Amnesty: gli USA impiegano l’IA per repressione del dissenso ed espulsioni di massa
L’accusa diretta al governo statunitense proviene da Amnesty International,
l’organizzazione internazionale per i diritti umani: negli Stati Uniti, le
autorità starebbero impiegando sistemi automatizzati basati sull’intelligenza
artificiale per controllare e reprimere il dissenso sociale. Gli strumenti
impiegati sono, in particolare, Babel X, prodotto da Babel Street, e Immigration
OS, prodotto da Palantir. Nel mirino delle autorità sono finite soprattutto le
proteste a sostegno della Palestina: secondo Amnesty, infatti, il controllo ha
il fine di inserire gli studenti pro-palestinesi nel programma Catturare e
Revocare, che prevede la revoca dei visti a chi prende parte a manifestazioni a
favore della Palestina. Ad essere controllati sono anche persone migranti e
richiedenti asilo.
Le prove del monitoraggio di massa provengono dall’esame di documenti pubblici
come quelli del Dipartimento per la Sicurezza interna, bandi di assegnazione e
altri. Il programma Babel X, riporta Amnesty, verrebbe impiegato per «valuta
le “emozioni” e le probabili intenzioni delle persone utenti basandosi sul loro
comportamento online». In questo modo, vengono identificati «contenuti collegati
al “terrorismo”», che le autorità possono poi impiegare per decidere se revocare
o meno i visti. Babel X è infatti in grado di «accogliere rapidamente una serie
di dati relativi a una persona, come nome e cognome, indirizzo di posta
elettronica o numero di telefono; può avere accesso ai suoi post sui social
media, al suo indirizzo IP, al suo curriculum professionale e ai codici univoci
di identificazione per le app di annunci pubblicitari in modo da localizzare il
dispositivo».
Per quanto riguarda Palantir, il coinvolgimento con gli apparati di sicurezza e
di intelligence statunitensi e israeliani è appurato (l’azienda fornisce a
Israele i software necessari per portare a termine la propria campagna
genocidiaria a Gaza). Il suo prodotto Immigration OS, versione aggiornata di
programmi precedentemente esistenti, viene impiegato dall’ICE sin dal 2014,
spiega Amnesty. Esso permette di «creare un archivio elettronico, che organizza
e collega tutte le notizie e i documenti associati a una particolare indagine
[su un caso di immigrazione], in modo che possano essere consultati da uno
specifico luogo».
Entrambe gli strumenti sono fondamentali per portare avanti la politica
di repressione delle proteste studentesche a favore della Palestina e
di espulsione di massa di tutti i migranti “irregolari” messa in atto
dall’attuale amministrazione Trump. In questo contesto sono divenuti celebri
casi come quello di Mahmoud Khalil, neolaureato alla Columbia University (che,
insieme ad Harvard ed altre univestià statunitensi, è finita nel mirino del
governo nel contesto delle proteste contro il genocidio a Gaza) e titolare di un
permesso di residenza permanente negli USA, arrestato nel suo appartamento dagli
agenti della ICE in quanto portavoce delle proteste per la Palestina. Il suo
permesso, come quello di tanti altri studenti, è stato successivamente revocato.
Come sottolineato da Erika Guevara, alta direttrice delle ricerche e delle
campagne di Amnesty, «sistemi come Babel X e Immigration Os hanno un ruolo
fondamentale nel rendere possibile l’attuazione delle politiche
repressive dell’amministrazione USA, facilitando decisioni rapide e
automatizzate che hanno già causato espulsioni di massa a un ritmo senza
precedenti, che non consentono un livello adeguato di procedure eque e che
mettono significativamente in pericolo i diritti umani di tutte le persone
immigrate, anche delle studenti e degli studenti che non sono cittadini USA».
Guevara ha definito la situazione «profondamente preoccupante», in quanto
«queste tecnologie consentono alle autorità di rintracciare rapidamente
e prendere di mira studenti e altri gruppi marginalizzati con una velocità e
un’ampiezza senza precedenti. Ne derivano arresti illegali ed espulsioni di
massa, un clima di paura e un effetto raggelante ancora più diffuso tra le
comunità migranti e tra le studenti e gli studenti internazionali nelle scuole e
nei campus universitari».
L'Indipendente