“Siate meccanici, siate luddisti”: così si resiste al tecnocapitalismo
Vivere le tecnologie come se fossero qualcosa che cade dall’alto ci rende
passivi e ci limita a considerare “cosa fanno” senza concentrarci sul “perché lo
fanno”. È il tema centrale del libro The Mechanic and the Luddite – A Ruthless
Criticism of Technology and Capitalism, scritto dal ricercatore americano Jathan
Sadowski, i cui studi si concentrano sulle dinamiche di potere e profitto
connesse all’innovazione tecnologica.
“Le nuove tecnologie possono catturare quantità di dati così vaste da risultare
incomprensibili, ma quei dati sul mondo resteranno sempre incompleti. Nessun
sensore o sistema di scraping può assorbire e registrare dati su tutto. Ogni
sensore, invece, è progettato per raccogliere dati su aspetti iper-specifici.
Ciò può sembrare banale, come un termometro che può restituire un numero sulla
temperatura, ma non può dirti che cosa si provi davvero con quel clima. Oppure
può essere più significativo, come un algoritmo di riconoscimento facciale che
può identificare la geometria di un volto, ma non può cogliere l’umanità
soggettiva e il contesto sociale della persona. I dati non potranno mai
rappresentare ogni fibra dell’essere di un individuo, né rendere conto di ogni
sfumatura della sua vita complessa.
Ma non è questo lo scopo né il valore dei dati. Il punto è trasformare soggetti
umani integrati in oggetti di dati frammentati. Infatti, ci sono sistemi che
hanno l’obiettivo di conoscerci in modo inquietante e invasivo, di assemblare
questi dati e usarli per alimentare algoritmi di targeting iper-personalizzati.
Se questi sistemi non stanno cercando di comporre un nostro profilo completo e
accurato possibile, allora qual è lo scopo?
Ecco però un punto importante: chi estrae dati non si interessa a noi come
individui isolati, ma come collettivi relazionali. I nostri modi di pensare la
raccolta e l’analisi dei dati tendono a basarsi su idee molto dirette e
individualistiche di sorveglianza e informazione.
Ma oggi dobbiamo aggiornare il nostro modo di pensare la datificazione – e le
possibili forme di intervento sociopolitico in questi sistemi guidati dai dati –
per includere ciò che la giurista Salomé Viljoen chiama ‘relazioni
“orizzontali’, che non si collocano a livello individuale, ma a scala di
popolazione. Si tratta di flussi di dati che collegano molte persone, scorrono
attraverso le reti in modi tali che le fonti, i raccoglitori, gli utilizzatori e
le conseguenze dei dati si mescolano in forme impossibili da tracciare se
continuiamo a ragionare in termini di relazioni più dirette e individualistiche.
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di Guerre di rete