziale per garantire un sistema democratico sano. La libertà di espressione è un diritto fondamentale che deve essere tutelato, e ogni tentativo di reprimere il dissenso è un passo indietro per la democrazia. … l’opposizione continuerà a farsi sentire con sempre maggiore determinazione, ribadendo il suo ruolo cruciale nel garantire un dibattito aperto e inclusivo. La lotta per il rispetto della libertà di espressione e per il diritto di critica è una battaglia che riguarda tutti”. Se questo fondamentale diritto fosse coartato in campo scientifico, le conseguenze potrebbero essere drammatiche. Per finire, se chiunque legga dovesse ritenere che quanto sopra esposto non è documentabile in modo adeguato, siamo a disposizione per instaurare con lui/lei (affiancati da chi desiderano) un confronto costruttivo e basato su dati, fatti e prove. Nota: sono circolate posizioni tendenti a ridurre la portata dell’eventuale approvazione/non rigetto degli Emendamenti, in quanto formalmente l’ultima parola spetterebbe comunque agli Stati. Ciò però non tiene conto di un principio fondamentale sulla cui base si concludono Trattati, Regolamenti e Convenzioni internazionali: pacta sunt servanda (come di recente rammentato dalla Suprema Corte nella sentenza del 06.03.2025 n.5992, resa nel cd. caso Diciotti, la cui copertura costituzionale si rinviene, tra l’altro, negli artt. 10 e 117 della nostra Costituzione). Il RSI parla di ‘raccomandazione/i’ molto meno di quanto non utilizzi, in varie declinazioni, il verbo ‘dovere’ (351 volte…). Ciò implica l’assunzione di obblighi a carico degli Stati, non potendosi optare per un’interpretazione delle norme contrastante con il significato proprio delle parole utilizzate. È vero che l’art. 43 prevede che gli Stati – in caso di disaccordo con le misure decise dall’OMS – possano adottare soluzioni diverse, ma queste debbono essere quanto meno ‘equivalenti’ a quelle decise dall’OMS e rispettare i ‘principi scientifici’ (chi decide quando una tesi scientifica si possa pregiare della qualifica di ‘principio’?). Dunque in sostanza poco cambia, perché non si può fare autonomo ricorso a soluzioni più blande di quelle aderenti a proclamati ‘principi scientifici’ (anche quando le prove fossero contrastanti) o non ritenere non necessaria alcuna misura.   LA COMMISSIONE MEDICO-SCIENTIFICA INDIPENDENTE (CMSI): * Alberto Donzelli, esperto in Sanità Pubblica, specialista in Igiene e Med. Prev., già membro CSS * Maurizio Federico, Virologo * Patrizia Gentilini, specialista in Oncologia ed Ematologia * Panagis Polykretis, PhD in Biologia Strutturale * Sandro Sanvenero, medico Odontoiatra * Eugenio Serravalle, specialista in Pediatria CON LE ADESIONI DI: * Paolo Bellavite, specialista in Ematologia Clinica e di Laboratorio e ricercatore indipendente * Mariano Bizzarri, Dip. Med. Sperimentale, Direttore Systems Biology Laboratory Un. La Sapienza, PhD * Giovanni Frajese, docente di Endocrinologia e Malattie Dismetaboliche * Dario Giacomini, specialista in radiologia, Presidente ContiamoCi! e sindacato Di.Co.Si. * Stefano Petti, PhD. Top 2% scienziati mondiali (classifica Università Stanford) * Laura Teodori, già Dirigente di Ricerca, già Prof. a contratto Rischio Biologico * Olga Milanese, avvocato cassazionista, Presidente dell’Associazione Umanità e Ragione * Andrea Montanari, Presidente dell’Associazione Eunomis e Responsabile del Dipartimento Legale SIM * Mauro Sandri, avvocato cassazionista   Fonte: https://cmsindipendente.it/ https://cmsindipendente.it/sites/default/files/2025-07/Cms%20Comunicato%2018%20RegolamentiSanitariInternazionaliOMS%2811-7-2025%29.pdf AsSIS
Stop alle terapie riparative, raggiunto 1 milione di firme: la Commissione UE dovrà pronunciarsi seriamente
Quando mancava solo un giorno alla chiusura della raccolta firme, è stato raggiunto il milione di sottoscrizioni per chiedere all’Unione europea di legiferare sul divieto alle terapie riparative per le persone Lgbtq+. Con l’espressione “terapie riparative” (definite anche “terapie di conversione”) si fa riferimento ad alcuni interventi di natura psicologica o pseudo-medica che avrebbero l’obiettivo di sopprimere, reprimere e modificare l’orientamento sessuale e/o l’identità di genere delle persone Lgbtq+. Questi presunti trattamenti terapeutici includono in realtà manipolazioni mentali e fisiche, indottrinamenti psicoipnotici, esorcismi e altri atti abusivi e violenti, che umiliano e creano danni psicologici profondi nelle persone che li subiscono: secondo la World Medical Association queste pratiche sono “lesive della dignità umana” e, secondo le Nazioni Unite, sono equiparabili alla tortura, a causa della loro natura discriminatoria e fraudolenta. Una tortura che dovrebbe risultare inconcepibile per tutti dal momento che l’omosessualità è riconosciuta come una “variante naturale dell’essere umano”. L’omosessualità non è più considerata una malattia mentale, né dall’American Psychiatric Association (APA) né dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’APA ha rimosso l’omosessualità dal suo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) nel 1973, mentre l’OMS ha fatto lo stesso nel 1990. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha eliminato anche la transessualità dall’elenco delle malattie mentali nel 2018, definendo la disforia di genere come un disturbo della salute sessuale. Questo significa che non è più considerata una patologia, ma piuttosto una condizione di disagio e sofferenza vissuta da persone che non si identificano con il sesso assegnato alla nascita.  Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le “terapie di conversione” non hanno alcuna base scientifica e possono causare: ansia, depressione, disturbi post-traumatici e, in alcuni casi, tendenze suicide. Il percorso di depatologizzazione dell’orientamento omosessuale si inserisce nel quadro dell’emancipazione progressiva dai modelli psicoanalitici e psichiatrici di inizio Novecento che, a partire dai rispettivi riferimenti eziologici, determinavano il trattamento di ri-orientamento su base psicologica o su base somatica. Nel corso degli anni Novanta, con l’emergere di propugnatori di terapie cosiddette “riparative” o “di conversione”, l’American Psychiatric Association (1998) ha elaborato un proprio documento nel quale si legge: “L’APA si oppone ad ogni trattamento psichiatrico, come le terapie riparative o di conversione, basato sull’assunto che l’omosessualità sia di per sé un disturbo mentale o basato sull’assunto aprioristico che il paziente debba modificare il proprio orientamento sessuale”. Nel marzo del 2000, sempre l’American Psychiatric Association, ha elaborato una nuova risoluzione, il “Position Statement” sulle terapie mirate al tentativo di modificare l’orientamento sessuale, in cui si afferma: “[…] Le modalità psicoterapeutiche per convertire o “riparare” l’omosessualità sono basati su teorie dello sviluppo la cui validità scientifica è dubbia […] L’APA raccomanda che i professionisti etici si astengano dal tentare di cambiare l’orientamento sessuale dell’individuo, tenendo presente la massima medica: “Primo, non nuocere”. […] La letteratura inerente le terapie “riparative” […] non solo ignora l’impatto dello stigma sociale […] ma è una letteratura che attivamente stigmatizza l’omosessualità […]. Nel 2009, l’APA pubblica il report sulle “Appropriate Therapeutic Responses to Sexual Orientation”. Nel 2008, l’Ordine Nazionale degli Psicologi in Italia si è espresso in merito, dichiarando che “lo psicologo non può prestarsi a nessuna terapia riparativa dell’orientamento sessuale”. In assenza, tuttavia, di chiare linee guida (di cui si è dotato soltanto l’Ordine degli Psicologi della Campania) tale dichiarazione ha determinato l’emergere sulla scena italiana di approcci che potremmo definire “post-riparativi”(Graglia, 2009): non essendo più possibile sostenere che l’omosessualità sia una malattia, tali approcci mirano al cambiamento dell’orientamento sessuale aggirando la questione legittimando le terapie di conversione dei pazienti (e terapeuti) credenti, a dispetto di quanto indicato inequivocabilmente nel Position Statement dell’APA del 2000, facendo appello ai concetti di “identità religiosa” e del “principio di autodeterminazione” dei pazienti. https://www.sinapsi.unina.it/terapieriparative_bullismoomofobico In Italia, nonostante l’opinione contraria di gran parte del mondo medico e scientifico, non esiste una norma che vieti esplicitamente queste pratiche. Il 14 luglio 2016 il senatore dem Sergio Lo Giudice depositò al Senato il Ddl 2402 con il titolo “Norme di contrasto alle terapie di conversione dell’orientamento sessuale dei minori” proprio in contrasto alle terapie riparative: una proposta che venne ignorata. Tentativi come il ddl Zan, sono stati osteggiati politicamente, in particolare dalle forze di centrodestra. Nel mondo sono 80 i Paesi che ancora permettono pratiche disumane del genere e, ad ora, sono ancora tollerate in alcuni Stati dell’Unione Europea. Anche in Italia, secondo una stima del 2022 della Società italiana di Andrologia (Sia ), 1 persona su 10 ancora subisce le terapie riparative. Non è un caso che neuropsichiatri come Massimo Gandolfini propongano di risolvere l’incidenza dei suicidi tra i giovani Lgbt con una “correzione del disagio identitario”. In poche parole: se si suicidano i gay, li spingiamo a “convertirsi all’eterosessualità”. Un avallo vergognoso e disumano alle pratiche riparative che non hanno alcuna intenzione di andare alle radici della disforia di genere. Nel 2023, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha ribadito l’illegittimità professionale delle terapie riparative e ha ricordato ai suoi iscritti che tali pratiche violano il codice deontologico. Tuttavia, la mancanza di una legge penale lascia aperta la possibilità che soggetti non regolamentati possano continuare a proporle, spesso nell’ambito religioso o pseudoscientifico. Le “terapie di conversione” – che vanno da subdoli abusi verbali e umiliazioni, fino a violenze psicologiche fisiche, per arrivare all’isolamento, alla somministrazione di farmaci, finanche a sfociare atti estremi, come esorcismi e stupri, con l’obiettivo di cambiare o reprimere l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona, sopprimendo così la libertà personale e di autodeterminazione – sono pratiche discriminatorie, degradanti e fraudolente che hanno un impatto devastante sulla salute di chi le subisce, aumentando i casi di ansia, depressione e suicidio, soprattutto tra i giovani. Per questo un gruppo di attivisti e associazioni di diritti umani ha formalmente richiesto alla Commissione Europea la creazione di una direttiva che vieti sul territorio europeo queste pratiche medievali. Come si legge sul sito dedicato alle Iniziative dei cittadini europei, infatti, “l’Ue svolge un ruolo fondamentale nella protezione dei diritti e dovrebbe prendere provvedimenti per combattere tutte le pratiche disumane. La Commissione dovrebbe proporre una direttiva che aggiunga le pratiche di conversione all’elenco dei reati dell’Ue e/o modificare l’attuale direttiva sulla parità (2008) per includervi il divieto di tali pratiche. Inoltre, per contrastare la moratoria legislativa, la Commissione dovrebbe anche attuare una risoluzione non vincolante che chieda il divieto generalizzato delle pratiche di conversione nell’Unione”. Lo stesso sito riporta inoltre dei dati estrapolati da alcuni studi svolti in Svezia e nel Regno Unito tra il 2017 e il 2022, da cui si evince che circa il 5% dei giovani Lgbtq+ intervistati è stato sottoposto a pressioni o minacce per entrare in questi percorsi. La raccolta firme ha centrato l’obiettivo di 1 milione di firme giusto un giorno prima della chiusura, prevista per oggi 17 maggio, giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia. Ora la Commissione Ue dovrà esaminare la proposta e si pronuncerà sulle azioni da intraprendere. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/16/terapie-conversione-omofobia-giornata-17-maggio-commissione-ue/7991103/ Inoltre bisogna ricordare che la Commissione LIBE (Libertà civili, giustizia e affari interni) del Parlamento europeo ha approvato una revisione della direttiva contro gli abusi sessuali sui minori. All’interno del testo sono stati inseriti due emendamenti presentati dall’eurodeputato italiano Alessandro Zan (Partito Democratico, gruppo S&D), che rappresentano un potenziale punto di svolta per la tutela dei diritti delle persone Lgbt in Europa. L’emendamento approvato inserisce nel testo legislativo una definizione ufficiale delle pratiche di conversione e le riconosce come potenzialmente dannose. Inoltre, introduce un’aggravante per i reati sessuali compiuti su minori per motivi discriminatori legati all’orientamento sessuale o all’identità di genere. «Si tratta di un passo storico per i diritti Lgbt in Europa», ha dichiarato Zan. «In un momento in cui i diritti delle persone Lgbt sono sotto attacco in molti paesi, l’Europa manda un messaggio chiaro: siamo dalla parte della libertà e dell’autodeterminazione», ha aggiunto. La direttiva, inclusiva degli emendamenti Zan, non è ancora legge. Per ora, la definizione delle pratiche di conversione sarà inserita nella direttiva come parte interpretativa: non obbliga ancora gli Stati membri a vietarle, ma crea una base legale su cui l’UE potrà costruire nuove norme più vincolanti in futuro. https://www.editorialedomani.it/fatti/terapie-di-conversione-anti-lgbt-lue-le-vieta-il-governo-meloni-le-ignora-se1gio8m   Lorenzo Poli