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Ritorno della leva obbligatoria: militarismo dilagante in Italia e in Unione Europea
La fine dell’esercito di leva rappresentava, quasi un quarto di secolo fa, una svolta epocale dettata dai contesti storici e geopolitici in evoluzione e dai processi tecnologici che andavano rivoluzionando anche il settore militare. E, se i vari paesi europei si sono convinti, nell’arco di pochi anni, di superare la leva, la spiegazione sta proprio nell’evoluzione dello stesso concetto di guerra per il quale servivano élites militari di professione, addestrate e formate anche sul piano ideologico. Così, una volta cessata l’attività militare, queste élites avevano una corsia preferenziale per accedere ai concorsi nella PA e non solo nelle forze di polizia. Con la guerra in Ucraina sono cambiati alcuni scenari da cui scaturisce la necessità di avere organici numerosi, da impiegare in guerre logoranti che si trascinano per anni con l’occupazione e il presidio di vaste distese territoriali. Ma è indubbio che la leva svolga anche un ruolo ideologico, di fedeltà passiva all’idea di patria, che poi rappresenta il terreno ideologico sul quale si costruiscono teorie e pratiche militariste e guerrafondaie. In una fase storica come la nostra non ci sono le controindicazioni degli anni Settanta e Ottanta, per capirci quelle ragioni etiche, morali e politiche così forti da favorire la renitenza alla leva, l’obiezione di coscienza e una crescente disaffezione verso la nozione di patria e il ruolo delle forze armate. Anche a destra il fascino per la divisa era entrato in crisi, non c’era più da presidiare i confini difendendoli dalla minaccia dei paesi socialisti. Oggi la Lega avanza una proposta di legge per ripristinare la leva obbligatoria e altre forze di destra si fanno promotrici di analoghe istanze in altri paesi UE. Un servizio di leva per 6 mesi, nella propria Regione di residenza impiegando ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Per gli obiettori di coscienza ci sarà il servizio civile di durata identica occupandosi della tutela del patrimonio culturale e naturale, di soccorso pubblico e Protezione civile. E per chi si sottrarrà alla leva e al servizio civile ci sarà una accusa penale ai sensi dell’articolo 14 della legge 230 del 1998 con la reclusione da sei mesi a due anni. Una proposta più completa della mini-naja proposta da Ignazio La Russa, ma tale da provocare qualche perplessità anche a destra, almeno tra i fautori dell’esercito professionale, convinti che una leva obbligatoria rappresenti un eccessivo incremento delle spese senza portare benefici reali ai dispositivi militari A detta di questi settori sarebbe, invece, auspicabile il modello israeliano con la militarizzazione di tutta la società e la istituzione della Riserva operativa in cui far confluire ex militari che, dopo aver trovato un diverso impiego, sono disponibili a essere richiamati, con giustificazione al lavoro, due o tre mesi all’anno per addestramento o emergenze. Questi riservisti li ritroviamo nell’occupazione di terreni e case palestinesi per favorire gli insediamenti coloniali e, per quanto impopolare sia oggi il premier israeliano nel suo stesso paese, la stragrande maggioranza della popolazione risponde con solerzia alle chiamate del Ministero della difesa Un’ulteriore spiegazione per il ritorno in auge della leva potrebbe essere anche motivata dal continuo e costante calo degli organici militari (dai 190 mila nel 2010 siamo passati a 154 mila nel 2024 e senza arruolamenti ulteriori ci troveremmo da qui a 6\7 anni l’età media delle truppe attorno ai 50 anni) che indurrebbe a mantenere  da una parte l’esercito professionale, ma dall’altra anche qualche forma di leva prolungata, o di riservisti per destinare questi ultimi a operazioni sul territorio nazionale che vanno dall’ordine pubblico alla lotta agli incendi, dalla protezione fino al presidio del territorio ricordando che l’Operazione “Strade sicure”, impiega circa 7mila soldati che poi verranno a mancare in eventuali scenari di guerra. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università