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Dugo e le stelle: memoria e giustizia per il popolo Rom
All’Eirenefest Napoli, ospitato dal Presidio Permanente di Pace della libreria IoCiSto, sabato 20 settembre si è chiusa la rassegna con la presentazione dell’ultimo romanzo di Francesco Troccoli, Nel romanzo, Troccoli racconta una storia che parte dal presente, da un Nord Italia segnato dalla paura e dall’odio razziale: un campo rom in fiamme, bambini spaventati, adulti invisibili che lottano per sopravvivere. Questo presente si intreccia con la memoria più profonda della persecuzione, della deportazione, dello sterminio. Ferdi, un bambino di sette anni, sopravvive al rogo che devasta il suo campo, fugge, si nasconde, attraversa quaranta paure. Non è solo la sua vicenda individuale a emergere, ma un ritratto collettivo: di chi ha vissuto, resistito, ricordato. Durante la presentazione, Valentina Ripa ha guidato Troccoli in un dialogo che non si è limitato alla trama, ma ha aperto la riflessione sulla storia e sulle responsabilità di un Paese che ha troppo a lungo dimenticato. Dal palco sono emerse ricostruzioni di giustizia: il riconoscimento del Porrajmos, lo sterminio dei Rom e dei Sinti, ancora poco presente nel discorso pubblico; la consapevolezza che la Resistenza antifascista italiana non fu solo “bianchi e rossi”, ma anche altre voci, marginalizzate nei libri di storia. Nel corso della serata, l’autore ha ricordato come le comunità rom abbiano spesso scelto una resistenza non armata, fondata sulla nonviolenza. Ha citato racconti tramandati secondo cui alcuni fascisti catturati avrebbero chiesto di arrendersi solo in mano loro, per avere certezza di sopravvivere. Una memoria scomoda, che rompe la narrazione ufficiale e che restituisce dignità a chi è stato doppiamente escluso: perseguitato e poi dimenticato. Il Porrajmos è il termine che designa la persecuzione e lo sterminio dei Rom e dei Sinti sotto il nazismo e nei territori controllati dall’Asse. Si stima che circa 500.000 persone furono uccise nei lager, bruciate nei forni crematori, vittime delle stesse dinamiche che colpirono gli ebrei: ghettizzazione, internamento, lavoro coatto, fama, malattia, disumanità. In Italia, sotto il fascismo e durante l’occupazione, Rom e Sinti furono internati in campi di detenzione, spesso cancellati dai documenti ufficiali. Usciti “formalmente” indenni dalla guerra, persero tutto: la casa, le carovane, la dignità. La memoria di queste perdite è rimasta in gran parte inascoltata. Uno dei momenti più toccanti della serata è stato il confronto sul presente: il popolo Rom è cittadino italiano, ha passaporto e diritti formali, ma è ancora oggi relegato in “campi”, spesso non ufficiali, a margini sociali che si trasformano in invisibilità. L’Italia è stata più volte richiamata e sanzionata dall’Europa per questa situazione, che contrasta con i principi stessi di cittadinanza e democrazia. Francesco Troccoli Valentina Ripa e Francesco Troccoli   Stefania De Giovanni
Firenze: commemorazione del genocidio di Rom e Sinti
Oggi 2 agosto presso il Giardino dei Giusti  a Firenzesi è svolta la cerimonia di ricordo del genocidio dei Rom e dei Sinti da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. Alla cerimonia, presenziata dal presidente del Consiglio Comunale Cosimo Guccione, hanno assistito cittadini e rappresentanti delle associazioni rom e dell’ANEP, Associazione Nazionale ex deportati. La cerimonia ricorda che il 2 agosto 1944  fu liquidato il “campo zingari” di Auschwitz-Birkenau: oltre 4.000 persone  furono sterminate nelle camere a gas. Per ricordare quella tragedia da alcuni anni si celebra il Roma Genocide Remembrance Day, la Giornata in memoria del genocidio dei Rom e dei Sinti durante la Seconda guerra mondiale. In lingua romanì, questo sterminio viene chiamato Porrajmos o Samudaripen  e causò complessivamente la morte di circa mezzo milione di persone appartenenti a questa popolazione. E’ stata presentata recentemente alla Camera dei Deputati una Proposta di Legge per far dichiarare il Samuradipen Giorno della Memoria; gli atti della conferenza stampa, il testo di legge e vari interventi storici sono stati pubblicati quest’anno, a cura di Andrea Vitello,  da Multimage sotto il titolo Il Samudaripen: genocidio dei rom e sinti nella Seconda guerra mondiale. Redazione Toscana
La bandiera romanì arriva per la prima volta sull’Everest: un giorno storico per i rom e sinti di tutto il mondo
È stato l’abruzzese Gennaro Spinelli, presidente nazionale UCRI, artista, attivista e portavoce della cultura romanì nel Mondo a portare materialmente la bandiera per la prima volta nella storia sull’Everest, la montagna più alta dell’mondo il 27 aprile scorso. La sua forza, la sua determinazione e la sua visione hanno reso possibile questo gesto simbolico e profondo. “Portare per la prima volta nella storia la bandiera romanì sull’Everest è stato un onore immenso!  La nostra bandiera è il nostro simbolo, la nostra forza e il nostro futuro!  Portarla sulla montagna più alta del pianeta è il simbolo della bellezza, grandezza e forza della cultura romanì che dopo migliaia di anni vuole esistere e pretende di farlo con dignità in tutto il mondo.” Oggi è una di quelle giornate che fanno tremare le ossa: la bandiera romanì ha toccato il cielo, là dove l’aria è così fina che manca il respiro – sull’Everest, il tetto del mondo. È un fatto storico, ma è anche un grido: “Ci siamo, ci siamo sempre stati, e oggi siamo più forti che mai.” Dopo 150 chilometri a piedi tra pietre, ghiaccio e vento tagliente come la bora – e con lo zaino pieno non solo di viveri, ma di memoria, orgoglio e sogni – siamo saliti. Più di 5500 metri sopra il mare, a -20 gradi, con le gambe dure ma il cuore acceso: la bandiera dei Rom e dei Sinti ha trovato spazio nel cielo più alto. E non era una bandiera qualsiasi: reca le firme di Rom, Sinti e attivisti per la cultura romanì di tutta Europa, testimonianze vive di una comunità che resiste, che crea, che ricorda.     “Portare la nostra identità lassù è stato come portare il nome di tutte le nonne, i padri, i figli e le figlie che hanno camminato, spesso scalzi, spesso soli, ma mai piegati. Un gesto di resistenza come quello dei partigiani, un gesto di dignità come tutti gli esseri umani.”  L’Impresa ha avuto il patrocinio morale dell’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali presso Palazzo Chigi e la presidenza del consiglio dei ministri, tramite il suo direttore Mattia Peradotto, il sostegno morale dell’ ANPI NAZIONALE tramite il suo presidente Gianfranco Pagliarulo che ringraziamo e della Croatian Romani Union “KALI SARA” ha dato forza e radici a questa impresa. Da anni queste organizzazione si spendono per la cultura romanì, e oggi l’hanno spinta fino al punto più lontano della Terra. L’iniziativa è stata promossa dall’UCRI – Unione delle Comunità Romanès in Italia nel mese dell’orgoglio Rom, con l’obiettivo di unire simbolicamente le voci e le storie del popolo romanì di tutto il mondo. Ma non si è trattato solo di una scalata. È stato un gesto simbolico e potente, un filo teso tra le vette dell’Himalaya e le terre dell’Abruzzo, dei Balcani, del Rajasthan, dell’Europa intera. Un cammino lungo mille anni, fatto di dolore, bellezza e testardaggine. Un ringraziamento importante va agli Sherpa, ai tecnici e alle comunità e a chi – con una parola, un abbraccio, una preghiera – ha sostenuto questa visione. E oggi, lassù, abbiamo piantato il nostro nome e la nostra storia. Oggi i Rom stanno sull’Everest. Oggi siamo fieri. Redazione Italia