ROMANIA: Nicușor Dan eletto presidente. Sconfitta l’estrema destra
ROMANIA: Nicușor Dan eletto presidente. Sconfitta l’estrema destra
Gianmarco Bucci 19 Maggio 2025
Nicușor Dan è eletto presidente della Romania grazie ad una forte mobilitazione
contro l’estrema destra: sconfitto George Simion.
Nicușor Dan, sindaco di Bucarest, è stato eletto presidente della Romania. Il
risultato, in parte sorprendente, segue un primo turno in cui l’estrema destra
di AUR, dietro il candidato George Simion, si era largamente posizionata in
testa.
Chi è Nicușor Dan?
Nel 2012 Dan si è candidato da indipendente, senza successo, alla carica di
sindaco di Bucarest. Ha quindi creato un partito politico liberale e
anti-corruzione (Unione Salvate Bucarest), poi diventato Unione Salvate la
Romania (USR) a livello nazionale.
Nel 2020 viene finalmente eletto sindaco. Anche allora volta Dan si è presentato
come indipendente a seguito della fuoriuscita dal suo partito USR in occasione
del referendum sulla famiglia tradizionale del 2017: già prima di entrare in
politica, Dan aveva più volte manifestato idee ambigue sulle minoranze sessuali,
dichiarando di volersi mantenere neutrale durante la campagna referendaria di
quell’anno (neutralità in parte mantenuta durante l’attuale campagna
elettorale.)
L’USR si era invece apertamente schierato in maggioranza a sostegno della
comunità LGBTQ+ romena, provocando le dimissioni di Dan.
Le ragioni della vittoria
Dan è riuscito a tenere tuttavia saldo gran parte del disperso elettorato della
destra liberale e moderata che gli ha garantito l’accesso al secondo turno delle
elezioni.
A influire sulla sua vittoria finale una serie di fattori che hanno ribaltato le
prime previsioni (con oltre il 40% al primo turno, il candidato d’estrema destra
Simion era ad un passo dalla presidenza).
Innanzitutto, lo spauracchio dell’estremismo ha fatto affluire alle urne un
numero molto elevato di elettori, quasi il 65% degli aventi diritto (nel 2019
l’affluenza era stata del 55%).
A mobilitarsi con maggior forza rispetto al passato sono stati i centri urbani,
i giovani, le regioni a minoranza ungherese (ostili tradizionalmente all’estrema
destra) e, soprattutto, la diaspora (con numeri altissimi in Moldavia, dove più
di un milione di cittadini è in possesso di passaporto romeno.)
Si conferma bastione dell’estrema destra la diaspora dell’Europa occidentale, ma
il largo consenso per Simion non è stato sufficiente a colmare il divario
creatosi in patria.
In secondo luogo, Simion ha condotto una campagna elettorale catastrofica, colma
di gaffe e un incidente diplomatico con la Francia, paese a cui la Romania è
tradizionalmente legata.
Dopo essersi vantato dei suoi ottimi rapporti all’internazionale di fronte ad un
semi-sconosciuto Nicușor Dan, Simion ha accusato Macron di tendenze dittatoriali
in una trasmissione francese.
A rincarare la dose c’è stata una pioggia di meme sul francese zoppicante di
Simion.
Dan, in risposta, ha pubblicato un video di una chiamata con Macron che ha
sottolineato il suo sostegno al candidato liberale.
Dimostrando una certa supponenza, Simion ha inoltre scelto di non partecipare a
quasi nessun dibattito elettorale.
Quando lo ha fatto, ha utilizzato temi e immaginari direttamente importati da
oltre-oceano, in particolare per quanto riguarda la lotta allo stato sociale, ai
“parassiti” e agli impiegati statali, cara ai colleghi Milei e Musk.
Una scelta incomprensibile visto che per arrivare alla presidenza c’era da
conquistare l’enorme elettorato del Partito Social Democratico (PSD), che nel
primo turno si era disperso tra il candidato del governo Crin Antonescu e l’ex
premier Victor Ponta.
Una fetta di popolazione che certo è in parte attratta dalla retorica
nazionalista, ma che è anche sensibile al programma sociale dei candidati.
I primi dati suggeriscono che molti elettori PSD hanno preferito rimanere a
casa.
Ci si aspetta ora che Dan indichi un candidato, forse l’attuale presidente ad
interim Ilie Bolojan del Partito Nazional Liberale (PNL), per formare un governo
di stampo pro-Europeo.
Questo includerebbe l’USR, i due partiti tradizionali PNL e PSD e il partito
della minoranza magiara UDMR.
L’unica incognita sarà il comportamento del PSD, messo in crisi dal duello
liberali-estrema destra e sul quale il partito non ha indicato preferenze di
voto (quasi a segnale che i social democratici erano pronti a lavorare con
entrambi, vista la viscerale necessità per il partito di rimanere al potere).
Il PSD potrebbe quindi dare il suo sostegno ad un governo di minoranza formato
dalle forze di destra, o partecipare al nuovo governo pro-Europeo.
Scelta difficile viste le impopolari riforme che il prossimo esecutivo dovrà
portare avanti per ridurre il deficit elefantiaco del paese e calmare un tasso
di cambio euro-leu impazzito.
East Journal