A Roma si cancella un bosco per fare uno stadio
Sono passati oramai dieci anni da quando l’allora sindaco Ignazio Marino con il
suo assessore Giovanni Caudo riconoscevano lo stadio di Pallotta, proprietario
della A.S. Roma da costruire nell’area di Tor di Valle, come opera di interesse
pubblico per le infrastrutture che lo avrebbero accompagnato. L’area era
destinata dal piano regolatore a verde pubblico e impianti sportivi.
Quello stadio non si è mai fatto. I protagonisti sono stati travolti da indagini
giudiziarie e l’idea di costruire lo stadio da 50 mila posti, la sede della Roma
AS, un centro tecnico per gli allenamenti, una zona commerciale e soprattutto
una zona direzionale per un totale di 976.000 mc è stata abbandonata. La
ricostruzione delle procedure urbanistiche che erano state portate avanti
dall’amministrazione ha portato alla luce come fossero sottomesse agli interessi
di investitori internazionali, di banche, di fondi immobiliari, di società
sull’orlo del fallimento.
> Anche allora fin dall’inizio ci fu una forte opposizione della città che
> vedeva negli interessi privati e nelle scelte dell’amministrazione il totale
> disinteresse per la qualità della vita delle persone.
Dal 2020 la Roma è diventata di proprietà di Dan Friedkin che ha investito 600
milioni di euro per entrare nel mondo del calcio. Si è ricominciato a parlare
dello stadio e della probabile localizzazione: Tor Vergata, il recupero dello
stadio Flaminio, l’adeguamento dell’Olimpico…fino a quando si è deciso di
costruirlo nell’area di Pietralata, dove avrebbe dovuto sorgere il cosiddetto
“SDO”, che non è mai stato realizzato.
A ottobre del 2022 la A.S. Roma S.p.A. ha presentato a Roma Capitale uno studio
di fattibilità per la realizzazione e gestione in Project Financing di un nuovo
stadio di calcio. Il progetto interessa un’area complessiva di 16 ettari di
proprietà del Comune che la società chiede in diritto di superficie per 90 anni,
trascorsi i quali l’infrastruttura realizzata tornerà in proprietà a Roma
Capitale.
In quell’area abitano delle persone, alle cui famiglie erano state assegnate nel
1920 case e piccoli terreni da coltivare. Ma devono essere subito sgomberate per
consentire l’inizio dei sondaggi geognostici e così avviene.
Il piano regolatore lì ha previsto un parco di circa 14 ettari che i cittadini e
le cittadine aspettano da anni. La decisione è difficile da accettare da parte
di una larga parte della città e dei comitati che nascono per opporsi alla
scelta dell’amministrazione. La zona adiacente alla stazione Tiburtina ha già
tante difficoltà per la viabilità congestionata, una densità edilizia alta e di
tutto ha bisogno tranne che di un impianto per manifestazioni con più di 60mila
partecipanti. Inoltre lì esiste un bosco, riportato dagli elaborati del piano e
visibile da chiunque si rechi nella zona.
> Lo scorso 12 maggio avrebbero dovuto avere inizio i lavori per i sondaggi, ma
> i camion arrivati per portare i primi materiali necessari alle lavorazioni
> sono stati bloccati dai comitati che lottano contro il progetto, presenti a
> via degli Aromi fin dalle prime luci dell’alba. Una catena umana ha impedito
> l’inizio dei lavori e nonostante le cariche della polizia i lavori sono stati
> rinviati.
«Perché il sindaco ha autorizzato l’inizio dei sondaggi, quando sono ancora in
corso le verifiche ambientali nella zona?» si chiedono le e i manifestanti e
continuano: «Siamo qui insieme a cittadini e cittadine, associazioni e realtà
provenienti da tutta Roma, per difendere il patrimonio verde e pubblico
dall’ennesima azione di facciata di un progetto destinato a fallire e a cui
crede oramai solamente il Sindaco di (As) Roma, Roberto Gualtieri».
Oltre il danno la beffa! Il giorno dopo è stato convocato un tavolo per
discutere del progetto in Campidoglio, ma si è scoperto poi che il fine era solo
quello di far entrare di soppiatto sull’area la ditta per i sondaggi. Infatti
approfittando della presenza dei comitati in Campidoglio gli operai si sono
messi al lavoro per recintare l’area.
Immediata la reazione dei cittadini e le cittadine che hanno convocato una
conferenza stampa di fronte all’assessorato all’Ambiente e giovedì 15 maggio si
è svolta una manifestazione dal Palasport all’Assessorato all’Urbanistica in
preparazione del corteo di sabato 17 maggio che arriverà in Campidoglio. Sotto
l’assessorato li aspettava uno spropositato schieramento di polizia, ai piedi
del quale sono stati lasciati i sacchetti di cemento che i comitati avevano
portato.
L’assessore Veloccia di ritorno da Riyadh dove ha partecipato al convegno
“Bridging Cities, Building Future” non li ha ricevuti, fissando un incontro per
lunedì prossimo. Anche se dalle sue dichiarazioni sembra che non intenda tornare
indietro su quanto ha già deciso.
I comitati continuano a chiedere l’accesso alla documentazione per verificare le
autorizzazioni relative ai diritti di edificazione e l’affiancamento di un
agronomo di loro fiducia per scongiurare danni a quel bosco che finalmente, dopo
tre anni di negazioni da parte del Comune, è stato certificato da un agronomo
incaricato dal Dipartimento Ambiente.
> La città difende un’area pubblica, dichiarata “irrinunciabile” destinata a
> verde su cui è presente un’area boschiva. In quella zona enormi cubature sono
> state costruite e altre sono previste.
Mentre come certificato dal rapporto ISPRA, Roma continua a consumare suolo
restando in vetta alla classifica dei comuni italiani, si pensa ancora di
continuare a costruire cubature e infrastrutture sottraendo irreversibilmente
terreno all’ambiente.
Sabato 17 la manifestazione riunirà tutte le lotte contro la cementificazione
del territorio a scapito dei nostri diritti. La casa popolare che non esiste,
l’inceneritore, lo stadio, la difesa dello spazio pubblico saranno le parole
attorno alle quali una larga parte di questa città si unirà, concentrandosi alle
10 a piazza della Consolazione, per raggiungere il Campidoglio.
La città è di chi la abita, anche se sembra essere diventata solo territorio a
disposizione di operazioni di rendita finanziaria. La determinazione portata
avanti dai comitati è per tutti e tutte noi.
Immagine di copertina di Daniele Napolitano
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