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Per un’Italia e un’Europa nonviolenta: lavoriamo insieme
Nelle due giornate del forum “Addio alle armi” cui hanno partecipato 300 attivisti ed esponenti dei movimenti per la pace, delle organizzazioni della società civile, del mondo del lavoro vi è stato un confronto approfondito e costruttivo per rilanciare e rendere ancora più unitaria l’azione contro le guerre e il riarmo nel nostro paese, in Europa e nel mondo. Il nostro pensiero va alla popolazione di Gaza massacrata da quasi due anni di disumano intervento armato dell’esercito israeliano, alla popolazione ucraina colpita da oltre 3 anni di aggressione delle forze armate russe, agli obiettori di coscienza, ai pacifisti israeliani, russi, ucraini, di tutto il mondo, che sI rifiutano di imbracciare le armi e scelgono la strada della nonviolenza. Il nostro pensiero va a tutte le vittime, civili, prigionieri, ostaggi, profughi, sfollati degli oltre 50 conflitti armati che devastano il nostro pianeta, guerre “dimenticate” e oscurate dalla politica, dai governi, dai mezzi di informazione. A tutti i migranti che vengono respinti e a cui non si dà accoglienza. La scelta del riarmo porta alla guerra, all’economia di guerra, impone la legge del più forte distruggendo il sistema del diritto internazionale. Il governo europeo, il governo italiano, scegliendo la strada del riarmo, imposta dalla nuova amministrazione americana, di fatto ed in modo irresponsabile si stanno preparando alla guerra abbandonando lo spirito ed i valori fondanti  della Carta delle Nazioni Unite, del Trattato di Lisbona e della Costituzione Italiana. Un salto nel buio, una folle corsa verso la terza guerra mondiale, nucleare. Un sistema di difesa comune deve essere capace di produrre sicurezza comune dentro un quadro di una politica estera di cooperazione, di pace e di sicurezza comune. Una politica proiettata contro le diseguaglianze, la povertà, le discriminazioni dei migranti. Una politica per un’ economia disarmata per un modello di sviluppo sostenibile con il passaggio dal fossile alle rinnovabili. Gli strumenti di questa politica sono la diplomazia (dei governi e dei popoli), la cooperazione e la solidarietà internazionale, l’abbattimento delle barriere e la lotta contro i nazionalismi identitari. Inoltre, anziché pensare a un contributo concreto dell’Europa a percorsi di sicurezza comune, l’impegno assunto di portare la spesa militare al 5%, sottrae risorse – che già sono inadeguate –  alle scuole, agli ospedali, al lavoro, all’ambiente, a quello di cui hanno veramente bisogno i cittadini e le cittadine: il diritto alla salute, all’istruzione, ad un lavoro sicuro e tutelato,  per vivere in un pianeta non più malato e prossimo al collasso, per vedere attuato il primo articolo della Costituzione Italiana: una Repubblica fondata sul lavoro. Lo ribadiamo, non è più il tempo delle parole e dei rinvii, è l’ora della mobilitazione e della partecipazione. E’ l’ora della nonviolenza e della costruzione di una politica europea di pace. Ecco perché Sbilanciamoci e Rete Pace e Disarmo si impegnano a: * rafforzare e rilanciare il loro impegno unitario, a consultarsi in modo permanente sulle iniziative contro la guerra ed il riarmo, per politiche di pace – concrete e  attive – di solidarietà internazionale, di promozione della riconversione dell’industria militare, della promozione del servizio civile,  della cultura della nonviolenza e della disobbedienza civile; * rafforzare l’impegno nelle campagne contro il riarmo in Italia (Ferma il Riarmo) e in Europa (Stop Rearm Europe in particolare con l’Assemblea di Roma del 27 settembre prossimo), nella relazione sempre più stretta con il movimento sindacale, con il mondo del lavoro, con l’arcipelago di esperienze promosse dalla Fondazione Perugia-Assisi; * promuovere la partecipazione alla Marcia Perugia-Assisi del prossimo 12 ottobre e di tutte le iniziative ad essa collegate; * collaborare attivamente  all’iniziativa Save Gaza promossa a Marzabotto lo scorso 15 giugno, a sostegno dei costruttori di pace rappresentanti della società civile palestinese e israeliana per l’immediato stop del massacro a Gaza, per il rispetto e l’applicazione del diritto umanitario ed internazionale e per il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese ad un proprio Stato; * promuovere la mobilitazione per la campagna per la difesa civile e nonviolenta, con l’obiettivo di far riprendere la discussione della proposta di legge in Parlamento; * partecipare alle iniziative (mobilitazioni, manifestazioni) del movimento sindacale previste per il prossimo mese di autunno, con l’obiettivo di legare sempre di più la lotta per il lavoro, l’ambiente, i diritti, la democrazia  con la mobilitazione contro il riarmo e per la pace * stimolare percorsi di riconversione industriale dalle produzioni militari a quelle civili, più utili e vantaggiose, collaborando al rafforzamento delle proposte elaborate collettivamente anche nel Laboratorio permanente sulla politica industriale di pace in Italia * lanciare in occasione della discussione della legge di bilancio e della presentazione della “Controfinanziaria” una vasta mobilitazione nel paese contro l’aumento delle spese militari, promuovendo dal 20 ottobre al 20 novembre una “carovana contro il riarmo” per svolgere almeno 100 iniziative locali in posti simbolici che rappresentano gli ambiti sociali in cui chiediamo di spendere i soldi per la società e non per le armi: un ospedale, una scuola, una università, un carcere, una fabbrica, un consultorio, un’area protetta, un centro per l’accoglienza dei migranti, una periferia urbana, una stazione ferroviaria, un centro dove si lotta contro il caporalato, eccetera; * promuovere un incontro di  tutte le organizzazioni  pacifiste  dopo la Marcia Perugia-Assisi,  per discutere la promozione degli “Stati generali del pacifismo italiano”, occasione per rilanciare la cultura e la pratica della nonviolenza e del lavoro per la pace, appuntamento in cui confrontarsi sull’attuale fase internazionale e sull’agenda della pace e della nonviolenza, sulle rispettive iniziative e ricercare, il più possibile, le strade di un impegno unitario e coordinato per affrontare le tante sfide che abbiamo davanti a noi. Rete Italiana Pace e Disarmo
Ma le bandiere dell’Adunata di Biella sono riciclabili?
Biella, la piccola città del Piemonte che conta poco più di quaranta mila abitanti (40.000) e il Biellese, il territorio che circonda la città, che invece ne ha poco meno di centosettanta mila (170.000) ha retto i quattrocento mila (400.000) alpini che il 9/10/11 maggio si sono riversati nella città e in tutto il territorio circostante; per quanto, commercialmente, le ricadute si siano concentrate in poche vie del centro ristretto a poche vie. La cittadina laniera piemontese è stata infatti la sede dell’Adunata Nazionale degli Alpini. Questa la considerazione sulla logistica che ha funzionato. Tanto che, viene da chiedersi, perché poi normalmente il servizio treni, e anche quelo dei pullman ATAP, sia così scadente. Anche ieri la tratta ferroviaria Milano-Torino è stata un disservizio totale. Si trattava di potenziare gli interregionali per il Salone del libro di Torino. Ma no, non era proprio possibile dare un servizio decente e abbiamo viaggiato come sui carri bestiame. Si vede che la cultura, anche quando paga, non merita. Ripartiamo dalla foto. E’ stata scattata da Serena, mia moglie, a casa nostra e ritrae me con i nostri ospiti alpini. Quello alto, il Lippa, è un amico del mare. Ci siamo frequentati per molti anni ai lidi comacchiesi. Così gli abbiamo dato volentieri una mano, essendo alpino, per fare in modo che l’esperienza biellese dell’adunata, sua e dei suoi amici, fosse positiva. E così è stato. Tra le cose piacevoli annovero la serata insieme a Roppolo di chiacchiere di naja. Loro che raccontavano la naja vera, quella alpina e io il servizio civile. E vi assicuro che i racconti del mio anno da obiettore di coscienza al militare presso la comunità di diversamente abili del Don Gnocchi, non erano certo meno avventurosi dei loro. Anzi univano avventura e utilità sociale. Ma questa è un’altra storia. Quello che voglio dire è che non ho, come credete, un atteggiamento aprioristicamente contrario all’adunata. E’ un bene per il Biellese che abbia funzionato la macchina e che ci sia stato un ritorno – sul breve – dal punto di vista della socialità e dell’economia. E’ anche un bene che il Mucrone, il monte alle spalle di Biella, che sarebbe dovuto essere illuminato per tre notti di rosso, bianco e verde, invece lo è stato assai meno e anche solo parzialmente. Non è stato un ripensamento né degli organizzatori dell’Adunata, né dell’ente finanziatore, la Provincia di Biella. Ci hanno pensato le nuvole; segno che proprio l’uomo deve rendersi conto che dovrebbe limitare i suoi deliri prometeici. Devo, però, anche dire che avevamo ragione noi. “Noi chi?” Mi chiederebbe il mio censore. Ma noi che abbiamo organizzato il 5 maggio, pochi giorni prima dell’adunata, un incontro, tra l’altro molto partecipato, dal titolo “Addio alle armi” presso la sede del Centro Territoriale Volontariato di Biella. Ospiti non di richiamo ma di spessore, che è anche meglio: Giorgio Monestarolo, Marco Meotto, Simonetta Valenti e Daniele Gamba . Oggi mi è arrivato un link da infoaut che riporta in modo attento, preciso e completo gli interventi e il senso della nostra contrarietà al clima neo bellicista e patriottico di questa 96esima Adunata degli Alpini a Biella. A proposito mi è stato detto, da chi di adunate ne ha fatte assai, che non si erano mai viste così tante bandiere italiane come a Biella. Anzi no, come nel Biellese. Non mi soffermo quindi sui singoli casi che macchiano il risultato di questo evento Adunata, di cui sono piene le cronache dei giornali locali e nazionali e le pagine social. Queste anche pienissime di commenti fascistissimi. E sì, non si può che definire così chi fa dello squadrismo in salsa digitale, arrivando a far togliere i post critici o che semplicemente riportano verità scomode. Un po’ come facevano le squadracce fasciste nel 1920 e 21 quando bruciavano le Case del Popolo, picchiavano i socialisti e i comunisti con il manganello e somministravano anche l’olio di ricino. Sento già i”bei tempi quelli” che fioccano nei commenti social. Non è questo suprematismo delmastriano che toglierà Biella dai luoghi che non contano, come ha scritto Filippo Barbera su Il manifesto di venerdì scorso. Biella e il Biellese possono riappropriarsi di un ruolo di primo piano, invece, proprio proponendosi come esempio di conversione ecologica. Proprio parlando di sostenibilità mi viene da chiedere: ma la quantità abnorme di bandiere appese verrà tolta? E per caso il tessuto di cui sono fatte è riciclabile? Ettore Macchieraldo