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Un ponte per Gaza. Catena umana per la Palestina a Venezia
Il 2 agosto a Venezia sul ponte della Costituzione (vulgo Calatrava) è esplosa ancora una volta la rabbia e l’indignazione dei cittadini veneziani per il genocidio in atto in Palestina. Da quasi due anni assistiamo sgomenti alla furia omicida dello Stato di Israele contro la popolazione assediata della Striscia di Gaza. Come se non bastassero i bombardamenti su case ospedali, scuole, impianti idrici e agricoli, in aggiunta agli sfollamenti, ai cecchini, alle demolizioni, agli arresti e alle torture, ora Israele usa la fame come arma di guerra. Più di cento bambini sono già morti di fame e molti altri seguiranno, dal momento che Israele insiste a limitare l’ingresso dei rifornimenti non solo alimentari, ma anche sanitari e energetici. È ora che il governo italiano prenda posizione contro il genocidio, che l’Europa imponga sanzioni ad Israele, che il diritto internazionale sia rispettato. Basta negazionismo o vuoti appelli alla pace: ne va delle nostre democrazie, delle nostre libertà e del futuro dell’intera umanità. Da una sponda all’altra del frequentatissimo ponte sul Canal Grande, una lunga catena di persone si è schierata sui due lati alzando come bandiere le foto che documentano i crimini in Gaza e obbligando i passanti a sfilare davanti all’orrore. Pentole e padelle hanno risuonato per rompere il silenzio e l’indifferenza di chi preferisce non schierarsi. Gli slogan scritti o gridati sia in italiano che in inglese hanno invitato al boicottaggio delle merci israeliane, al blocco del commercio di armi, denunciando la complicità di Leonardo che continua a cooperare con Israele. Palestina libera e Israele criminale gli slogan più scanditi. Un presidio determinato e partecipato. La lotta per la Palestina libera non si placa. Presidio promosso dal Comitato contro il razzismo e la guerra di Marghera. Hanno aderito: Comitato 23 settembre, Rete Sanitari per Gaza – Veneto, Cinema senza Diritti, Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria, Giovani palestinesi Italia, Assopace Palestina, SGB Venezia, Bella Ciao – cittadini non indifferenti di Quarto d’Altino, XR Venezia, Comunità palestinese Veneto. Redazione Italia
Vivere a Gaza sotto una tenda, aspettando la prossima bomba
Prosegue la nostra corrispondenza da Gaza con Nancy Hamad, la studentessa in economia arrivata alla soglia della laurea nel momento in cui è iniziato il genocidio. Nel dicembre del 2024 Nancy ha ricevuto simbolicamente una laurea honoris causa in economia dal collettivo di ricercatori, docenti e studenti RomaTre Etica. Quel giorno nella terza università della capitale si svolgeva, quasi a porte chiuse e presidiato da agenti della Digos e della celere, un conferimento senza meriti accademici né tanto meno umanitari alla costituzionalista, ex ufficiale dell’esercito israeliano, Daphne Barak Erez, artefice sul piano giurisprudenziale della recrudescenza del regime d’apartheid, fino alla “pietra tombale” di una qualsiasi possibilità di dialogo interreligioso e interetnico tra ebrei e “non ebrei”, come la legge fondamentale del 2018. Mi chiamo Nancy, vivo nella Striscia di Gaza e vi scrivo dal cuore della sofferenza che viviamo ogni giorno. La situazione qui è estremamente difficile e la carestia sta aumentando a un ritmo terrificante. Nonostante tutto ciò che sentiamo dai media riguardo agli aiuti alimentari in arrivo, questi non ci raggiungono mai. Gran parte degli aiuti viene rubata o distribuita in modo ingiusto e noi non vediamo mai nulla. I mercati sono quasi vuoti e, se qualche prodotto è disponibile, ha prezzi che non possiamo permetterci. Qualche giorno fa abbiamo trascorso tre giorni senza un solo alimento di base: niente riso, pane o pasta. Dopo molte sofferenze, siamo riusciti a comprare un po’ di farina e a fare il pane. È stato il nostro primo pasto vero dopo giorni. Vi scrivo oggi affinché possiate sentire la mia voce e quella di molte altre persone come me che hanno bisogno di un aiuto concreto, fornito direttamente alla popolazione, senza intermediari o interferenze. La situazione è insostenibile e ogni giorno è più difficile del precedente, soprattutto per i bambini, i malati e gli anziani. Spero che ci saranno azioni concrete, perché la fame è un nemico infido e le nostre vite sono ormai piene di attesa e dolore. Nella foto si può vedere il pane che finalmente siamo riusciti a fare: è la prima volta che lo mangiamo dopo una pausa di 5 giorni. Abbiamo comprato un chilo di farina a un prezzo molto alto, più di 30 dollari. Poi potete vedere le immagini che hanno fatto il giro del mondo: un aereo giordano che lancia aiuti dall’alto. A causa del vento questi finiscono nelle zone occupate dall’esercito e nessuno se la sente di raggiungerli a causa del pericolo che questo comporterebbe. Poi ci sono altre immagini che ho registrato per mostrare le nostre sofferenze quotidiane: dopo aver fatto la fila per l’acqua dalle 4 del mattino fino alle 4 del pomeriggio, abbiamo “vinto” e ottenuto un secchio e mezzo d’acqua. Si può poi vedere la tenda in cui viviamo le nostre sofferenze quotidiane e dove in ogni caso non ci sentiamo mai al sicuro. Stefano Bertoldi
Gaza, gli aiuti disumani
Immaginate con me, per favore, che tipo di aiuti umanitari possano essere quei camion carichi di un po’ di cibo, se il segnale per il loro ingresso è costituito da proiettili e colpi di arma da fuoco. Per chi non lo sapesse, prima che i camion entrino a Gaza, l’esercito israeliano lancia un vasto attacco contro coloro che attendono questi aiuti, sostenendo di volerli disperdere e allontanare dal confine per permettere ai camion di passare. Forse questa affermazione è persino vera, perché gli affamati si trovano a pochi metri dalle unità dell’esercito per la disperazione e la fame. Ma che tipo di “umanità” è mai questa, se il modo per disperdere le persone è ucciderle e sparare su di loro con proiettili e bombardamenti indiscriminati? Il fatto più tragico è che uno dei “segnali” che conferma l’arrivo dei camion è il numero dei morti e dei feriti. Ogni volta che vengono estratti dei corpi da lì, la popolazione capisce che i camion stanno per entrare, perché l’esercito ha “ripulito” l’area dagli affamati che si avvicinano alla zona di uscita dei mezzi. Un’altra tragedia è che l’arrivo di questi camion, dopo aver lasciato dietro di sé molte vittime, provoca caos, violenza e disordini che spesso causano nuove vittime, imponendo la “legge della giungla”: qui il più forte riesce a spingere via il più debole dal camion, ferendolo o addirittura uccidendolo, e così “merita” il cibo grazie alla sua forza e alla capacità di sopraffare gli altri. Dov’è l’umanità in tutto ciò? La terza tragedia, la più grave, è che la maggior parte delle famiglie senza uomini o giovani non riesce a ottenere alcun cibo. Molti anziani e madri che hanno perso i loro mariti non hanno alcuna possibilità di procurarsi del cibo tra spinte e scalate ai camion. Che tipo di “umanità” è mai quella che impedisce a orfani, vedove e anziani — le categorie che più hanno bisogno di aiuti umanitari — di ricevere del cibo? Per quanto riguarda il cosiddetto lancio di aiuti dal cielo, promosso da alcuni Paesi arabi ed europei, è più un’“umiliazione dall’alto” che un aiuto aereo. Non so come possa un pilota aprire i portelloni del suo aereo per lanciare tonnellate di cibo su una città fatta per il 70% di tende, e cosa provi mentre vede bambini e affamati correre sotto l’aereo, implorando con i gesti perché vogliono mangiare, sapendo che, appena i container toccano terra, o distruggeranno una tenda o feriranno e uccideranno molte persone che lottano tra loro per quel cibo. Vi racconto la mia esperienza con i lanci aerei: l’anno scorso, durante la prima carestia, cadde un paracadute carico di aiuti nella mia zona. Mi trovavo vicino e appena la cassa toccò terra fui il primo ad afferrarne un lato. Prima ancora di aprirla, ricevetti un colpo alla testa e una coltellata alla schiena che mi fece indietreggiare. Cercai di riprendermi e vidi un gran numero di persone colpirsi con coltelli e bastoni per impossessarsi di quel cibo. Spero che la mia esperienza con i paracadute vi faccia capire la tragedia che stiamo affrontando. L’unica soluzione per fermare la carestia a Gaza e salvare la sua gente è un cessate il fuoco e consentire agli enti preposti alla sicurezza di proteggere gli aiuti e consegnarli ad organizzazioni internazionali come l’UNRWA e il World Food Programme, in modo che vengano distribuiti con dignità. Qualsiasi altro tipo di aiuto non è umanitario, ma soltanto una trappola mortale. #Alaa_Ahmed https://www.instagram.com/alaa_ahmed_829?igsh=MXh3cm91MWF2cHA1aQ==   Redazione Italia
Palestina: malnutrizione acuta a livelli record in due centri sanitari di MSF a Gaza
LA MALNUTRIZIONE A GAZA È IL RISULTATO DI DECISIONI DELIBERATE E CALCOLATE DELLE AUTORITÀ ISRAELIANE. Le équipe di Medici Senza Frontiere (MSF) riscontrano un aumento considerevole e senza precedenti della malnutrizione acuta a Gaza. Nella clinica di Al-Mawasi, nel sud di Gaza, e nella clinica di MSF nella città di Gaza, a nord, osserviamo il maggior numero di casi di malnutrizione mai registrato dalle nostre équipe nella Striscia di Gaza. Più di 700 donne incinte e in fase di allattamento e quasi 500 bambini affetti da malnutrizione grave o moderata sono attualmente in cura nei centri di nutrizione terapeutica ambulatoriale di queste due cliniche. Nella clinica della città di Gaza, il numero di persone malnutrite è quasi quadruplicato in meno di due mesi. Il numero di casi è passato dai 293 di maggio ai 983 dei primi di luglio; 326 di questi sono bambini di età compresa tra sei e ventitré mesi. > « Questa è la prima volta che assistiamo a un tale numero di casi di > malnutrizione a Gaza », ha dichiarato Mohammed Abu Mughaisib, vice > coordinatore medico di MSF a Gaza. « La carestia qui è intenzionale e potrebbe > finire domani se le autorità israeliane permettessero l’ingresso di cibo in > quantità adeguata. » LA MALNUTRIZIONE SI INSERISCE IN UN CONTESTO DI COLLASSO GENERALE. La malnutrizione a Gaza è il risultato di decisioni deliberate e calcolate delle autorità israeliane. Queste limitano l’ingresso di cibo al minimo indispensabile, controllano e militarizzano le modalità di distribuzione e hanno distrutto la maggior parte della produzione alimentare locale. In un contesto di collasso generale, le persone rischiano la vita per ottenere appena il necessario per sopravvivere. Le quantità di cibo distribuite nei siti della fondazione umanitaria di Gaza, gestita da Israele e Stati Uniti, sono insufficienti. Le infrastrutture per il trattamento dell’acqua sono distrutte e le restrizioni sui carburanti limitano la produzione di acqua potabile. Il sistema sanitario è stato devastato e le condizioni di vita nei campi sovraffollati sono disastrose. Una madre palestinese riceve medicinali nella farmacia della clinica di MSF nella città di Gaza. Palestina, 2025. © Nour Alsaqqa/MSF  > « A causa della diffusa malnutrizione tra le donne incinte e delle pessime > condizioni della depurazione e del trattamento dell’acqua, molti bambini > nascono prematuramente », spiega Joanne Perry, medico di MSF. « La nostra > unità di terapia intensiva neonatale è estremamente sovraccarica. Ci sono da > quattro a cinque bambini per ogni incubatrice. » > > « Questa è la terza volta che vengo a Gaza, e non ho mai visto nulla di > simile. Le madri mi chiedono cibo per i propri figli e le donne incinte di sei > mesi spesso non pesano più di 40 chili. La situazione è più che critica. > » dice Joanne Perry. Prima di ottobre 2023, Gaza dipendeva già fortemente dagli approvvigionamenti esterni, con una media di 500 camion al giorno nella striscia di Gaza. Dal 2 marzo, ne sono entrati appena quel numero in totale. I valichi di frontiera destinati al passaggio degli aiuti umanitari sono spesso chiusi o soggetti a forti restrizioni. La produzione alimentare locale è quasi impossibile a causa degli scontri e della distruzione diffusa. I mercati sono vuoti o inaccessibili per la maggior parte delle persone. Di conseguenza, i prezzi dei prodotti alimentari sono saliti alle stelle in tutta la Striscia di Gaza. La maggior parte dei beni di prima necessità viene venduta a prezzi esorbitanti. Secondo il World Food Programme, un chilo di zucchero costa in media $100, mentre un chilo di patate o di farina costa circa $40. Molte famiglie sopravvivono quindi con un solo pasto al giorno, spesso composto solo da riso, lenticchie o pasta. Non hanno né pane né verdure fresche e non assumono proteine in quantità sufficiente. Un bambino palestinese malnutrito viene visitato nella clinica di MSF nella città di Gaza. Palestina, 2025. © Nour Alsaqqa/MSF  LA MALNUTRIZIONE OSTACOLA LA GUARIGIONE I genitori saltano deliberatamente i pasti per dar da mangiare ai figli. Anche le donne malnutrite, che ricevono alimenti terapeutici, finiscono per darli ai propri figli. « Sono madre anch’io e non posso biasimarle, perché farei lo stesso », spiega Nour Nijim, responsabile dell’équipe infermieristico di MSF. « Tuttavia, mi sento impotente come professionista della salute. Le persone hanno fame e ci chiedono alimenti terapeutici, ma non ne abbiamo abbastanza e possiamo prescriverli solo a persone che hanno ricevuto una diagnosi di malnutrizione. »» Le persone malnutrite sono solo la parte visibile di una crisi ben più ampia. Nelle cliniche di MSF, le persone ferite chiedono cibo più che cure mediche. A causa di una carenza di proteine, le loro ferite non guariscono. I nostri medici riscontrano nelle persone in convalescenza una rapida perdita di peso, infezioni persistenti e affaticamento visibile. MSF lancia un appello urgente per ottenere un accesso degli aiuti umanitari senza restrizioni, l’approvvigionamento di cibo e assistenza medica a Gaza e la tutela dei civili. -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dal francese di Simona Trapani. Revisione di Thomas Schmid. Medecins sans Frontieres
BBC, AFP, AP e Reuters: i giornalisti di Gaza “sempre più impossibilitati a sfamarsi” a causa della carestia provocata da Israele
Gaza – Quds News. Associated Press, AFP, BBC News e Reuters hanno rilasciato giovedì una dichiarazione congiunta esprimendo profonda preoccupazione per i loro giornalisti a Gaza, che sono “sempre più incapaci di sfamarsi e sfamare le proprie famiglie”, mentre Israele continua a bloccare l’ingresso degli aiuti nell’enclave da oltre quattro mesi. “Siamo estremamente preoccupati per i nostri giornalisti a Gaza, che sono sempre più incapaci di procurarsi il cibo per sé e per le loro famiglie” — hanno dichiarato le quattro principali testate giornalistiche. “Per molti mesi, questi giornalisti indipendenti sono stati gli occhi e le orecchie del mondo sul campo a Gaza. Ora si trovano ad affrontare le stesse condizioni disperate delle persone di cui stanno raccontando”. “I giornalisti sopportano molte privazioni e difficoltà nelle zone di guerra. Siamo profondamente allarmati dal fatto che ora anche la fame sia una di queste”. La dichiarazione chiede a Israele di permettere ai giornalisti di entrare e uscire da Gaza e di autorizzare l’ingresso di adeguati rifornimenti alimentari nel territorio. “Rinnoviamo il nostro appello alle autorità israeliane affinché permettano ai giornalisti di entrare e uscire da Gaza. È essenziale che la popolazione riceva rifornimenti alimentari adeguati”. Mercoledì, anche Al Jazeera Media Network ha sollecitato la comunità giornalistica, le organizzazioni per la libertà di stampa e gli organi legali competenti a “intraprendere azioni decisive” per fermare “la fame forzata e i crimini” commessi da Israele contro i giornalisti e i professionisti dei media a Gaza. “Da oltre 21 mesi, i bombardamenti israeliani e la fame sistematica inflitta a quasi due milioni di persone a Gaza hanno portato un’intera popolazione sull’orlo della morte” — ha dichiarato l’emittente. “I giornalisti sul campo, che hanno coraggiosamente denunciato questo genocidio in corso, hanno messo a rischio le proprie vite e quelle delle loro famiglie per dare visibilità a queste atrocità. Ma ora lottano per la propria sopravvivenza”. Il 19 luglio, i giornalisti di Al Jazeera hanno iniziato a pubblicare messaggi strazianti sui social media, segnalando che la loro capacità di continuare a lavorare sta venendo meno. “Non ho smesso di raccontare ciò che accade nemmeno per un momento, in 21 mesi, e oggi lo dico chiaramente… e con un dolore indescrivibile. Sto annegando nella fame, tremo per la stanchezza e resisto agli svenimenti che mi colgono a ogni istante… Gaza sta morendo. E noi moriamo con lei” — ha scritto Anas al-Sharif di Al Jazeera. Mostefa Souag, direttore generale di Al Jazeera Media Network, commentando la situazione dei giornalisti a Gaza, ha dichiarato: “Dobbiamo amplificare le voci dei coraggiosi giornalisti di Gaza e porre fine alle insopportabili sofferenze che stanno subendo a causa della fame forzata e delle uccisioni mirate da parte delle forze di occupazione israeliane”. “La comunità giornalistica e il mondo hanno una grande responsabilità: è nostro dovere far sentire la loro voce e mobilitare tutti i mezzi disponibili per sostenere i nostri colleghi in questa nobile professione. Se non agiamo ora, rischiamo un futuro in cui non ci sarà più nessuno a raccontare le nostre storie. La nostra inazione sarà ricordata come un fallimento monumentale nella difesa dei nostri colleghi giornalisti e come un tradimento dei principi che ogni giornalista dovrebbe difendere”. 232 giornalisti palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza dall’inizio del genocidio in corso, nell’ottobre 2023. Domenica, anche l’AFP ha lanciato un grave allarme: i suoi giornalisti a Gaza rischiano di morire di fame, una tragedia mai vissuta nei suoi 80 anni di storia. “Per la prima volta temiamo di perdere colleghi a causa della fame” — ha affermato in un comunicato la Società dei Giornalisti (SDJ) dell’agenzia. “Abbiamo assistito a ferite di guerra, incarcerazioni e morti sul campo, ma mai a questo”. Gli avvertimenti arrivano mentre continua ad aumentare il numero delle vittime dell’assedio e della carestia imposti da Israele. Secondo quanto riferito mercoledì dal ministero della Sanità palestinese, dall’inizio del genocidio nell’ottobre 2023, sono morte per fame e malnutrizione 111 persone, tra cui 81 bambini. Oltre 100 organizzazioni umanitarie — tra cui Amnesty International, Medici Senza Frontiere (MSF) e Oxfam — hanno avvertito mercoledì che la “fame di massa” si sta diffondendo a Gaza, con i loro colleghi nell’enclave che si consumano per la fame mentre Israele continua a bloccare l’ingresso degli aiuti da oltre quattro mesi. “I medici segnalano tassi record di malnutrizione acuta, in particolare tra i bambini e gli anziani” — si legge in una nota. “Si diffondono malattie come la diarrea acquosa acuta, i mercati sono vuoti, i rifiuti si accumulano, e gli adulti crollano per le strade per la fame e la disidratazione”. “A Gaza arrivano in media solo 28 camion al giorno — ben lontani dal soddisfare i bisogni di oltre due milioni di persone, molte delle quali non ricevono aiuti da settimane” — hanno aggiunto. “Il sistema umanitario guidato dall’ONU non ha fallito: gli è stato impedito di funzionare”. Le ONG hanno dichiarato che i governi devono smettere di aspettare un’autorizzazione per agire. “È il momento di agire con decisione: chiedere un cessate il fuoco immediato e permanente; revocare tutte le restrizioni burocratiche e amministrative; aprire tutti i valichi di frontiera; garantire accesso completo a tutta Gaza; rifiutare modelli di distribuzione controllati dai militari; ripristinare una risposta umanitaria guidata dall’ONU, fondata su principi, e continuare a finanziare organizzazioni umanitarie imparziali e indipendenti”. “Accordi parziali e gesti simbolici, come lanci aerei o accordi di aiuto difettosi, sono solo una cortina fumogena per l’inazione” — conclude la dichiarazione. “Non possono sostituire gli obblighi legali e morali degli Stati di proteggere i civili palestinesi e garantire un accesso efficace e su larga scala. Gli Stati possono e devono salvare vite umane prima che non ne resti più nessuna da salvare”.
La guerra sistematica della fame a Gaza è più brutale del nazismo
La continuazione da parte dei neonazisti della guerra sistematica della fame contro più di due milioni di palestinesi nella striscia di Gaza, unita a bombardamenti generalizzati, allo spostamento forzato di sfollati esausti, alla distruzione sistematica delle infrastrutture sanitarie e dei servizi, e una grave crisi dell’acqua potabile che minaccia la […] L'articolo La guerra sistematica della fame a Gaza è più brutale del nazismo su Contropiano.
Incenerire gli aiuti umanitari, la nuova politica degli Stati Uniti
Mentre a Gaza almeno 69 bambini sono già morti di fame e la popolazione intera è a rischio carestia, a duemila chilometri di distanza, in un magazzino di Dubai, quasi 500 tonnellate di cibo d’emergenza stanno per essere incenerite per ordine dell’amministrazione Trump. È quanto rivela un’inchiesta della giornalista Hana Kiros pubblicata il 14 […] L'articolo Incenerire gli aiuti umanitari, la nuova politica degli Stati Uniti su Contropiano.